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Autore: Ahiryn    19/06/2021    4 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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II

Accademia




893 p.U.



– Perché no?
Dalia bevve un po’ d’acqua e continuò a tagliare la fettina di carne nel piatto. – Perché abbiamo corporature diverse, tu sei molto più grosso di me, non ho le competenze per aiutarti con la scherma. Possiamo allenarci insieme se vuoi.
Kieran si frenò dal rispondere con la bocca piena, ma mostrò un bel broncio. – D’accordo allora, tieniti i tuoi segreti – borbottò.
Dovevano parlare a voce alta nella mensa, il chiacchiericcio era assordante. Le lunghe tavolate di legno erano piene di cadetti, lungo i muri erano appesi quadri e dipinti di banchetti e di battaglie. Avevano recitato il giuramento e si erano lanciati sul cibo, dopo avrebbero avuto le simulazioni ed erano tutti smaniosi di rimettersi in forze.
Kieran aveva una fame insaziabile, consumava energie a un ritmo disumano, cadeva addormentato appena metteva piede in camera e aveva a malapena il tempo o le forze di pensare.
– Non sono segreti, ognuno ha le sue specialità, la mia è la scherma.
Dalia era davvero la più abile schermista dei nuovi cadetti, l’unica che superasse Silas. Da un po’ di tempo erano diventati amici, forse perché entrambi erano senza titolo, oppure perché lei era simpatica e alla mano. Kieran era sollevato di non dover più mangiare da solo. I pasti erano diventati molto più piacevoli in compagnia. A volte Dalia si comportava in modo rigido e fra loro c’era ancora un lieve imbarazzo, ma Kieran voleva rafforzare la loro amicizia. Non sapeva bene come, per il momento si limitava a mangiare con lei e a conversarci.
– Dov’è Silas?
– E cosa ne so io.
– Non siete grandi amici voi due?
Si strozzò con l’acqua. – Sono il suo compagno di stanza, mica la sua badante – bofonchiò.
Si era accorto che mancava, ma Silas era sempre a zonzo a causare guai, era irrequieto e girovago, non si piegava ai ritmi dell’Accademia, continuava a seguire i propri con testardaggine.
– Potresti chiedere a lui per la scherma, ti darebbe una mano.
– Sarebbe come ammettere che lui è più bravo di me.
La ragazza aggrottò le sopracciglia e trattenne un sorriso. – Ma lo è.
– Per ora – ribatté fiducioso.
Da quel lontano giorno della simulazione fra Kieran e Silas erano passati ormai mesi. Quello che molti credevano sarebbe stata un’eccezione, una svista, uno scivolone del ragazzo d’oro dell’Accademia, divenne invece la normalità.
La rivalità fra Kieran e Silas, la loro competizione continua, il loro sfidarsi a ogni allenamento, a ogni esercizio, a ogni test, li aveva resi entrambi piuttosto conosciuti fra le mura dell’Accademia; e se questo per Silas era già un fatto, per Kieran era qualcosa di nuovo. Le loro scenate venivano chiacchierate da tutta l’Accademia, erano una fonte continua di pettegolezzi e scommesse, si rubavano le vittorie ed erano sempre i primi a proporsi.
Dividere la camera era diventato più frenetico. Silas aveva iniziato a dormire più spesso con lui ed era capitato più di una volta che avessero parlato fino a notte fonda di tattiche, strategie e di quanto il maestro Graham avesse un alito mefitico.
Silas aveva l’incredibile capacità di imitare e prendere in giro alla perfezione ogni singola persona. Si metteva un monocolo di sua proprietà e ricreava l’accento del capo domestici, s’incurvava e parlava sbiascicando e diventava l’addetto al telegrafo. Kieran rideva fino alle lacrime, non avrebbe mai pensato che Silas fosse così divertente. C’erano diverse persone a casa con cui si trovava bene, ma quelle che riuscivano a scatenargli quell’ilarità erano pochissime e Silas era di certo al secondo posto. Dopo suo fratello forse.
La sua nuova quotidianità era molto più sopportabile e aveva paura a dirlo ad alta voce, ma non si sentiva così felice da diverso tempo. Scriveva spesso lettere a sua madre e a suo fratello, cercava di sbafare meno con l’inchiostro e usare una calligrafia piccola piccola per far entrare tutto quello che doveva dire. E c’era davvero tanto da dire, ma gran parte delle sue lettere erano occupate da Silas. Gareggiare con il Discendente aveva dato uno sprono in più a ogni singola lezione, sentiva di essere migliorato davvero e di non potersi fermare per alcun motivo. I maestri avevano imparato il suo nome e avevano diverse aspettative su di lui, anche gli altri cadetti ormai lo riconoscevano.
Non sapeva come definire Silas. Un amico? Un avversario? Un avversario. Suonava così fiabesco, come le storie che gli raccontava sua madre a proposito del famoso spadaccino gentiluomo, Reix. Anche lui aveva un rivale. Era imbarazzato a definire così Silas, ma gli dava quel senso di avventura ed esperienza, come se fossero già guerrieri di Ferro esperti. E per quanto a volte non sopportasse granché alcuni lati di Silas, dal suo atteggiamento beffardo, alla sua scarsa capacità di accettare la sconfitta, al modo in cui si inalberava se la camera era troppo disordinata, doveva ammettere che Silas era molto più di quanto avesse pensato.
– Credi che per l’Iniziazione potremmo chiedere di essere nello stesso gruppo? – domandò Kieran, usando la forchetta per prendere le ultime briciole.
Dalia si stava pulendo le labbra con un tovagliolo. – Credo saremo divisi per blocchi di camere, ma in ogni caso devi stare tranquillo. Per uno come te l’Iniziazione sarà un gioco da ragazzi.
La frase lo innervosì subito. – Vorrei che fosse così, ma sono quello qui dentro che conosce meno il mondo fuori e poi le mie valutazioni nei test teorici sono penose… ho scoperto che rompere il naso al Discendente non è motivo di valutazione, tsk, follia pura.
– E io che credevo ti avrebbero eletto Feldmaresciallo seduta stante.
Sorrise. – Forse devo rompergli anche altro.
Nel momento in cui lo disse vide Dalia trattenere un sorrisetto e arrossì subito, grattando la forchetta con il piatto. Si passò una mano sul viso. – Aveva un suono ambiguo, vero?
– Leggermente – ridacchiò.
Abbassò la testa e bofonchiò qualche scusa.
 
