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Autore: sasdavvero    26/05/2022    0 recensioni
A volte, Dabi faceva fatica a restare.
Di solito era quando arrivava a casa e non c’era il minimo rumore, il minimo movimento, nel grande appartamento.
Quando tutto era immobile.
E Dabi sapeva sempre dove trovarlo.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'DabiHawks Possession AU'
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NOTA: menzionate cicatrici idk se è un trigger ma eh

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Ultimamente, Dabi era stranamente gentile con lui.

Così gentile, Hawks voleva urlargli contro Non mi rompo se sei un po’ più scortese, un po’ più duro con me.

Ma non… non gli dispiaceva troppo la gentilezza, la dolcezza dei suoi tocchi, delle sue labbra sulla sua pelle e delle sue parole nelle sue orecchie.

Non gli dispiaceva, e non sapeva se gli mancasse la sua violenza o solo l’idea che si era fatto di lui nella sua testa.

Fare sesso con Dabi era sempre stato… bello, in un modo o nell’altro.

Andava avanti da anni, Hawks non si ricordava quando fosse iniziato, ma pensava che fossero stati troppo giovani per soffocarsi in qualcosa così.

Troppo giovani, troppo puri, o forse no, forse la corruzione di quel mondo era già stata impressa su di loro, Hawks non ne era sicuro, ma pensava che non avrebbero trovato conforto l’uno nel corpo dell’altro in quel modo, come se quella forma di evasione fosse l’unica cosa importante, se non fosse stato quello il caso.

Hawks non si era aspettato che continuasse davvero, ma non si lamentava nemmeno.

C’erano state volte dove Dabi ancora era duro con lui, aspro, violento, ancora gli tirava i capelli e lo faceva sanguinare un po’ troppo, un po’ troppo, volte in cui ancora Dabi gli sputava addosso insulti, gocce di saliva sul suo viso e sospiri che riempiono la stanza, solo per farlo eccitare, solo per farlo venire, volte in cui Hawks non vedeva l’ora di rivederlo solo per fotterlo come meglio riusciva, solo per dargli una dose della sua stessa violenza, solo per vederlo tremante, senza fiato, implorante di essere peggiore.

Che masochista.

Eppure… tutto era cambiato.

Tutto era cambiato e Hawks non sapeva se sentirsi sollevato o incazzato.

Si sentiva più incazzato, ad essere sinceri.

Incazzato in quel modo che conosceva bene, quella rabbia che si prova quando si rivela una parte di sé a qualcuno, solo per ritrovarsi quel qualcuno a comportarsi in un modo totalmente diverso.

A fingere.

A fingere.

Era quello, una finzione, Hawks si ripeteva che era una finzione solo per sentire un po’ di rabbia, un po’ di qualcosa, un po’ di tutto, in mezzo a tutto quel niente che si era abituato a sentire.

Anche se non aveva mai sentito su di lui quella finzione che tanto disperatamente si costringeva a credere ci fosse.

Ora Dabi baciava le sue cicatrici e sussurrava parole dolci nelle sue orecchie, accarezzava la sua pelle dolcemente, sfiorandolo leggermente, così leggermente, era così gentile, con lui, Hawks si sentiva vibrare solo per quello, per quel dolce piacere che era in grado di fargli provare, completamente fuori di sé, così…

Ubriaco.

Così fuori, così in trance, era così piacevole, lui, che lo sfiorava e lo fotteva con così tanta calma, era così ansimante, lui stesso, mantra nella sua testa, dio, dio, dio, che Hawks aveva paura, a volte.

Paura del potere che Dabi aveva su di lui.

Ma non riusciva mai a sentirsi tanto arrabbiato quanto pensava sarebbe stato.

E Dabi non era mai sembrato falso in quelle volte e Hawks si chiedeva quale fosse la verità, il vero lui, quello gentile, o quello violento?

Realizzò poi che come lui stesso era in grado di passare tra l’essere una fredda macchina per uccidere a vibrare dall’euforia delle piccole cose in un lampo, così Dabi poteva andare dall’urlare finché aveva aria nei polmoni, curdo, violento, a sorridergli dolcemente e baciargli la fronte mentre gli accarezzava una guancia.

Era quel dualismo lì, no?

Molte persone lo hanno.

E ormai Hawks non lo trovava più così strano.

Ma Dabi non era gentile con lui solo quando facevano sesso.

Dabi restava.

Restava quando gli diceva di restare e quando gli sussurrava di andarsene, restava e non lo forzava a parlare, Hawks non voleva mai parlare, quando era così, ma si sdraiava nel letto con lui e non lo toccava se non voleva essere toccato e lo abbracciava se voleva essere abbracciato e gli cucinava quei pasti semplici e buoni, buoni, per poterlo far alzare dal letto e lo aiutava a sistemare la stanza quando non aveva nemmeno la forza di stare in piedi e—

A Dabi importava di lui.

Gli importava troppo.

Hawks era ben consapevole della cartella sulla sua scrivania, della cartella con quasi nessuna informazione, della cartella su di lui, con sopra un singolo ordine.

Il solito.

Realizzava di avere ancora quella cartella nei momenti peggiori, e ancora non capiva come avesse mai fatto Dabi a diventare una Minaccia di Priorità Elevata agli occhi della Commissione.

Anche se in verità lo sapeva.

Lo sapeva, quella era probabilmente l’unica ragione per cui Dabi stava ancora con lui.

Non l’unica, Hawks non era così cieco da credere alla sua testa quando gli diceva:

Resta solo perché puoi curarlo.

Perché non poteva, poteva solo ridurre i danni della sua possessione, ma niente di più.

Non che volesse curarlo.

Non che volesse perderlo.

E non era un bello spettacolo, la Sua possessione, non lo era per niente, odiava vedere Dabi così, in trappota tra muri di luce, in uno stato catatonico col rosso e il nero che sgorgavano da ogni parte di lui, con le braccia piegate in modi innaturalli, con quei rumori molli, rumori inquietanti che faceva ad ogni movimento, mentre lo fissava con quegli occhi neri finché non stava di nuovo urlando, di nuovo, voce distorta, spezzata, disperata,  implorandolo di liberarlo, di fidarsi di lui, di aiutarlo.

Hawks non era il tipo di persona che aiutava le Creature Maligne, quindi se ne stava seduto su uno sgabello vicino a lui, leggendo qualsiasi cosa sul telefono, finché l’effetto della possessione non svaniva.

A volte, Hawks faceva fatica a restare.

Faceva fatica a restare perché non gli piaceva per niente vedere Dabi piangere come mai prima, urlare e tremare, coperto di sangue e quella sostanza nera corrosiva.

Faceva fatica a restare, perché si sentiva sempre come se il suo aiuto non fosse abbastanza.

Non poteva salvarlo.

Davvero, non poteva, lo sapevano entrambi.

Ma il modo in cui Dabi si aggrappava a lui quando lo aiutava a lavare via tutto gli faceva credere che il suo aiuto fosse accettato, che fosse apprezzato, che volesse che restasse.

E sapeva che Dabi glielo avrebbe detto, se non avesse più voluto il suo aiuto.

Sperava solo che aiutasse davvero, sperava che, quando Dabi si coricava di fianco a lui, freddo, freddo, era sempre stato freddo come un cadavere, e si addormentava sfinito, la sua presenza lo aiutasse a calmarsi.

Sperava sapesse che sarebbe rimasto per lui.

Sperava sapesse che anche lui lo aiutava, a volte.

Sperava.

Sperava.

Sperava.

   
 
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