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Autore: Dorabella27    24/03/2022    16 recensioni
Come sa bene chi mi conosce, non ho mai digerito l'episodio 15 dell'anime: mi sembra insensato, soprattutto per quel che riguarda la storia della finta gravidanza di Maria Antonietta (a dir poco impossibile: i parti reali erano pubblici, proprio per evitare rischi di sostituzione del neonato o altri infingimenti); nel finale dell'episodio, poi, la colpa che viene fatta ricadere su Oscar è sommamente odiosa, e sarebbe talmente grave da rendere pressoché incredibile il fatto che nell'episodio successivo nessuno dia segno di ricordare alcunché. Ho immaginato allora uno switch - possibile? probabile? quanto meno, plausibile, si spera - a partire dal rientro di Oscar a Corte. Il racconto si trasformerà in corso d'opera, e da quasi - feuilleton prenderà le movenze di storia di taglio introspettivo e intimista. Questa volta procederò dando la parola, via via, ai singoli personaggi, che si alterneranno come voci narranti, con capitoli brevi e, spero, ravvicinati. Sperando che apprezzerete questo mio ennesimo esperimento .... buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Charlotte Di Polignac, Contessa di Polignac, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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X – AEQUO MARTE
 
PALAZZO JARJAYES
Oscar
Arrivo a palazzo quando ormai è scesa la sera e la pioggia cade ancora fitta e monotona.
Nanny mi accoglie sulla soglia con un morbido panno, asciutto e caldo.
 
« Santo cielo, Madamigella Oscar ! Siete bagnata fradicia ! Ma che cosa vi è preso ? Vi prenderete un malanno a girare sotto la pioggia senza nemmeno un mantello. Mi stupisco di André : perché non vi è venuto incontro con un mantello per ripararvi almeno sulla via del ritorno ! Ah, lasciate fare a me, e lo punirò come si deve ! »
 
« Ma no, ti prego, Nanny : non fare nulla ! Sono io che ho chiesto ad André di non aspettarmi oggi : risparmiagli i rimproveri, almeno per questa volta! » Ma Nanny non vuole sentire ragioni e continua a brontolare : « Dove andremo a finire, di questo passo, proprio non lo so ! Una povera ragazza costretta a tornare sola, al buio,  e per giunta sotto la pioggia ! Ah, ma quello scioperato di mio nipote mi sentirà, questa volta ».
Entro nell’orangerie, dove mi aspetta André.
« Allora, Oscar, che cosa hai scoperto sulla contessa di Polignac ? ». So benissimo che, come sempre, sarà informatissimo, forse anche più di Girodelle, su tutti i pettegolezzi di Versailles : quali siano le sue fonti, e come faccia a sciogliere le lingue così facilmente, questo proprio non lo so, e qualche volta mi secca il solo pensarlo.
Mentre questi pensieri mi attraversano la mente, noto che sul tavolino intarsiato in ebano e avorio ci sono due bicchieri e una bottiglia di Armagnac.
Mi siedo e André riempie i bicchieri.
« Sai, Oscar », dice André, lo sguardo concentrato sul liquore ambrato, « credo proprio che le partite alla roulette siano truccate, e che il croupier sia in combutta con la contessa, ma non ho ancora prove sufficienti».
Sollevo il bicchiere. Il liquore caldo mi scalda la gola e lo stomaco.
Anche André leva il suoo bicchiere. « Ma dimmi, piuuttosto, Oscar : quando le avrai ottenute, le prove che cerchi, che cosa farai? ».
 Il tono di André non mi piace affatto.
« Che cosa intendi dire ? ». Poso il bicchiere, e stringo i pugni, pronta a reagire con rabbia.
« Calma, calma. Dico solo che anche se riuscirai a mettere la Contessa di fronte alle prove della sua slealtà, sarebbe bene se la notizia non si diffondesse troppo a corte, o la reputazione della Regina cadrebbe ancora più in basso, perché diventerebbe lo zimbello dei maldicenti »
 
E poi, dice dopo una pausa, "Vedi, Oscar, c'è anche un altro motivo per cui non sarebbe troppo saggio dare rilievo alle perdite della regina alla roulette. Per le strade di Parigi la gente muore di fame, se non te ne sei accorta; e se si  sapesse con precisione quanto denaro la regina ha perso giocando d'azzardo, la reputazione della nostra sovrana peggiorerebbe di sicuro".

Vorrei rispondere, non so nemmeno io che cosa, ma ecco che, fortunatamente, appare Rosalie.
 
