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Autore: Mary P_Stark    02/04/2022    1 recensioni
Bradford - 2010
Lorainne Simmons e Kennard Palmer sono entrambi volontari presso il Centro Diurno Rainbow, che si occupa di bambini e di famiglie in difficoltà. La loro amicizia si sviluppa entro le mura del Centro, oltre che fuori, e il suono di un pianoforte accompagna le loro giornate, pur se un'oscura minaccia sembra avvicinarsi per tentare di incrinare il loro neonato rapporto.
Riusciranno i due a fare fronte comune contro questo pericolo, o le loro differenze li divideranno per sempre?
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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11.
 
 
 
Zio Cassian era stato lapidario. Eve avrebbe dovuto smetterla di pensare che, a causa di Lorainne, la loro Centuria si stesse sgretolando poco alla volta.

Coscientemente, lo sapeva anche lei; i numeri parlavano chiaro. Quando avevi solo sedici Sentinelle - anzi quindici, visto che Ken non ne faceva più parte - e gli altri membri avevano solo compiti di archiviazione, il significato era uno solo. Nessuno aveva più il coraggio, o il desiderio, di sopportare l'addestramento più intensivo della Centuria.

Lei si era offerta spesso di sottoporsi a un simile allenamento, ma zio Cassian glielo aveva vietato, e tutto a causa della stupida regola che voleva solo una Sentinella per ogni famiglia.

Poiché il ruolo di Sentinella era il più pericoloso tra tutti, per salvaguardare il futuro di ciascuna famiglia, non veniva mai permesso a più di un membro per ogni nucleo familiare di far parte di quel corpo.

Ora che Kennard se n'era andato e la memoria delle parole di Lorainne era ben sedimentata nella sua mente, lei non sentiva più il bisogno di diventare una cacciatrice di lupi.

Sapeva bene che tali sentimenti non dipendevano interamente dalla lupa che si era innamorata del fratello quanto, piuttosto, ma in parte nascevano da ciò che Eve aveva scoperto grazie alla licantropa.

Il pensiero di avere poteri speciali, provenienti da un retroterra a lei sconosciuto e quasi sicuramente nati proprio da coloro che erano stati addestrati a odiare, non la faceva dormire bene da settimane. Era inaccettabile non sapere da dove potessero venire quei doni così strani, e il fatto che il suo ruolo di Archivista non le avesse permesso di scoprire quel particolare, l'aveva imbestialita.

Lei, che conosceva a menadito il loro albero genealogico, si era fatta sfuggire un particolare così importante? Come poteva essere stata così sciocca?

Il consiglio dello zio, quindi, non solo le era parso giusto, ma necessario, anche soltanto per ritrovare pace mentale ormai persa.

Di buon mattino, e prima di montare di servizio in Centrale, si era dunque recata nella biblioteca dei genitori, dove venivano conservati tutti i documenti riguardanti la Centuria.

Accompagnata da una tazza enorme di caffè e qualche biscotto, Eve si era messa quindi a spulciare schedari e annotazioni e, competente quanto volenterosa, aveva preso appunti su un notes per rimuginare su ogni particolare emerso da quella ricerca.

A quel primo giorno se ne erano sovrapposti molti altri finché, un mattino, Libbie le aveva fatto trovare una colazione abbondante sul tavolo della biblioteca, corredata da un biglietto:

Non impazzirci sopra. E' giusto essere scrupolosi, ma senza sfiancarti.

Eve aveva sorriso di fronte a quel gesto tenero - lei non era solita essere una coccolona, ma apprezzava simili carinerie - e, con rinnovato vigore, aveva ripreso le sue ricerche.

Ricerche che culminarono, un mattino di novembre inoltrato, in una scoperta che le fece rizzare i capelli sulla nuca.

Senza dire nulla a nessuno, ricopiò i nomi che le interessava porre sotto esame dopodiché, raggiunta la casa di Kennard in cui, ormai, viveva da sola, entrò in garage e osservò ombrosa la propria auto.

Afferrata quindi la mazza da baseball di Ken, che era rimasta lì assieme alla sua divisa scolastica di baseball, strinse i denti e borbottò: "Scusa, tesoruccio."

