Avventure a Konoha
3.Festa a casa Uchiha
Il pomeriggio era passato in fretta a casa Uchiha. Dopo
gli screzi della mattina, i tre ragazzi lavorarono sodo tutto il giorno e quando
Minato li raggiunse, gli trovarono subito da fare.
Arashi e Minato si
diedero un gran da fare per pulire la griglia e tagliare la legna, mentre Ayame
e Takeru con un po’ di olio di gomito tirarono a nuovo salone e giardino. Le due
mamme invece si erano barricate in cucina per preparare dolci e manicaretti per
la serata, con il piccolo Akira che, avendo stabilito lì la sua base operativa,
s’impegnava a sgraffignare la pasta cruda dei dolci, onigiri lasciati
incustoditi o biscotti appena sfornati. La lotta era dura, la mamma di Ayame e
Minato lo sorvegliava a vista, ma Akira a fine pomeriggio era riuscito ad
assaggiare quasi tutto. Finché Sakura, non chiamò Arashi per portarlo fuori.
Nell’attesa Arashi e minato organizzarono diversi giochi di abilità, ai quali
riuscirono a far partecipare perfino i due fratelli più grandi.
Così li
trovarono Sasuke e Naruto al loro forzato ritorno. Le mogli li accolsero con
baci zuccherini e farinosi, chiedendo loro come era andata la giornata.
L’occhiataccia omicida di Sasuke pose fine alle risatine divertite delle due,
alla vista dei vestiti tagliuzzati di Naruto.
“Vai a cambiarti tesoro.
Sakura, Naruto può prendere uno dei kimoni di Sas’ke-chan ?”
“Ma sì, certo!
Vai pure Naruto conosci la strada”
“Grazie Sakura-chan” la ringraziò l’uomo
con un bel bacio sulla guancia rosea, andando a cambiarsi, prima che Sasuke
l’uccidesse. Per quel giorno ne aveva davvero sopportate troppe!
Tuttavia
nonostante le proteste sul fatto che i vestiti erano i sui e il permesso doveva
darlo lui, Sasuke e Naruto si ritrovarono vestiti a festa con Kimoni
tradizionali.
Takeru medicò gli ultimi graffi dello zio sotto la supervisione
della moglie, mentre Ayame rinunciando a sgridarlo gli offriva una tazza di tè,
l’unica cosa su cui Akira non aveva messo le mani.
Sasuke intanto aveva
bloccato Sakura in cucina.
“Allora ti sei divertito?” gli chiese la donna con
un sorriso colpevole.
“Da morire. Fammi un favore però, la prossima volta che
vorrai farmi fare cose assurde avvisami prima!”
“Per prepararti?” scherzò
lei, cercando le labbra del marito.
“No, per assicurarmi di avere da fare
altrove” le rispose giocando con le sue labbra.
Sakura rise.
Dio, quanto
amava quella risata, accidenti a lei!
Le parole si fermarono lì e più dolci
contatti si misero tra loro.
Le sue labbra stavano appena cominciando ad
esplorare il collo di lei, quando una mandria irruppe in cucina.
“Sas’ke,
Sakura-chan. Sono arrivati!” li chiamò Naruto per poi scappare di nuovo verso
l’ingresso.
Le cose erano due, pensò disperatamente Sasuke interrotto per
l’ennesima volta. o faceva mettere le serrature alle porte o ammazzava
Naruto.
Trascinato da Sakura arrivò all’ingresso giusto in tempo per vedere
Naruto abbracciare la figlia.
La festa non era ancora cominciata e già il
caos imperava. Oltre ai tre ragazzi infatti erano arrivati anche Shikamaru e
Temari con i due gemelli, che non avevano perso tempo, e già stavano facendo il
diavolo a quattro con Akira, più scatenato che mai.
Sasuke scosse la testa,
ma da dove l’aveva pescato quel figlio! Era dinamite pura.
Una manina gli
tirò la manica del kimono.
“Ciao papà”
Lo salutò la figlia con un dolce
sorriso. Sasuke rimase un attimo a guardarla, are proprio una piccola donna,
pensò sentendosi ancora vagamente in colpa per averla pedinata… anche se la
colpa era di Sakura!
“Ciao tesoro” le disse con un veloce bacio sulla
fronte.
“Papà!” protestò lei imbarazzata, ma lui fece finta di
niente
“Allora com’è andata la missione?” le chiese.
