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Autore: Batckas    30/08/2021    0 recensioni
Sara, una ragazza di diciannove anni, deve prendere una decisione importante riguardo la sua relazione con il fidanzato Mirko. Accortasi che il sentimento si è ormai appassito, è ben consapevole di cosa deve fare.
Genere: Drammatico, Malinconico, Noir | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non riesco a dormire.
Sposto il cuscino cercando una posizione più comoda, ma invano, guardo la poca luce che attraversa la finestra, controllo lo smartphone: sono le quattro. Il rumore di mio padre che russa nell’altra stanza mi dà tranquillità, ormai sono abituata, sono diciannove anni che lo sento. Mi alzo, vado in cucina, prendo un bicchiere d’acqua e lo sorseggio lentamente manco fosse alcol. Sospiro cercando di fare meno rumore possibile. Un istinto improvviso mi spinge a spaccare il bicchiere per terra e scoppiare a piangere.
Metto il bicchiere nel lavello e torno in camera.
Non ha senso provare a dormire. Accendo il computer, ho deciso di giocare, almeno così passo il tempo senza indugiare troppo nei miei pensieri, i miei peggiori nemici.
Gioco fino alle sei di mattina.
Mia madre mi trova davanti al computer, la saluto, lei mi abbraccia e va in cucina per preparare il caffè. Il Sole sorge. Il peso della nuova giornata si affaccia sulle mie spalle, non so come potrò ancora affrontare questa quotidianità.
Sono le sette, faccio una doccia, mi vesto, mangio la colazione, poi lavo i denti.
“Io vado.”, dico a mamma.
“Sii prudente, mi raccomando.”, mi risponde lei con un sorriso.
Mi blocco all’ingresso.
“Andrà tutto bene.”, mamma mi raggiunge e mi dà un bacio in fronte. “Sei forte, Sara, niente potrà farti del male.”
“Grazie…”, voglio piangere, ma lo nascondo, mi allontano rapidamente salutandola con la mano. Scendo le scale, prendo l’ascensore e arrivo al piano terra. Mi pento di non essere andata a salutare papà, ma ormai è tardi. Prendo lo smartphone e invio un messaggio a mia sorella.
“In bocca al lupo!”, mi risponde all’istante, è chiaro che stava aspettando proprio una mia comunicazione. Avere le spalle coperte dalla mia famiglia mi fa sentire bene, ma so che non posso contare su di loro per ciò che voglio fare. Faccio appello a tutto il coraggio che mi resta e mi avvio.
Lo smartphone vibra.
“Sicura che non vuoi essere accompagnata?”, è mia madre.
“Al cento percento, devo farlo da sola.”
“Ti voglio bene.”
“Anche io.”
Mi incammino. Ripeto nella mia testa il discorso che dovrò tenere. Il cuore mi batte forte in gola, i miei passi sono insicuri, sono talmente concentrata che non vedo le persone che mi camminano di fianco, un paio di volte rischio di scontrarmi con loro. Guardo dritto davanti a me. Non posso tirarmi indietro, devo porre fine a questa storio una volta per tutte. Devo farlo come si deve, senza nascondermi.
Non è solo per il mio bene.
Arrivo al Joh Caffè, c’è abbastanza gente, molti prendono il caffè fuori, altri stanno facendo colazione con i cornetti ripieni, sento un pugno di fame allo stomaco per la tensione. Lì non posso, ma penso che magari dopo vado a prendere qualcosa di dolce.
Lo vedo.
Le gambe mi tremano, ho paura che la voce mi verrà a mancare.
Mi nota, sorride, si avvicina al bancone per servirmi.
“Cosa posso portarle, bella signorina?”
“Ehi, Mirko, ciao.”, rispondo io in imbarazzo. Mi sento come se fosse la prima volta che parlo con lui. Quando mi chiese di metterci insieme, tre anni prima, ero ugualmente agitata.
“Che succede? Tutto bene?”
“Devo parlarti.”
“È successo qualcosa?”
“Devo parlarti.”, insisto cercando di fargli capire che è una cosa che non può aspettare e che è meglio discutere in privato. Mirko fa cenno al suo capo, si prende due minuti liberi, mi porta nella sala dello staff, un piccolo stanzino con riviste e qualche cabinato.
“Che succede?”, i suoi occhi azzurri sono fissi nei miei. Gli afferro un braccio. Devo spezzargli il cuore e comunque mi faccio forza su di lui. Provo imbarazzo. Mi sento una stupida.
“Non…”, le parole mi muoiono in bocca, non voglio pronunciarle, ma non farlo è un peso ancora più grande. “Non… credo che dovremmo stare più insieme.”, pronunciare quelle parole ad alta voce fa uno strano effetto, sembrano frutto di uno scherzo di cattivo gusto, vorrei rimangiarmele e dire che non è vero, che lo amo e che voglio passare il resto della mia vita con lui-
Ma non è vero.
“Cosa?”
“Mi dispiace.”
“Ma…”
“Non volevo dirtelo così… ma non credo ci sia un modo buono o giusto per farlo… quindi…”
Mirko si copre la bocca con le mani, poi porta i palmi ai fianchi e si guarda attorno, apre la bocca esterrefatto, il suo sguardo muta all’improvviso, mi mette quasi un po’ paura, temo un suo scatto d’ira, vedo che stringe i pugni, mi ritraggo istintivamente.
“Pensi che ti faccia del male?”, mi chiede, arrabbiato, notando che mi sto allontanando.
“No.”
“C’è un altro?”
“E questo da dove salta fuori!”, sono indignata. “Non siamo felici insieme. Nell’ultimo periodo abbiamo soltanto litigato. Non…”
“Certo…”, ridacchia nervosamente. “Mi lasci perché vuoi essere libera di stare con chi vuoi ora che ti trasferisci, non è vero?”
“Ma che dici!”
“Non raccontarmi stronzate.”, mi afferra le guance tra le mani, mi fa male, sono terrorizzata.
“Lasciami.”
Lo fa.
“Ti lascio perché non ti amo più e credo che per te sia lo stesso. Siamo aggrappati alla consuetudine, non all’amore.”
“Io ti amo.”, i suoi occhi si fanno dolci e persi come quelli di un bambino.
“Mi dispiace.”, vorrei morire. Non si merita quella sofferenza, ma mentirgli non sarebbe giusto. Sapevo che avrebbe fatto male, ma non così tanto. Non voglio nemmeno immaginare come si debba sentire in quel momento. Vorrei abbracciarlo e consolarlo.
“Vattene via.”
Non rispondo ed esco rapidamente dalla stanzetta e poi dal bar, sto correndo, voglio mettere più distanza possibile tra me e lui. Piango, ma mi sento libera, privata di una catena che mi faceva soffocare. Sono certa che anche lui starà meglio senza di me. Passo davanti ad una pasticceria, ho voglia di un dolce, ma allo stesso tempo non ho fame, il mio stomaco è chiuso, ho la nausea, voglio solo tornare a casa. Prendo lo smartphone e invio un messaggio a mia sorella dicendole che ho fatto quello che dovevo, ma le chiedo di non chiamarmi perché non ho voglia di parlare.
Torno a casa, salgo, abbraccio mia madre e scoppio in lacrime. Non c’è bisogno che le spieghi cos’è successo.
 
   
 
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