 ⚔
 

Ritornò in camera dopo gli allenamenti che a malapena si reggeva in piedi, voleva posare la divisa e andare a farsi un bagno alle sorgenti termali, era l’unico giorno in cui era concesso. Sentiva collo e schiena doloranti, i muscoli in fiamme, aveva i palmi delle mani sanguinanti e si era sbucciato ginocchia e gomiti cadendo. Voleva sciacquarsi e riposarsi senza pensare all’Iniziazione e a quanto ne fosse spaventato. Era molto bravo a evitare i pensieri angoscianti, ci girava intorno senza affrontarli finché non lo investivano in pieno. Beh forse non era così bravo.
Sull’ingresso della camera c’era Silas e non era solo.
La loro stanza si trovava in fondo a un breve corridoio dietro l’angolo, abbastanza isolata, le altre camere erano prima della svolta. Aveva una porta di legno elegante e una maniglia d’ottone, il numero era segnato in oro, la dodici. Sapeva che le altre Accademie minori avevano camerate di cadetti che dormivano insieme, ma lì era tutto molto più lussuoso.
– Ti ho detto di levarti dalle palle, Siegan, non costringermi a spaccarti la faccia.
Il tono di Silas grondava ostilità, non c’era granché di quel sarcasmo che usava di solito.
Qualcuno è di buon umore.
Silas non perdeva quasi mai la sua aria canzonatoria e irritante, si comportava sempre come se fosse tutto un gioco, perciò non era abituato a vederlo arrabbiarsi senza giochetti o mezzi termini.
Non aveva ancora svoltato l’angolo, sentiva solo le loro voci.
Siegan.
Il quartogenito della famiglia Siegan, un ragazzo piuttosto piazzato e petulante, che passava le giornate a lamentarsi degli altri fratelli e del cibo della mensa. Non un individuo molto simpatico, le uniche interazioni che aveva avuto con lui consistevano nel fingere che l’altro non gli avesse insultato la madre o i vestiti.
Si sporse appena per vedere la situazione: Silas era contro la porta a braccia conserte con uno sguardo talmente freddo da far sembrare il vento invernale fuori una brezza estiva; l’altro ragazzo gli stava addosso e aveva una mano artigliata sul suo fianco e l’altra sulla cintola dei propri calzoni.
– E dai Vaukhram, non fare il prezioso adesso, so le voci che girano su di te. Vieni con noi in città stasera, non puoi rifiutarti all’infinito. Berremo tutta la notte e andremo per bordelli. Ma se vuoi possiamo rimanere da te stanotte. Siamo quasi tutti maschi qui, e a te piace, quindi ci guadagniamo tutti, no?
Silas tirò fuori un sorriso, ma sarebbe stato più corretto dire che qualcosa di affilato gli tirò su gli angoli delle labbra. – Quali voci, Siegan? Spero mi abbiano reso giustizia.
– Fin troppa, siamo tutti curiosi. Le nostre famiglie si uniranno presto, non credi che dovresti mostrarti più amichevole con il tuo futuro parente?
– Una cugina che non ho neanche mai visto sposerà uno dei fratelli che odi tanto, mi sembra esagerato definirti un parente. Forse è più appropriato parassita.
Siegan gli afferrò il colletto. – Perché non mi fai entrare e la smetti di blaterare? Guarda che sono stato spesso al bordello giù in città con gli altri, e ci sono alcuni ragazzi travestiti, alcuni hanno sangue fatato… so quello che faccio.
Kieran rifletté che era meglio farsi gli affari propri. Stava assistendo a qualcosa di privato di cui non conosceva le dinamiche e non voleva rischiare di inimicarsi nessuno. Il rettore gli aveva detto di rispettare le gerarchie, se voleva rimanere all’Accademia e non tornare a marcire in una fabbrica.
Eppure Silas aveva un atteggiamento molto difensivo, aveva alzato una mano per mettere spazio e l’altro gliela aveva afferrata. Sapeva che non aveva alcun bisogno d’aiuto, infatti era quasi più preoccupato per l’incolumità del pallone gonfiato, che forse non si rendeva conto di quanto fosse forte l’altro. Finisce male sicuro, Silas lo ucciderà.
– Forse non mi hai sentito, mentecatto, tira fuori il tuo cazzo e sarà l’ultima volta che lo vedrai attaccato al tuo corpo. Pagare una persona perché ti dica quello che vuoi sentirti dire non è saperci fare, è essere patetico. Se sei così disperato hai sempre una mano. Ora vattene, il mio compagno di stanza sta tornando.
– Ti scopi lui quindi? Il contadinotto? Voi mezzosangue siete davvero voraci. Abbiamo tutti bisogno di sfogarci qui e tu sei predisposto per questo, avanti – sussurrò e si portò una mano al bottone dei calzoni.
Kieran rimase indignato da quell’accusa e strinse i pugni. E poi la gente diceva che i nobili avevano una parlata pulita, avrebbe voluto fargli sentire quei due!
– Ti conviene farti indietro, o non ti farò uscire vivo dall’Iniziazione.
La minaccia suonò così vera che anche Kieran rabbrividì. Silas aveva perso ogni genere di sarcasmo o tono strafottente, c’era solo gelo nella sua voce. Non sembravano parole vuote.
– A me non frega niente di chi sei o cosa c’è nel tuo sangue, parlami ancora così e dirò agli altri di farti una visitina stanotte. Non saresti il primo che viene trascinato nelle stalle e passa una brutta nottata. Non ti conviene farti nemici i Barbari.