“Oh, è stata
abbastanza tranquilla…a parte un piccolo imprevisto” gli buttò lì, poi
guardandosi un attimo intorno, tirò giù il padre e gli bisbigliò
all’orecchio:
“…Papà non è stato carino da parte tua fare a fettine lo zio
Naruto!” gli fece notare, mentre Sasuke si sentì preso in fallo.
“…Però sono
contenta che tu sia venuto!” gli disse con un veloce bacio tra orecchio e
guancia, prima di scappare dai compagni, per prendersi la sua razione di
gloria.
“Chiho è davvero un tesoro, vero Sas’ke-chan?!”
Sasuke si voltò,
trovando i profondi occhi neri della moglie di Naruto fissarlo
divertiti.
Sbuffò, tirandosi su.
“Questo lo so da me, Sunako- poi
aggiunse- e tu dovresti finirla di chiamarmi a quel modo”
“Sas’ke-chan è
Sas’ke-chan” gli rispose lei, guardando l’espressione scocciata
dell’uomo.
Sasuke decise di lasciar perdere l’argomento, e sorrise guardando
la figlia tra le braccia di Sakura.
“Mamma! Mamma! Zio! A-chan e Mi-chan
hanno preparato il fuoco!” li informò Reika, gridando a gran voce, e una volta
raggiunti, tirandoli verso la mischia.
“Ehi ranocchietta, se non ti sbrighi
il fuoco lo accendiamo noi!” la chiamò il fratello.
“No! Aspettatemi!”
esclamò Reika, ripartendo di corsa.
La mamma sghignazzò andandosi a sedere
vicino al marito.
“Reika-chan mi ha chiesto di darti questi poco quando è
tornata” disse Sunako, lasciando cadere tra le mano di Naruto i resti di quella
che fino a poche ore prima era stata la sua maglietta preferita.
“Quel teme
mi deve una maglietta nuova!” sentenziò Naruto serio, poi ripensandoci le chiese
speranzoso:
“A meno che tu non sia disposta a ricucirla… mi piaceva” aggiunse
come spiegazione all’occhiata perplessa della donna, che dopo un attimo ghignò
in perfetto stile Sasuke e ripresi i ritagli di stoffa sentenziò:“Penserò
al suo caso!”
Naruto la baciò dolcemente, mormorandole un “Grazie”
sincero.
Ben presto si entrò nel pieno della festa. Sakura aveva
fatto le cose in grande, l’odore della carne sella brace riempiva il giardino,
mentre i bambini continuavano a cercare rametti per ravvivare la fiamma.
Tovaglioli, bacchette incustodite e qualunque cosa potesse bruciare, veniva
reclutata come combustibile dalle tre pesti, finché Akira e i gemelli non
riuscirono ad impossessarsi di un rotolo di pergamena, che Iruka aveva
incoscientemente lasciato in giro e che Sakura riuscì a salvare solo in
estremis.
“Ma mamma, noi l’abbiamo trovato in giro, non lo sapevamo che era
del maestro Iruka!” protestò Akira con la faccia più santissimamente colpevole
del mondo.
“Non è questo il punto Akira! Dovete smetterla, e tanto per
cominciare chiedete scusa al maestro!”
La strigliata di Sakura ottenne uno
sbuffo unanime, poi i tre borbottarono un veloce:
“Scusa zio, ci dispiace
tanto” per poi scappare via a combinare altri danni.
“Che pesti- sospirò
Temari avvicinandosi con un nuovo pacco di tovaglioli, che dovevano sostituire
quelli bruciati – Perdonali Iruna-sama”
“Oh, non importa. E’ solo un po’ mal
ridotto – le disse togliendo la fuliggine dal rotolo – piuttosto, mi chiedo come
fa uno come il nostro Shikamaru con dei tiretti così vivaci”
“Oh! Si lascia
fare qualsiasi cosa! – commentò Temari – Comunque a un modo tutto suo per
tenerli a bada quando esagerano” Aggiunse con una risatina in direzione del
marito, impegnato in una partita a shoji con il figlio più grande, verso il
quale si stavano dirigendo le tre pesti.
Iruka seguì il suo sguardo e un
attimo dopo comprese il piano dei tre, che approfittando di un momento di
distrazione dell’ignaro Shikamaru, gli rubarono alcuni pezzi della
scacchiera.
Temari non fece neanche in tempo a sgridarli, che due già
piangevano, mentre Akira cercava di muoversi senza successo.
“Ed ecco,
signore e signori, la famosa tecnica dell’ombra dello zio Shikamaru - cominciò
la telecronaca Arashi con lo spiedo per le salsicce al posto del microfono- Che
cosa ne pensa signor Minato?” domandò all’amico porgendogli lo spiedo.
