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Autore: heliodor    30/06/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Uomini spezzati

 
Gli servirono due giorni per fare la prova che aveva immaginato. Due giorni che aveva passato al campo mescolando sostanze e provando ingredienti.
Aveva imparato a memoria la formula per ricavare il liquido color verde da una miscela due volte più potente e altrettanto stabile.
Ofor lo aveva osservato incuriosito.
“Posso chiederti che cosa stai creando, Ros Chernin?”
Ros aveva riflettuto sulla possibilità di parlarne con l’erudito e spiegargli che cosa stesse facendo e aveva deciso di tenerlo all’oscuro.
Per questo aveva preparato una scusa che gli sembrava buona.
“Sto preparando una nuova pozione per trattare le ustioni” disse.
Ofor aveva annuito grave. “Quelle che abbiamo portato da Lormist non andavano bene per te?”
Ros aveva deglutito a vuoto. “Io” aveva detto esitando.
“Parla pure. Non aver paura di offendermi.”
“Non oserei mai” si era affrettato a dire.
“Stavo per aggiungere che è difficile che mi offenda. Anche perché quelle pozioni non le ho create io ma le abbiamo acquistate dai nostri guaritori. Purtroppo, siamo rimasti in pochi a saperne creare e il tuo talento potrebbe rivelarsi utile.”
“Grazie” aveva risposto, sentendo un groppo in gola per l’inganno che aveva preparato. “Sto ancora studiando la formula. Avevo pensato di creare una pomata” aveva detto senza mentirgli.
Stava davvero pensando a una pomata per le ustioni. Molte venivano curate con pozioni che alleviavano il dolore o cercavano di impedire le infezioni, ma erano poco efficaci.
Ofor aveva annuito. “Mi sembra un’ottima idea. Hai già ottenuto qualche risultato?”
“No, ma sono a buon punto.”
“Tienimi informato, se non ti spiace.”
Aveva annuito. “Sarai il primo a cui lo farò sapere.”
Un’altra bugia, pensò mentre si aggirava per il cortile interno cercando un angolo vuoto e tranquillo. Aveva notato che i soldati, dopo l’arrivo dei messaggeri, erano stati messi al lavoro per rinforzare la cinta di mura esterne. Altri stavano scavando un fossato poco fuori la fortezza e un terzo gruppo aveva costruito e posizionato delle barriere di tronchi.
“Li rallenterà” aveva detto uno dei soldati che aveva curato di recente. Era stato messo a lavorare alle mura ma una pietra si era staccata e gli aveva schiacciato il piede, fratturandolo.
Ofor aveva scosso la testa. “Non camminerà mai più come prima. E dubito che possa essere utile nella difesa.”
“Ma non li fermerà” aveva aggiunto il soldato. “Parliamo di centomila rinnegati, ragazzo. Centomila demoni che ci lanceranno addosso di tutto non appena usciremo da quel portone. Mi chiedo quale sia il piano di Gathar.” Aveva scosso la testa.
Ros era rimasto in silenzio attendendo che proseguisse. Secondo Jangar si ottenevano informazioni preziose ascoltando un ferito mentre veniva curato.
“E la conoscenza è un’arma” gli aveva detto una volta. “Una delle più potenti.”
“Io non ti ho detto niente ragazzo” aveva detto il soldato a bassa voce. “Ma in giro ho sentito dire che nessuno è entusiasta di combattere. Molti vorrebbero aspettare l’arrivo dell’armata del comandante Aramil e poi ritirarsi.”
“Così non perderemo il vantaggio di avere la fortezza?” aveva domandato Ros.
“Sì, ma mentre i rinnegati prendono la fortezza, noi ci ritiriamo nei nostri confini. A quel punto potremo contare su altri rinforzi.”
“Abbandonando il comandante Aramil” aveva obiettato Ros.
Il soldato aveva scrollato le spalle. “Ci sono tanti comandanti in giro, ragazzo, ma la vita è una sola. Ho visto un sacco di soldati giurare di essere fedeli a Stanner, ma molti sarebbero più felici di tornare a casa.” Aveva scosso la testa affranto. “Pensavamo che sarebbe stata una guerra facile. Quei dannati rinnegati sembravano solo dei pezzenti senza una vera guida e invece eccoci qui a sperare di non venire travolti.”
Ros trovò un punto delle mura interne nascosto dietro un edificio dal tetto crollato. Lo esaminò dall’esterno per assicurarsi che non gli crollasse addosso se ci avesse messo piede dentro. Era largo una trentina di passi e profondo dieci e dall’esterno intravide un forno coperto dalle travi del tetto che erano crollate verso l’interno.
Forse era una forgia. Si disse. O un’officia dove riparavano le armi.  O un forno per cuocere il pane. Potrebbe essere qualsiasi cosa. E ora sarà il mio bersaglio.
Prese dalla tasca una delle ampolle che aveva preparato e se la rigirò tra le dita. Era piena di liquido rosso ambrato per metà e scuotendola e poi mettendola controluce poteva vedere delle particelle agitarsi all’interno.