La risata di Silas suonò crudele. – I Barbari? È così che vi fate chiamare tu e i tuoi amici? Lo dicevano che eri il buffone di famiglia! Chi ha scelto questo nome? Tuo fratello di tre anni?
Continuò a ridere e Siegan alzò un pugno con rabbia.
Silas glielo afferrò con violenza, lo rigirò con uno strattone e lo sbatté contro il muro. Gli spinse il braccio piegato contro la schiena, strappandogli un grido.
Kieran girò l’angolo e fece rumore nel camminare. – Dovrei andare in camera – esordì impassibile arrivato di fronte ai due litiganti.
Siegan si voltò fulminandolo e si riabbottonò velocemente la patta dei pantaloni. Silas lo lasciò andare e indietreggiò.
– Tu sei il contadinotto, come diavolo ti permetti di usare questo tono informale con noi? Ma chi pensi di essere, palla di grasso che non sei altro?
Siegan sembrava molto imbarazzato che Kieran lo avesse sorpreso in quella posa e gli urlò addosso senza remore. Kieran si guardò gli abiti e aggrottò le sopracciglia. Aveva messo su massa, ma definirlo palla di grasso gli suonava molto scortese.
Silas anche non sembrava contento della sua intromissione, ma non disse nulla, limitandosi a guardarlo con una certa curiosità.
– Chiedo umilmente scusa signor Barbaro, starò più attento. Ora vorrei entrare nei miei alloggi se sir Barbaro me lo permette.
Silas non riuscì a trattenere oltre una risata e si passò una mano sulla bocca senza davvero nasconderla.
Siegan lo osservò con intenti omicidi, ma si rese presto conto di essere circondato. Kieran era stanco e irritabile, aveva già i pugni serrati e non aveva nulla da invidiare all’altro in quanto a muscoli e stazza, Silas era un metro e ottanta di freddezza e minacciosità, con quegli occhi viola e maligni.
Si limitò a stringere il pugno sulla maglia di Kieran e provare a tirarlo avanti, senza riuscirci. – Questa me la segno, Reed. Guardati le spalle, che i Barbari non dimenticano.
Kieran non batté ciglio, ma gli lanciò un’occhiata di sufficienza. I Barbari e poi non si alzano se la domestica non ha acceso il braciere nella stanza.
 Se credeva di spaventarlo, avrebbe dovuto impegnarsi di più. E trovare un nome meno ridicolo.
Si allontanò senza dire altro.
Si distese la maglia annoiato e guardò Silas, aspettando che si togliesse per farlo passare. Questo gli bloccò la porta con un braccio, ma Kieran ci passò sotto agilmente, ignorandolo.
– Sono stanco, voglio andare alle sorgenti e basta.
Silas lo seguì in stanza, deluso da come aveva aggirato la sua tecnica sopraffina. – Ho apprezzato la battuta, ma avresti dovuto tenere il naso fuori.
– Dovevo aspettare la fine del dramma per entrare nella mia camera? No grazie.
– Ti ho sentito, eri lì da un po’, non dovevi intervenire – rimarcò duro. – Credi sul serio che non avrei potuto stendere quell’idiota? Mi hai battuto una volta, ma sono comunque il migliore.
Kieran gli fece il verso mentre toglieva la divisa e prendeva i calzoni bianchi che usava per le sorgenti e il mantello. Fuori il freddo era comunque molto rigido.
Sono comunque il migliore gne gne. Continua a ripetertelo. Volevi finire di nuovo in punizione? Comunque l’ho fatto per la nostra porta, non volevo la sporcassi di sangue – rispose sarcastico.
Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con Silas. Aveva uno sguardo più adulto degli altri cadetti, soprattutto quelle rare volte in cui si mostrava serio.
Non riesce mai a rispettare gli spazi personali.
Fece un passo indietro.
– Per quanto ridicoli, Siegan e i suoi amici non sono persone con cui scherzare. Non prenderanno mai di mira me, sanno chi sono e non osano, ma non si farebbero scrupoli con te, Reed. Perciò non sfidarli.
La sua voce mostrava una live preoccupazione e aveva aggrottato la fronte.
Kieran scoppiò a ridere e lanciò la maglia della divisa sul letto. – Quasi ci credevo, sembravi così serio.
– Non sto scherzando – lo riprese. – I loro genitori sono membri altolocati delle Gilde. Non li sottovalutare, potrebbero prenderti di mira.
– E?
Silas sbatté le palpebre. – E farti passare dei brutti momenti. Io tiro sempre molto la corda, ma perché posso permettermelo – sembrava in difficoltà. – Quello che voglio dire è che non sono persone da prendere alla leggera.
Il discorso gli fece andare il sangue al cervello e poco ci mancò che lo spintonasse indietro. – Non so perché siete convinti che io venga da una realtà dove tipi come questi non esistevano. Esistono eccome, sono solo meno ben vestiti. So cavarmela da solo, Vauk, lo faccio da sempre.
Gli diede una spallata per farlo spostare e Silas si tolse scuotendo la testa. – Io ti ho avvertito, idiota. Poi non venire a piangere da me.
Deve sempre avere l’ultima parola, quanto non lo sopporto.
– Sarai tu a piangere! – replicò lamentoso.
Si allontanò in fretta prima di dargli modo di rispondere ancora.
 