“Sono
sconcertato signor Arashi. Non avrei mai pensato, che una simile tecnica potesse
essere usata per il recupero delle tessere da shoji!”
“Oh, ecco, che mentre
parliamo, la zia Temari si fa restituire le tessere!” lo interruppe Arashi
riprendendosi il microfono, ma Minato se ne riappropria.
“Signore e signori,
notate l’assoluta tranquillità del giocatore, che risistema le tessere
e…”
“Nii-chan, la carne!” Lo interrompe la sorella, cercando di salvare le
bistecche bruciacchiate con le mani.
“Reika ferma!” urlò Minato, ma il padre
l’aveva già presa in braccio e allontanata.
“Papà la carne!” protestò la
ragazzina.
“Non me ne frega niente della carne! Stavi per ustionarti le
mani!” la sgridò
“Ma!”
“Papà ha ragione Reika! E adesso forza, torna a
tavola e stai lontana dalla brace” le disse Sunako portandola via.
“Quanto a
voi…- esordì Naruto, rivolto ai due ragazzi – Non ho niente in contrario se
volete divertirvi, ma non lasciate avvicinare i bambini”
“Va bene zio”
“Sì
papà”
Naruto sorrise, poi aggiunse indicando la carne che ormai
fumava:
“Bene, adesso vediamo di salvare il salvabile”.
La cena era ormai alla frutta. I bambini era stati
vinti dal sonno, mentre i tre festeggiati stavano crollando pieni e soddisfatti
della giornata trascorsa. Gli adulti stavano ancora chiacchierando e così anche
Ayame e Takeru, che dopo aver sparecchiato insieme ai fratelli, si erano seduti
in disparte. Arashi sospirò, dopo il casino della mattina, non era riuscito a
trovare un solo momento per stare da solo con lei. Era inutile rimuginarci
sopra, decise, finendo di pulire la griglia unta d’olio, era stata una bella
giornata non valeva la pena rovinarla, solo perché suo fratello era sempre
appiccicato ad Ayame e lui distante anni luce, non valeva proprio la
pena…
Minato guardò l’amico risistemare i resti del fuoco con aria infelice e
deciso a tirarlo su di morale, gli assestò una poderosa pacca sulla
spalla.
“Ahia! Ma che vuoi?!” protestò Arashi tutt’altro che
risollevato.
“Darti una svegliata, insomma è mezzora che sospiri come
una ragazzina in pena”
“Non è vero!”
“Ah no?”
I due si squadrarono per
un attimo, poi prima di rendersene conto Arashi sopirò di nuovo, facendo
sogghignare l’amico.
“Sei proprio cotto eh?!”
“Anche se fosse…” borbottò
lasciando in sospeso la frase, che venne completata con un’occhiata
significativa alla coppietta che chiacchierava in disparte.
Dall’altra parte
del giardino Ayame sbuffava.
“Come faccio a parlargli se Minato non lo molla
un secondo?”
Takeru sghignazzò spostandole i capelli dagli occhi.
“Basta
volerlo Ayame… Basta andare da lui” Le spiegò senza troppi giri di parole, lei
arrossì.
“Non…Questo proprio non posso farlo! Non voglio farlo! Sembrerebbe
che voglia dichiararmi”
Takeru la guardò: “Perché, non è
così?”
“Assolutamente no! Mi pareva di aver chiarito questo punto, devo solo
chiarirgli il fatto, che la deve smettere di provarci con me!”
“Non era
questo che intendeva Tsunade, quando ha parlato di chiarimenti”
“E a quali
altri chiarimenti poteva riferirsi, scusa? Io sono un Anbu, non mi posso
permettere distrazioni di sorta, ne va della vita dei miei compagni e della
buona riuscita delle missioni!”
“Questo non vuol dire che non puoi
innamorarti Aya-chan, semplicemente non puoi permetterti di essere svampita come
tutte le altre ragazze per questioni amorose.”
“ In conclusione?”
“In
conclusione, approfitta della calma dopo la tempesta e parla con Sasuke”
“La
fai facile tu…” Sospirò Ayame alzando lo sguardo verso i ragazzo in questione,
che a sua volta la stava guardando.
I due si fissarono per un attimo, poi
Arashi distolto rapidamente lo sguardo dalla ragazza, prese congedo dall’amico,
dirigendosi in casa.
Minato lo guardò entrare in casa senza neanche accendere
le luci, scosse la testa esasperato e si rimise a sistemare le ultime
braci.