Erano quelle che stabilizzavano il liquido rendendolo meno reattivo. Se non le avesse aggiunte gli sarebbe esploso nella tsca al primo passo.
Ora vedremo se sono più bravo di Jangar, si disse. O se devo trovarmi un nuovo lavoro.
Cercò un punto da dove potesse vedere l’interno della casupola e respirò a fondo. Alzò il braccio e lo tirò all’indietro, abbassandolo con forza e chinandosi.
La boccetta volò verso la casupola seguendo una parabola e atterrò vicino al forno. Rimbalzò due volte e alla terza udì il vetro rompersi.
Dall’interno giunse un boato sommesso e la casupola venne scossa da un brivido. Ros sussultò davanti all’esplosione.
Non si aspettava fosse così forte e aveva idea di aver dosato male gli ingredienti della formula.
Dalla casupola si alzò un filo di fumo bianco che scomparve nell’aria prima di raggiungere la sommità delle mura.
L’esplosione sommessa aveva fatto tremare i denti a Ros ma non era stata assordante come aveva temuto.
Si era guardato attorno temendo che qualcuno venisse a controllare cosa stesse accadendo, ma non vedendo arrivare nessun soldato per indagare si rilassò.
Forse sono solo distratti, si disse. O stanno lavorando lontano da qui.
Prese una seconda boccetta e la lanciò con forza dentro la casupola. Di nuovo l’esplosione arrivò subito dopo e avvertì l’aria schiaffeggiargli il viso. Il tetto crollò su sé stesso seppellendo ciò che restava del forno.
Ros si avvicinò per controllare. Guardando in giro trovò i resti della boccetta. Erano anneriti dall’esplosione e deformati. Alcuni si erano conficcati in profondità nella pietra.
Chissà cosa accadrebbe se ci fosse carne al posto della pietra, si chiese.
Il pensiero gli provocò un brivido di paura, come se quelle schegge fossero penetrate nella sua carne invece che nella solida roccia. Se fosse esploso abbastanza vicino avrebbe potuto strappare una gamba o un braccio a una persona.
Forse dovrei liberarmene, si disse. Potrei buttare via tutto e dimenticarmene, tornando a lavorare su pozioni contro il dolore e pomate per le ustioni.
Respirò a fondo e tornò all’esterno. Si guardò una sola volta indietro per controllare che nessuno lo stesse osservando e tornò verso uno degli ingressi.
Appena oltre le mura vide dei cavalieri riuniti al centro del cortile. Ne contò una ventina e altri si stavano aggiungendo.
Una folla di soldati e mantelli si era radunata attorno ai cavalieri in partenza. Ognuno di loro aveva una lancia e lo scudo legati al fianco del cavallo, mentre quelli che indossavano i mantelli solo una spada e una sacca.
Zane Stanner fu l’ultimo a montare in sella. Prima di farlo scambiò due parole con la strega di nome Hadena. Poi rivolse un’occhiata e un cenno della testa a Gathar, mentre Patyna incrociò le braccia sul petto e girò la testa dall’altra parte.
I cavalieri si avviarono all’ingresso facendosi strada tra la folla. Si alzò un applauso e ci furono delle grida di incitamento.
Ros si avvicinò per guardare meglio passando vicino a un paio di soldati.
“Sta scappando di nuovo” disse uno dei due.
“Taci” disse l’altro. “Se qualcuno ti sentisse dire certe cose ti beccheresti una ventina di frustate.”
Il soldato scrollò le spalle. “Con Gathar e Patyna al comando? Loro la pensano come me.”
“In ogni caso ti consiglio di stare attento. Stanner ha anche degli alleati.”
Ros si allontanò di qualche passo ritrovandosi a camminare vicino alla torre dove alloggiava Valya. Lei era in piedi vicino all’ingresso, lo sguardo puntato verso l’ingresso dove in quel momento i cavalieri stavano uscendo affiancati per tre.
Fu tentato di andare da lei, ma l’espressione di pena lo fece desistere. Decise di tornare da Ofor. Gli aveva detto di dover sbrigare qualche commissione per conto di Toralmir. I due non si parlavano e usavano i loro allievi per scambiarsi dei messaggi.
Ros non capiva quel comportamento.
Sono persone che hanno studiato per tutta la vita, si era detto.
Trovava incomprensibile quel comportamento ma non osava chiedere a Ofor il motivo.
Quando rientrò nella tenda posò la sacca in un angolo e si mise a lavorare alle pozioni per favorire il sonno. Diversi soldati venivano da loro lamentandosi di non riuscire a dormire.
Ros aveva domandato a Ofor se quei disturbi fossero frequenti nei soldati o solo in quella particolare occasione.
“Non tutti reagiscono allo stesso modo” aveva risposto Ofor. “Ho avuto molti casi di soldati che bagnavano il giaciglio.”
“Come i bambini?” aveva domandato Ros stupito.
