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Autore: michaelgosling    09/04/2022    1 recensioni
Tre amiche appassionate una di Harry Potter, una di Star Trek e una della Disney in seguito ad un incidente vengono catapultate ognuna in uno di questi universi, ma non di quello di cui sono fan.
Proveranno ad usare quello che sanno della storia per renderla migliore? O le loro azioni porteranno ad un finale peggiore? La loro presenza influenzerà queste storie molto più di quanto immaginano, perché una sola persona può cambiare tutto.
[Fandom Variabile: il Fandom in cui verrà pubblicata la storia dipenderà dall'ambientazione dell'ultimo capitolo pubblicato. Sarà comunque possibile trovare la storia anche negli altri due Fandom nella categoria Crossover]
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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QUEL CASTELLO DELLA SCOZIA – CAPITOLO 2
 
 
 
 
C’erano tanti aspetti bizzarri nel tornare fisicamente piccola e ai quali era terribilmente difficile abituarsi.
 
Il primo che aveva notato era il cambiamento anche della sua mente. Manteneva tutti i suoi ricordi, ma il suo modo di ragionare, parlare e comportarsi era quello di una bambina di undici anni. Si sentiva come una fenice morta e risorta dalle ceneri.
 
Come se una vita non fosse già abbastanza. Ora mi aspetta una seconda vita? Sicuramente sarà miserabile come la precedente e l’essere in un mondo magico non cambierà le cose. Il problema non è il mondo. Il problema sono io, che non mi saprò mai adattare.
 
Se solo…
 
Se solo fosse finita in Star Trek.
 
Lì sì che sarebbe stata bene.
 
Star Trek è pieno di outsider come lei. Alieni di fatto e di carattere. Persone che fanno fatica a trovare il loro posto, come lei. Indubbiamente avrebbe comunque faticato, ma almeno ci sarebbe stata con lei la consapevolezza di non essere sola.
 
Nella sua mente apparvero immagini impresse nella sua memoria, legate a Star Trek. Scene dalle serie, i personaggi, momenti che l’avevano emozionata, tutte le specie aliene che ricordava. Iniziò a ripeterle mentalmente, un po’ come faceva Arya in Game of Thrones con la sua lista di persone da uccidere.
 
Vulcaniani. Andoriani. Klingoniani. Tellariti. Bajoriani. Cambianti. Cardassiani. Romulani. Borg. Tr—
 
Trill.
 
E ad un tratto, il tempo si fermò di nuovo.
 
Trill! Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?!?
 
Ancora una volta, Star Trek l’aveva aiutata e non solo nello spirito.
 
I Trill erano una specie aliena di Star Trek esteticamente simile agli umani fatta eccezione per delle piccole macchioline scure che partono dal viso e continuano per tutto il corpo, ma è ciò che avevano dentro il loro corpo che li rendeva interessanti.
 
I Trill danno particolare importanza al simbionte, una specie di grande verme che hanno dentro la pancia. Alla morte del loro ospite, il simbionte viene rimosso e integrato ad un nuovo ospite, il quale manterrà tutti i ricordi degli ospiti precedenti. Una nuova persona, ma con tutti i ricordi delle vite precedenti.
 
Come una giovane donna tra i venti e i trent’anni che diventa sotto ogni aspetto una bambina, ma con i ricordi della vita passata.
 
Yvonne sorrise stupidamente, ma in cuor suo si sentiva leggermente meglio. Star Trek era sempre stato il suo rimedio principale per affrontare le brutte giornate e i momenti pieni di dubbi, e ora aveva davvero bisogno di sentirsi meglio e di sentirsi più.. sé stessa.
 
Non si era nemmeno resa conto di aver camminato tutto il tempo, fino a quando quel vecchietto con le fattezze di suo nonno non si era fermato, e lei fece altrettanto.
 
“Ecco. Siamo arrivati.”
 
Ollivader. Si era anche dimenticata che erano diretti lì, per prendere una bacchetta.
 
“Vai pure. Io intanto vado a prenderti l’uniforme.”
 
“Ma—"
 
Inutile. L’uomo si era già volatilizzato. Yvonne guardò il negozio dall’esterno ancora per qualche secondo, poi sospirò ed entrò.
 