Anche Takeru aveva assistito alla scena e non poté fare a meno di
ridere, quando l’amica se ne uscì con: “Scusami un attimo Takeru, vado in bagno
e torno”
Quando anche la sorella fu entrata in casa, Minato si avvicinò a
Takeru.
“Che sia la volta buona?” domandò osservando con un ghigno le
finestre buie della casa.
“Speriamo di sì”
Arashi si chiuse con violenza la porta alle spalle,
rimando un attimo immobile a respirare l’oscurità della stanza. Doveva darsi una
calmata, non aveva senso mettersi a far scenate davanti agli ospiti. Tuttavia la
sua mente, come un giradischi rotto, continuava a fargli vedere e rivedere il
volto di Ayame arrossato per il tocco di Takeru.
No! Doveva controllarsi. Se
lei preferiva Takeru… No anche questo era un pensiero che lo mandava ai pazzi.
Certo lui era più grande…ma perché si ostinava in pensieri simili?
Basta, non
pensare a niente, si ordinò. Tra non molto se ne sarebbero andati tutti,
compresa lei, e allora, forse, avrebbe trovato la lucidità per pensarci. Ora no,
doveva semplicemente ignorarla.
Con questa decisione nella testa, trasse un
respiro profondo e aprì la porta.
“…Ah…Ecco…”
Per poco il ragazzo non le
richiuse la porta in faccia per la sorpresa. Davanti a lui c’era proprio lei,
con le gote tanto rosse, che riuscì a notarle nonostante l’oscurità.
“Ecco…io” balbettò di nuovo lei, non riuscendo a far uscire dalla bocca
quelle parole, che aveva provato e riprovato davanti a quella porta chiusa. Lui
la guardava, illuminato appena dal chiarore lunare, la fissava con un’intensità
tale, che senza sapere come, Ayame si accorse di tremare.
Lo vide
avvicinarsi a lei impercettibilmente, e senti una scossa più violenta scuoterla
da capo a piedi. Il tempo, lo spazio, tutte le ragioni che si era data…Bastò il
semplice contatto delle sue dita fresche sulla sua pelle ardente per farle
dimenticare ogni cosa. E mentre una calda lingua di fuoco le inondava il petto,
sciogliendo gli ultimi nodi della ragione, lei si ritrovò tra le sue
braccia.
Avvenne tutto così, semplicemente.
Prima il calore del suo
respiro suo collo, poi il dolce sapore delle sue labbra lo inebriarono.
La
strinse a sé come desiderava fare da mesi, e approfondendo sempre di più quel
contatto tanto a lungo bramato, la condusse all’interno della camera.
Mentre
il battito sempre più accelerato del cuore di lui le inondava il petto, Ayame
sentì il suo corpo sciogliere gli ultimi stralci di timidezza, abbandonandosi,
sotto il tocco prima incerto poi sempre più sicuro di lui, alla forza di un
desiderio mai prima di allora conosciuto.
La testa gli girava, desiderava
raggiungerla, stringerla a sé più di quanto le sue mani gli permettevano,
sentiva per la prima volta che lei lo voleva almeno quanto lui bramava
lei.
Un ultimo passo più deciso, la fece arretrare ancora, mentre con una
leggera pressione da parte di lui, le gambe le cedettero facendola finire sul
letto, sotto di lui.
Ebbe paura, per un attimo infinito, ebbe paura.
Poi
scordò ogni cosa mentre la sua mano, risalito il collo nudo, le liberava i
lunghi capelli corvini, lasciandoli ricadere liberi sui morbidi cuscini.
Ora
Arashi poteva sentire il corpo di lei ardere sotto le sue labbra, le sue mani
cercarlo, come non avevano mai osato fare, e la sua bocca schiudersi in sua
attesa. La voleva, ora come non mai, la voleva, così ben presto la stoffa
leggera dell’abito estivo di lei, gli divenne insopportabile. La senti ridere
appena, mentre le sue mani più trepidanti che esperte, tentavano di scioglie i
lacci del suo vestito. Dio come poteva trasformasi così?
Due colpi secchi
alla porta, fermarono i suoi tentativi con i lacci, e quando quella si aprì
senza attendere risposta, ai ragazzi si gelò il sangue.
“Arashi hai
visto…?”
La voce di Naruto s’interruppe di colpo alla vista dei due.
Ayame
saltò su di colpo, spingendo Arashi giù dal letto senza troppi riguardi per il
poveretto, che centrò il comodino.
