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Autore: crazyfred    10/09/2021    9 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 8

 
"Sali per favore. È un'emergenza" la serratura del cancelletto d'ingresso del condominio si aprì senza che Alex potesse dire una parola. Scala A, terzo piano. Aveva parcheggiato l'auto in una traversa nei paraggi, sul marciapiede, ma c'erano così tante auto lasciate come veniva, oltre la sua, che era praticamente impossibile che gliela caricassero. E se fosse successo … beh, medaglia per la sfiga.
Il cortile interno del condominio era ben tenuto, niente a che vedere con quelli delle case popolari a cui era abituato da ragazzino con i compagni di scuola. I sanpietrini della pavimentazione disegnavano degli eleganti ventagli, e non ce n'era uno che saltasse o traballasse al passaggio. Nelle aiuole, le piante esotiche e le siepi erano curate e in salute, nessuna cicca o cartaccia lasciata in giro dagli avventori.
Leggendo fugacemente i nomi ai campanelli per cercare quello di Maya, Alex aveva notato la grande quantità di dottori, professori, avvocati che esercitavano la loro professione in quel condominio e gli venne da chiedersi, ridendo tra sé e sé, se a Maya bastasse lo stipendio che le dava per pagare l'affitto o il mutuo di un appartamento in quella zona.
Arrivato al piano, notò che la giovane gli aveva lasciato la porta aperta, leggermente accostata. Entrò, un po' timoroso di trovarla in situazioni imbarazzanti.
"Permesso?!"
"Entra Alex …" la voce di Maya veniva da dietro una porta sulla sinistra, probabilmente la camera da letto o il bagno.
L'uomo non poteva dire di esserselo immaginato così, l'appartamento di Maya, perché  non ci aveva mai pensato prima, ma a vederlo con i suoi occhi le calzava, si poteva dire, a pennello. Era piccolo, quasi minuscolo, non sarà stato più grande di 50 m², forse anche meno, ma c'era tutto quelle che serviva. Con il parquet, la elegante boiserie alle pareti e uno specchio sul piccolo camino di marmo nero, non sembrava nemmeno di essere a Roma; aveva tutta l'aria, infatti, di essere un pied-à-terre parigino, una chambre de bonne sottotetto in un palazzo signorile in stile Haussmann. Avrebbe scommesso che, aprendo la finestra, non sarebbe uscito sul balconcino con affaccio sul cortile interno, ma piuttosto su uno scorcio del Sacre Coeur e dei tetti di Parigi tutt'attorno. L'atmosfera era contemporanea e vintage allo stesso tempo, con un tocco di anima industriale. Incantevole.
"Alex girati verso l'ingresso per favore … " esclamò, aprendo uno spiraglio della porta di quello che Alex intuì essere il bagno.
L'uomo obbedì all'istante, in evidente difficoltà ma divertito in fondo da quella situazione. Di solito quelle cose succedevano a casa di Francesco, quando lo trovava ad intrattenersi con la modella o l'attricetta di turno, ma mai con qualcuno con cui lavorava tutta la settimana. Per fortuna gli passò alle spalle così in fretta che l'unica cosa che vide era una nuvola bianca che spariva dietro un'altra porta, la camera da letto. Sperava fosse una vestaglia e non l'accappatoio, altrimenti sarebbero arrivati a cena iniziata.
"Scusami" esclamò lei, mortificata, dalla camera da letto "quella cretina della manicure c'ha messo un'ora a farmi il refill e mi ha incasinato tutto il pomeriggio"
"Tranquilla, siamo ancora perfettamente in orario"
"Mentre aspetti fai come se fossi a casa tua" lo invitò "in frigo c'è della birra e sicuramente ho dei salatini da qualche parte negli armadietti"
Forse perché quella situazione al limite dell'assurdo gli aveva messo sete, forse per dare alla ragazza ancora più privacy di quella che già la porta chiusa le garantiva, Alex fece come gli era stato detto e se andò nel piccolo cucinino. Era separato dalla zona giorno da una vetrata a vista a mezza altezza, che dava luce ad un angolo della casa che ne era totalmente sprovvisto. Difficile pensare a Maya come una cuoca, e il ripiano bianco di marmo, immacolato e senza un graffio, aiutava Alex a confermare la sua tesi. C'era una macchinetta del caffè a capsule e questo gli fece storcere il naso, ma lo sospettava, e un forno a microonde - sospettava anche quello. Un dettaglio che lo colpì piacevolmente: un frigorifero all'americana, stile anni '50. Lui, patito del modernariato, approvava.
