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Autore: Zobeyde    31/10/2021    8 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PADRI E FIGLI





…Papà!?
Jim non riusciva a credere alle proprie orecchie. Si voltò lentamente a guardare il suo maestro, il cui volto era sbiancato come se avesse visto un fantasma.
La ragazza esalò un sospiro spazientito e richiuse il libro.
«È evidente che la mia presenza qui non sia gradita» disse, spingendo in cima al naso i grossi occhiali rotondi dalla montatura d’oro. «Devo aver interpretato male la tua ultima lettera.»
«L’hai letta?» domandò lo stregone con un filo di voce.
«Me ne mandi a dozzine ogni settimana, il mio camino comincia a essere intasato: era l’unico modo perché la smettessi.» A quel punto, i suoi occhi scuri trafissero Jim come frecce. «Questo chi è?»
Anche Blake fissò l’allievo. «Lui, be’ ecco…»
«Mi chiamo Jim» si presentò il ragazzo, avvicinandosi con la mano protesa. «Jim Doherty...»
«Non mi interessa come ti chiami. Voglio sapere chi sei e che ci fai in casa di mio padre.»
«Jim è il mio apprendista» sputò fuori Blake, con l'aria colpevole di chi confessa il suo coinvolgimento in un qualche crimine. «Te lo avrei accennato nella prossima lettera.»
«Hai un apprendista.» La ragazza sbatté le lunghe ciglia nere. «E da quando?»
«Qualche mese.»
«Credevo non volessi più saperne di apprendisti.»
«Le cose possono cambiare.» Blake la guardò, gli occhi azzurri accesi di una luce intensa. «E anche le persone.»
In risposta, lei fece scoccare la lingua.
«Quanto ti fermi?»
«Oh, tranquillo, non ho intenzione di starti tra i piedi a lungo.»
«Alycia, per favore…»
«È stato un lungo viaggio» tagliò corto lei, alzandosi dalla poltrona. «E il clima di questo Paese mi dà alla testa: c’è un posto in questa casa terrificante dove possa disfare i bagagli e fare un bagno?»
«C’è una stanza già pronta al piano di sopra, chiedo a Valdar di accompagnarti.»
Alycia sventolò una mano e le valigie si sollevarono in aria. «Non occorre, la troverò da sola. Passerò più tardi a salutarlo.»
«Ne sarà felice.» Blake provò ad accennare un sorriso. «Gli sei mancata molto. Ci sei mancata, tesoro…è bello riaverti a casa.»
Lei emise una risata fredda e senza eco. «Ah, sì? Aspetta a dirlo.»
Nell’uscire, passò accanto a Jim, che era rimasto in mezzo a loro come se fosse del tutto invisibile.
«Sai, anche tu ne avresti bisogno» commentò Alycia, arricciando il nasino. «Di un bagno, intendo: puzzi di stalla.»
Lui avvertì una vampata di calore salirgli rapida fino alle orecchie, ma prima che potesse ribattere, la figlia dello stregone lasciò la stanza seguita diligentemente dai suoi bagagli.
«Ti prego di perdonarla» disse Blake, massaggiandosi la tempia. «Alycia ha una…personalità molto forte, ecco. Capisco che all’inizio possa intimidire.»
«Perché non mi ha detto che aveva una figlia?»
«Perché non credevo che sarebbe venuta a cercarmi.» Lo stregone tirò fuori come al solito il suo orologio, a conferma di quanto quell’incontro lo avesse scosso. «Vive ad Arcanta e sono anni ormai che noi…ero sicuro che non avrebbe nemmeno aperto l’ultimo messaggio che le ho mandato. Finora non ha mai risposto.»
Jim ricordò la lettera gettata nel camino qualche sera prima, seguita da quella fiammata bianca. «È successo qualcosa tra voi?»
Sulle labbra dello stregone affiorò un sorriso triste. «Troppe cose, temo. Ma dato che ormai è qui, potreste provare ad andare d’accordo: ti garantisco che in fondo non è così male.»
Jim tornò a guardare la porta con aria poco convinta.  Quella porta guai, si disse. Già me lo sento. 