L’interno del negozio era più antico di quanto ricordasse di aver visto nei film. C’erano un paio di scrivanie fatte di legno al centro, una più grande dell’altra, e attorno alle pareti custodie accalcate tra loro per la mancanza di posto, custodie di bacchette.
 
Non appena chiuse la porta, un uomo anziano apparve dietro la scrivania principale. Probabilmente era chino dietro la scrivania, e il rumore gli aveva fatto capire che qualcuno era entrato. Somigliava spaventosamente ad un anziano visconte dell’Inghilterra dell’ottocento, con quei capelli arruffati e bianchi e le basette più lunghe del normale.
 
Era Ollivander.
 
“Buongiorno. Sei qui per la tua prima bacchetta, vero?”
 
No, sono qui per tagliarmi i capelli.
Certo che sono qui per una bacchetta, è un negozio di bacchette questo!
Io non ce la posso fare.
 
Inspirò, e si limitò ad annuire.
 
Ollivander la fissò come se la stesse studiando, poi si diresse verso la sua destra, vicino all’entrata del negozio. Prese una custodia bianca e la aprì.
 
La bacchetta che teneva tra le mani era chiarissima, forse addirittura bianca. L’unica cosa che Yvonne riusciva a vedere all’infuori di quel bianco eccessivamente chiaro era una leggera riga grigia che separava il manico dal resto della bacchetta.
Gliela porse, e Yvonne la prese come se fosse un gioco stupido.
 
Sono una babbana, non una strega. Nessuna di queste bacchette funzionerà mai con me.
 
Senza accorgersene, la agitò, facendo cadere un cestino dei rifiuti vicino ad una delle scrivanie.
 
“No, non va bene.”
 
L’anziano andò poi nel retro, e tornò con una seconda bacchetta: se quella precedente era bianca come un pezzo di carta, questa era nera come le tenebre, e Yvonne non riuscì nemmeno a vedere il segno che distingueva il manico dal resto, a differenza dell’altra.
 
Yvonne la agitò di nuovo, e il movimento fece roteare il lampadario così velocemente che per un momento ebbe seriamente paura che sarebbe caduto.
 
L’uomo la guardò di nuovo con interesse, poi andò nuovamente alla sua destra vicino al luogo in cui aveva preso la prima bacchetta, quella bianchissima, ma questa volta andò vicino alla scala e non all’entrata.
 
Prese una custodia dai colori insoliti che si trovava in mezzo a tante altre più simili tra loro. La aprì ed estrasse una lunga e dritta bacchetta, che porse a Yvonne.
 
Era di un marrone così chiaro da sembrare quasi giallo, e la bacchetta era avvolta da una specie di linea delicata e dall’aspetto fiabesco, con altre piccole linee che si intersecavano a quella principale, dandole un aspetto più elaborato.
Quella linea sinuosa partiva dal manico con un colore più scuro, ma non nero come la seconda bacchetta, e man mano che si avviava verso la punta, il colore diventava sempre più chiaro, ma mai bianco come la prima.
 
Quando Yvonne la prese, sentì come una scossa elettrica sulle dita, e ne fu così sorpresa da non notare le scintille che uscirono dalla punta, ma Ollivander le notò.
 
“Abbiamo trovato la sua bacchetta, signorina.” Disse compiaciuto, più a sé stesso che a lei.
 
“La mia bacchetta?” balbettò Yvonne.
 
“Legno di acero, crine di Thestral e zoccolo di asino.”
 
Cos—
 
Asino?
 
Cosa c’entrano gli asini con il mondo di Harry Potter?
 
Ollivander si accorse che Yvonne si era fatta dubbiosa all’improvviso, così le mise le mani sulle spalle e si chinò per mettersi al suo livello.
 
Per Yvonne fu ancora più strano. Uno degli aspetti più strani dell’essere tornata bambina era l’altezza sua e degli adulti. Prima avrebbe potuto conversare con un adulto guardandolo negli occhi, mentre ora quello stesso adulto doveva guardare in basso per guardarla.
 