L’erudito aveva annuito grave.
“Erano soldati molto giovani? Reclute?”
“Ho visto questa cosa succedere nei veterani come nelle reclute. Uomini alla terza o quarta campagna che all’improvviso diventavano come degli infanti. E non era l’unico disturbo. Molti erano incapaci di trattenere le lacrime. Alcuni passavano tutto il tempo a imprecare o diventavano rissosi e violenti anche se erano noti per essere persone mansuete. Dopo una battaglia mi portarono una decina di soldati morti per delle ferite profonde alla gola.”
“Erano stati feriti in battaglia?”
Ofor aveva scosso la testa. “Erano tornati senza un segno, ma distrutti nell’anima, temo. Per giorni non erano riusciti a dormire o mangiare, né si erano mossi dal loro giaciglio nonostante le minacce di gravi punizioni da parte dei comandanti. Infine, si erano uccisi.”
“Non capisco perché l’abbiano fatto. Stavano bene, erano sopravvissuti, sarebbero tornati a casa.”
“Te l’ho detto. Distrutti nell’anima. Spezzati.” Ofor aveva sospirato. “Continua con quelle pozioni. Potresti salvare una vita.”
Salvare una vita, si disse Ros. Come quella di Hironna?
Non aveva più pensato alla strega dal giorno della sua morte e non intendeva iniziare a farlo in quel momento.
Se non ci penso, si disse, posso fare finta che non sia mai accaduto.
Per due giorni aveva lavorato alle pozioni preparandone un centinaio, finché le dita non avevano iniziato a fargli male e la vista gli si era annebbiata.
“Devi aver respirato troppa polvere di fiore giallo” disse Ofor esaminandogli gli occhi. Prese uno specchio in modo che Ros potesse vedere da solo. “Le vedi quelle macchie viola sulle pupille? Sono un segnale.”
Ros annuì.
“Mezza giornata di riposo” sentenziò l’erudito.
“Non è troppo?”
“Ti sostituirà Fenret” disse Ofor. “È ora che impari anche lui a miscelare pozioni.”
Fenret era un soldato che dopo essersi azzoppato era stato assegnato a Ofor come guaritore.
“Gathar sta cambiando parecchie cose da quando il comandante è partito” aveva detto Ofor. “E cambieranno ancora quando arriverà l’armata in ritirata.”
Alla fine di quella giornata giunsero alla fortezza dei messaggeri e per il mattino dopo anche le prime file di soldati e mantelli in ritirata.
Ros li osservò sfilare in silenzio attraverso la porta principale e disporsi al centro della spianata. Anche Ofor era lì e guardava i soldati con espressione accigliata.
“Ci saranno molti feriti” disse. “Meglio prepararsi.”
Ros annuì e si guardò attorno aspettandosi di incontrare lo sguardo di Valya, ma la ragazza non c’era.
Forse non si è svegliata, si disse. E non è scesa dalla torre.
Dopo la partenza di Zane non l’aveva vista uscire ed era preoccupato per lei, ma non osava andarla a trovare per non farsi distrarre dai suoi compiti.
Per qualche motivo la sua assenza lo turbò.
Nella folla riconobbe il viso di una strega che era arrivata come messaggero il giorno in cui Zane aveva passato il comando a Gathar.
Muovendosi tra la folla la raggiunse.
“Io ti saluto” disse piazzandosi di fronte a lei.”
La donna lo squadrò perplessa. “Tu chi sei?”
Ros stava per rispondere quando il viso della strega sembrò illuminarsi.
“Ma certo” esclamò. “Sei il guaritore. Ti ho visto parlare con Valya, qualche giorno fa.”
Ros evitò di arrossire e disse: “Mi chiamo Ros Chernin”
“Io sono Hadena Tradov.”
“Perdonami se ti disturbo, ma volevo farti una domanda.”
“Se posso risponderti lo farò, Ros Chernin.”
“È da giorni che non vedo Valya. Credo non esca dalla torre molto spesso e mi chiedevo se tu sapessi se sta male.”
Yuldra abbassò gli occhi e guardò altrove.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?”
La strega tornò a rivolgersi a lui. “No. Forse. Non dovresti parlare ad alta voce di lei. Sembra che Gathar non voglia che si sappia in giro.”
“Cosa?” domandò preoccupato.
“Non penso che dovrei dirtelo.”
“Non voglio insistere Hadena Tradov, ma Valya è mia amica e se sta male vorrei saperlo.”
E magari fare qualcosa per lei se me lo permetterà, si disse.
Yuldra scosse la testa con vigore. “Sta bene, per il momento.”
Ros si accigliò.
“Gathar le ha ordinato di non uscire dalla sua torre. Ha messo anche delle guardie davanti alla sua porta.” Abbassò la voce. “Di fatto, è prigioniera.”

Note
E anche il capitolo 150 è andato, un'altra pietra miliare è stata raggiunta.
Vorrei dirvi che siamo vicini alla fine, ma la verità è che siamo vicini alla metà.
  
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