 

Alycia trascorse il resto del pomeriggio in camera sua e Blake insistette perché Jim riprendesse con lo studio senza ulteriori distrazioni. Ma era una parola: l’arrivo della figlia dello stregone aveva acceso nel ragazzo una marea di nuove domande. Come mai aveva avuto quella reazione nell’apprendere che suo padre avesse un apprendista? E come mai Blake ne aveva rifiutati tanti in passato? Che cosa era cambiato, esattamente?
«Sarà meglio che vada» disse qualche ora dopo, occhieggiando l’orologio a pendolo.
«Perché non resti per cena?» propose lo stregone, inaspettatamente.
«Veramente pensavo che volesse passare del tempo in famiglia.»
«È così, ma avrei piacere che ti unissi a noi» rispose lui, e Jim si chiese, divertito, se dopo la scenata di poco prima avesse paura che Alycia potesse aggredirlo con le posate se fossero rimasti da soli.
Fu subito chiaro che il padrone di casa stesse cercando di fare buona impressione: aveva indossato lo smoking, con la catenina dell’orologio e i gemelli che riflettevano la luce delle candele. Inoltre, aveva fatto di tutto per rendere la cupa sala da pranzo un po’ più accogliente mettendo come centrotavola un grosso vaso di fiori, ma l’effetto finale, con le pesanti tende alle finestre e i candelabri lungo il grande tavolo, era quello di essere alla veglia di un morto.
L’ospite li raggiunse senza fretta, avvolta in un lungo, sobrio vestito nero col colletto di pizzo bianco, e prese posto alla destra di suo padre, proprio di fronte a Jim; stavolta non portava gli occhiali e aveva lasciato i capelli sciolti, una voluminosa criniera di riccioli neri che profumava vagamente di gelsomino. Ma quando sollevò la testa e lo guardò in modo apertamente ostile, Jim rivolse immediatamente la sua attenzione altrove.
«Bene, eccoci qui tutti e tre» esordì Solomon Blake, allegro. «Non è meraviglioso? Sai Alycia, Jim è uno stregone molto dotato: è qui da pochi mesi e già padroneggia illusioni e manipolazione elementale e stiamo per introdurre gli incantesimi da combattimento.»
Lo sguardo di Alycia tornò a spostarsi freddamente su di lui. «Non mi dire.»
Jim accennò un sorriso e mangiò un pezzo di pane, giusto per fare qualcosa.
«E tu, mia cara?» riprese lo stregone. «Come procedono gli studi? Suppongo che ormai manchi poco alla tua ammissione.»
«Devo redigere una tesi sperimentale da presentare ai Decani entro il prossimo plenilunio.»
Blake le rivolse un sorriso affettuoso. «Ma è ovvio, sei sempre stata una maga brillante! Tua madre sarebbe fiera di te.»
A Jim non sfuggì che la ragazza aveva irrigidito la mascella a quelle parole.
«Alycia sta studiando per entrare nel Cerchio d’Oro» stava intanto spiegando lo stregone con orgoglio. «La prestigiosa corporazione degli alchimisti di Arcanta. Ha sempre nutrito una passione per le scienze esoteriche, sin da bambina adorava fare esperimenti! E infatti è già molto avanti rispetto ai suoi coetanei…»
«Mio padre non ti aveva mai parlato di me prima d’ora, vero?» chiese Alycia all’improvviso, guardando Jim. Il boccone di pane gli andò di traverso.
«E-ehm, ehm» tossì lui, cercando di non soffocare. «I-in effetti, no...»
«Come pensavo» replicò lei, algida. «E dimmi, Jim Doherty, come ci sei finito sotto l’ala dell’Arcistregone dell’Ovest? E come mai ad Arcanta non ho mai sentito nominare la tua famiglia?»
«Veramente non sono mai stato ad Arcanta» rispose Jim, sentendosi un po’ messo alle corde. «Sono nato in New Jersey: mia madre era una strega, ma mio padre…be’ ecco, lui era un Mancante, faceva il contadino. Quando poi è morto sono andato via di casa e mi sono unito a un circo.»
«Un circo.» Alycia lo studiò dall’alto in basso, il sopracciglio sollevato. «Be’, questo spiega molte cose.»
«Alycia, non essere scortese» disse Blake in tono di rimprovero. «La vita per Jim non è stata facile, ma ha dimostrato di possedere una predisposizione naturale per la magia e finora non aveva mai preso lezioni.»
Alycia non disse nulla. Ruotò il dito sopra il bicchiere come se stesse mescolando l’acqua all’interno, che si tramutò all’istante in vino rosso.
