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Autore: Star_Rover    10/09/2021    5 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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Ringrazio i fedeli lettori che stanno continuando a seguire questa storia, ormai siamo giunti all’ultima parte del racconto.
Un ringraziamento speciale ai gentilissimi recensori per il prezioso supporto^^
 

27. Traditori   
 

Le prime luci dell’alba filtravano attraverso le tende, la stanza era illuminata dai tiepidi raggi dorati. James si destò percependo il corpo caldo di Julia ancora stretto a sé. La ragazza si era addormentata poggiando la testa al suo petto. Il giovane restò immobile ancora per un po’, voleva assaporare ogni istante di quel momento.
Osservò l’espressione dolce e serena sul viso di Julia, sfiorandola con una lieve carezza.
Ripensò alle parole del tenente Hart. Se riesci a trovare qualcosa di buono al di fuori di tutto questo non dovresti lasciartelo sfuggire.
James sospirò, era consapevole di non poter fare promesse alla sua amata. Non poteva darle alcune certezza, non voleva che lei soffrisse a causa sua. Sarebbe stato egoista da parte sua legarla a sé con quelle condizioni. Eppure Julia aveva dimostrato di essere disposta a rimanere al suo fianco, nonostante tutto.
James si sentì in colpa, era stanco di nascondere la verità, anche se questo era l’unico modo con cui poteva proteggerla. Aveva creduto di poter gestire quella situazione, ma quando erano entrati in gioco i sentimenti le cose si erano complicate.
Doveva però ammettere che l’amore che provava per Julia restava il suo unico conforto, di questo ne era certo.  
James si liberò delicatamente dal suo abbraccio e facendo attenzione a non svegliarla si rialzò dal letto.
Raggiunse il bagno, si sciacquò il viso con l’acqua gelida, poi rimase ad osservare il suo riflesso allo specchio. Nella sua mente rivide il ritratto di suo padre, non poteva ignorarlo, il capitano Kerney aveva ragione, le somiglianze erano innegabili. Aveva ereditato i suoi lineamenti e i suoi grandi occhi nocciola.
Ma le similitudini non si limitavano soltanto al piano fisico, poteva rivedere suo padre in quasi ogni aspetto della sua vita. Tutto ciò era assurdo, in un modo o nell’altro aveva finito per ripetere lo stesso percorso del genitore, seguendo le sue orme passo per passo.
James non aveva molti ricordi nitidi di suo padre, la sua era stata una figura poco presente nella sua infanzia. Liam Donnelly era stato un militante durante la Guerra d’Indipendenza, era rimasto fedele a Collins, e dopo il Trattato era diventato un ufficiale del National Army. Le due guerre l’avevano tenuto lontano dalla sua famiglia. James non aveva mai biasimato il genitore per questo, aveva compiuto le sue scelte, così come lui aveva preso le sue.
Non ricordava cosa avesse provato quando aveva saputo della sua morte, ma sapeva di non aver pianto. Forse non aveva avuto modo di comprendere il valore di quella perdita, oppure sentiva di aver già perso il padre da tempo, o di non averlo mai avuto realmente al suo fianco.
Il giorno del funerale c’era stata una parata, una modesta folla si era riunita al cimitero di Glasnevin per onorare il sacrificio di un uomo che tutti consideravano come un eroe di guerra.
La bara del valoroso ufficiale avvolta nella bandiera tricolore era stata trasportata al cimitero sulle spalle dei suoi fedeli commilitoni e seppellita sottoterra mentre le trombe militari intonavano l’estremo saluto.
Ricordava la forte stretta di sua madre, e poi una serie di uomini in divisa che si abbassavano su di lui per stringergli la mano e dargli premurose pacche sulle spalle. Ripetevano tutti le stesse frasi di conforto, più o meno con la medesima compassione.
James era ancora un bambino, eppure aveva avvertito il peso di quell’eredità. Essere il figlio del tenente Donnelly era già diventato un compito di grande responsabilità.
James si riprese da quei ricordi, non era più un ragazzino, eppure sentiva ancora la stessa frustrazione e impotenza di fronte a quegli eventi.
In quell’istante realizzò che avrebbe potuto compiere le stesse scelte di suo padre: accettare l’alleanza con l’Inghilterra, fare carriera nel G2, assicurarsi un futuro insieme alla donna che amava.
James fissò il suo riflesso allo specchio, avrebbe potuto…se fosse stato come suo padre.
 
