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Autore: Octave    05/06/2022    14 recensioni
Ogni storia nasce, in qualche modo, per dar voce ad un personaggio. O magari a più di uno.
Spesso poi succede che una storia segua una strada che non avevamo previsto. E quando questo accade c’è poco da fare. Possiamo solo decidere se condividerla o meno. Questa storia ha deciso di raccontare un diverso punto di vista sull’episodio 25 e sui fatti successivi ( e consequenziali).
Un sincero ringraziamento a Settembre17 e ad OscarAndrè76 , che partendo da presupposti diversi, mi hanno convinto che valeva la pena di dare un seguito alla storia.
"Quella sera, ritirandosi nei suoi appartamenti, il Conte Hans Axel di Fersen non aveva le idee del tutto chiare su cosa fosse accaduto e su quale fosse stato il suo ruolo in tali accadimenti."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella notte, Oscar se lo sentiva, era quella giusta. Quella notte il Cavaliere Nero si sarebbe fatto vivo e l’avrebbero preso. L’ultimo, doveroso, atto, dal momento che a volte bisogna farsi del male fino in fondo, prima di poter chiudere un capitolo e girare pagina. Le decisioni erano tutte prese. Non restava che dar loro seguito.
La sera prima - in un tacito accordo - non erano usciti, come ormai d’abitudine, per cercare di attirarlo in trappola.
Raccolti i vetri e risistemato il tavolino e le poltroncine, André ne aveva accostata una al fuoco, nella posizione che sapeva essere la sua preferita, e lei, come al solito, si era seduta, distendendo la schiena e allungando le gambe davanti a sé. E le sarebbe piaciuto bere qualcosa, non per dovere, non per circostanza, non per cortesia, insieme a lui, che lo sapeva bene, ma considerato che questo lo avrebbe costretto ad allontanarsi, anche se per breve tempo, aveva rinunciato a proporlo e per lo stesso motivo lei non l’aveva chiesto. Un accordo tacito anche questo. Così anche lui si era avvicinato al fuoco ed erano rimasti lì.
Che aveva deciso di lasciare le Guardie di Sua Maestà glielo aveva detto mentre lui era girato di spalle per ravvivare il fuoco. André non aveva commentato in nessun modo. Era chiaro che stava studiando il modo più adatto ed il momento più opportuno per dire la sua. Quindi bisognava chiudere la questione prima che questo accadesse. Ma intanto erano rimasti ancora lì, come incapaci di muoversi. Cioè di separarsi.
Si erano dati la buonanotte per tutta una vita, ma quella sera non riusciva loro di farlo. Intuire l’uno i pensieri dell’altra non era mai stato così pericoloso e, proprio per questo, così irresistibile.
Si era assopita prima dell’alba e quando aveva aperto gli occhi lui era ancora sulla poltroncina accanto alla sua e la guardava nel suo solito modo, senza dar l’impressione di guardarla. E lei si era sentita incredibilmente in pace.
Era come se il sollievo della decisione presa fosse tale da permetterle di concedersi gli ultimi momenti di debolezza. E di assaporarli fino alla fine.
Perché la decisione era presa.
Restava solo da dirgli che, una volta lasciato il vecchio incarico e assunto il nuovo, quale che fosse, non avrebbe più avuto bisogno del suo aiuto.
Bisognava trovare le parole giuste, questo sì.
-Non posso continuare ad appoggiarmi a te, André-
-Se voglio vivere come un uomo, innanzitutto devo imparare a contare solo sulle mie forze, André-
Il problema, André, è che con te io non posso essere nient’altro che quello che sono, perché quello che io sono è nei tuoi occhi, nelle tue mani, nelle tue braccia, sulla tua pelle, sulle tue labbra. Nel tuo sorriso, nella tua voce, nel tuo odore. Anche quando non parli, anche se non mi guardi, anche quando non fai assolutamente niente, io lo vedo e lo sento. Io non riesco più a farmi obbedire dalle mie mani, dalle mie braccia, dalle mie labbra, dalla mia pelle, se tu sei accanto a me. Non riesco a farmi obbedire dal mio cuore. Il punto, André, non è che io non posso dimenticare di essere una donna, il punto è che, accanto a te, io lo sono comunque. Ho provato ad ingannarmi - ad ingannarti! - in tutti i modi possibili e adesso non funziona più. Per questo cercherò di evitare di vederti. E spero che questo basti.
Un’ultima notte insieme, per prendere il Cavaliere Nero.
Poi lei avrebbe riacquistato il controllo della sua vita. E lui la sua libertà.
Di ritorno dal colloquio con Sua Maestà, per pregarla di essere trasferita ad altro incarico, Oscar aveva chiesto ad André di uscire a cavallo.
Doveva dirglielo, pensava inquieta, mentre spingeva il cavallo al galoppo, costringendolo poi bruscamente ad arrestarsi. Aspettare avrebbe solo peggiorato le cose. Perché per quanto scrutasse il suo volto vi leggeva solo la ferocia e la dolcezza di una determinazione irremovibile.
- Se fosse così facile fuggire io sarei potuto fuggire da te tanto tempo fa, Oscar!