Ciò detto, scagliò un diretto contro il fanale posteriore sinistro della sua Alfa Romeo Giulia, mandandolo in frantumi dopodiché, afferrato il telefono, compose il numero dell'officina Dawson e attese.

All'altro capo, rispose la voce gioviale e allegra di una donna che, cordialmente, domandò: "Autofficina Dawson, in cosa posa posso esserle utile?"

"Ah, buongiorno. Ho appena scoperto, uscendo dall'ufficio, che qualcuno ha infranto il mio fanalino posteriore e ha avuto la cortesia di non lasciarmi neppure un numero di telefono per l'assicurazione" si inventò lì per lì Evelin, osservando dolente i pezzi di plastica colorata che giacevano mesti a terra.

"Oh, cielo! Questo sì che è un tiro mancino" sospirò spiacente la donna. "Se mi lascia il numero di telaio, posso controllare subito se abbiamo il pezzo in magazzino, altrimenti le prendo appuntamento per la sostituzione."

Nell'annuire, Eve le dettò il numero di telaio, dopodiché attese alcuni istanti che la donna controllasse le scorte di magazzino. Nel frattempo, ripulì il garage dalle prove del suo misfatto, gettò tutto dentro un cestino dopodiché, paziente, si sedette sul sedile anteriore dell'auto.

"Eccomi qui. Allora, il pezzo è disponibile. Se vuole passare, nel giro di mezz'ora le sostituiremo lampadine e vetro" le disse la segretaria con tono partecipativo.

"La ringrazio. Sarò lì tra una mezzora" dichiarò Evelin, chiudendo la comunicazione per poi guardarsi dubbiosa.

Doveva recarsi là in divisa, giusto per chiarire le idee al lupo che gestiva l'officina - e il branco - oppure, più semplicemente, doveva fidarsi della buona parola di Lorainne?

La lupa aveva assicurato a tutta la sua famiglia che non vi sarebbero state rappresaglie, e in effetti così era stato. Nessuno aveva cercato di far loro del male, così come non vi erano stati incontri intimidatori o altro.

A ben vedere, quella che stava cercando rogne era lei. Quindi, che fare?

Con uno sbuffo, Evelin aprì il portone con il telecomando dopodiché, uscita che fu in cortile, prese la via della periferia mandando in malora qualsiasi tipo di logica.

Suo fratello non l'aveva certo usata, quando si era fidanzato con una lupa e, in quattro e quattr’otto, si era trasferito in Irlanda con lei.

Non che non capisse la logica dietro quel trasferimento frettoloso; se le regole del branco – stando a quello che aveva riferito loro Lorainne – prevedevano la morte di ogni Cacciatore giunto alle orecchie di Fenrir, Kennard avrebbe dovuto morire.

Andarsene, lo aveva salvato, e non solo per via delle regole del branco, ma anche perché il suo essere Percepente lo avrebbe messo in serio pericolo. Quanto a lei, però?

Pur se lei non si vedeva con dei pelosi terminali – né l’avrebbe mai fatto! – era a sua volta una Percepente e, se voleva capire cosa davvero si nascondeva nel suo passato, doveva appoggiarsi alle uniche persone che ne capivano qualcosa.

Ma si sarebbe ben guardata dall'innamorarsi di uno di loro!

Quando, perciò, raggiunse l'ampio parcheggio antistante l'officina di Alec Dawson, Evelin parcheggiò nel primo posto utile, dopodiché si diresse verso l'accettazione con passo guardingo e lo sguardo attento a qualsiasi particolare.

Il rumore dell'officina la raggiunse quando fu in prossimità della porta che conduceva agli uffici e, mentre i suoi sensi cercavano spasmodicamente di percepire qualcosa, nulla le giunse in soccorso.

Era mai possibile che Lorainne avesse avuto ragione anche su questo, e che i lupi di quel branco fossero così controllati da non lasciar trapelare nessun genere di potere, anche in un luogo appartato come quello?

A giudicare dalla totale mancanza di frequenze che il suo stranissimo dono poteva captare, Eve dovette immaginare di sì. Quei lupi erano peggio di un esercito di marines perfettamente addestrati.