***

Il tenente Hart tornò alle caserme McKee per interrogare nuovamente il prigioniero. Il sovrintendente Whelan non ebbe nulla da ridire a riguardo e accompagnò l’inglese nelle prigioni senza nemmeno lamentarsi per il mancato preavviso.
Donnelly seguì il suo superiore fin dentro alla cella, questa volta non aveva idea di quel che volesse ottenere. Credeva che il ragazzo avesse già parlato a sufficienza, difficilmente avrebbe rivelato altro. Dovette però considerare che Hart non avrebbe mai organizzato quell’incontro se l’avesse ritenuto soltanto una perdita di tempo. L’espressione fredda e decisa del tenente indicava che egli era davvero determinato a far cantare nuovamente quel ragazzino per ottenere le informazioni di cui aveva bisogno.
Trovarono il prigioniero legato alla sedia, teneva il capo chino, affranto e rassegnato.
Hart non perse tempo, si posizionò di fronte a lui e iniziò il suo interrogatorio.
«Suppongo che tu sappia perché siamo tornati da te»
L’altro si mise subito sulla difensiva.
«Non dirò nessun nome»
Hart scosse la testa: «non vogliamo nomi. Conosciamo già l’identità del tuo comandante»
Bernie sgranò gli occhi.
«Il capitano Charles Maguire è l’uomo che stiamo cercando e tu dovrai aiutarci a catturarlo» affermò l’inglese.
«Ho già detto tutto quello che sapevo, ho rispettato gli accordi!» protestò il ragazzo.
L’ufficiale replicò con tono severo.
«Temo che non sia così. Hai omesso delle informazioni importanti, credevi di poter ingannare l’Intelligence?»
Bernie negò.
«No, io…non…non avevo intenzione di ingannarvi» farfugliò con voce tremante.
Hart lo guardò dritto negli occhi: «adesso hai solo due possibilità. O collabori con noi, oppure sarai destinato a Curragh con l’accusa di aver tradito i tuoi compagni»
Il giovane sapeva di non avere scelta.
«Che cosa sai del Fleming’s Pub?» domandò l’agente britannico.
Il prigioniero deglutì a vuoto, per qualche istante rimase in silenzio, ma alla fine rivelò la verità.
«So che è un covo di repubblicani»
Il tenente continuò con le sue ipotesi: «è il rifugio del capitano Maguire?»
Il giovane confermò.
«È lì che si trova la spia?»
Bernie assunse un’espressione confusa: «non so di che cosa sta parlando»
«Davvero? Ne sei sicuro?»
Egli annuì.
«Non hai mai sentito parlare dell’Aquila
L’altro negò scuotendo la testa.
«E non hai mai avuto a che fare con un tenente della Luftwaffe
«Non ho mai visto nessun tedesco!» affermò con decisione.
Al tenente il ragazzo parve sincero.
«Il tuo comandante, che ti ostini a voler difendere, sta proteggendo un nazista» disse freddamente.
Bernie sussultò.
Hart intuì che egli non stesse mentendo, era davvero sconvolto dalla notizia.
«D’accordo, lasciamo perdere la spia. Chi altro si nasconde lì dentro?»
«Ho detto che non vi darò alcun nome»
«Almeno puoi dirci in quanti sono?»
Il giovane esitò prima di rispondere.
«L’ultima volta in cui sono stato al rifugio erano solo in quattro»
«Erano presenti altri ufficiali dell’IRA?»
Il prigioniero non rispose.
«D’accordo. Che altro puoi dirci?»
Bernie iniziò ad agitarsi: «non devono sapere che ho parlato»
«Tranquillo, non possiamo lasciarti andare, ma ti prometto che resterai fuori da questa storia se ti dimostrerai collaborativo fino alla fine»
Il giovane cedette.
«C’è una porta sul retro, è quella usata dai militanti per accedere all’edificio. È chiusa dall’interno e sorvegliata»
«Esistono altre vie di fuga?»
Bernie negò: «le finestre sono sbarrate»
L’ufficiale sorrise: «bravo ragazzo. Ero certo che non ci avresti deluso»
 
Al termine dell’interrogatorio Hart tornò dal suo collega, il quale era rimasto immobile e in silenzio per tutto il tempo.
«Dunque qual è il piano?» domandò il sottotenente.
L’inglese dimostrò di avere le idee chiare.
«Circonderemo l’edificio, i militanti si ritroveranno in trappola»
«Si difenderanno, probabilmente sceglieranno di morire piuttosto che essere catturati» ribatté James.
«Dovremo agire con prudenza, in ogni caso non saremo noi ad aprire il fuoco»
Donnelly annuì, ma non riuscì a nascondere una certa preoccupazione.
 