“E’ la bacchetta a scegliere la strega, e questa bacchetta ti ha scelto. Ti condurrà a grandi cose, ne sono convinto.”
 
Lieta di constatare che almeno uno di noi è convinto.
 
Yvonne si limitò a dargli le monete per pagare e uscì senza aggiungere una parola.
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
Una decina di minuti dopo, incontrò nuovamente l’anziano che somigliava tanto a suo nonno.
 
Aveva in mano una valigia, e la guardava fiducioso.
 
“Ti ho preso l’uniforme. E’ già qui dentro, insieme a qualche ricambio. Immagino che non vorrai indossare l’uniforme tutto il tempo.”
 
Yvonne continuò a fissarlo.
 
Quell’uomo appariva vecchio e magrolino, eppure sembrava avere più energia di lei. In più era pur sempre uno sconosciuto, e benché per un attimo le sembrava di parlare con suo nonno, il secondo dopo la sua razionalità tornava a prendere il sopravvento, ricordando a sé stessa che quello poteva essere chiunque, ma sicuramente non era suo nonno.
 
“Perché lo fai?”
 
“Fare cosa?”
 
“Aiutarmi. Hai pagato tutto, e non mi conosci neanche. Perché è così importante per te che vada ad Hogwarts?”
 
L’uomo si fece serio all’improvviso e la guardò incerto, come se non riuscisse a trovare le parole giuste.
 
“Perché il mio destino è legato al tuo. Il tuo successo sarà il mio successo.”
 
Yvonne sentiva la rabbia crescere.
 
Tutto quello che voleva era un po’ di chiarezza, e questo non faceva altro che tirare fuori altri enigmi che complicavano ancora di più la situazione.
 
Tuttavia inspirò, e cercò di mantenere la calma.
 
“.. come? In che modo?”
 
L’uomo parve leggere la sua frustrazione, ma invece che seccarsi sembrò dispiaciuto e comprensivo.
 
“Un giorno ti spiegherò tutto. Un giorno, te lo prometto, capirai.”
 
Già. Esattamente come Ned Stark aveva promesso a Jon Snow di parlargli di sua madre, ma non è mai successo perché è schiattato.
 
Perché ho la sensazione che finirà nello stesso modo?
 
“Perché non adesso?” cercava di stare calma, ma il tono della sua voce la tradì.
 
“Non posso..” sospirò l’uomo, poi spostò lo sguardo “.. non sei ancora pronta.”
 
L’uomo lo disse con una tale malinconia e tristezza negli occhi e nella voce che Yvonne non riuscì a conservare la rabbia.
 
Abbassò lo sguardo, e aprì la valigia per vedere la sua uniforme, che era esattamente come le uniformi per gli allievi del primo anno nel primo film: maglione grigio, camicia bianca, cravatta, gonna e mantello neri.
 
“Vuoi vestirti già?”
 
Yvonne annuì, ma prima di andare a cambiarsi notò, con la coda dell’occhio, qualcosa che sicuramente non avrebbe voluto vedere e che mai si sarebbe messa.
 
“E quelle cosa sono, di grazia?”
 
L’uomo seguì il dito della bambina e vide cosa indicava.
 
“Le scarpe da indossare con l’uniforme.”
 
“Io quelle non me le metto.”
 
Erano delle scarpette da ballerina nere troppo femminili per lei, e per giunta, apparivano anche scomode.
 
Già dover mettere la gonna era per Yvonne una tortura, ma quelle scarpette da principessina erano davvero troppo.
 
“Tutte le studentesse di Hogwarts le portano.”
 
Yvonne si guardò intorno, e in lontananza vide un paio di studenti di Hogwarts, dei Serpeverde, a giudicare dai colori dell’uniforme. Ai piedi avevano le classiche scarpe nere per i studenti maschili: eleganti e con i lacci.
 
“Quelle andranno meglio.”
 
“Quelle sono per i maschi.”
 
“I piedi di un maschio e i piedi di una femmina sono esattamente uguali. E con quelle scarpe, mi troverei molto più a mio agio.”
 
“Non è questo il costume..”
 