Dopo aver raggiunto l'ufficio percorrendo un breve tratto di scale, Evelin bussò a una porta a vetri dopodiché entrò e si presentò alla segretaria con cui aveva parlato al telefono.

Questa la accolse con un bel sorriso, pregandola di accomodarsi mentre lei avvertiva il titolare del suo arrivo.

Eve accettò l'invito - le gambe le stavano tremando non poco - e, dopo essersi sistemata sul comodo divano della sala d'attesa, iniziò a giocherellare con le dita col chiaro intento di darsi una calmata.

Il trottare di passi veloci lungo la scala, però, interruppe il suo disastroso giochetto antistress e, quando Evelin vide un marcantonio dall’aria truce entrare nell'ufficio, deglutì in preda al panico e si diede mentalmente dell'idiota.

Di fronte a un simile gigante, lei sarebbe sicuramente morta, questo era certo come l'aria che respirava.

Alec ammiccò a mo' di saluto alla sua segretaria prima di volgere lo sguardo verso Evelin, addolcire un poco i tratti del viso naturalmente ruvidi e dire: "Allora, è lei che ha subito un brutto scherzo?"

"Già. Qualcuno ha pensato bene di distruggere il fanalino della mia Alfa" esordì Evelin, levandosi in piedi e sperando di non crollare a terra come una pera cotta.

"Cosa che meriterebbe un anno di prigione a prescindere" chiosò Alec, sbuffando contrariato. "Le Alfa si toccano solo coi guanti di velluto."

Eve assentì nervosa e Alec, cercando di addolcire ulteriormente i tratti del proprio volto - pur sapendo che la cicatrice che gli solcava la guancia non avrebbe mai potuto farlo apparire docile - aggiunse: "Vedrà che gliela ripareremo in men che non si dica, signorina..."

Allungando una mano leggermente tremante, lei disse: "Evelin. Evelin Palmer."

L'unico accenno di sorpresa di Alec fu il lieve sollevarsi di un sopracciglio. Nello stringere la mano protesa dell’uomo, Eve infatti non avvertì nulla, neppure il più piccolo sentore di potere.

Quel lupo doveva essere davvero potente, oltre che assai controllato.

"Molto bene, Evelin... posso darti del tu?"

"Assolutamente" annuì la donna.

"Andiamo a vedere la tua auto, così potremo capire l'entità del danno" dichiarò Alec, atono, prima di aggiungere per la sua segretaria. "Nel frattempo, Glory, chiama Spike e digli di venire più tardi, perché ora sono occupato e non lo voglio tra i piedi."

Sorridendo divertita, Glory assentì e replicò: "Sarà felicissimo di saperlo. Devo proprio usare le tue parole, capo?"

"Fai del tuo peggio, tesoro" ghignò Alec prima di aprire la porta per Evelin e indicarle di scendere.

Lei acconsentì, pur se non apprezzava l'idea di dare le spalle a un lupo e, dopo essere uscita dall'ufficio, discese in fretta le scale per poi trovarsi nell'ampio piazzale dell’officina dove, in quel momento, non stava transitando nessuno.

Alec, a quel punto, infilò le mani in tasca, la fissò di straforo e borbottò: "Cosa ci fai qui, senza pelo?”

Evelin si guardò intorno dubbiosa, ma Alec aggiunse: "Gli unici due lupi presenti siamo io e il mio sottoposto, quello che ha malmenato tuo fratello per difendere Lorainne. Quanto al resto della ciurma, sono tutti senza pelo, e solo Glory sa di noi… ma non di te."

Lei assentì nervosa prima di mormorare: "Non voglio creare guai, ma ho bisogno di sapere una cosa. E’ molto importante e, mio malgrado, voi siete gli unici che potete confermare o meno i miei dubbi."

Sbuffando, Alec si guardò intorno fino a inquadrare una Alfa rosso fiammante dopodiché, avviatosi verso l'auto, domandò: "E' la tua?"

"Sì. Non sai quanto io abbia sofferto, nel farle questo, ma dovevo avere una buona scusa per venire, e così..." borbottò Evelin, carezzando il lunotto dell'auto con fare disperato.