 ⚔
 
 
– E quindi Silas mi ha inchiodato il bordo del pantalone con la spada e me lo ha tirato giù. Se n’è approfittato che era un po’ scucito e mi ha lasciato in mutande di fronte agli altri cadetti. Ma questa la paga, eccome se la paga, alla lezione del Maestro Hammer gliela farò scontare.
Aveva parlato ininterrottamente per diversi minuti e aveva colorito il racconto con movimenti e gesti per rendere tutto più sentito. Aveva le guance accaldate e il viso illuminato dal sorriso.
William sedeva alla sua scrivania in modo composto, le dita intrecciate sul panciotto e una ruga di preoccupazione fra le sopracciglia scure. Era appena stempiato, ma si presentava come un uomo affascinante, i capelli erano striati di bianco, aveva una barba curata e due occhi stanchi.
A differenza della maggior parte di Discendenti, il rettore aveva pochi elementi che lasciassero intuire il suo sangue fatato. Gli occhi avevano striature nere lucide che in determinati giorni invadevano la cornea, le orecchie avevano una lieve peluria chiara sulla punta, ma per il resto sembrava molto umano.
Il suo studio agli occhi di Kieran era elegantissimo, dalle poltroncine antiche in velluto rosso e oro, ai dipinti dalle tinte cupe, alle armi d’epoca appese ai muri. Non aveva mai visto nella sua vita una stanza così ricca, aveva paura di toccare qualsiasi cosa. D’altronde William Rogerson era il rettore dell’Accademia, generale dei guerrieri di Ferro, vicecapo della Gilda.
Ed era anche il suo benefattore.
– Sono contento che ti stia facendo degli amici. I maestri mi stanno parlando positivamente delle tue capacità.
Sorrise appena. – Ho ancora molto da imparare.
William annuì. – Certo, ma sei volenteroso. I tuoi genitori ti hanno scritto? – domandò.
– Mia madre, mi ha scritto di ringraziarvi di nuovo per ogni cosa.
– Sei tu che hai permesso tutto questo, ti sei meritato questo posto.
Non ne era così certo, ma s’imbarazzò lo stesso e William lo guardò con una certa dolcezza.
– Kieran siediti un attimo per favore.
Ubbidì e il tono lo innervosì subito. Non sembrava di rimprovero, ma era più serio.
William si sporse in avanti e poggiò i gomiti sulla grossa scrivania di mogano. La divisa elegante aveva diverse medaglie appuntate ed era pulita come se fosse nuova. Aveva guanti bianchi sulle mani che in quel momento stava toccando in riflessione.
– La tua… amicizia con il Discendente è molto positiva, soltanto che dovresti fare attenzione.
Kieran quasi si strozzò con la frase. – Non siamo amici! – replicò veemente. – Lui è uno sbruffone e un idiota.
Era ancora arrabbiato per quello che gli aveva detto in camera. Si sentiva così superiore, gli dava ai nervi.
Il direttore non lo stava davvero ascoltando, o almeno era l’impressione che dava. – Rivalità e amicizia spesso vanno di pari passo. Percepisco dalle tue parole che provi della stima per lui.
Bofonchiò qualcosa nel tentativo di negare. – No, voglio dire, non tollero il suo comportamento spocchioso, però sa quando assumersi le sue responsabilità e vuole che io…
– Stai dritto quando parli, Kieran.
Si rizzò subito e questo suscitò una risata dal rettore. Lo prendeva spesso in giro quando ubbidiva ai suoi ordini con quella prontezza.
– Riposo, cadetto.
William gli allungò una grossa foto sbiadita; ritraeva un giovane soldato, il color seppia gli intristiva lo sguardo.
– Quello era Leroy Penr, era in Accademia l’anno scorso. Era amico del giovane Vaukhram prima che quest’ultimo entrasse in Accademia. La famiglia lo ha ritirato per gli scandali che lo hanno colpito a causa del Discendente. Si dice che i due avessero un rapporto di amichevole rivalità agli inizi.
Kieran aggrottò le sopracciglia e un sorrisetto spontaneo gli inarcò le labbra. – Signore io non credo affatto che Silas abbia certe intenzioni con me. So della sua… reputazione, ma ritengo che non mi riguardi. Non è l’unico qui dentro ad avere comportamenti, ecco, insomma, inappropriati.
– Non lo è, siete ragazzi e cercate degli sfoghi, è normale alla vostra età, ma è l’unico che sfida il decoro apertamente e questo ai nobili e alle famiglie non piace, perché per quanto ingiusto possa essere, ci sono regole sociali in quest’ambiente. Lungi da me fare la morale a qualcuno, Kieran, sappiamo entrambi che è solo una questione di apparenze, ma… mi preoccupo.
– Non dovete preoccuparvi, manterrò un atteggiamento decoroso e disciplinato.
Gli sorrise per il tono. – Lo so ragazzo, detesto doverti fare questo discorso, il giovane Vaukhram sembra davvero promettente, ma voglio che tu faccia attenzione. Ci sono cose da cui neanche io potrei proteggerti. Silas non segue molto le regole sociali, ma può permetterselo.
Kieran guardò di nuovo la foto. – Che genere di regole?
Il suo di ambiente era completamente diverso e non aveva idea di quale fosse il problema nello specifico. Silas non era di certo l’unico a divertirsi in giro, proprio l’altro giorno aveva sorpreso due cadetti con le mani nei reciprochi pantaloni negli spogliatoi. Anche a casa succedeva spesso, non che lui avesse molte esperienze, ma ricordava come i ragazzini più grandi andassero sempre nel magazzino della fabbrica, dove c’erano alcune coperte; si sentivano spesso versi da lì, maschi, femmine, a nessuno importava, finché non trascuravano il lavoro. Tutti lo sapevano, tutti lo facevano.
– Quelle che riguardano le apparenze. I ragazzi di buona famiglia per l’alta società devono mantenere il decoro, Kieran. È consuetudine sposarsi giovani e mettere al mondo dei figli, soprattutto per i Discendenti, con altri come loro. Non è bene prima di quel momento costruirsi una reputazione troppo dissoluta, è segno di mancanza di autocontrollo e disciplina.
– Ma voi non siete sposato – osò dire.
William annuì. – Vedi, Kieran, io non posso avere figli purtroppo. Questo mi ha permesso di concentrarmi sulla mia carriera.
Kieran sapeva che William era il primo Discendente ad aver raggiunto quella carica all’interno dei guerrieri di Ferro. Solitamente i Discendenti venivano instradati in una carriera nel Diaspro o in altre Gilde che richiedevano l’utilizzo della magia. Ma Rogerson era una leggenda e tutti sapevano che sarebbe stato il prossimo Feldmaresciallo.
– Il punto è che lui può permettersi certi atteggiamenti, ne uscirà sempre in piedi – s’interruppe, come se cercasse le parole adatte. – Quello che voglio dire, Kieran, è che non devi dimenticare che lui è un nobile, mentre tu non lo sei.
Quella frase gli torse lo stomaco e lo gettò subito nel malumore. – Lo so, ma non conta quando ci affrontiamo. Non conterà sul campo di battaglia, quando saremo compagni.
William si riprese la foto e si tirò indietro contro la sedia. – Conta sempre figliolo. Questo non significa che non possiate costruire un’amicizia solida, anzi, ti incoraggerei a coltivarla, ma voglio solo che tu faccia attenzione. Lui sarà Feldmaresciallo un giorno, non perché lo merita, ma perché la sua famiglia lo vorrà in quella posizione.
– Lui è capace, potrebbe meritarselo – rispose con una lieve freddezza.
Silas poteva essere un presuntuoso a volte, ma era bravo, più di tutti gli altri e si impegnava, non prendeva mai nulla sotto gamba e faticava il doppio degli altri cadetti. Non gli piaceva il modo in cui il rettore aveva sminuito il suo impegno.
William accavallò le gambe. – Perdonami, non volevo sminuire le sue capacità. Il punto è che non importerà a nessuno se lo avrà meritato oppure no. La famiglia Vaukhram è una famiglia di duchi, ha membri di spicco in tutte le gilde, il prossimo Gran Consigliere sarà Jerome Hart, prozio del giovane Silas. Riesci a capire quello che voglio dire?
Sapeva che i titoli nobiliari avevano perso molto potere da quando la monarchia era stata abolita in favore del Consiglio, molti secoli prima. Lo aveva studiato a storia, ma erano per lo più chiacchiere. Certi titoli corrispondevano a talmente tanti ettari di terra, che era sciocco sminuire il loro potere. La famiglia Vaukhram risiedeva nella Lunvenia e la possedeva quasi interamente.
Silas è l’erede di un’intera regione.
Il pensiero gli asciugò la bocca quasi immediatamente e avvertì una sensazione molto sgradevole nel petto. Lui al massimo poteva ereditare una casa e anche malmessa.
Certo, in realtà non sarebbe stato l’unico erede, ma cambiava poco la situazione.
– Silas non dimenticherà mai le tue origini, ricordati che i ragazzi di famiglie nobili sanno essere molto crudeli, specialmente quelli come Silas. Ti chiedo solo di agire con cautela, perché neanche io potrei proteggerti dall’ira della famiglia Vaukhram o da troppi scandali. Non volevo tirare fuori questo discorso, sei giovane e devi viverti la tua età come ti senti, farti amici, imparare e anche divertirti. Ma per quanto vorrei livellare ogni differenza con gli altri cadetti, la tua situazione sarà sempre particolare. Ho promesso a tua madre che ti avrei protetto, anche a costo di dover essere rigido. Ti chiedo soltanto di fare attenzione.
Abbassò la testa. – Lo so, voi…
Non riusciva a esprimere la sua riconoscenza, ne era inondato e avvertiva un forte calore. – Non dovete preoccuparvi per me, vi prometto che starò attento.
Si sentì scompigliare i capelli. – Non volevo essere troppo duro. A breve ci sarà l’Iniziazione e sono sicuro che farai faville.
Era certo di star tremando, perché quelle parole erano coltellate di ansia. –  Sarò all’altezza di quest’Accademia.
– Non sentirti sotto pressione, se io ho visto qualcosa in te, è perché quel qualcosa c’è ed è qui – allungò un dito e gli toccò il petto con l’indice. – Perché non mi finisci di raccontare del tuo scontro con Silas?
 