“Ascoltami, non mi metterò quelle scarpette ridicole. Non ci sono mai stata, ma credo che il castello di Hogwarts sia enorme. Immagino che mi capiterà spesso di correre per arrivare puntuale a lezione, e le possibilità che cada con quelle scarpette sono alquanto elevate, soprattutto se sto correndo. Inoltre, quanto pensi riuscirò a dare il meglio, se durante le classi sono troppo impegnata a sentire il fastidio ai piedi per imparare ciò che gli insegnanti cercano di insegnarmi? Tu hai detto che il mio successo sarà il tuo successo. Che successo vuoi che mi aspetti, se verrò bocciata?”
 
Yvonne deglutì nervosamente.
 
Ogni volta che si dimostrava sicura di sé, bleffava. Non era mai sicura di sé. Non era il tipo che rispondeva a tono o ricattava o minacciava. Era troppo spaventata. Da tutto e tutti.
 
Ma quel tizio le stava deliberatamente nascondendo qualcosa, e in quell’attimo di follia arrivò alla conclusione che si meritava di avere ai piedi quello che voleva.
 
Poi l’attimo passò, e si sentì morire dentro.
 
Guardò verso il basso piena di vergogna e imbarazzo, e stava per balbettare qualcosa quando..
 
 
“Va bene. In fondo entrambe le scarpe sono nere.”
 
Yvonne lo guardò prima stupita, e poi felice. Sorrise spontaneamente, per la prima volta da quando lo aveva conosciuto.
 
L’anziano ricambiò il sorriso, e la lasciò per andare a cambiare le scarpe.
 
Mentre aspettava, Yvonne prese la bacchetta e si mise ad osservarla da vicino. Avrebbe potuto vederla meglio, se solo i suoi occhiali non fossero rotti.
 
La sua mente andò al primo film di Harry Potter, la Pietra Filosofale, quando Hermione incontrò Harry e Ron sul treno e riparò gli occhiali di Harry con un incantesimo, anche se i suoi non erano neanche lontanamente mal messi come i suoi.
 
Che incantesimo aveva usato?

E se lo provasse su sé stessa?

 
Si concentrò, si sforzò con tutta sé stessa, ma proprio non riusciva a ricordare. Pensò allora ai videogiochi di Harry Potter, che conosceva nettamente meglio. Nel Prigioniero di Azkaban, Hermione aveva imparato un incantesimo in grado di riparare oggetti.
 
Reparo.
 
Quello riusciva a ricordarlo, eppure non fece nemmeno un tentativo. Era piuttosto sicura che quell’incantesimo venisse utilizzato per riparare oggetti certo, ma per gli occhiali doveva esserci un incantesimo particolare, diverso.
 
Maledizione.
 
Riesco a ricordarmi i nomi degli attori e le battute dei personaggi, ma non un fottutissimo incantesimo? Che, guarda caso, mi serve proprio adesso? Scommetto che se non ne avevo bisogno me lo ricordavo. Va sempre a finire così.
 
Fanculo. Prima o poi me lo ricorderò, e fino ad allora mi terrò questi occhiali a pezzi, tanto li ho tenuti finora, posso tenerli ancora.
 
Inoltre, se avessi tentato, avrei dovuto puntarmi la bacchetta contro. Anche se mi ricordassi l’incantesimo, dubito di riuscire a lanciarlo. E se come risultato ne lanciassi un altro contro me stessa facendomi male?
 
Anche togliere gli occhiali e tenerli davanti a sé per poter muovere la bacchetta con più sicurezza non le sembrava la migliore delle idee. Se gli occhiali fossero caduti sarebbero definitivamente andati in mille pezzi, e lei sarebbe diventata più cieca che mai.
 
No, meglio aspettare di arrivare ad Hogwarts, cosa che, purtroppo sarebbe accaduta molto presto.
 
Quel tizio enigmatico sarebbe tornato a breve con delle scarpe accettabili, e poi l’avrebbe accompagnata alla stazione a prendere il treno.
 
Mancava davvero poco. Non poteva più scamparla.
 
Sarebbe andata ad Hogwarts, che lo volesse o meno.
 
Che le danze abbiano inizio.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
  
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