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Autore: Glenda    28/03/2022    2 recensioni
La storia si ambienta in una nazione immaginaria di un paese immaginario, in un tempo non definito, ma in realtà non così diverso da una qualunque luogo in Europa oggi.
Noam Dolbruk, giovane attivista politico, da poco eletto in parlamento, pieno di carisma e buone intenzioni ma originario di una terra piena di conflitti, ha ricevuto una serie di minacce che lo hanno costretto a essere messo sotto protezione. Adrian Vesna, l'uomo che gli fa da guardia del corpo, ha un passato che gli pesa sulle spalle e nessun desiderio di inciampare in rapporti complicati. Ma con un uomo come Noam i rapporti non possono non complicarsi, e non solo per via del suo carattere bizzarro, quanto per gli scheletri dentro il suo armadio.
Questa non è una storia di eventi ma di relazioni: è la storia dell'incontro e dello scontro tra due diversi dolori, ed anche la storia di un'amicizia profonda, con qualche tono bromance. Ci sono tematiche politiche anche impegnative ma trattate in modo non scientifico, servono solo come sfondo alle dinamiche interpersonali.
(Storia interamente originale, ma già circolata in rete, che ripubblico qui per amore dei personaggi e piacere di condividerla con altri lettori)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se un tempo mi avessero chiesto come mai desideravo tanto andare a vivere nella capitale, probabilmente avrei risposto “per via dell’orizzonte”.

Sembra assurdo, ma è proprio così.

A Mòrask, la mia città natale, non si sta bene, non lo si è mai stati, ma nel mio pensiero d’allora partire non era legato alla ricerca di un’occasione, di un lavoro, di un avvenire, ma proprio a quel desiderio quasi fisico di guardarsi intorno e vedere solo infinito.

Il contrario di quel che dicevano i miei nonni, genitori, amici.

I nativi del Dàrbrand non possono fare a meno di quel recinto di protezione che sono le montagne: “se rimani senza” – mi ripetevano - “ti perdi”.

Non credo di essermi perso, e tuttavia oggi capisco cosa comporta l’ansia di orizzonte.

Fin da quando si è piccoli qualcuno ci protegge da essa: gli insegnanti che ti costringono in fila per due, l’ora dei compiti, l’ora della merenda, non parlare con gli sconosciuti e porta rispetto agli adulti… e così via, mentre cresci.

Le regole non sono nate per reprimere, sono nate per contenere, come le montagne.

Eppure, ogni volta che salgo quassù e guardo questa distesa di tetti ai miei piedi, e l’estuario del fiume che sembra già mare, e le nuvole che corrono, io sento di riempirmi di orizzonte, e so che sarà l’ansia di orizzonte la causa di tutti i miei problemi.

Qualche mio collega a questo punto direbbe che io non ne ho, di problemi: io li creo.

E forse è vero.

Ma sempre per potermi sedere qui.

Sempre per potermi portare l’orizzonte dentro i polmoni.

Prima o poi mi ci perderò davvero.

 

  
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