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Autore: MinatoWatanabe    01/11/2021    3 recensioni
NaruHina | GreekAU!
"Fui certo di sentire il mio cuore perdere un battito. Era lei. La ragazza del mio sogno. La somiglianza era tanto forte da essere inquietante. La sua pelle era pallida e rifulgeva alla luce delle torce e della luna, quasi il corpo emanasse luce propria. L'espressione era grave e triste, come dettato dalla tragedia, ma una cosa in particolare attirò la mia attenzione: gli occhi. Erano tanto chiari da sembrare traslucidi."
(dal capitolo 2)
Storia partecipante al contest "What time is it? It's SUMMERTIME" indetto dal gruppo Naruto Fanfiction Italia
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Jiraya, Naruto Uzumaki, Toneri Ōtsutsuki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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5

Le mura ciclopiche

«Mi ripeti come si chiama il posto dove stiamo andando?» chiesi.
«Tirinto.»
«E perché ci devi andare?»
«...»
«Hinata?»
«Esci qui!» ordinò indicando il cartello a lato della carreggiata.

Non avevo mai sentito parlare di Tirinto, ma l'unico motivo per cui potevo supporre che ci volesse andare fosse perché lì si trovava la casa di un amico o di qualche persona fidata.
Visto lo stato in cui versava mi era passato per la testa, anche se solo per un momento, che la nostra conversazione del giorno precedente fosse stata tutta una messinscena e che in realtà mi stesse portando in quel luogo per uccidermi e fare a pezzi il mio corpo. Oh Zeus, mi ero innamorato di una serial killer.
La mia supposizione sembrò trovare fondamento quando, seguendo le sue indicazioni, mi ritrovai a posteggiare l'auto in una rientranza della superstrada.

Stavo per aprire la bocca per parlare, ma lei non me ne diede la possibilità: si slacciò la cintura e scese dall'abitacolo senza dire nulla. Scattò sollevando polvere e sabbia con i sandali. Mi affrettai a chiudere la macchina per seguirla. Spirava un vento leggero, quindi il caldo non era asfissiante, e non c'era la solita umidità che ti si appiccicava alla pelle. Passammo accanto ad una sorta di gazebo in legno.Appoggiata pigramente alla parete a favore di strada c'era una consunta lavagnetta con una scritta in greco che il mio cervello non riuscì a processare mentre cercavo di tenere il passo di Hinata sul sentiero dissestato. Correva a perdifiato, senza dare segno di volersi fermare.

Si fermò poco dopo. Ero stato troppo concentrato a non perderla di vista per rendermi conto di dove fossimo finiti.
Era un sito archeologico. Un circondario di mura. In quel momento giunse alle mie narici un profumo inebriante di fiori e macchia mediterranea. Avevo il fiatone ed ero sudato. In inverno una così breve non mi avrebbe creato nessun problema, ma l'estate mi aveva bagnato la maglietta e i capelli senza che potessi farci nulla.
Anche Hinata era sudata e con i capelli arruffati.

«Che posto è questo?»
Non rispose, tirò un profondo sospiro e si lasciò cadere sulle ginocchia. Preoccupato che stesse avendo un mancamento per il caldo mi precipitai per sostenerla, ma non ce ne fu bisogno. Sospirò di nuovo, come se stesse respirando profondamente per calmarsi.
«Scusami se non ti ho spiegato niente. Queste sono le mura ciclpoiche di Tirinto.» disse.
«Perché siamo venuti qui?»
«Avevo bisogno di venirci: mia madre, quando ero piccola ed avevo paura di qualcosa, mi portava sempre qui. Quando è morta io ho continuato a venirci. È come se fosse un pezzo di lei.»
«Deve mancarti molto...»
Annuì.
«Quello che non capisco, però, è perché io sono qui» dissi.
La sua espressione era tornata quella della sera precedente.
«Non lo so...» iniziò «quando ho pensato di venire qui, all'inizio pensavo di voler essere sola. Ma poi ho sentito come una voce dentro, che mi ha detto che dovevi esserci anche tu con me.» sorrise, ma non sembrava felice. L'espressione era nel suo complesso malinconica.
«C'è una cosa... su cui non sono stata onesta con te.»
«Cioè? Alla fine ti sposi davvero un alieno con quindici occhi?»
«No!» disse scoppiando a ridere «Che cretino che sei!»
«Sono riuscito a farti ridere, è la mia prima vittoria della giornata!» dissi sorridendo. E lo pensavo davvero. In quel momento pensai che vederla sorridere sarebbe potuto essere il mio scopo per il resto della vita. Sarebbe stata una vita felice. Non avrei avuto altro da chiedere.
«Aspetta» disse cercando di riprendersi «ti devo dire una cosa importante: quello che non ti ho detto è che l'altra sera in spiaggia io... io sono sicura che non fosse la prima volta che ti vedevo. Conoscevo già il tuo viso. Io... non prendermi per pazza, ti prego. Ti avevo già visto, in un sogno. Era come se sapessi che da un momento all'altro saresti arrivato.»
Sussultai.
Avevamo fatto lo stesso sogno.
Lei mi aveva sognato.
«E nel sogno cosa succedeva?» chiesi.
Lei non rispose, distogliendo lo sguardo. Il suo sogno era stato diverso dal mio? Oppure avevamo visto la stessa cosa? Quel salto, dove conduceva?