Alec sospirò scocciato, afferrò il portatile che teneva allacciato alla cintura e, dopo aver digitato un paio di numeri, disse: "Ehi, Will... vieni a sistemare l'Alfa di cui ci ha parlato Glory. Io devo dire due parole alla proprietaria."

"Sei uno scocciatore, Alec. Devo finire la Camaro di Alfred! Non puoi farlo tu?" brontolò William all'altro capo.

"Ma come, non vuoi dare una mano alla sorellina di Kennard?" ironizzò Alec, lanciando un'occhiataccia a Evelin, che rabbrividì.

Quel nome raggelò William che, ombroso, disse subito dopo: "Vengo immediatamente."

"Oh, ma che bravo!" ciangottò querulo Alec, chiudendo la comunicazione.

L'attimo seguente, attraverso una porta di servizio, William avanzò a grandi passi verso la coppia ed Evelin, nel vedere il gigante che aveva malmenato Kennard, non seppe se sospirare di piacere o strillare di paura.

Perché, un simile concentrato di bellezza testosteronica, doveva essere anche un licantropo?

Bloccandosi a un paio di passi da loro, William inspirò disgustato l'aria e borbottò: "Dio! Ha anche il suo odore!"

Accigliandosi leggermente, a quelle parole, Evelin gorgogliò indispettita: "Ehi, ma sono cose da dirsi?"

"Ho detto la verità, senza pelo. Tu e tuo fratello avete lo stesso odore, il che non vuol dire necessariamente che sia spiacevole, ma semplicemente che vi identifica come cuccioli della stessa nidiata" replicò più calmo William prima di grattarsi la nuca e aggiungere: "Piantala di testare il tuo dono... mi fai venire il prurito."

"Tanto non serve a molto. Siete impermeabili" sbuffò lei, lasciandosi andare a un sospiro.

William scosse il capo esasperato e, nell'osservare l'Alfa, storse la bocca e domandò: "E' un danno reale o voluto?"

"Voluto. Ho pianto, se ti può fare felice" sottolineò lei.

"Non può mai farmi felice vedere un'auto danneggiata" precisò lui, allungando una mano. "Le chiavi, per favore."

"Non lasciarci sopra il tuo pelo" si arrischiò a dire Evelin, porgendogliele.

Sia Alec che William rimasero basiti per alcuni attimi, di fronte a tanta sfacciataggine e, quando quest'ultimo esplose in una fragorosa risata, Alec non poté che unirsi a essa.

Passandosi una mano sul volto per il gran ridere, Will aprì quindi l'auto e, dopo aver sistemato a fondo corsa il sedile, gracchiò ridanciano: "Il mio... pelo... ohsignoresantocielo... questa vuole morire..."

Osservandolo mentre portava l'auto in officina, Evelin borbottò a un ancora ridente Alec: "Per la verità, la frase voleva essere vagamente offensiva."

"Oh, lo sappiamo entrambi. Ma ci piacciono, i kamikaze" chiosò lui, tergendosi una lacrima di ilarità prima di indicarle un lato del piazzale, dove era stato creato un angolo giochi ed era stata sistemata una panchina all’ombra di un gazebo in metallo.

Leggermente sorpresa, Evelin la raggiunse con passo un tantino rigido e, dopo essersi accomodata, domandò: "Hai un figlio?"

"Una bambina" mormorò lui telegrafico, poggiandosi contro il sostegno dell'altalena per poi osservarla dubbioso quanto imperscrutabile.

Ancora, Evelin non avvertì nulla e, con un leggero sospiro, ammise finalmente il motivo per cui era giunta proprio lì.

"Lorainne ci ha detto che, molto probabilmente, quello che siamo in grado di fare io e Ken appartiene al vostro mondo così, essendo io un'archivista - e su consiglio di mio zio, che guida la Centuria di Bradford - ho iniziato a scavare a fondo nel nostro passato. Avevo bisogno di capire."