"C'è anche del vino" la sentì aggiungere, ironica, "ma forse è un po' presto per quello!"
"Che ci fa una millennial con i gingerini nel frigo?" le domandò, sarcastico, aprendo il frigo "pensavo fossero un'esclusiva di noi boomer!"
Sentì una risata cristallina arrivare dalla camera da letto "Devo essere boomer dentro, allora…"
Inconsapevolmente, anche sul volto di Alex si aprì un sorriso sommesso. Forse Maya aveva riso per educazione, forse perché, banalmente, era il suo capo, ma almeno non aveva dovuto sentire il solito mamma che grasse risate che ci facciamo a questa battuta acido di Claudia. Per la prima volta si rendeva conto che non ricordava l'ultima volta che con Claudia avevano riso di gusto insieme.
Fortuna che gli arredamenti moderni sono tutti più o meno uguali e Alex impiegò poco a trovare il cassetto delle posate e prendere l'apribottiglia, perché rovistare anche solo tra i cassetti della dispensa, gli provocava un senso di disagio, come se stesse ispezionando e frugando nella vita di Maya. Se Feuerbach aveva ragione, anche ciò che mangiamo parla di noi.
Aprì la bottiglietta di vetro e se ne tornò nel salottino a sorseggiare il suo ginger. Tutto era così compatto e probabilmente su misura per adattarsi agli spazi ridotti. Il tavolo da pranzo aveva solo due sedie, ma una panca incassata al muro dove il tavolo era appoggiato permetteva di aggiungere qualche posto a sedere in più. Il divano a due posti era addossato alla parete sotto al finestrone della cucina e un tavolino da caffè di design lo separava da una poltroncina che guardava verso la finestra. A terra, accostati alle pareti e non, come ci aspetterebbe, appesi ai muri, c'erano diversi quadri; arte contemporanea, di un paio forse riconosceva anche la mano, ma non era in grado di dire se fossero originali o meno.
Tutto era sui toni del grigio e del bianco, con qualche tocco di verde e di blu; che Maya avesse gusto non lo aveva mai messo in discussione, ma se era arrivata al punto di arredare casa con i colori che meglio le si addicevano, allora era proprio di un altro livello.
"Eccomi!"
La giovane, affannata, era appoggiata alla maniglia della porta della sua camera mentre tentava di allacciare, in corsa, tra i veli di seta che scendevano dalle spalle, la fibbia di un sandalo gioiello, naturalmente con tacco altissimo - come se non fosse già di suo abbastanza alta, pensò Alessandro, mordace. I capelli, con delle onde che parevano scolpite per quanto erano perfette, le cadevano tutti da un lato e le coprivano il volto, morbidi e luminosi.
"Ciao!" lo salutò finalmente, soddisfatta, e riprendendo fiato ad impresa terminata.
Alex ricambiò il saluto, ma si domandò come fosse sembrato alle orecchie di Maya, perché alle sue aveva tutta l'aria di essere un sussurro. Ma la verità era che gli aveva tolto il fiato. L'abito, blu elettrico, dalla silhouette fluida che giocava tutto sul vedo non vedo dei suoi tessuti, sembrava il peplo di una dea greca. Ma l'aveva vista innumerevoli volte vestita di tutto punto, elegante e oggettivamente bellissima; non era quello: era il modo in cui, con innocenza e nonchalance, si poneva. Era come se addosso avesse una t-shirt, un paio di shorts e delle scarpette di tela, e non un abito da mille e una notte, come se dovesse andare a fare un picnic con gli amici e non presenziare ad una cena di gala.
Non doveva essere una novità per lui, era un tratto che aveva notato da un sacco di tempo, ma quella disinvoltura e quella leggerezza che metteva nel fare qualsiasi cosa lo fregavano ogni maledettissima volta. Cercò di ricomporsi, come meglio poteva, controllando malamente i gemelli ai polsini e il nodo del papillon. Avrebbe messo una normalissima cravatta, fosse stato per lui, chi se ne frega del galateo, ma Giulia voleva vederlo in papillon e chi era lui per contraddire la cocca di casa. Si sarebbe vestito anche da principe azzurro delle favole in calzamaglia, se per lei fosse stato il look più opportuno.