« Madamigella Oscar, la governante mi prega di dirvi che la vostra camera è pronta e il fuoco è acceso »
 
Mi alzo dalla poltrona e dico con il tono più  piatto che riesco a infondere alle mie parole: «Bene, André : continueremo la nostra conversazione in un’altra occasione », perché non voglio palesare a Rosalie il malumore che le parole di André mi hanno suscitato.
 
VERSAILLES
Oscar
Dopo una notte passata fra sonni disturbati, risvegli ripetuti e una sensazione di disagio strisciante, la Reggia, illuminata dal sole mattutino sembra venirci incontro, solida e imponente, quasi a promettere una giornata piena di incombenze concrete, senza quel susseguirsi di ombre che era stata ormai la cifra di quelle ultime giornate.
Girodelle, poi, la notte prima avrebbe dovuto essere al Casinò; mi dispongo quindi nel mio ufficio ad aspettarlo, non senza avere sinteticamente informato André del piano, e dell'importanza di quel biglietto che Girodelle avrebbe ormai dovuto essere in possesso.
Fingo di ignorare lo sguardo ironico e perplesso con cui André accoglie il racconto, volutamente monco e incompleto, di una avventura in cui, per la prima volta, non era stato coinvolto, ma, anzi, deliberatamente escluso. Fortunatamente, non c’è nemmeno il tempo di analizzare quel lieve senso di imbarazzo mi sento montare alle guance, perché Girodelle entra nell'ufficio del Comandante con la consueta aria impettita e marziale, ma anche con un sorriso venato di soddisfazione.
"Madamigella, André, buongiorno. Come da accordi, ecco quanto ho recuperato ieri notte", e mi tende un foglietto ripiegato.
 
"Grazie, Girodelle. Siete stato davvero un collaboratore prezioso: ma del resto, non dubitavo che ci sareste riuscito. È stato molto difficile?", mi informo, senza riuscire a contenere la mia soddisfazione.
 
"Per nulla, Madamigella. Sono arrivato al Casinò di buon'ora, e dopo una serie di puntate accanite, ho lamentato la sfortuna e un forte mal di testa, per cui mi sono allontanato poco dopo le undici, adducendo come scusa di aver bisogno di respirare un po' d'aria fresca per cercare di tranquillizzarmi. Sapevo che la contessa di Polignac non poteva permettersi di rischiare lasciando troppo a lungo il suo biglietto nella faretra della statua di Diana, ma non poteva nemmeno predisporlo all'ultimo minuto. Sono uscito accertandomi che il croupier con cui era in combutta, Alfonso, fosse ancora stabilmente al suo posto.
 
Mi sono nascosto in una nicchia del corridoio, e, a mezzanotte meno un quarto, la contessa di Polignac è apparsa fugacemente nel corridoio, lasciando un foglietto ripiegato dove aveva concordato. Appena si è allontanata, l'ho recuperato. E sono rimasto appostato, sino a quando Alfonso non è arrivato, trafelato, e ancora più trafelato si è allontanato, non avendo trovato quanto avrebbe dovuto essere nella faretra. Poco dopo l'ho visto ritornare, con la contessa di Polignac, e spiegarle concitato che non aveva trovato il biglietto. I due hanno confabulato un poco e si sono allontanati. Allora, ho riguadagnato la sala della roulette, ho fatto altre due puntate distratte e me ne sono andato".
 
        "Bene, vediamo il contenuto del biglietto".
 
Il foglietto, piegato quattro volte, riporta la data dell'indomani, ed è fitto di annotazioni: nomi seguiti da segni più e meno ripetuti:
 
Principessa di Conti: + + - +
Baronessa di Boulainvillers:  ----
Contessa d'Artois: +  - + -
Principessa di Chartres: + - ++ -
MA:  -  - - - - +
Contessa di Polignac:  +++++ -
 
"Evidentemente", dice Girodelle, si tratta di indicazioni su quante mani debbano vincere, indicate con i più, e quante perdere, indicate con i meno, le partecipanti alla serata alla roulette della regina. La regina Maria Antonietta è sicuramente indicata con la sigla MA. E guardate: lei dovrà perdere almeno per cinque volte di fila e poi concludere la serata con una piccola vincita".
 
"Una specie di contentino", annuisce André, "per avere l'impressione di essersi rifatta, almeno in parte, delle perdite, ed essere invogliata a giocare ancora una volta, nelle sere successive".
 