Annuendo cauto, Alec la pregò di continuare e lei, stringendo le mani tra loro fin quasi a far sbiancare le nocche, aggiunse: "Ci sono passaggi che non mi tornano ma, senza un controllo incrociato, non potrò mai sapere se ho ragione o meno. Se sono davvero qualcosa di... di..."

Reclinando il capo per la rabbia, Evelin mormorò roca: "Non mi piace affatto questa verità, ma devo accettarla per forza, visto quello che so fare."

"Fossi in te, non andrei in giro a dare fastidio alla gente. Io posso dire ai miei di comportarsi bene e, quando avrò cambiato le leggi che riguardano i Cacciatori, se tu non danneggerai noi, noi non danneggeremo te, ma non posso controllare ogni singolo lupo errante che passa di qua. Neppure io sono così veloce" sottolineò Alec, sorprendendola.

"Lupo ...errante?" esalò Evelin, facendo tanto d’occhi.

Sospirando, Alec si grattò una guancia con fare infastidito e aggiunse: "Senti, ragazza, non sono come Lorainne, che ha una pazienza olimpica e sa spiegare le cose come una brava maestrina di scuola, perciò prendi quel che ti dico per quel che è, e non per il tono che userò. Ci siamo noi, e poi ci sono loro. I lupi erranti non seguono nessun leader, fanno quel che gli pare e, il più delle volte, ci schivano come la peste. I più educati avvisano le nostre Sentinelle del loro passaggio, così che i capibranco ne siano al corrente e non sbrocchino, ma non tutti sono carini e coccolosi, è chiaro?"

Eve assentì rapida, replicando: "Quindi, c'è chi vive fuori dalle regole?"

"Esattamente come i criminali umani" assentì Alec. "Perciò, anche se sei in grado di afferrare i pulviscoli di potere che emaniamo, non farlo come hai fatto finora. I miei lupi sono addestrati fin dal primo vagito animale a trattenerli, quindi non ci troverai mai, ma se incappassi in un lupo errante, nessuno potrebbe proteggerti perché loro non hanno leggi e, proprio come ti ha fatto notare Will, noi ce ne accorgiamo, quando lo fai."

"D-d'accordo" acconsentì Evelin, deglutendo a fatica.

Alec a quel punto sospirò esasperato e, nell'intrecciare le possenti braccia sul torace, domandò: "Che indizi hai ricavato, dalle tue ricerche?"

Nuovamente speranzosa, Eve lo mise quindi al corrente di ciò che le era parso strano, all'interno del loro albero genealogico e Alec, dopo averla ascoltata silenzioso, annuì e afferrò il suo cellulare.

Dopo alcuni istanti, disse: "Ehi, Scott, ciao. Dovresti controllarmi un paio di nomi in archivio, se hai tempo. A quanto pare, ci sono dei potenziali eredi di un membro del nostro clan  che dicono di poter accampare qualche diritto sulle mie proprietà, perciò voglio essere sicuro che sia vero o meno."

"Caspita! E' raro che compaia qualcuno!" esalò Scott Whiler, archivista ufficiale del branco. "Comunque, dimmi pure i nomi."

Alec snocciolò uno dopo l'altro i nomi che Evelin aveva trovato durante le sue ricerche dopodiché, paziente, attese una risposta dal suo archivista.

Archivista che, dopo meno di due minuti, esalò sorpreso: "Beh, che mi venga un colpo, Alec, ma pare che gli eredi abbiano ragione. Si tratta di poca cosa... un campo incolto a nord di Allerton e un vecchio fienile dismesso. Se non erro, lo avevi usato per il foraggio, l’anno scorso. Vuoi che rediga un contratto di compravendita?"

"Non ancora, grazie. Sai dirmi qualcosa di più, sui nomi che ti ho detto? Gli eredi non conoscono bene la storia dei loro trisavoli, e sono curiosi."

"Ti manderò la documentazione via e-mail, non temere. A presto, capo" dichiarò l'archivista.

"A presto, Scott" mormorò Alec, chiudendo la comunicazione. 

"Ebbene?" domandò turbata Evelin.