"Dovresti farmi una cortesia …" esordì Maya, incerta se azzardare tanto. Sticazzi … alla fine c'era mancato poco che la vedesse in deshabillé, cosa poteva essere quest'ultima richiesta.
"Con queste unghie sono un'impedita totale" gli disse, mostrandogli la french manicure appena fatta "c'ho messo mezz'ora per sistemare le scarpe, se faccio da sola anche con la collana forse ce la facciamo ad arrivare per mezzanotte"
Alex  le sorrise, annuendo.
"Ci proviamo … ma queste mani sono troppo grandi per le chiusure dei gioielli, non ti prometto niente"
Claudia, dopo anni insieme, aveva perso ogni speranza a riguardo e alla fine aveva trovato un metodo tutto suo per allacciare da sola persino i braccialetti. Sperava di non sfigurare, quantomeno.
"Hai una casa bellissima" mentre Maya era tornata in camera sua a prendere la collana, Alex provò a fare conversazione spicciola, andando in cucina a buttare la bottiglietta dell'aperitivo. Magari avrebbe potuto lasciare questi banali convenevoli al tragitto in auto, ma alla fine convenne che con una come Maya, gli argomenti di conversazione non sarebbero certo mancati. E poi doveva riempire i silenzi, doveva impedire al suo cervello di pensare, di pensare a Maya e alla serata insieme che li aspettava. Se queste sono le premesse … non sarà una serata facile.
"La padrona sarà felice di saperlo" commentò lei, di ritorno, con la pochette e un astuccio quadrato in velluto verde menta.
"Ah … pensavo fosse tua"
"No. Anzi…presto dovrò lasciarla"
"Come mai? … se posso chiedere …"
"Molto semplice … è diventata troppo cara"
Maya per un attimo rimase di sasso di fronte alle sue stesse parole. Non solo non poteva credere che lo avesse detto, ma si stupì di quanto fu facile dirlo. Ma doveva aspettarselo: Alessandro le aveva confidato una parte così intima della sua vita che, inconsapevolmente, lei si era sentita sicura nel fare altrettanto. Si fidava di lui.
"È un peccato" riprese lui.
"Già … ma magari cambiare aria mi farà bene, chi può dirlo. Come si dice … si chiude una porta, si apre un portone, no?"
"Ma sì, infatti"
Non ne era così sicura; anzi, il suo grillo parlante interiore le diceva che era solo l'inizio della fine, che presto avrebbe fino per diventare una gattara sola, tutta telefilm e libri, la cui massima espressione di vita sociale è la chat di Facebook, il social più sfigato di tutti. O peggio, che avrebbe finito per scroccare una stanza a sua madre e al suo compagno e a fare la pendolare tutti i giorni. Preferiva non pensarci e godersi al massimo quello che aveva in quel momento. E in quel momento sentiva di toccare il cielo.
"Tieni" passò la collana, aperta, ad Alex.
"Come si mette?" domandò lui, perplesso.
"È un pendente da schiena" spiegò, voltandosi.
Forse per la concitazione, forse per il mare di informazioni che la sua testa aveva recepito in così poco tempo da quando era entrato in quel miniappartamento, non aveva proprio fatto caso allo scollo vertiginoso che le arrivava poco più sopra del fondoschiena.
Alex, che aveva tra le mani il collier ma non si era reso conto di come ci era arrivato e ne percepiva a malapena la consistenza tra le dita, cercava di concentrarsi più che poteva su tutto il resto, sul moschetto della chiusura, sui capelli da non rovinare, sul piccolo strascico da non pestare. Su tutto, volendo anche su una mosca posata sul vetro della finestra, tranne che su quelle fossette di Venere sulla schiena, pericolosamente in basso, sulla sua pelle bianchissima dove i nei sembravano quasi disegnare una costellazione o sul suo profumo inebriante ed intenso.
