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Autore: Padfootblack    03/06/2021    1 recensioni
James Sirius Potter è tutto il contrario di suo padre: spavaldo, egocentrico e con un'autostima alle stelle.
Elladora Nott è totalmente diversa dai suoi genitori: buona, paziente e con una passione sfrenata per il Quidditch.
Cosa succede quando un Grifondoro impettito incontra una Serpeverde combinaguai?
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lysander Scamandro, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 27 – Theodore Nott

 

Oh no. Proprio adesso? Non ero pronto mentalmente! Feci per girarmi, ma Elle mi strinse così forte la mano che lo presi come il segno che dovevo restare fermo.

“Ti aspettavamo per questa sera”disse lei con tranquillità.

“Mi hanno concesso qualche ora in più”

“Mamma sarà felice di vederti”. Non sapevo com’era fatto, non ne avevo la più pallida idea, e perché non potevo girarmi? Era così spaventoso e terrificante da non poterlo guardare in faccia?

“Padre”lo chiamò Elle.

“Fallo girare”ordinò lui e la presa di Elle si strinse sulla mia mano: “Sarebbe il caso di ...”

“Ho detto”ripeté lui con un tono che non ammetteva repliche: “Fallo girare”. Elle mi lasciò la mano, segno che potevo voltarmi. Lo feci subito, avevo aspettato abbastanza. Il signor Nott aveva i tratti del viso duri, rigidi, come se non fosse nato predisposto per ridere. I capelli erano rasati a zero, gli occhi castani erano circondati da folte sopracciglia nere. Mi superava in altezza, ma era molto magro e non sembrava proprio passarsela bene. Ma la cosa peggiore fra tutte era che aveva la bacchetta puntata contro il mio petto. Ecco perché Elle non mi aveva fatto girare.

“Chi è?”chiese lui a lei, forse non mi riteneva degno di parlare con lui.

“James”

“James come?”. Il signor Nott non sapeva della mia esistenza? Cavolo, eppure stavamo insieme da mesi! Ma il volto emaciato del padre di Elle e i suoi vestiti stracciati mi ricordarono che aveva vissuto ad Azkaban e che non aveva avuto contatti con la figlia. Eppure, anche se era sporco e polveroso, riusciva comunque a sembrare aristocratico. Elle scivolò davanti a me, piazzandosi proprio di fronte al padre, la bacchetta puntata al suo petto.

“Potter”rispose semplicemente e il padre sgranò gli occhi: “Come hai osato portare uno di loro in questa tenuta? Lo sai chi ha costruito questa villa? Lo sai chi ci ha abitato? Lo sai di chi è stato il quartiere generale durante la prima guerra magica?”. Avrei dovuto immaginare che Voldemort avesse voluto passare un po’ di tempo qui, era abbastanza terrificante.

“Lo so”rispose semplicemente Elle.

“Tuo nonno è stato in prigione per colpa di gente come loro”

“Lo so”

“Io sono in prigione per colpa di gente come loro”

“Lo so”. Ecco un altro scontro tra aristocratici, nessun urlo, solo sguardi perfidi e frasi ad effetto. Il padre alzò la bacchetta, aprì la bocca e fu un attimo. Spostai Elle con una forza inaudita e lasciai che la bacchetta fosse puntata sul mio petto. Ma prima di poter pronunciare qualsiasi incantesimo, la bacchetta volò dalle sue mani per finire accanto ai piedi di Elle. Lo aveva disarmato. Il signor Nott la osservò schifato: “Come hai osato?”

“Ti hanno lasciato poche ore di libertà e pensi di impiegare il tuo tempo uccidendo qualcuno?”chiese la figlia.

“Ridammi la bacchetta”

“Giura di non ucciderlo”

“Non lo avrei ucciso, piccola ingrata ...”

“Ho visto come si muovevano le tue labbra”. Il signor Nott si posizionò di fronte a lei, guardandola dall’alto. Elle sostenne lo sguardo, aveva un atteggiamento totalmente diverso col padre. E d’un tratto ricordai le parole della madre: quando è ferita, diventa una leonessa. Se tocchi ciò che ama, si trasforma in una combattente.