***

Il detective Sullivan si portò nervosamente la sigaretta alle labbra, nel suo studio l’aria era intrisa dell’intenso odore del tabacco. Aveva incaricato un suo collega di svolgere alcune ricerche e la sua ultima telefonata gli aveva lasciato intuire che egli avesse trovato qualcosa di significativo.
Paul non dovette attendere a lungo, dopo poco qualcuno bussò con un’inconfondibile insistenza alla sua porta.
Il nuovo arrivato, l’agente Davin McKenna, si presentò nel suo ufficio con un’aria stanca, ma un’espressione più che soddisfatta.
«Devo dedurre che ci siano novità sul caso» constatò Sullivan.
McKenna annuì.  
«Di che si tratta?» domandò il detective con impazienza.
«Ho scoperto qualcosa di particolarmente interessante. Ovviamente il sottotenente Donnelly era coinvolto in tutte le indagini, ma vuole sapere chi controllava quei documenti per la Sezione britannica?»
Paul attese la risposta.
«L’agente Padraig Flanagan. Se non sbaglio anche il suo nome è nella lista dei sospettati»
Sullivan confermò: «Flanagan ha spesso lavorato a fianco di Donnelly, hanno collaborato in diverse occasioni»
«Dunque potrebbe essere lui il responsabile, di certo aveva facile accesso a quelle informazioni. Magari ha anche cercato di far ricadere le accuse sul collega»
Il detective dell’Unità Speciale rifletté attentamente su quella nuova ipotesi.
«Ho interrogato più volte l’agente Flanagan, anche lui è risultato pulito»
Lo sguardo di Davin si illuminò: «adesso però possiamo dimostrare che egli ha mentito»
Sullivan gli rivolse un’occhiata interrogativa.
L’agente estrasse una fotografia dal fascicolo che stringeva tra le mani e la mostrò al suo compagno.
«Flanagan ha sostenuto di non aver mai avuto a che fare con certe opinioni politiche, eppure qualche anno fa il nostro uomo indossava la divisa della Garda di giorno e l’uniforme delle Camicie Blu di notte»
Paul osservò l’immagine che ritraeva un gruppo di giovani in uniforme paramilitare che con orgoglio imitavano il saluto nazista. Nonostante avesse ancora le fattezze di un adolescente con il volto coperto di lentiggini Flanagan era ben riconoscibile.
Il detective rispose con una smorfia: «al tempo c’erano tanti poliziotti iscritti all’ACA [1] quanti ubriachi nei pub la notte di San Patrizio!»
«Be’, stavamo cercando collegamenti con l’IRA, sappiamo che alcuni dei loro leader si sono schierati dalla parte dei nazisti…e se fosse proprio la Germania il fulcro di questo complotto?»
Sullivan rimase perplesso.
«Dunque quale potrebbe essere la prossima mossa per dimostrare la fedeltà di Flanagan ai suoi vecchi ideali? Chiedergli di intonare l’inno di Horst Wessel?»
L’altro mostrò un sarcastico sorriso.
«Sono certo che alla sede del Fine Gael troveremo prove sufficienti»
Sullivan approvò, ma restò diffidente a riguardo. Il fatto che l’agente Flanagan sostenesse gli ideali nazisti poteva essere fuorviante.
Non era nemmeno troppo sospetto il suo comportamento, conoscendo la situazione da vicino Flanagan poteva aver mentito per non essere coinvolto nelle indagini, e forse per evitare di macchiare la sua reputazione riportando alla luce qualche segreto del passato. Ma questo non significava per forza che fosse lui la spia dell’IRA.
Sullivan si riprese da quelle considerazioni, stava complicando troppo le cose. In certi casi la soluzione più ovvia si rivelava essere quella giusta.
Non poteva escludere la possibilità di essersi sbagliato. Eppure continuava ad avvertire una strana sensazione, non era solo per orgoglio che si rifiutava di credere nell’innocenza del sottotenente Donnelly, il suo istinto non gli aveva mai mentito.
 