 
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Nei giorni successivi aveva cercato di focalizzarsi sugli allenamenti senza lasciarsi distrarre, ma a volte gli pesava davvero dover tenere quest’atteggiamento rigido e distaccato. Il giorno libero gli altri cadetti andavano con le vaporette nella cittadina più vicina a festeggiare, giocare a dadi o nelle bische, a chiedere a qualche ragazza di paese di ballare durante la festa dei fiori o anche semplicemente a bere insieme nei pub.
Lui se ne restava ad allenarsi in Accademia, pressoché da solo nel campo, mentre fuori la sera si presentava invitante con i suoi divertimenti e svaghi.
Posò le mani sulle ginocchia e si asciugò il sudore. Il freddo della notte era pungente come mai, la neve si era posata sui tetti dell’Accademia e sui muretti, il campo d’allenamento era stato sgomberato quel pomeriggio, ma il terreno era duro e congelato. Aveva sudato parecchio e si sentiva accaldato, ma il vento gelido gli alitava sul collo facendolo rabbrividire.
Si poggiò per terra e posò la spada smussata che usavano per gli allenamenti.
Molti sostenevano che ormai fosse inutile allenarsi con le armi bianche, che pistole e baionette fossero il futuro, ma era un discorso che non valeva per i guerrieri di Ferro. I loro nemici infatti erano in grado di distruggere i proiettili prima che li sfiorassero spesso ed era molto più dispendioso usare il ferro runico su ogni singolo proiettile. Le armi bianche restavano ancora le più efficaci, ma si chiedeva quanto a lungo sarebbe stato così.
– Ormai avranno iniziato senza di noi – borbottò una voce maschile dai porticati che cingevano il campo d’allenamento.
– Rilassati per una volta, abbiamo tutta la notte.
Le lampade a gas illuminavano debolmente la nebbia serale e distinse a malapena le due figure, mentre il rimbombo dei loro stivali si perdeva nel campo.
Erano due cadetti attardatisi in biblioteca. Stavano raggiungendo l’ingresso per andare a prendere la corriera; la maggior parte poteva permettersi di affittare una vaporetta alla moda e un autista, erano tutti piuttosto ricchi lì dentro, ma alcuni prediligevano la corriera che era più economica.
Li guardò allontanarsi con una stretta allo stomaco. Dalia lo aveva invitato, dicendogli che sarebbe andata a teatro. Lui non era mai stato a teatro nella sua intera vita, non aveva neanche dei vestiti adatti, ma il problema è che non si sarebbe rilassato.
Strinse le dita sui ciuffi d’erba secchi e guardò il cielo. Le parole del rettore gli pesavano addosso come un macigno. Più credeva in lui e più si sentiva terrorizzato. Quella era la sua unica possibilità.
La maggior parte di cadetti aveva alternative, ma non lui. Avevano famiglie facoltose alle spalle, o conoscenze importanti, piani di riserva in caso di fallimento all’Iniziazione, ma non Kieran. Quella era l’unica possibilità per una vita dignitosa e giocarsela significava… significava essere destinati alla vita che avevano avuto i suoi genitori. Significava perdere tutto.
– Sei in posa per un dipinto o devi andare urgentemente in bagno?
La voce canzonatoria di Silas gli fece rovesciare la testa, i capelli castani rossicci scivolarono giù e lo guardò al contrario.
Indossava un farsetto elegante e un mantello da sera monospalla che gli copriva un braccio, aveva i capelli neri corti pettinati all’indietro e un lungo orecchino d’oro che scendeva sulla spalla e terminava in una piccola pietra verde. Sembrava di ritorno da una festa e aveva il labbro spaccato.
– Che vuoi? – domandò di cattivo umore.
– Non posso passare di qua, è di tua proprietà il campo d’allenamento?
Alzò gli occhi al cielo. Non aveva le forze di avere a che fare con Silas in quel momento, soprattutto perché era invidioso, invidioso di come quel ragazzo riuscisse a essere un portento e allo stesso tempo ad andare alle feste e a passare le notti chissà dove, senza che questo influisse. Poteva immaginare quello che il Discendente pensasse di lui, un poveraccio che doveva ammazzarsi di fatica per imparare le lezioni più semplici, che non andava mai da nessuna parte, che non aveva amici e se li aveva rimaneva comunque in disparte.
Questo sì che è piangersi addosso. E poi cosa m’importa di quello che pensa questo qui.
Aspettò che se ne andasse, ma rimase lì fermo a metterlo a disagio. Il silenzio iniziò a pesargli presto.
– Immagino ti sia divertito – e indicò con un cenno del capo i suoi abiti.
Era ancora seduto sul terreno umido, mentre Silas era in piedi accanto a lui. – Un po’, una ragazza suonava il flauto e mi ha ricordato le feste della Corte della Magnolia.
Alzò gli occhi a guardarlo e capì presto che era un po’ alticcio. Gli occhi erano arrossati e non sembrava del tutto in sé. Non parlava quasi mai del suo essere Discendente o in generale delle corti fatate, Kieran non aveva idea che ci avesse mai avuto a che fare.
Da un lato si sentì subito incuriosito; studiavano quotidianamente le corti fatate, la loro divisione interna, le strutture, le gerarchie, le usanze, per quanto difficile, ogni corte aveva modi di fare molto diversi, ma era importante analizzare i comportamenti dei loro bersagli. Dunque in teoria conosceva qualcosa ormai, ma a conti fatti non aveva neanche mai visto una fata purosangue dal vivo.
E non ci teneva troppo a incontrarla presto.
– Sei stato dentro una corte fatata?
– La Magnolia è una delle poche fate antiche che permetteva due volte l’anno agli esterni di venire alla sua corte a festeggiare, nei boschi di Ravenwood, vicino alla villa estiva dei Vaukhram.
Kieran aggrottò appena le sopracciglia quando lo sentì usare quella definizione. Dei Vaukhram, perché non dice “della mia famiglia”?
Non era la prima volta che lo notava.
Incrociò le gambe in modo goffo e si fece attento. – E com’era?