Tuttavia non le parlai del mio sogno. Per qualche motivo sentii che era meglio che tenessi quel dettaglio per me. Non sapevo cosa significasse, e tutta la situazione stava iniziando a spaventarmi.

«Non ricordo bene cosa sia successo nel sogno. Ma di una cosa mi ricordo.»
«Cioé?»
«Una consapevolezza. La consapevolezza che nel sogno ero innamorata del ragazzo americano con i capelli biondi e gli occhi che sembravano contenere la stessa luce del sole.» disse, mostrando nuovamente quel sorriso malinconico.
«E nella realtà? Sei innamorata di lui?» chiesi trattenendo il fiato.
Io sì, io sono innamorato di te. Lo sono stato fin dal primo istante in cui ti ho vista sulla spiaggia di Nauplia. Anzi, probabilmente lo sono da prima di incontrarti. Lo sono da quando ho afferrato la tua mano in quel sogno ermetico.

«Sarei una pazza ad esserlo. Lo conosco appena. E domani mi sposo...» disse.
Abbassai lo sguardo. A volte dimenticavo il fatto che non tutti sono dei sognatori persi tra le nuvole. La vita era un'altra cosa.
«Certo...» sospirai. Non avevo alcun diritto di sentirmi deluso, dopotutto io per lei non ero nessuno. Tuttavia mi sentivo deluso. Per un attimo avevo davvero sperato che lei mi amasse, di poter essere l'uomo che l'avrebbe salvata da una vita infelice.
«E se anche lo amassi sarebbe peggio, perché dovrei sposarmi sapendo di non poterlo avere.»
Perché devi dire queste cose? Io sono qui. Adesso, io sono qui.
«Sai, pare che una mia antenata si sia innamorata di un uomo, poco prima di sposarsi. Mia madre mi raccontò che riuscì ad evitare di sposarsi, ma...»
«Ma?»
Hinata strinse le labbra e scosse la testa.
«Niente, lascia perdere, è solo una vecchia storia.»

Le prime luci del tramonto iniziarono a tingere il cielo di sanguigno. Respirai l'odore delicato degli alberi in fiore, consapevole che probabilmente l'avrei odiato per il resto della vita.

«Scusami, non so perché ti ho portato qui. Sono stata egoista, perdonami.»
«Non hai niente di cui scusarti.» dissi abbozzando un sorriso.
«Torniamo a casa?»
«Sì, è meglio.»
Ci avviammo verso la macchina, tenendoci a debita distanza l'uno dall'altro. Una volta allacciate le cinture eravamo entrambi consapevoli che sarebbe stato un viaggio silenzioso.

Quella era probabilmente l'ultima volta che la vedevo. Avrei dovuto dire qualcosa, sul mio sogno o sui miei reali sentimenti. Ma la verità era che avevo paura. Paura che il mio cuore, già ferito, fosse spezzato irrimediabilmente.

***

Giungemmo a Nauplia che era appena calato il sole. Mi diressi al parcheggio dove Jiraya aveva lasciato la macchina la sera precedente.
C'era un auto che non conoscevo. Hinata sobbalzò alla vista.
«No... no...»
«Cosa succede?»
Lei non rispose e mi anticipò verso casa mia.

La seguii e quando giunsi in vista della porta d'ingresso notai che davanti alla porta c'era un uomo. Probabilmente era poco più grande di me, ma aveva i capelli bianchi e la pellle di un pallore quasi irreale. Indossava una veste bianca di tessuto pesante, con un drappo verde allacciato al collo ed in vita. Sembrava che il caldo non avesse alcun effetto su di lui. Anzi, a guardarlo sembrava che non lo sentisse nemmeno.
Hinata gli si avvicinò e disse, in un greco sporcato, talmente sottovoce che dovetti concentrarmi per cercare di capirlo:

«Toneri, andiamo a casa, ti prego. Lui non c'entra nulla con noi. Non è nessuno per me.»
«Hinata, mia luna, vengo in pace, sono qui solo per conoscere il mio rivale. Quello che ti impedisce di essere serena al nostro matrimonio. Voglio capire che genere di uomo crede di potermi portare via l'amore della mia vita.» il tono era gentile, la parlata pulita e raffinata, ma il sorriso era chiaramente finto, sibillino.