***

La squadra che il capitano Kerney aveva affidato all'inglese era composta da detective e agenti speciali della Garda. Il tenente Hart riuscì facilmente ad ottenere la stima e il rispetto dei nuovi colleghi. Gli irlandesi approvarono le decisioni dell’ufficiale britannico e si dimostrarono collaborativi e disponibili durante tutte le fasi di pianificazione.
Anche in quell’occasione Donnelly ebbe prova dell’esperienza e dell’indiscutibile competenza del tenente. Poteva facilmente comprendere per quali ragioni l’Intelligence si fosse rivolta a lui per quella missione.
«Credi che troveremo qualcuno in quel rifugio?» domandò James quando i due rimasero soli.
Hart fu realista nel rispondere: «non è il nascondiglio della spia, ma di certo il tedesco è stato lì per incontrare il capitano Maguire»
«Quindi potrebbero esserci indizi o testimoni»
«È quello che spero. Dopo la retata a Blackheath Park non possiamo permetterci un altro fallimento»
James tentò di rassicurarlo.
«Il capitano Kerney si fida di te»
Hart si voltò verso il suo interlocutore: «e tu? Ti fidi di me?»
Il sottotenente distolse lo sguardo, onestamente non sapeva cosa rispondere. Ormai sapeva che l’inglese gli aveva mentito, ma poteva comprendere le sue motivazioni. Forse una parte di sé desiderava davvero fidarsi di lui.
«Sei un mio superiore. Sul campo sono disposto a rispettare le tue decisioni e obbedire ai tuoi ordini»
Il tenente apprezzò la sincerità, in quelle circostanze era consapevole di non potersi aspettare di più. Non poté biasimare il giovane, la sua diffidenza era giustificata.
Hart sapeva che in quel mondo non poteva realmente fidarsi di nessuno, ma per portare a termine quella missione aveva bisogno del sostegno del suo giovane collega. Non voleva entrare in azione con qualcuno che non fosse disposto a collaborare. Infine voleva essere certo che il ragazzo non commettesse qualche avventatezza, per questo aveva intenzione di tenerlo sotto il suo controllo.
James cedette alla curiosità: «hai dimostrato di avere un’avvalorata esperienza con i militanti dell’IRA»
Radley attese l’inevitabile domanda.  
«Eri un agente sotto copertura?»
L’inglese rimase in silenzio, ma la risposta risultò piuttosto ovvia.
«Non deve essere stato facile condurre quel tipo di vita. Sei stato costretto a ingannare, mentire, tradire…»
L’espressione sul volto del tenente si indurì.
«Ho sempre fatto tutto quel che era necessario per la Patria»
Donnelly non si stupì per la sua reazione.
«Dunque hai sempre anteposto il dovere ad ogni cosa»
«Non mi sono mai pentito per questo» replicò freddamente.
«Ciò non significa che tu non abbia sofferto»
Hart fu colpito da quelle parole, ma all’apparenza non lasciò trasparire alcuna emozione.
Il giovane intuì di essersi spinto troppo oltre, non aveva il diritto di ficcare il naso in questioni così intime e personali.
Donnelly era intenzionato a chiedere scusa per la sua impertinenza, ma quando rialzò lo sguardo il tenente gli aveva già voltato le spalle.
 