In quel momento, arrivò Valdar con la cena.
Servì per prima Alycia, che gli rivolse qualche parola in una lingua che Jim non aveva mai sentito, un groviglio di consonanti dure e suoni graffianti. Valdar si illuminò e le offrì un sorriso tutto zanne, poi biascicò qualcosa in risposta che solo lei parve capire, visto che annuì comprensiva.
«Ad Arcanta ho studiato l’orchese» spiegò, compiacendosi dell’espressione confusa di Jim. «Oltre l’elfico e il nanico. Tu invece no, ovviamente: Valdar dice che ti rivolgi a lui come se stessi parlando a un ritardato.»
«Ma non è vero!» protestò Jim. «Se mai è il contrario…»
«A ogni modo l’ho rassicurato che non dovrà nascondersi in un seminterrato ancora per molto» proseguì lei, scoccando un’occhiata esaustiva a suo padre. «E che presto tornerete tutti a casa.»
Blake rimestò la sua zuppa col cucchiaio. «In realtà, non ho ancora deciso. E, detto francamente, non ho mai considerato Arcanta “casa”.»
«Non farai sul serio» esclamò Alycia, scioccata. «Papà, sono cinque anni che sei sparito! Nessuno ha la più pallida idea di dove ti sia cacciato, se non fosse stato per quei ridicoli indizi che mi lasci in ogni lettera, come in un gioco per bambini, non ti avrei trovato nemmeno io! I Decani iniziano a perdere la pazienza, sono stati fin troppo accomodanti con te.»
«La cosa non mi riguarda più.»
«Scusate se mi intrometto» fece Jim, che si stava sforzando di stare al passo. «Questi "Decani" sono quelli che comandano ad Arcanta?»
«Sono un collegio di anziani» spiegò brevemente Blake; il sorriso gioviale era stato definitivamente lavato via non appena era stata tirata in ballo Arcanta. «Amministrano la giustizia, custodiscono il sapere magico e stabiliscono cosa vada tramandato e cosa no. E pare abbiano una predilezione nel ficcare le loro appendici nasali nelle vite altrui.»
«Che cosa ti aspettavi?» disse Alycia, accigliata. «Sei sempre l’Arcistregone dell’Ovest, hai dei doveri! Non puoi semplicemente sparire dopo quello che hai fatto.»
A quelle parole, Jim guardò Blake. «Aspetti, a cosa si riferisce?» chiese, visto che nessuno lì si prendeva la briga di spiegargli. «Cos’è che ha fatto?»
Alycia scoppiò a ridere. «Stai scherzando, vero? Vuoi farmi credere che non sai di chi sei apprendista? Non sai chi è Solomon Blake..?»
«Alycia» la ammonì Blake.
«Diciassette anni fa, gli Arcistregoni del Nord, del Sud, dell’Est e dell’Ovest salvarono Arcanta dalla Guerra Civile» raccontò lei, come se non lo avesse sentito. «Quando la Strega Eretica usò il potere del Vuoto per attaccare la Cittadella con il suo esercito di miscredenti. E fu proprio mio padre a fermarla, piantandole un pugnale nel cuore.»
Jim impallidì. Battaglie? Eserciti? Streghe Eretiche? Per quale motivo Blake non gli aveva mai raccontato niente di tutto ciò? E poi, il fatto che avesse ucciso a sangue freddo una persona gli sembrava un dettaglio non da poco! Invece Alycia ne parlava con una tranquillità raggelante. “Oh, ma non lo sai? Il mio papa è un ammazza streghe e il salvatore del mondo magico. Passami il sale, per piacere.”
Ma non volle mostrare quanto la notizia lo avesse turbato, già stava facendo la figura del contadinotto ignorante. Così si limitò a commentare: «Di sicuro non ha avuto una vita noiosa.»
«No, infatti» disse Blake con voce piatta. «Per questo mi sono ritirato: ho fatto la mia parte per Arcanta e mi sono reso conto che lavoro meglio da solo. Inoltre, sono convinto che ormai possa essere utile in ben altro modo.»
«Raccattando vagabondi per cercare di farne dei maghi?» fece Alycia, guadagnandosi un’occhiata truce da Jim. «Mentre tu giochi a fare il buon samaritano, i Decani hanno riconvocato i quattro. Forse quaggiù i giornali di Arcanta non arrivano, ma iniziano a circolare delle voci su di te…»
«Voci che suppongo il caro vecchio Boris Volkov abbia contribuito a diffondere» disse Blake con fredda collera. «Non sarebbe la prima volta.»