Passò la catenina leggera attorno al collo della ragazza che, delicatamente, scostò il capelli ulteriormente di lato, per consentirgli di unire i due capi. Ma anche impegnandosi con tutte le sue forze, non poteva evitare il contatto delle sue mani, calde, con la schiena, fredda, morbida e candida come la seta che copriva il resto del corpo. E più le stava così vicino, più quelle poche gocce di profumo che lei aveva addosso diventavano forti, spavalde quasi. Se le fosse stato ancora così vicino ne sarebbe rimasto ossessionato, ci avrebbe scommesso. Chiudi questa fottuta collana e muovi il culo, pensò. Ma doveva usare la testa, e non quella del piano di sotto. Era una semplice risposta ormonale a quello che i suoi sensi recepivano, nulla di più. Lei era una bella, bellissima ragazza, e lui era solo da un po'. Il suo corpo banalmente gli ricordava di avere dei bisogni. Ma così come glielo ricordava, se lo sarebbe dovuto scordare.
Era Maya, cazzo.
 
Maya non si era mai pentita di una decisione così tanto in vita sua.
Avrebbe dovuto dirgli di aspettarla in macchina, magari farsi un giro dell'isolato, due se necessario. E invece no, lei cogliona come al suo solito doveva fare la parte di quella simpatica e sicura di sé. L'aveva fatto salire, gli aveva detto di fare come fosse a casa sua, prendersi da bere e gli aveva chiesto di allacciarle la collana. Ora lui stava alle sue spalle, le mani che sfioravano la pelle della sua schiena nuda e le voleva morire.
Non era normale. Le sembrava che il tempo non scorresse, tipo una di quelle scene a rallentatore da 50 Sfumature o filmetti per signore sull'orlo della menopausa. Lui indossava il suo smoking di sartoria che gli stava come un guanto e probabilmente aveva spruzzato del profumo ai polsi, perché quando le sue mani - e già qui era partita per la tangente, lei e quel maledetto feticcio per le mani degli uomini - le erano passate attorno al collo per sistemare la catenina, era stata travolta da una fragranza speziata dai toni legnosi. Forse stava farneticando, ma le venne in mente Londra e un vecchio pub che suo fratello l'aveva portata a visitare, le cui travi erano impregnate del tabacco e del malto consumati lì dentro nei suoi quattrocento anni di storia. Sapeva di gentleman e di strada.
Forse perché aveva risposto un po' troppi no ai ti va di vederci di Ultima Spiaggia - all'anagrafe Federico … non si ricordava più il cognome, e questo la diceva lunga - su Whatsapp che volevano dire solo una cosa e ora stava andando in crisi d'astinenza, forse perché aveva tirato troppo la corda a fare la Madre Teresa con Alex nelle settimane precedenti, ora sentiva di star facendo una cazzata a giocare all'amicona del suo capo. In un modo o in un altro sarebbe andato tutto in malora, lo sentiva. Però si sentiva bene, si fidava, sapeva di essere al sicuro con lui e non c'erano molte altre persone di cui potesse dire lo stesso. E per la prima volta nella sua vita, non sapeva che fare.
"Perfetta … " balbettò l'uomo, facendo un passo indietro "la collana è perfetta per questo abito"
Mantenere dritta la barra e andare per la propria strada, far finta che l'inciampo fosse voluto e non accidentale. Da dove gli era uscito quel commento - perfetta - Dio solo lo sapeva. Era riuscito a recupera in fretta, ma Maya, lui lo sapeva bene, era ben più sveglia e svelta di lui. sperava solo non si sarebbe offesa.
Lei tornò a voltarsi, lo sguardo basso, il sorriso impacciato di chi sa di aver ricevuto un commento ambiguo e ne era al contempo lusingata e inorridita. La disapprovazione, naturalmente, era più per sé stessa che per Alex, e le faceva schifo pure quello.
Era andato tutto bene,  la clip si era chiusa senza tante storie e ora dovevano andare. Categoricamente. La giovane tirò un sospiro di sollievo e, riprendendo il controllo della situazione, corse a prendere le chiavi appese dietro la porta
"Possiamo andare"
 
"Ma non hai preso una giacca per dopo … uno scialle?"
In auto, tutta la tensione che si era creata in quel piccolo salottino era completamente dissipata. Forse aver respirato aria fresca mentre andavano a prendere l'auto aveva schiarito le idee a tutti e due. Erano tornati ad essere Maya ed Alex, o forse sarebbe stato meglio dire Alberici e Bonelli; Alex quasi quasi iniziava a rimpiangere la scelta di non usare i cognomi per mettere a loro agio i suoi dipendenti: Maya, una a caso, si sentiva fin troppo a suo agio. E lui con lei. NO GOOD.