Mi avvicinai, vedendo per la prima volta la sfumatura glaciale dei suoi occhi azzurri. Occhi che raccontavano una storia di sentimenti violenti ed estremi.
Cercai di mandarlo via, con il tono più diplomatico possibile:
«Buonasera, lei dev'essere Toneri, mi dispiace ma non ricordo di averla invitata, e suppongo che neanche Hinata l'abbia fatto, quindi lei non ha motivo di stare qui. Questa è casa mia, quindi la prego di andarsene.» dissi cercando di conferire autorevolezza al mio greco traballante.
Il tono era stato diplomatico. Le parole forse un po' meno. Hinata strabuzzò gli occhi, come se avessi appena fatto un'enorme stupidaggine.
«Oh, non preoccuparti, Naruto Uzumaki, me ne andrò fra qualche istante, e Hinata verrà con me.» rispose in un perfetto inglese, senza alcuna intonazione. Il volto era inespressivo, una maschera di ghiaccio.
«No io non credo.» dissi. Non avrei permesso che Hinata fosse portata via contro la sua volontà. Hinata guardava di nuovo me.
«Naruto, lascia perdere, ti prego, è meglio se vado.»
«Sai bene che non è così, non permetterò che sia qualcun altro a decidere per te!» dissi deciso.
Toneri piegò la testa di lato. Non sembrava particolarmente arrabbiato, più che altro incuriosito. Come se stesse osservando una creatura esotica.
Lei allora si rivolse nuovamente a Toneri:
«Mio sole, ti prego, andiamo via!» poi abbassò la voce. «Non fargli del male...» una lacrima scese lungo la sua guancia.
Lui la ignorò completamente.
Non avevo paura di lui, se voleva fare a botte mi sarei difeso. Anche se era più alto di me era anche più mingherlino. Avrei potuto batterlo senza problemi, e poi quella ridicola veste gli sarebbe stata certo d'impedimento in una rissa.
Iniziò ad avanzare verso di me, quindi mi spostai in posizione di guardia. Ma quando fu ad un paio di metri si fermò, con la stessa espressione curiosa di prima.
«Ho fatto qualche domanda in giro ed ho saputo che sei un pittore. Non ti senti in difetto davanti alla maestosità dell'arte visto il tuo essere così... dozzinale
«Dubito che uno che non si è mai sporcato le mani possa capirci qualcosa...»
Increspò le labbra in un sorrisino asettico.
«Immagino che questo ti farà un po' male.»

Crack

Un dolore lancinante alla mano destra mi mozzò il fiato. Caddi a terra prima di riuscire a capire cosa fosse successo. Intravidi la mano gonfia, le dita piegate in una posizione innaturale. Sentii le lacrime agli occhi.

Merda.

Ma come era potuto succedere? Non mi aveva minimamente sfiorato.
«C'è qualcosa che vuole uscire dalla tua camera, glielo permettiamo?» disse inginocchiandosi accanto a me.
Mi afferrò per i capelli e mi costrinse a guardare quello che stava succedendo.
La porta di casa si aprì di scatto e fluttuando a mezz'aria ne uscirono la tela e gli altri materiali per dipingere.
Quindi non era superstizione. Lui aveva davvero dei poteri. Ecco perché Hinata ne aveva tanta paura.
Toneri si soffermò proprio sulla tela, osservando il disegno.
Poi, si fece con le labbra ad un palmo dalle mie, fronteggiandomi. Io senivo di stare per svenire, il dolore era l'unico frammento di realtà che riuscivo a percepire chiaramente.
«Quindi è così che la vuoi? Tutta per te.» disse, riferendosi al dipinto «Mi dispiace, ma non l'avrai.»
Mi lasciò andare e contemporaneamente schioccò le dita con la mano libera. La tela finì in coriandoli con un rumore di strappo.

L'ultima cosa che vidi fu Hinata, l'espressione atterrita e gli occhi pieni di lacrime.


 


L'angolo di Minato-kun:
Buonasera, come promesso questa storia la finirò. Ho rinunciato al contest per cercare di portarla a termine come me l'ero immaginata. Spero che continuerete comunque a seguirla. 
E niente, ora mi metto sotto per rispondere a tutte le recensioni. 
Un gigantesco abbraccio. 

   
 
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