***

L’operazione ebbe inizio poco dopo il tramonto. Due agenti erano appostati all’entrata principale dell’edificio per bloccare il passaggio, il terzo poliziotto e i due detective invece seguirono il tenente Hart e il sottotenente Donnelly sul retro.
Il vicolo era buio e deserto, quel pub abbandonato sembrava davvero il luogo perfetto dove nascondersi per i militanti di un’organizzazione clandestina.
Il tenente Hart bussò alla porta con decisione, poiché nessuno rispose decise di ritentare, ma anche quella volta non avvertirono nulla.  
A quel punto l’agente britannico si rivolse al suo compagno: «stai indietro»
Il giovane obbedì indietreggiando di pochi passi. L’inglese non aveva tempo per forzare la serratura, con un paio di colpi ben assestati sfondò il portone di legno.
L’ingresso era completamente avvolto dall’oscurità, gli agenti entrarono all’interno con cautela. Furono costretti a muoversi a tentoni lungo lo stretto corridoio. Raggiunsero il salone principale vagando tra tavoli polverosi e le bottiglie vuote lasciate sulle assi ammuffite. L’eco dei passi era accompagnato dal rumore del legno scricchiolante e del vetro che si frantumava sotto alle suole.
«C’è qualcuno? Rispondete! Polizia!»
Non si udì alcuna risposta, quel silenzio innaturale risultò alquanto sospetto. Hart ordinò a James di restare di guardia con l’agente O’Shea, mentre egli iniziò a dirigersi verso le scale seguito dal detective Buckley.
Donnelly esitò, sapeva che l’inglese aveva deciso di lasciarlo al margine dell’azione per tutelarlo e non esporlo direttamente al pericolo, ed era consapevole di avere una promessa da mantenere nei suoi confronti.
Il giovane però sentì di dover fare qualcosa, non poteva restare solo fermo a guardare. Nell’istante in cui vide il tenente avvicinarsi ai gradini non riuscì a trattenersi. Nel momento in cui avvertì il pericolo l’istinto prese il sopravvento. Con uno scatto corse in avanti, afferrando il suo superiore per il braccio.
Radley udì un grido, ma non riuscì a comprendere a pieno le parole, proprio in quell’istante una raffica di proiettili si abbatté sulle scale.
Il detective Buckley rispose al fuoco, riuscì a sparare solo un paio di colpi prima di essere trafitto da una seconda raffica. L’uomo cadde a terra, agonizzante in una pozza di sangue. I suoi compagni non poterono fare molto per soccorrerlo, ormai era troppo tardi.
Hart era poggiato contro alla parete, se non fosse stato per l’intervento del sottotenente sarebbe stato lui il primo obiettivo. Appena tornò in sé l’ufficiale si preoccupò per il suo compagno.
«James…»
Il ragazzo era inginocchiato a terra, con una mano premuta sulla ferita al fianco. Non emise alcun lamento, ma il suo volto era contratto in una smorfia sofferente. I suoi vestiti erano impregnati di sangue.
Radley si chinò accanto a lui e tentò di rassicurarlo mentre cercava di contenere l’emorragia.
«Tranquillo, adesso devi stare calmo. Vedrai che andrà tutto bene…»
Donnelly si sforzò di parlare: «mi dispiace»
Hart guardò il sottotenente negli occhi, nel suo sguardo scorse sincero pentimento. In quel momento un dubbio si insinuò nella sua mente, ma non ebbe tempo per riflettere.
L’ufficiale fu riportato bruscamente alla realtà avvertendo l’eco di altri spari. Rapidamente ordinò all’agente O’Shea di portare al sicuro il compagno ferito, poi si affrettò a raggiungere gli altri che nel frattempo erano riusciti a liberare il passaggio al piano superiore.
James percepì grida lontane, suoni ovattati e immagini offuscate. L’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu il corpo del detective Buckley, il quale giaceva inerme sul pavimento, ormai privo di vita.
 
 
 
 
 
 
[1] Army Comrades Association, organizzazione paramilitare associata al partito Fine Gael, istituita principalmente in opposizione ai movimenti comunisti nel 1932.
 





Per chi è interessato lascio una mappa che potrebbe aiutare a comprendere meglio dove si stanno svolgendo le vicende. Ho aggiunto una breve legenda segnalando gli eventi principali collegati ai luoghi. Spero possa essere utile. 
Grazie ancora per il sostegno, alla prossima^^

Plan of Dublin, 1939 (
Geographia Ltd, London)




 Rifugio di Blackheath Park  - Il primo nascondiglio dove Declan porta Hans al suo arrivo a Dublino
Drumcondra (Fleming's Pub) - Rifugio del capitano Maguire 
 Castello di Dublino - Centro di Comando del G2 
Caserme McKee - Centro di Comando dell'Unità Speciale, luogo dell'attentato descritto nel capitolo 9. 
 Rifugio di Rathmines - Nascondiglio raggiunto da Hans e Declan dopo il primo incontro con il capitano Maguire, e dove i personaggi si trovano attualmente. 

 
   
 
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