«Chi è Boris Volkov?» domandò Jim, esasperato.
«L’Arcistregone del Nord» disse Blake, guardando intensamente sua figlia. «Nonché maestro di Alycia.»
«Boris è un mago d’onore» ribatté lei, il mento sollevato con fierezza. «È sempre stato leale verso Arcanta e al contrario di te, non scappa di fronte alle responsabilità!»
«E tu, invece?» domandò Blake a bruciapelo. «Cosa ti porta così lontano da Arcanta? L’ultima volta hai chiaramente lasciato intendere di non volermi più vedere.»
Alycia strinse le labbra fino a farle sbiancare. «Ed è ancora così! Ma la tua biblioteca è tra le più fornite e i miei studi riguardano le proprietà magiche delle piante palustri, la maggior parte delle quali cresce qui in Louisiana.»
«Una straordinaria coincidenza.»
«Già. Quindi pare proprio che dovrai sopportare la mia presenza finché non avrò condotto le mie ricerche!»
«“Sopportare?”» ruggì lo stregone, oltraggiato. «Non potrei essere più felice di riaverti qui, puoi restare tutto il tempo che desideri! Non ho mai smesso di sperare che prima o poi tornassi da me, che mi perdonassi!»
«Be’, ora sono qui.» Alycia bevve ancora un po’ di vino; ne aveva mandato giù parecchio da quando si erano seduti e Jim notò che le sue guance avevano iniziato a infiammarsi. «Puoi iniziare a farti perdonare lasciandomi consultare i tuoi erbari.»
«Sono a tua completa disposizione» replicò lui, rigidamente.
Calò il silenzio. Jim cominciava a sentirsi terribilmente di troppo; finì di mangiare senza dire una parola, desiderando solo di poter sgattaiolare via il più presto possibile. Finalmente, il pendolo nella stanza accanto batté le undici.
«Sono stanca, credo che me ne andrò a dormire» annunciò Alycia, spingendo indietro la sedia. Si alzò, barcollando leggermente, con il calice ancora in mano.
«Posso prepararti quella tisana alla cannella che ti piace tanto, se vuoi» si offrì Blake. «Te la faccio portare in camera.»
Ma Alycia aveva già lasciato la stanza. Lo stregone esalò l’ennesimo profondo sospiro e si prese la testa tra le mani.
Jim tossicchiò. «Ehm, signor Blake, io dovrei andare...»
«Oh.» Blake drizzò la testa e lo guardò come se si fosse appena ricordato della sua presenza. «Ma certo, sì…va’ pure.»
Jim non se lo fece ripetere, prese la giacca e andò alla porta.
«Secondo te che cosa dovrei fare?»
Jim si volse, la maniglia in pugno; lo stregone lo stava fissando, le braccia abbandonate sul tavolo.
«Ecco» fece lui, preso alla sprovvista. Era raro che il maestro gli chiedesse un’opinione su qualcosa, in più non era sicuro di voler essere coinvolto in quella storia: Alycia si era rivelata una delle persone più insopportabili che avesse mai conosciuto e meno aveva a che fare con lei e meglio era. «Magari potrebbe aiutarla con quella cosa sulle piante, sembra che per lei sia importante. Non so cosa sia accaduto fra voi di preciso…»
«Mi odia.»
Jim trasalì. Non si aspettava un’affermazione così forte. «Ecco…»
«Sono stato un pessimo esempio per lei» proseguì Blake, lo sguardo fisso sulle sue mani, come se stesse guardando qualcosa dentro di sé. «E negli anni non ho fatto altro che deluderla. Sto cercando di rimediare ma…penso che ormai sia troppo tardi.»
«Io invece penso che non sia mai troppo tardi per chiedere scusa» disse Jim, piano. «E poi, è venuta fin qui, no? Significa che forse, in fondo in fondo, nemmeno lei ha rinunciato.»
Gli occhi azzurri dello stregone si fissarono nei suoi, facendogli provare una fitta di imbarazzo.
«Ti ringrazio, Jim» disse alla fine. «Mi hai dato un buon consiglio. Ora va’, si è fatto tardi.»

 
 
  
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