Silas cascò a sedere con poca grazia. Forse era più ubriaco di quanto sembrasse. – Incredibile – mormorò con gli occhi che brillavano. – La musica non smette mai, quella dei flauti e delle lire e delle ocarine, sembra quasi che sia il bosco stesso a cantare, le bevande sono dolcissime e dense, appiccicose, i frutti così maturi che non riesci a rimanere pulito quando li addenti. Le fate indossano vestiti molto diversi, i guerrieri hanno armature di legno e foglie autunnali sugli spallacci, si balla tutta la notte, si caccia, si canta, si fanno magie, e si fa sesso.
Kieran quasi si strozzò con l’ultima parola. – Cosa? La Magnolina permette la commistione con gli esterni?
– No. Gli esterni sono obbligati a ingerire degli impacchi che bloccano la fertilità per la notte, ma per il resto sono liberi di unirsi con chi vogliono, dove vogliono, purché siano loro a essere invitati. Visto che sono ospiti non possono fare richieste di questo genere. Ed è abbastanza improbabile che un principe fatato si unisca con un umano per esempio, ci sono comunque delle gerarchie. Però le fate delle corti sono curiose, volubili, non hanno quella rigidità che abbiamo qui nelle città; quindi se sei abbastanza fortunato, ti rivolge il suo interesse.
Sapeva che le corti fatate erano luoghi spesso disinibiti, ma non pensava così tanto. Era difficile immaginarlo per lui, soprattutto immaginare Silas in quella situazione.
– Non fare quella faccia.
– Quale faccia?
– La faccia di chi giudica.
– Non sto giudicando proprio nessuno. È che non… non capisco.
Non era una persona particolarmente pudica, ma non riusciva comunque a immaginarsi in un contesto del genere.
– Sono feste per onorare la vita e la natura, il sentirsi vivi, sono soltanto tradizioni diverse. Poi ogni corte ha le sue regole, quindi posso parlare solo per questa, ma quando sei lì tutto scorre naturale, non senti il disagio che proveresti a una festa in una villa fra i nobili.
Poggiò la guancia sul pugno, pensieroso. Sembrava davvero un principe fatato in quel momento, con le orecchie a punta, la pelle scura che brillava sotto la luce della luna, i capelli disordinati e il volto pensoso. Un principe con una parlantina molto colorita di solito.
– Non so se potrei trovarmi bene in un contesto del genere.
Silas si lasciò sfuggire un sorriso. – Ti avrei portato con me se ti avessi incontrato prima. C'è un particolare rituale per chiedere udienza a una fata antica. Un giorno te lo mostro.
– Puoi portarmi con te? – domandò su di giri. – Non ti disturberei!
– Purtroppo no. Non più.
Aggrottò la fronte. – Non puoi tornarci?
Le sue labbra si strinsero per un attimo. – La Magnolia e la sua corte non accettano più gli esterni, non posso tornarci purtroppo.
Lo aveva detto con una nota amara, qualcosa gli aveva davvero intristito lo sguardo. Forse era la prima volta che gli vedeva quell’espressione amareggiata e non era sicuro di come si sentisse.
– Ne incontrerai sicuramente altre nella tua vita, sei pur sempre un Discendente, hai il loro sangue, ne sono sicuro.
Abbassò lo sguardo. – Magari anche voi lo avete.
– Forse abbiamo qualche antenato fatato, chi può dirlo, ma se anche fosse, in noi è completamente diluito, lo sai. Ma non in quelli come te – rispose perplesso, l’alcool doveva averlo davvero stordito.
Voltò gli occhi lillà verso di lui. Il labbro aveva iniziato a gonfiarsi e la guancia spinta dal pugno aveva reso il suo viso paffuto. – Perché non ti diverti mai, Reed? Sei così ossessionato dall’idea di essere il migliore? Questa sera saresti potuto andare anche tu in paese.
Si risentì subito. – Manca solo un mese all’Iniziazione, non posso perdere tempo.
– Te la caverai.
Un’altra fitta. – Facile per uno come te dirlo.
Si tirò di nuovo in piedi e alzò lo sguardo verso i portici. – Spero che almeno dopo l’Iniziazione smetterai di fare il musone da solo al buio nei campi d’allenamento. Potresti venire con me una volta.
Abbassò lo sguardo. – Non credo che siano feste adatte a me – bofonchiò.
– Ti preoccupi troppo. Allora potresti scegliere tu dove andare.
Kieran si concesse un mezzo sorriso. – Mi piacerebbe andare a bere qualcosa in un pub e basta.
Gli porse una mano. – E sia! Dopo l’Iniziazione. Promesso?
Guardò la mano, perplesso. – Perché ci tieni tanto?
Ritirò un attimo la mano, incerto. – Perché mi annoio.
– Che vorrebbe dire?
– Che con te mi diverto.
Kieran non era abituato a quella schiettezza. I rapporti con le persone non erano semplici, ma Silas li rendeva ancora più bislacchi. Chi parlava così di solito? Nessuno. Beh a parte suo fratello.
– E poi dovresti stare attento.
– Attento? A cosa? Alla tua presenza molesta e fastidiosa?
Non smetteva di guardare i portici. – A Siegan e ai suoi.
Roteò gli occhi. – Ancora con questa storia. Non si ricordano neanche come mi chiamo.
– Ormai tutti sanno come ti chiami, Kieran.
Il suo nome in bocca a lui suonava strano, gli diede un leggero brivido. – Beh, ti ringrazio per le tue accorate preoccupazioni. Non sapevo che avessi così paura per me, la prossima volta dedicami una canzone d’amore con l’ocarina già che ci sei – lo canzonò, sorridendogli beffardo.
Silas gli lanciò un’occhiataccia e ritirò la mano del tutto. – Ho solo paura che dopo tu possa venire a piagnucolare da me, voi contadinotti siete così ingenui.
Si alzò in piedi, arrabbiato. – Chiamami così un’altra volta e vediamo.
– Come? Contadinotto o ingenuo?
– I– i– in tutti e due i modi! Devi smetterla! Non sono un contadino.
Incrociò le braccia. – Non è mica un’offesa, o la reputi un’offesa? I contadini sono lavoratori onesti che ci permettono di avere il cibo a tavola.
Arrossì di rabbia. – Non era quello che… il punto è che io non sono un contadino! Oh, vai al diavolo – sbottò e se ne andò via borbottando insulti, mentre lo sentiva ridere alle sue spalle.
 