"Esattamente", conviene Girodelle. "Mentre per la contessa di Polignac è il contrario. E questo farà sì che alla fine della serata l'impressione generale sarà determinata dall'esito dell'ultima puntata: la contessa di Polignac si congederà dalla regina con l'aura della sconfitta, e di certo verrà anche consolata, e forse la nostra sovrana vorrà anche rifonderla della sua perdita, senza pensare a quelle che lei stessa ha riportato".
 
"Un piano perfetto, oserei dire.. " commenta André, e poi, subito dopo, mi sento richiamare, con un tono allertato : "Oscar, ma dove stai andando?!"
Mentre Girodelle sta concludendo l'ultima frase, infatti, mi sono già precipitata fuori dalla porta, con il mio passo più deciso, e con quel foglio in mano. Inutilmente André mi segue per corridoi e scalinate, cercando di ridurmi a più miti consigli, e persino afferrandomi per il braccio, un gesto che aumenta, se possibile, la mia stizza, mentre allontano la sua mano con un movimento brusco.
 "Oscar! Non fare pazzie, ti prego!". Ma le parole di André non mi toccano minimamente, non in questo momento.
Arrivata agli appartamenti della contessa di Polignac, spalanco la porta, di botto. La contessa se ne sta ritta accanto a una grande finestra dai tendaggi verdi, mentre due cameriere reggono davanti a lei due abiti, uno azzurro e l'altro blu notte: certo, per decidere quale indossare alla riunione serale davanti alla roulette con la Regina.
"Comandante de Jarjayes!", esclama sdegnata la contessa. E poi, dopo aver visto la mia espressione, rivolta alle cameriere: "Vi prego di ritirarvi. Io e il comandante de Jarjayes dobbiamo conferire".
"Sì, contessa". "Come desiderate, contessa". Le due donne, ossequiose, dopo quelle brevi frasi sussurrate a fior di labbra, escono a testa bassa e passo svelto.
 
"E ora, mi aspetto che anche voi congediate il vostro servitore, Madamigella Oscar", dice, perfettamente tranquilla, la contessa.
 
"No, contessa. André non è un servitore, è il mio attendente. E sa già il motivo per cui sono qui!". E così dicendo le tendo il foglio piegato. La contessa lo prende, gli dà un'occhiata, senza dar mostra di alcun turbamento, e poi me lo rende, con espressione perplessa.
"E questo che cosa significherebbe, Madamigella Oscar?", chiede, con tono all’apparenza innocente, ma in cui riesco a percepire una sottile sfumatura di sfida, che mi fa montare il sangue alla testa.
"Lo sapete benissimo, contessa ! ", esclamo sdegnata "Questa è la prova che voi state da tempo truccando le partite alla roulette della nostra  Regina!".
"Ah, sì? Mi spiace, Madamigella, ma io vedo solo una serie di nomi seguiti da segni più e meno. E vi dirò che non capisco proprio a che cosa si riferiscano".
"Vuol dire che confronteremo questa sequenza di più e meno con l'esito delle partite alla roulette di questa nottata. O preferite che interroghi direttamente il vostro croupier di fiducia, quell'italiano, quell'Alfonso?".
"Non so a chi voi vi riferiate, Madamigella. Ah, sì, ora ricordo, vagamente ". Certo che la contessa di Polignac avrebbe potuto fare fortuna alla Comédie Française, penso, se non avesse trovato modo di mettere a frutto su ben altro palcoscenico, assai più remunerativo, la sua abilità di attrice. "Ora ricordo", continua, "Vi riferite ad Alfonso, quel simpatico ragazzo italiano che lavorava al Casinò ... qualche volta l'ho anche aiutato, povera anima, procurandogli qualche incarico al di fuori dell'orario di lavoro al Casinò, in qualche riunione privata di appassionati di gioco: sapete, quel ragazzo aveva una madre molto malata e aveva continuamente bisogno di guadagnare. Purtroppo, la madre si è aggravata e, non appena ha ricevuto la sua lettera che gli chiedeva di tornare al suo capezzale, si è precipitato a fare i bagagli e adesso dovrebbe essere su una diligenza diretta verso i valichi alpini, per tornare in Italia".
La contessa mi rivolge uno sguardo non meno fermo di quello che io le ho puntato in faccia.
"Quanto mi dispiace, Madamigella. Con tutta la pena che vi siete data..". C'è nelle parole della contessa una sfumatura di sarcasmo che non posso proprio tollerare. Che abbia capito o no quanto è accaduto nelle sere precedenti al Casinò ?
 Come che sia, non lo posso sopportare, e sguaino la spada, puntandola a poca distanza dal viso di lei.
La contessa, cui non difetta certamente il sangue freddo, scosta la lama. "E ora, che cosa vorreste fare, Madamigella? Che cosa vorreste provare?".
Prende un lungo respiro, e poi parla, con quella sua voce pacata e tranquilla, dalle inflessioni dolci e materne: "Madamigella, capisco che l'empito passionale e il senso di protezione nei confronti della nostra amata regina vi hanno indotto a prendere un severo abbaglio, ma vi perdono, perché capisco come l'amore per la nostra cara sovrana possa far abbandonare ogni cautela". Una breve pausa, dopo la quale la voce della contessa si colora di accenti sottilmente minacciosi: "Ma ricordate: sarebbe la vostra parola contro la mia. E sarebbe increscioso se questo nostro contrasto facesse sì che la Corte, e la Francia tutta, vendendo a conoscenza della nostra piccola disputa, venisse a conoscenza della reale consistenza delle somme bruciate alla roulette nelle nostre piccole riunioni notturne".
Sussulto, senza riuscire a mascherare il mio stupore: le stesse parole di André!
"E poi, Madamigella", continua la contessa, "Davvero vorreste che venisse saputo, e ricordato, come siete venuta a conoscenza della presunta truffa di cui siete venuta così poco urbanamente ad accusarmi?".
Il tono della contessa adesso è diventato insinuante.
"Vediamo, Madamigella: proviamo a definire la questione in questi termini: da questo momento in poi vi prometto che la regina Maria Antonietta non si avvicinerà mai più a una roulette o a un tavolo dove si giochi d'azzardo. Ma voi non solleverete nessuna ridicola accusa nei miei confronti, perché non avreste modo di sostenerla, e finireste per danneggiare soltanto la reputazione della nostra sovrana".
"E va bene, contessa : così sia". Rinfodero la spada e, senza dire altro, giro i tacchi, seguita da André, anch’egli ammutolito. Sconvolta, turbata, con il cuore in tumulto, ma consapevole che non avrei potuto fare altro, né di più.
 