“Signor Nott”intervenni, se c’era qualcuno con cui doveva prendersela ero io, non la figlia “Elle mi aveva detto di andarmene. È colpa mia se sono rimasto”. Ma non mi considerò, continuò a fissare la figlia con un misto di disgusto e fierezza: “Non mi sei venuta a trovare in prigione”

“Ho avuto da fare”

“Hai lasciato tua madre da sola a Natale”

“Mi dispiace”

“Cosa vuole lui qui?”chiese il padre sprezzante.

“L’ho invitato io, volevo che conoscesse la mamma”

“E il papà?”. Lei non rispose, si limitò a stringere gli occhi.

“Ridammi la bacchetta”ordinò lui.

“Lo faccio andare via adesso”promise lei: “E poi ti ridò la bacchetta”

“Elladora”richiamò lui imponente.

“Theodore”esclamò una voce sorpresa all’entrata della casa. La signora Greengrass era uscita, regale come sempre, ma con una luce inedita negli occhi. Il signor Nott si voltò e percorse a falcate lo spazio fra loro, per poi abbracciarla. Vedere così due Mangiamorte mi metteva un po’ in imbarazzo, non pensavo che potessero amarsi come due persone normali. Elle tirò un sospiro di sollievo e quando feci per andarle accanto, scosse la testa, mimando un no con le labbra. Ah, quindi non era finita. L’amore per la moglie non aveva ricordato al signor Nott che uccidere un sedicenne innocente fosse sbagliato. I suoi genitori si osservavano negli occhi e stavano sussurrando qualcosa. Passarono minuti che mi sembrarono ore, ma alla fine il signor Nott si voltò verso Elle e allungò una mano. Lei gli andò vicino e gli porse la bacchetta, ma la tenne da un’estremità.

“D’accordo”disse il signor Nott. Elle la lasciò andare e i suoi genitori entrarono dentro. Solo allora si concesse di prendere un respiro e di venirmi incontro con gli occhi lucidi: “Scusami, scusami davvero”. La abbracciai di nuovo, grato che fossimo entrambi vivi e ancora più arrabbiato verso i suoi genitori di quanto lo fossi prima. Ma che razza di maniera era di trattare un ospite questa?

 

Una volta lavato e sistemato, il signor Nott aveva riacquistato tutta la sua aristocrazia. Ero nella sala da pranzo e stavo aspettando Elle, quando lo vidi entrare con uno sguardo saccente.

“Daphne mi ha detto che posso fidarmi di Elladora. Ed è stata lei a invitarti qui, quindi non ti ucciderò”. Ah grazie, avrei dormito sogni tranquilli quella notte. Non risposi perché avevo una marea di insulti da recapitargli, ma non mi sembrava giusto nei confronti della mia ragazza.

“Mi ha anche detto che sai tutto di lei e Zabini”. Ancora? Ma allora era un chiodo fisso! “Sono promessi fin da quando avevano sei anni”. Volevo rispondere, ma continuò a parlare.

“Sono condannato ormai”ammise puntando gli occhi castani nei miei: “Non ho più nulla da perdere. Un passo falso e sei morto, Potter”. E adesso non solo sua madre voleva uccidermi, ma anche suo padre. Quella notte avrei dormito con la bacchetta sotto il cuscino.

“Tengo molto a sua figlia”. E il signor Nott fece una cosa inaspettata: scoppiò a ridere.

“Lei è una di noi”

“Si sbaglia”. Ah ma allora dillo James che vuoi morire? Deglutii e andai avanti: “Lei è pura, gentile, non odia nessuno ...”

“Non tradirà mai la sua famiglia”. Lo aveva fatto però, non si era presentata alle udienze in tribunale per salvare la vita al padre. “Potrà anche sembrarti che stia bene ad Hogwarts, ma appartiene a noi. Hai visto come si comporta qui? Ti sei reso conto della dignità nel suo portamento, dell’educazione costante e dell’aristocrazia nel suo sguardo?”. Sì, me ne ero reso conto e mi faceva paura.