"Ti chiami Matilde per caso?" domandò Maya, cercando di rimanere seria, guardando dritta davanti a sé, sulla strada.
"Come?" ribatté lui, confuso.
"È il nome di mia madre" chiarì lei, beffarda "anche se in sua difesa non mi ha mai detto di non sudare o stare attenta ai colpi d'aria in vita mia".
"Ma tu sei sempre così?"
"Così come?"
"Mordace … ostinata ad avere l'ultima parola …"
Maya avrebbe voluto dirglielo che era solo una finzione, un'armatura che aveva creato nel tempo per tenere a bada le sue emozioni e le persone che le giravano intorno. Ma non lo fece. Si fidava di lui, ma non si fidava di se stessa. E, per quella sera, si era già esposta abbastanza.
"Non sono io ad essere ostinata" disse, con fare altezzoso "sono gli altri ad avere torto".
Alex non aveva nulla da obiettare e lasciò che della musica leggera dalla radio li intrattenesse per un po'. Stavano dando un vecchio pezzo, avrà avuto più di vent'anni, ma ci stava benissimo.
Mentre la berlina di Alex li conduceva attraverso strade di Roma, il Tevere alla loro destra, erano sereni. Nessuna menata sulla serata che li aspettava. Poco importavano i clacson che suonavano fastidiosi intorno, poco importava che il traffico li stava lasciando imbottigliati: c'era la musica, davanti a loro il Foro Italico e, in lontananza, Monte Mario. Il sole era tramontato da un pezzo, ma non era ancora notte: dietro la collina, si scorgevano ancora gli ultimi bagliori rossastri del giorno che si mischiavano al blu della notte imminente. I lampioni, già accesi lungo la via, davano vita ad uno spettacolo unico: due mondi separati eppure uniti.
Si dice che chi vive a Roma tenda a dimenticarne la bellezza e a non vederla più, diventando quasi fastidiosa da conviverci nella routine quotidiana. Per Maya era così, ma bastavano spettacoli come quelli a ricordarle del suo privilegio; Alex invece no, non la dava mai per scontata: aveva questa mania assurda di dover sempre, in ogni suo tragitto, dover metterci sempre un pezzetto lungo il Tevere, qualsiasi fosse la sua meta. Da ragazzino lo vedeva tutti i giorni dal terrazzo dove sua madre saliva a stendere i panni mentre lui tirava calci ad un pallone che lei minacciava di bucare ogni volta che con un lancio le macchiava le lenzuola.
Ora invece con la sua auto di lusso guidava sicuro e quasi autorevole verso uno dei posti più belli ed esclusivi di Roma, una donna al suo fianco che chiunque gli avrebbe invidiato - e nessuno avrebbe creduto che non aveva nulla a che fare con lui - e nessuno, entrando avrebbe avuto da ridire sulla sua presenza lì. Dal monte dei Cocci, era arrivato alle colline dei signori, da ragazzo di borgata si era trasformato in un re di Roma.
All'ingresso della villa, una lunga fila di fiaccole accoglieva sul viale acciottolato gli ospiti della serata. Poco più avanti un parcheggiatore li attendeva per prendere in consegna l'auto.
"Pronta Maya?" le domandò aprendole la portiera.
La giovane, sistemato l'abito, annuì, accettando il braccio di Alex.
"Si va in scena"


 

Direi che ci siamo. Il capitolo parla abbastanza da sé, non c'è bisogno di spiegazioni. Questa serata è davvero per i due il punto di non ritorno, anche se per adesso entrambi sembrano ricacciare il pensiero. 
Approfitto di questo spazio per proporvi un'altra mia storia. Si tratta di un fandom poco conosciuto, la fiction Un Passo Dal Cielo (giuro che non sono così boomer XD). Tant'è che rovinata la mia coppia preferita ho smesso di guardarlo ahahah però devo rigraziarli - tacci loro: senza quella porcheria di trama non avrei mai ripreso a scrivere e non sarei qui adesso. Quindi se vi va, passate a trovarmi anche su "Noi Casomai"..è un sequel alla storia andata in tv, ma secondo me è leggibilissima anche senza averla vista.
Per il resto, spero di ricevere qualche commento in più a questo capitolo perché dai, se lo merita, no?! XD Non per me, per carità, ma per quello che è successo ;-)
Alla prossima,
Fred ^_^
   
 
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