Mnetre percorro i corridoi infiniti che mi riportano al mio ufficio di comandante, sento gli occhi pizzicare per le lacrime che trattengo a a stento : lacrime di rabbia e di umiliazione, ma soprattutto di rabbia : inutile : è stato tutto inutile. E la cosa più terribile è che André aveva visto giusto, e aveva previsto tutto. André...Per tutta la giornata, non riesco a rivolgergli la parola. Mi sento imbarazzata e mortificata come raramente mi è accaduto in vita mia.
 
Sulla via del ritorno verso casa, André cerca di spostare la conversazione su argomenti neutri, per sollevarmi dalla tetraggine in cui sono caduta. Ma le mie non sono che poche, sparse parole. Non ho voglia di parlare, e anche André si allinea alla mia laconicità grigia.
 
La notte, non riesco a prendere sonno. Tanti, troppi pensieri mi affollano la testa: i miei sforzi per scoprire se davvero la contessa di Polignac organizzasse delle partite alla roulette truccate per rimpolpare le sue finanze a discapito della Regina sono miseramente falliti; o meglio: con gli indizi raccolti, non potrei mai sostenere una accusa in modo convincente contro la contessa; e poi, André aveva proprio ragione: finirei per danneggiare la mia Regina più di quanto non potrei giovarle.
 
Ma, soprattutto, mi tornano alla memoria l'incontro con la contessina Charlotte, le parole del visconte di Valmont, e, naturalmente, il diario di André.
Incredibilmente, persino in questo momento, è sul diario che si concentrano i miei pensieri. Non posso permettermi di non dedicare del tempo a proteggere la reputazione della mia Regina, lo so bene, e non è ammissibile che in questo momento la mia mente sia occupata da altri pensieri. Me lo ripeto, ma, a dispetto di quanto cerco di impormi, ora sento un'urgenza cui non posso resistere.
 
Mi alzo e scivolo in biblioteca.
 
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Ve l’avevo detto, no, che il racconto avrebbe presto preso una via inattesa, e ci sarebbe stata una brusca sterzata ? Ebbene, ecco qui.....aspettatevi di tutto adesso ! Avrei voluto intitolare il capitolo « Match nullo », come un bel romanzo di Luca Canali di qualche anno fa, ma poi ho pensato che questo anglismo sarebbe stato poco adatto al nostro soggetto, e ho pensato a una soluzione più  ... classica.
Grazie per avermi seguita sino a questo punto e a presto !
 
   
 
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