“Quelle come lei sono nate per sposare Purosangue”ammise il signor Nott: “Non permetterò mai che infanghi il proprio nome con quello di un Mezzosangue”

“Non credo che riuscirà a vedere il suo matrimonio”dissi cinico: “Domani c’è la sentenza, giusto?”. Alzò un sopracciglio, restando sempre immobile sul posto, lo sguardo davanti a sé: “Non cantare vittoria, Potter. Non conosci mia figlia come la conosco io. Domani potrei morire, come potrei tornare a casa. Vedremo”. Sentimmo dei passi e ci zittimmo, fingendoci tranquilli quando Elle e la madre entrarono. Mangiai poco, avevo lo stomaco in subbuglio dopo quel discorso col padre e non volevo passare più del tempo in quella casa. Al termine della cena, ringraziai e salii nella camera che mi avevano riservato, piena di cimeli di magia oscura che ero sicuro mi avrebbero torturato o ucciso nel sonno. Scattai quando sentii un rumore, convinto che il padre fosse venuto a uccidermi. Ma era Elle, si era materializzata nella mia stanza.

“Scusami”sussurrò ancora sdraiandosi accanto a me e baciandomi. All’improvviso tutto il freddo polare presente in quella stanza scomparve per lasciare spazio al calore delle braccia di Elle. La abbracciai e cercai di sorriderle per rassicurarla che tutto andasse bene.

“Domani torniamo ad Hogwarts”asserì.

“Di già?”

“Non voglio che tu stia qui con lui”

“Ha detto che non mi ucciderà”

“Non è comunque un bel posto dove stare”commentò triste.

“L’importante è che ci sia tu”. Mi sorrise e si strinse ancora di più a me, restandomi accanto per qualche minuto.

“Ti dispiace se resto qui stanotte?”chiese nascondendo il volto sul mio collo.

“Scherzi? Questa stanza fa paura”

“Mi ci chiudevano dentro da piccola quando combinavo qualche pasticcio. L’ho sempre chiamata la stanza delle punizioni”. Che razza di genitori erano? La abbracciai forte e le diedi un bacio sulla testa: “Domani chiedo a nonna di inviarmi una torta alla melassa, okay? Così ci scrolliamo di dosso tutta questa oscurità”. Ridacchiò e mi stampò un bacio sul mento: “Okay, non vedo l’ora di mangiarla”. Chiudemmo gli occhi e stavo per addormentarmi, quando sussurrò: “Scusami, James. Non dovevi vedere tutto questo”

“Non importa”biascicai in pieno dormiveglia: “Voglio solo che tu stia bene”. E non capii cosa mi disse perché, cullato nel suo abbraccio, mi addormentai in pochi attimi.

 

La signora Greengrass abbracciò la figlia, sorridendole. Strano, il giorno prima l’aveva trattata come uno straccio e ora le sorrideva? Dal labiale mi sembrò che la stesse anche ringraziando. Elle tornò da me e prese un respiro: “Okay, possiamo andare”

“Tua madre ti ha ringraziata?”chiesi stranito.

“Non è nulla”

“Cosa hai fatto?”. Schioccò le labbra, guardandosi in giro: “Te lo spiego dopo”

“Elle”. Mi prese per mano e ci smaterializzammo. Non ero pronto a quella sensazione e, quando fummo catapultati fuori dal cancello di Hogwarts, per poco non vomitai.

“Avremmo potuto usare della semplice metropolvere”mi lamentai, ma non mi ascoltava. Spalancò il cancello ed entrò, risalendo la collina.

“Elle!”la chiamai seguendola stordito, lo stomaco mi creava ancora problemi.

“Mi sono ricordata che ho un compito da finire entro domani ...”

“Ma è vacanza”

“È importante”

“Ma hai ancora quattro giorni ...”. Non mi rispose e continuò per la sua strada, obbligandomi a correre per piazzarmi di fronte a lei e prenderle le spalle. Stava piangendo, le labbra tremavano incessanti e gli occhi erano così tristi che volevo smettere di guardarli, ma non potevo.

“Ho bisogno di stare da sola”spiegò lentamente: “E non merito la tua compagnia. Tu non hai fatto nulla di male, anzi, ti sei comportato fin troppo bene con due pazzi del genere. Ma ti prego, un solo minuto passato con te mi fa sentire in colpa, quindi devo andare”

“Non voglio lasciarti da sola così”

“Passerà”mormorò, si staccò da me e corse via. Avrei voluto seguirla e dirle che non mi importava niente dei suoi genitori, ma il mio stomaco non resse e vomitai tutta la colazione dietro il cespuglio.

   
 
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