"Da quel che ho capito, siete imparentati mooolto alla lunga con uno dei miei lupi. Parliamo di dodici generazioni circa, se non ho capito male. Il fatto strano è che, nella famiglia di quel lupo in particolare, sono nate ben sei völur, o veggenti. Il ramo di quella famiglia era significativamente prolifico, in quell'ambito" dichiarò atono Alec.

Evelin si lasciò scivolare sulla panchina, coprendosi il volto con le mani per impedire al lupo di vederla piangere, pur se sapeva benissimo che lui avrebbe potuto comodamente percepire le sue lacrime con l'olfatto e l'udito.

Era dunque tutto vero. Qualcuno, nella sua famiglia, aveva tradito i propri simili  e si era allontanato dai licantropi, generando una nuova linea di nascita nel loro albero genealogico. Pur lontano dal suo mondo natio, però, il traditore aveva portato con sé il retaggio della sua famiglia, generando anche tra di loro delle persone dotate di Potere.

"Non avertene così a male. Non sei la prima ad avere letteralmente sangue misto. La nostra strega più potente è figlia di una wicca, una saggia, e di un Cacciatore. Di uno di voi che, disgustato da ciò che la sua famiglia stava facendo, abbandonò tutto pur di proteggere l'amata e i suoi figli" le spiegò Alec, sorprendendola.

Tergendosi le lacrime, Evelin replicò irritata: "Pensi sia facile da accettare?!"

Ciò detto, però, si morse il labbro inferiore, colpevole, e reclinò il capo. Proprio a lui andava a dire una cosa del genere? Sapendo ciò che il padre gli aveva fatto?

Lui più di altri poteva capire quanto il Fato, a volte, potesse essere crudele, perciò non aveva nessun diritto di alzare la voce con quel licantropo in particolare.

"Come se ne esce? Da simili batoste, intendo" domandò a quel punto Evelin, sospirando tremula.

"A me lo chiedi?" la irrise Alec. "Ragazza, ho ammazzato mio padre a coltellate, per evitargli di uccidere me, mia sorella e mia madre, ma nel frattempo lui aveva già tolto la vita alla mia sorellastra. Come pensi che ne sia uscito, secondo te?"

"Male?" ipotizzò lei.

"E' dire poco!" sbottò lui, innervosendosi.

Per la prima volta, Evelin percepì una crepa nel suo mantello inossidabile e, rabbrividendo per diretta conseguenza, esalò: "Merda, che freddo!"

Immediatamente, Alec si ricompose e, nel recuperare il controllo di sé, aggiunse: "C'è chi ha sbarellato, guardando nell'abisso dei miei ricordi, perciò non te lo consiglio. Ciò detto, senza pelo, ti svelerò un segreto. Incazzarsi col mondo come stai facendo tu, non serve a una beneamata mazza di niente. Ci ho provato, e ne ho ricavato solo mal di testa e nemici."

Già pronto a dire altro, Alec impallidì leggermente quando vide Penny giungere dal cancello d'ingresso, tutta sola e con la cartella tra le mani.

La figlioletta trotterellava allegra verso di lui, i corti capelli che danzavano attorno al viso da fata mentre, col suo sorriso birichino, avanzava sicura di sé.

Passandosi una mano sulla zazzera di capelli neri, Alec cercò in tutti i modi di non svenire per l’ansia ed esalò roco: "Dimmi che ti hanno lasciato a due metri da qui, sennò darò di matto."

Scoppiando a ridere, Penny avanzò tutta sorridente, salutò cordiale Evelin e infine disse: "La mamma di Kyle mi ha lasciato qui dietro. Volevo farti una sorpresa, papà."

Alec, a quel punto, sembrò spezzarsi di fronte a Evelin e, nel piegarsi per prendere tra le braccia la figlia, la sollevò senza sforzo e borbottò: "Non farmi più venire simili infarti, ranocchietta. Sai che non sopporto di vederti girare da sola per strada."

"Ho fatto solo una decina di metri" sottolineò per contro la bambina, baciandolo teneramente sulla cicatrice.

"Sono già troppi. La prossima volta, facciamo tre. Non di più" precisò Alec, rimettendola a terra per poi sistemarle il cappotto, sdrucito dal suo abbraccio.