“Asp…Aspetta papà, posso spiegare!”
Balbettò la ragazza con le guance che le andavano a fuoco per la vergogna, ma
Naruto sembrò non sentirla. Arashi si tirò su massaggiandosi la testa, e
notando, che l’uomo era evidentemente sotto shock, bisbigliò all’orecchio della
ragazza:
“Prima che si riprenda, ci conviene filare”
Ayame tentò di
ricomporsi, davanti alla faccia stralunata del padre, poi prendendo la mano che
il ragazzo le offriva, decise per la soluzione più semplice: “Andiamo!”
Ma
non fecero in tempo a muoversi che si affacciarono alla porta Sasuke e Sakura,
preoccupati per il ritardo dei tre.
“Ehi si può sapere che…”
Sasuke non
poté continuare la frase, che il suo sguardo cadde sulla schiena di
Naruto.
“Ehi, baka, stai bene?”
Sasuke gli girò intorno, per guardarlo in
faccia, passando dall’incredulo al soddisfatto.
“Oh…” Il ghigno di
Sasuke si allargò ancora di più, notando poi a quelle rossissime dei due
ragazzi, che stavano soppesando una fuga dalla finestra.
“Guarda un po’ qua!
Sta facendo la stessa faccia di quella volta, né Sakura?!”
Le fece notare il
marito alludendo alla faccia dell’amico.
Il viso della donna si fece
rossissimo, ma poi sciolse l’imbarazzo avvicinandosi ai due ragazzi in attesa di
giudizio.
“Vi conviene scappare, prima che si riprenda” gli suggerì Sakura
con un occhiolino.
Le sue parole non furono inascoltate, così i quattro,
molto silenziosamente, si lasciarono il povero Naruto alle spalle.
10 minuti dopo.
“Ehi, tu togli le man… ma dove siete
finiti tutti?!”
Quando Naruto scese al piano di sotto, la famiglia Nara era
già andata via.
“Alla buon’ora baka” lo accolse Sasuke con uno dei suoi
ghigni più perfidi, ma Naruto non gli badò.
“Dove sono?!”
“Si stanno
salutando…immagino” buttò lì l’altro, lasciandogli amabilmente sottintendere in
che modo.
Naruto partì in quarta, ma incespicò sul piede teso di Sasuke,
rovinando sul pavimento.
“Teme” Che accidenti fai!?”
“Non hai ancora
imparato la lezione , baka?” gli chiese, mentre l’altro si sedeva sul
pavimento.
“Che questa sia la volta buona, che impari ad attendere una
risposta, dopo aver bussato, prima di entrare, né Naruto?”
Alla domanda
dell’amico, Naruto diventò bordeaux, ricordando un incidente simile accaduto
diciannove anni prima.
“E comunque, non ti sembra ora di togliere le tende,
sai anche tu hai una casa…”
In risposta Naruto ringhiò, nella sua direzione,
e alzandosi, si diresse lentamente verso la porta di casa Uchiha.
“E
ricordati di salutare Arashi, prima di andare!”
Naruto mancò di poco la
porta, finendo contro il muro, ma non disse niente e maledicendo mentalmente
Sasuke raggiunse la sua truppa.
Era stata una lunga giornata, ma anche quella era
finita, pensò Sasuke, chiudendosi la porta alle spalle. Sakura l’aspettava
seduta sul letto e con un irritante, almeno a detta del moro, sorriso di trionfo
stampato sul viso.
“Beh, che hai da sorridere tanto?”
“Niente” cominciò
lei, alzandosi per raggiungerlo.
“Solo che, sai, i ragazzi i saranno
stancati molto…” gli disse, mentre allacciava le mani dietro il suo collo.
Sasuke, che non aspettava altro da quando un certo baka li aveva interrotti in
cucina, l’attirò a sé.
“Afferrato” gli sussurrò sulle labbra per poi
baciargliele.
La prese in braccio e la portò sul letto, mentre era ancora
intento a baciarle il collo, le mani di lei lo invitavano con carezze molto
convincenti. Ancora baci e carezze soffuse e delicate, ma ormai per Sasuke la
vestaglia di Sakura era diventata ingombrante, così, proprio mentre la stava
slacciando…
Si aprì la porta.
“Papà posso dormire con voi?” domandò
innocentemente il piccolo Akira sulla porta, causando forse il crollo definitivo
del diretto interessato, che sdraiato accanto alla moglie, stinse convulsamente
il cuscino.
“Non posso uccidere mio figlio vero?!”
.Fine.
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