 
 ⚔
 

Sono contenta che tu ti stia facendo degli amici. Ascolta sempre quel buon uomo del rettore e non creare disturbo. Impegnati più che puoi. Il nostro vicino sta bene. Anche tuo padre sta bene, credo che gli manchi, anche se non lo dice. Il nostro vicino oggi mi ha aiutato a cucire, è diventato davvero bravo. Ti ha fatto questa sciarpa rossa, io l’ho solo aiutato. Mi ha ordinato di chiederti quando ti lasceranno venirci a trovare.
 
Kieran rilesse la lettera con un sorriso dolce in viso. Sua mamma non sapeva scrivere molto bene, di sicuro doveva averla scritta Henry la lettera mentre lei dettava. Non era stato molto sottile a chiamarsi “il nostro vicino”, ma tanto nessuno avrebbe sbirciato le sue lettere. Gli altri di solito andavano alla stazione del telegrafo quando dovevano comunicare con le famiglie, erano in pochi a ricevere posta come lui.
– Ricevi parecchie lettere tu – commentò Silas, seduto alla finestra con un ginocchio piegato indietro.
Chiuse immediatamente la missiva. – Uhm, sì, mia madre.
– E tuo padre?
Piegò per bene la lettera. Era meglio gettarla via, non si poteva mai sapere. – Mio padre cosa?
– Ti scrive lettere?
– Non ce l’ho un padre – mentì con disinvoltura.
Silas aggrottò le sopracciglia. – Credevo che una volta tu lo avessi nominato.
– Non l’ho mai conosciuto – replicò deciso.
Gli dava molta soddisfazione fingere di non avere un padre, quasi sollievo. Il suo d’altronde non poteva neanche essere chiamato padre, perciò non era davvero una bugia. Fingere di non avere un fratello gli pesava molto, perché Henry era il suo migliore amico, oltre che una persona straordinaria. Fingere di non avere un padre invece lo divertiva, era una giusta ripicca verso quella sottospecie di uomo.
– Tua mamma verrà a trovarti dopo l’Iniziazione?
Ci sarebbe stato un ballo o qualcosa del genere, l’alta società sembrava ossessionata dai balli, che nella sua esperienza erano delle feste ma meno divertenti e dove non si ballava neanche così tanto. Nel Buco ballavano sempre durante il Solstizio d’Estate, si mettevano i tavoli lungo la via, si preparava carne di maiale e di tacchino alla brace, si suonava e si ballava. Lui non era considerato un gran ballerino, ma trovava molto divertente muoversi a ritmo di musica.
Al ballo sarebbero state invitate le famiglie dei cadetti. Tutto questo ammesso che l’Iniziazione andasse a buon fine.
– No, meglio di no. Non le ho detto del ballo.
– Perché no?
Si gettò sul proprio letto, esausto. Era tutto il giorno che si allenava e si era storto una caviglia che ora gli dava parecchi problemi. La stese sul cuscino. – Non c’entrerebbe nulla con le altre famiglie – commentò.
Silas sbatté le palpebre. – Ti vergogni di lei?
– Certo che mi vergogno di lei. Parla male, non sa esprimersi bene e verrebbe vestita con qualcosa cucito da lei.
Gli arrivò un cuscino in piena faccia. Lo tolse con stizza. Silas lo guardava imbronciato. – Ma che discorso è? Ti scrive sempre, ti manda abiti cuciti a mano come quella sciarpa.
Kieran strinse la sciarpa che aveva realizzato suo fratello e la arrotolò di nuovo.
– Non ho detto che non le voglio bene, soltanto che sarebbe fuori luogo qui. Ma va bene così. Non potrebbe venire in ogni caso.
Silas si accese una sigaretta con un fiammifero. – Tu pensi troppo a queste persone. Mi sarebbe piaciuto conoscere la deliziosa signora Reed.
– Sì, così provavi a portartela a letto.
Alzò il naso, fingendosi indignato. – Mi offendi. Le donne mature soltanto se vedove o divorziate.
– Ti ho detto che non ho un padre.
Sorrise. – Appunto.
Gli tirò il cuscino indietro e l’altro lo schivò ridacchiando. – Solo perché hai un bel faccino non puoi permetterti di parlare così di mia madre. Immagino che essere belli dia una spinta all’autostima, eh?
Aggrottò le sopracciglia quando Silas non rispose. Si sporse a guardarlo: anche se la sua pelle era scura, si accorse del rossore che gli aveva infiammato le guance.
Kieran scoppiò a ridere. – Stai sempre a parlare di sesso, ma se dico che sei bello ti imbarazzi? Sei davvero strano tu.
Silas aveva cambiato colore. – Chi si imbarazza? È che tu te ne esci così, sei davvero strano.
– Ti sta bene per aver detto quelle cose della mia mamma – lo rimbeccò, infantile. Guardò alle sue spalle, oltre la finestra. – Devo andare, Dalia mi ha chiesto di allenarci insieme con la scherma.
Il suo coinquilino sembrava ancora imbarazzato. – Oggi era il nostro giorno libero e non hai smesso un attimo di allenarti. Sai che all’Iniziazione devi arrivarci vivo, vero?
– Sì, ma devo recuperare. Sono indietro.
– Non sei indietro.
Non lo ascoltò e si alzò. La caviglia gli mandò qualche fitta dolorosa. – La maggior parte di voi sapeva già sparare e tirare di scherma.
Silas annuì. – Questo dovrebbe farti capire il tuo livello.
Fraintese la risposta e lo guardò irritato. – Il mio livello?
– Sì. Ci hai recuperato in pochi mesi partendo da zero. Kieran… sei uno dei migliori qui. È impossibile che tu non ce la faccia.
Uno dei suoi principali talenti era sempre stato mentire. Non lo diceva tanto per dire, era davvero bravo a raggirare le persone, a inventarsi storie e a pronunciare il falso con disinvoltura. In parte era grazie a suo padre, erano anni che raggirava quel povero idiota, ma era anche un talento che riteneva innato. Prima di entrare in Accademia si era ripromesso di mentire il meno possibile. Voleva un nuovo inizio e aveva cercato di darsi delle regole, di frenarsi quando sentiva il bisogno di blaterare qualcosa d’inventato.
Eppure per qualche motivo ci era riuscito di nuovo. Erano tutti convinti che fosse bravo e che se la sarebbe cavata all’Iniziazione.
– Meglio non rischiare.
– Credi che un giorno farà la differenza? Hai ancora la caviglia gonfia e…
Strinse i pugni. – La vuoi finire? Non sei mia madre. Non hai degli amici con cui passare il tempo oltre a me? Sei pedante. Per me è importante, non è qualcosa che voi potete capire.
Silas lo guardò senza parole, preso alla sprovvista. – Come vuoi – disse soltanto freddo e si concentrò sulla finestra.
Kieran provò una punta di rimorso, ma non aggiunse altro. Prese le sue cose e lasciò la stanza.
Mancava meno di un mese all’Iniziazione.
 