"E va bene" annuì Penny, ammiccando poi a Evelin. "Il mio papà mi vuole sempre proteggere."

"Fa bene. Il mondo è strano e cattivo, a volte" chiosò Evelin.

Penny allora la guardò più attentamente e, storcendo la bocca, domandò: "E' successo qualcosa di brutto?"

"Un cattivone ha rotto un fanale della sua auto, ma Will la sta rimettendo a posto" le spiegò Alec.

Tornando a sorridere, allora, Penny strinse con foga entrambe le mani di Evelin ed esclamò: "Zio Will farà un lavoro fantastico. Sono sicura!"

Ciò detto, salutò entrambi con la promessa che avrebbe raggiunto Glory dopodiché corse verso le scale che conducevano agli uffici e sparì dalla loro vista.

Non appena fu svanita, Eve scrutò il volto del licantropo accanto a lei e, vagamente sorpresa, esalò: "Non è tua, vero?"

"Lo è in tutte le declinazioni possibili tranne, ovviamente, che per la linea di sangue. Per quella ragazzina potrei distruggere città intere, così come per sua madre. Per questo ti ho detto che incazzarsi e basta non serve a niente. Se il tuo fine è solo la rabbia, non approderai a nulla" dichiarò lapidario Alec.

"Dimmi una cosa, lupo... voi cacciate noi?" domandò a quel punto Evelin.

"Perché dovremmo perdere tempo in un'attività così assurda?" replicò lui con un sogghigno. "Siete una spina nel fianco, un brufolo sul culo, a voler essere gentili, perciò l'unica cosa che facciamo è eliminarvi quando ci comparite davanti anche se, a causa di tuo fratello, ho dovuto cambiare questa regola."

"E perché?" borbottò lei, non essendo particolarmente lieta di essere stata appena paragonata a qualcosa di così miserevole come un brufolo.

"Perché, per permettere alla mia lupa di rientrare nel branco, un domani, ho dovuto correggere la regola che vi voleva morti al solo venire a conoscenza di uno di voi" sottolineò Alec, vedendola impallidire leggermente. "Nel mio branco vigeva la regola che, non appena si trovava un Cacciatore, lo si doveva seccare. Con il tempo, però, ho dimenticato di aver scritto quella maledetta regola che, ovviamente, mi si è ritorta contro nel momento stesso in cui la mia lupa si è innamorata di quel pisquano di tuo fratello."

"E perché non l'hai cambiata subito, visto che tu sei il capurione della tua banda di teppisti?" replicò Evelin, sentendosi in dovere di calcare la mano, visto che il licantropo stava bellamente insultando Kennard.

Alec la fissò ghignante, replicando: "Sei fortunata che Will non sia qui, o ti avrebbe messa a cavalcioni sulle gambe per sculacciarti ben bene. Non si parla a questo modo a un Fenrir."

Evelin lanciò una rapida occhiata al portone chiuso dell'officina e Alec, con un risolino, esalò subito dopo: "Oh, oh... a quanto pare, ti sarebbe anche piaciuto, come trattamento!"

Arrossendo suo malgrado, la giovane sbottò: "E piantala! Non è carino che tu ti accorga di quello che penso!"

"Non posso leggerti la mente, nanerottola. Posso solo avvertire le sensazioni che provengono da te grazie al tuo odore e al battito del tuo cuore, che mi dicevano a chiare lettere quanto, l’idea che Will ti mettesse le mani addosso, ti stesse attizzando. Per questo mi sono fidato dei sentimenti di tuo fratello. Era chiaro quanto un dozzinale film d'amore che pendeva anima e corpo dalla mia lupa. E viceversa, per la cronaca" brontolò lui, mimando l'atto di rimettere.

"Oh" mugugnò lei per tutta risposta.

"Per rispondere alla tua insolente domanda, comunque, ... no, non potevo cambiarla d'imperio e senza spiegazioni, perché questo avrebbe voluto dire fare delle differenze tra i miei lupi, e questo non lo farò mai. Anche se Lory mi manca, come amica" le spiegò a quel punto Alec. "Ho sottoposto la mia idea ai Gerarchi, e così ai miei alfa, e alla fine si è stabilito che la legge era vetusta e fuori luogo, perciò l'abbiamo cambiata."