Io non fuggirò mai, Oscar. E non farlo neanche tu -
Per questo poco dopo, nelle scuderie, davanti ai segni che misuravano la loro altezza, da bambini - quando tutto era semplice - si era lanciata in quella appassionata apologia della vita militare e delle mansioni da uomini, che l’avrebbero affrancata da qualunque debolezza? Da qualsiasi forma di dipendenza e di bisogno? Era lo scotto da pagare per quel sorriso che le aveva illuminato il volto guardando i loro nomi vicini? Era lo scotto da pagare per la notte precedente? Per quelle ancora prima? Per il ballo? E perché si accaniva tanto a persuadere di tutto questo André, che - era già deciso - tra poco non avrebbe più fatto parte della sua vita?
Le si fermò il cuore.
Quello che stava facendo era spaventoso. Stava cercando di provocare in lui una reazione.
Perché la fermasse.
Perché non la lasciasse mai.
Adesso basta. Doveva risolversi a fare ciò che doveva.
Dopo anche André sarebbe stato libero di vivere nel modo che preferiva.
Ma la china era ormai imboccata e lei commetteva un errore dietro l’altro. Mentre prendevano la cioccolata, girata di spalle verso la finestra, gli aveva detto - con un tono leggero - che una volta catturato il Cavaliere Nero avrebbe potuto partecipare alle sue riunioni tutte le sere. Si era resa conto immediatamente di avere scoperto il fianco un’altra volta. André aspettava solo che lei aprisse quell’argomento per dirle - e il suo tono era grave - che la nuova era non sarebbe stata una buona cosa per i nobili.
E le sue parole - ignobili!- come avevano potuto venir fuori dalle sue labbra così inequivocabilmente provocatorie?
-Non vedo di cosa dovresti preoccuparti, quando verrà il momento. Tu non sei un nobile -
Come se il tormento di André non fosse il suo stesso tormento, mentre cercavano un modo per stornare, l’uno dal capo dell’altra, la rovina e il dolore.
Nonostante la considerasse una cosa evitabile, anzi, no, una cosa iniqua, nonostante la sua ammirazione per il Cavaliere Nero, nonostante il rischio di rimanere ferito - o forse ucciso - quella notte André avrebbe dato la caccia, insieme a lei, ad un uomo che non voleva catturare! Senza rimpianti, senza esitazioni e con quel sorriso di sfida sulle labbra. Audace e sprezzante del pericolo, nobile d’animo e puro di cuore come un Cavaliere, come quelli che non esistevano più. Come, forse, non erano mai esistiti.
“Si sta facendo buio, André, è meglio prepararci”
“Sì, certo, Oscar” aveva detto semplicemente, indossando la maschera.
E mentre cercava di rimanere calma, pensando con sollievo che tra poco il buio della notte li avrebbe inghiottiti, rendendoli liberi - per l’ultima volta - senza che avesse avuto il tempo di capire da che parte fosse arrivato, un corvo nerissimo le era volato così vicino da farle cadere di mano la tazza, che si era infranta al suolo con uno schianto.
Lo schianto le era risuonato dentro. Un brutto presentimento. Avrebbe perso qualcosa di importante quella notte.
Si era chinata per raccogliere i cocci, confusa, tanto da non accorgersi subito che anche André era inginocchiato per terra e raccoglieva i cocci insieme a lei.
E lo vide. Vide quello che sarebbe stato sempre.
Una volontà diversa dalla sua, che mai in nessun modo lei avrebbe potuto controllare.
Le fu chiaro che le circostanze avrebbero anche potuto essere diverse, tutto sarebbe potuto cambiare, e sarebbe cambiato senz’altro, ma non quello che loro erano. Avrebbero perso molte cose importanti, ma non quello che loro erano. Avrebbe potuto spingere André ad odiarla, avrebbe potuto chiedergli di dimenticarla, avrebbe potuto imporgli di starle lontano, lui non l’avrebbe fatto. Avrebbero potuto ferirsi, scontrarsi, farsi del male, fraintendersi o strapparsi l’uno all’altra, ma neanche allora quello che erano sarebbe cambiato.
Le fu chiaro che non sempre abbassare la guardia è una sconfitta.
Le fu chiaro che a quella volontà lei non poteva contrapporsi. Cioè, non voleva.
Le fu chiaro che smettere di razionalizzare, come perdere il controllo, è una scelta, e che la possiamo fare solo quando abbiamo un complice che ci guarda le spalle. E che, al momento opportuno, è disposto a perdere il controllo insieme a noi.
Oscar François de Jarjayes è riconosciuta colpevole di tutti i capi di imputazione, e, adesso, è libera.
Ancora in ginocchio accanto a lui gli ha tolto la maschera, indugiando con le dita tra i suoi capelli, in una carezza, e le loro mani, le loro braccia, la loro pelle, le loro labbra e i loro occhi, i loro cuori sono loro grati, davvero, perché adesso è esattamente come dovrebbe essere.
Ha messo via la maschera, insieme ai cocci da buttare, quindi gli ha preso le mani tra le sue e l’ha guardato negli occhi, come mai aveva fatto prima. E anche lui, che per tutta la vita non ha avuto occhi che per lei, in questo modo non l’ha guardata mai.
Le sue mani tremano un po’, ma la sua voce è ferma:
“Ci prendiamo da bere, André?”
“Certo, Oscar”
Niente di tutto questo - lo sanno - avrebbe tenuto lontano l’orrore, né il dolore e forse nemmeno la rovina.
E avrebbero forse perso tutto ciò che di più prezioso avevano, ma non sarebbe accaduto quella notte. E se fossero rimasti insieme, non avrebbero forse, in realtà, mai perso niente.
 
   
 
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