  ⚔
 
Negli ultimi giorni non aveva dormito molto, l’agitazione lo teneva sveglio. Si trovava in un'impasse: era troppo stanco per portare a termine il compito più elementare, ma quando toccava il letto le sue ansie non gli permettevano di chiudere gli occhi. Il risultato era una costante irritabilità e forti mal di testa che non lo lasciavano mai in pace.
– Kieran?
Se fosse dovuto tornare a casa non avrebbe retto la vergogna e lo smacco. Era incredibile quanto il fallimento lo terrorizzasse all’improvviso.
– Kieran?
Dalia schioccò le dita di fronte a lui e si ridestò.
– È una causa persa, sta così da giorni – mormorò Silas piccato. – Attenta che se glielo fai notare ti ringhia contro.
Erano nell’armeria a pulire le pistole. Dalia si era offerta di mostrargli come si facesse e lui aveva accettato. Silas si era accodato per qualche motivo e aveva già finito. Non gli piacevano molto le armi da fuoco.
L’armeria di solito era vietata ai cadetti, ma Dalia era diventata amica con il responsabile e veniva spesso lì da sola. Erano seduti al grosso tavolo di metallo al centro, circondati da armi appese, poggiate sulle mensole o infilate nelle rastrelliere. C’erano veri e propri secchi di proiettili e alcune vecchie pistole lucidate e disposte in fila.
– Pensavo all’Iniziazione.
Entrambi i due presenti sospirarono esasperati. Sapeva di essere pedante, ma lui era fatto così. Quando qualcosa lo tormentava, non riusciva a pensare ad altro.
– D’accordo, basta.
Silas spostò i grossi proiettili con il braccio e liberò il tavolo. – Ascolta. L’Iniziazione può essere pericolosa, ma non sarai solo. È probabile che saremo nello stesso gruppo noi due. Il supervisore valuterà i nostri comportamenti, ma dai retta a me, non ti manderanno via. Non mandano via nessuno, Kieran. I confini peggiorano di giorno in giorno, hanno bisogno di uomini e – notò l’occhiataccia di Dalia, –  e di donne, hanno bisogno di soldati più che mai. Secondo te possono permettersi il lusso di mandare via un cadetto promettente?
Il suo discorso lo aveva un po’ rassicurato in effetti. Annuì e si passò una mano fra i capelli. – Scusatemi.
Ricominciò a seguire le indicazioni di Dalia, che si trovava molto a suo agio a parlare con Silas. I loro discorsi tendevano a essere un po’ troppo intellettuali per i suoi gusti, ma gli piaceva essere lì in tre, sperava che diventasse una routine.
Dovette interrompere prima per andare a studiare la lezione del Maestro Fergus. Insegnava la storia dei guerrieri di Ferro, che a suo avviso era uno spreco di tempo. Loro avrebbero dovuto imparare a combattere e a uccidere le fate, insegnamenti pratici, non noiose vicende del passato. Non era del tutto inutile, ma avrebbe dovuto essere secondario. Mancavano poche settimane all’Iniziazione e lui doveva buttare del tempo prezioso a leggere tomi di storia invece che a imparare a sparare.
Fuori dall’armeria, per il corridoio, trovò l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare in quel momento: Siegan era poggiato contro il muro e stava parlando con Thomas Valiant, un altro degli spocchiosi ragazzi del suo gruppo dei Barbari. Ogni volta che pronunciava quel nome gli veniva da ridere.
Cercò di ignorarli, ma appena si accorsero di lui cessarono di parlare. Thomas gli lanciò un’occhiata di sufficienza, salutò l’amico e s’incamminò per il corridoio. L’altro invece gli si parò davanti per bloccargli la strada. Siegan era un tipo abbastanza grosso e di bell’aspetto, aveva un viso pulito e sbarbato, occhi nocciola e capelli biondi rasati. Se la cavava anche piuttosto bene negli allenamenti, non aveva mai lottato con lui alle simulazioni, ma lo aveva visto perdere contro Silas, perciò non gli interessava affrontarlo.
– Ti allenavi per il tuo futuro ruolo nella servitù? – gli domandò e indicò con un cenno del mento l’armeria.
Lo ignorò come era ormai solito fare. Certi insulti non li sentiva più, era incredibile il potere dell’indifferenza a volte.
Siegan gli si piazzò davanti di nuovo quando lo vide provare ad andare oltre. – Non dovresti credere a tutto quello che ti dice Vaukhram. Per qualche strana ragione è interessato a te, ma non mi sorprende. È piuttosto infoiato il ragazzo. L’attrattiva di scoparsi una contadinotta o una servetta posso capirla. Certo mi si ammoscia all’istante se devo pensare a te piegato a quattro zampe.
Il modo di parlare di Siegan lo disturbava più di tutti gli altri. Non erano le volgarità, ma l’assoluto sprezzo che metteva in esse. Inoltre per qualche ragione sembrava aver preso sul personale che lui e Silas andassero d’accordo.
– Lieto di colorare le tue fantasie. Ora se permetti…
– Hai letto i registri delle ultime Iniziazioni?
– No e non m’interessa.
Siegan sorrise. – Dovresti. A morire o a essere feriti o cacciati sono sempre i cadetti come te e come quella puttanella della tua amica. I supervisori sabotano chi non ha un titolo o li lasciano morire. C’è un accordo fra l’aristocrazia e i supervisori, nessuno vuole che qualche poveraccio ignorante diventi un giorno comandante dei propri figli. Riesci a immaginartelo? Chi prenderebbe mai ordini da qualcuno di rango inferiore come te?
Kieran si era girato per difendere Dalia, ma l’ultima parte del discorso gli tolse le parole di bocca. Studiò l’espressione compiaciuta di Siegan.
 Mentiva?
 Non poteva essere la verità. Alcuni dei maestri non avevano un titolo da ciò che sapeva. Certo non avevano realizzato chissà quale carriera, ma era impossibile che i supervisori si comportassero in maniera così disonesta con i cadetti.
Nondimeno doveva controllare i registri. Era una buona idea, dare un’occhiata alle Iniziazioni precedenti. Doveva essere pronto a ogni evenienza.
– È vero che mancano soldati, ma per quello ci sono le Accademie minori. Questa è quella dei futuri ufficiali. Tu al massimo puoi lustrargli le scarpe.
Kieran serrò i denti. – Perché ti brucia così tanto che uno come me sia qui? Cosa tolgo a te?
– La dignità? C’è una divisione per un motivo. E quando sarò Feldmaresciallo mi assicurerò che venga rispettata. Non come quell’incompetente mezzosangue del rettore.
Kieran inspirò all’improvviso, tremante di rabbia. – Attento a quello che dici, Siegan.
Avvicinò il viso a pochi centimetri dal suo. – Altrimenti? Se mi sfiori con un dito sarai espulso seduta stante e te ne tornerai alla tua vita di merda. Contro i Siegan neanche quell’inetto del rettore potrebbe proteggerti.
Kieran tirò indietro il pugno per caricarlo e lo scagliò contro il suo viso. Poco prima di poterlo colpire si sentì tirare indietro. Una mano gli bloccò il polso e lo abbassò con fatica. Si voltò e incontrò lo sguardo stupito di Silas.
– Fermati – gli disse, sorpreso.
Strattonò indietro la mano. – Mollami.
– Sì, lascialo, voglio vedere cosa fa – commentò Siegan.
Silas si girò a guardarlo. – Sparisci, Siegan. Lui forse non può spaccarti la faccia, ma io sì. Posso aprirti la testa in due e ricevere solo una breve lavata di capo. Meglio che te ne vai.
Anche Dalia era uscita dall’armeria e guardava la scena con freddezza. Siegan era soddisfatto e li superò, diede una spallata alla ragazza, o almeno ci provò, ma Dalia si scostò agile e lo osservò con impercettibile disprezzo.
Kieran lasciò andare il respiro e fronteggiò Silas con gli occhi. – Non dovevi intrometterti.
– Quando lo dico io però non va bene! Senti chi parla. Se lo avessi colpito avresti davvero potuto essere cacciato, ti ho detto che gli devi girare alla larga. Non è da te perdere il sangue freddo e lasciarti condizionare da quell’idiota.
Non è da te.
Come se Silas sapesse cos’era da lui. Poteva mostrargli soltanto quella versione patetica di sé stesso, la versione che incassa ogni insulto senza mai replicare e alzare la testa. A casa non era così, a casa poteva rispondere a tono a chiunque senza trovarsi una famiglia nobile alla porta pronta a distruggere la sua vita.
– Devo controllare i registri. Ci vediamo dopo.
Si allontanò con la testa piena di pensieri preoccupanti. Ogni volta che credeva di aver colmato un po’ la voragine che lo separava dagli altri, quella si riapriva più enorme e spaventosa.
Silas lo aveva difeso esercitando il potere della sua famiglia. Non sapeva cosa in questa frase gli bruciasse di più. A parti inverse lui non avrebbe potuto fare alcunché.
Per qualche strana ragione è interessato a te.
Perché Silas gli stava appresso? Aveva detto che si annoiava. Trovava divertente passare il tempo con uno come lui per distrazione?
Silas non dimenticherà mai le tue origini.
Si fermò nel corridoio.
Silas lo stava prendendo in giro? Non c’era alcuna ragione valida per cui uno del suo rango decidesse di passare i pomeriggi o gli allenamenti con uno come lui.
Di essere amico di uno come lui.
Cercò di scrollare via quei pensieri che gli congestionavano il respiro. Doveva allontanare tutte quelle distrazioni stupide e concentrarsi sull’Iniziazione.
 

 
Ciao!
Anche questa settimana ho pubblicato prima, ma perché sono relegata in casa a studiare xD, la pubblicazione tornerà settimanale presto, scusatemi.
I capitoli nel passato hanno toni molto diversi, con quella spruzzata liceale xD. Il secondo capitolo nel passato è molto denso di informazioni. Avrete notato che c’è un approccio abbastanza “tranquillo” all’omosessualità. In parte è un assioma della storia, ma ci sarà anche una piccola piccola spiegazione sul perché ci sia quest’accettazione. È un discorso legato molto anche ai mezzosangue e alle fate, vi sarete accorti che c’è un interesse un po’ morboso verso Silas che va oltre la sua reputazione.
Kieran sa essere un pochino esasperante nei suoi sedici anni, ma dal mio punto di vista è normale per un ragazzo come lui essere così insicuro e spaventato a ogni passo. Anche se inizialmente non sembra, Kieran è molto più schivo di Silas.
Scusate se questa volta ho blaterato molto nelle note. Grazie per tutti i consigli che mi date e per aver letto fin qui.
A presto!
   
 
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