"Quindi, potrebbero anche tornare, a questo punto?"

"Non credo lo vogliano. Tuo fratello è tutt'ora in pericolo, perché il suo potere è molto più forte del tuo e, ora che è accanto a una lupa, lo si nota anche quando lui non cerca di usarlo. Ne è come drogato e, finché non imparerà a gestirlo, reagirà alla presenza di Lorainne, spesso in modi incontrollati. Potrebbe rimanere vittima di lupi erranti solo per il fatto di essere una minaccia, in quanto umano senziente, perciò Lorainne deve addestrarlo, per quanto possibile, e deve farlo in un ambiente il più possibile sicuro. Devono rimanere lontani da qui gioco forza, almeno per ora."

"In Irlanda non ci sono lupi erranti?" domandò a quel punto Evelin, curiosa.

"No. E' vietato dai nostri Statuti, e tutti lo sanno. Nessuno oserebbe infrangere questa regola perché la pena è la morte perciò, per la maggiore, i lupi erranti sono in Inghilterra, Scozia, Galles, oppure oltremare" ammise Alec.

"Per questo, non hanno scelto la Cornovaglia?" domandò ancora Evelin.

"Per questo, e per un altro motivo che non ti dirò" ghignò Alec in risposta. "Sono stanco di parlare di questo argomento, senza pelo, e il tuo odore mi ricorda troppo Kennard, e questo mi fa venire prurito alle mani. Lasciami la tua e-mail. Ti manderò la documentazione che hai cercato dopodiché, se avrai altre domande, scrivimi pure."

"Tralasciando i tuoi modi da cavernicolo… perché sei così disponibile con qualcuno che ti odia?" domandò a quel punto lei, sinceramente confusa.

"Se mi odiassi davvero, avresti un arsenale d'argento, con te, eppure non ne sento neppure il minimo odore, sul tuo corpo" sottolineò lui, sorprendendola. "Inoltre, prima hai detto potrebbero. Non hai parlato soltanto di tuo fratello, ma hai citato inconsapevolmente anche Lory. In te non c'è più odio, quanto piuttosto una profonda confusione, e io la conosco bene perché ci ho convissuto per anni."

Reclinando il viso di fronte a quella lettura attenta del suo comportamento, lettura che lei stessa non era stata in grado di fare, Evelin non poté che assentire e, nell'alzarsi dalla panchina, disse: "La Centuria si sfalderà perché a Londra credono che voi non siate presenti, a Bradford. Complimenti."

"Londra, eh? Cos'è, il vostro quartier generale?" domandò Alec, curioso.

"Non dirò altro" scrollò le spalle Eve.

"Né io chiederò altro. Fatti comunque questa domanda, Cacciatrice. Se siamo tanto pericolosi e crudeli come sostengono i tuoi capi, perché non abbiamo mai commesso reati da voi perseguibili?"

Sospirando, Evelin mormorò: "E' la stessa cosa che ha detto lo zio."

Alec annuì prima di sollevare il cellulare, leggere un messaggio e borbottare: "Quel rompipalle di Spike. Ti converrà andare in ufficio da Glory e aspettare lì la tua auto. Ormai, Will dovrebbe aver finito. E mi raccomando, se mi vedrai parlare con un uomo bruno e dai capelli ricci, non usare il tuo cazzo di dono. Siamo in due a sapere della vostra famiglia, e così le cose devono rimanere, d'accordo?"

"Va bene" acconsentì lei prima di bloccarsi a metà di un passo, volgersi verso il licantropo e allungare nuovamente la mano. "Grazie."

Alec accettò la stretta nel più completo silenzio e, solo quando la vide entrare nell'edificio, si permise di imprecare.

Non ci si vedeva nella parte del pacificatore, eppure sapeva che quella grana doveva risolverla da solo. Meno persone sapevano dei Palmer, meglio sarebbe stato per tutti.





N.d.A.: Diciamo che Evelin non conosce il concetto di "muoversi con cautela".... ^_^''
 
  
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