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Autore: Striginae    05/06/2022    2 recensioni
[FrUK - AU!Magical☆Strike - AU!Human]
Francis è un normalissimo dipendente a cui non piace la sua occupazione. Arthur è il suo collega, maniaco del lavoro. Tutto procede noiosamente bene alla compagnia in cui sono impiegati, fino a quando non si presenta il figlio del titolare, Alfred, animato da tanta buona volontà che però si concretizza in azioni non molto gradite ai suoi stipendiati. Così, ottenuto il magico Potere dello Sciopero in circostanze improbabili, toccherà a Francis combattere per la giustizia... e anche per amore.
[HIATUS]
Genere: Commedia, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland, Russia/Ivan Braginski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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II 
La lista nera



Quando Francis si svegliò, parecchie ore prima del trillo della sveglia, ebbe la sensazione di destarsi da un sonno irrequieto. Sbadigliò e si passò una mano sul viso, ripensando a quella che per forza di cose doveva essere una fantasia onirica: un gatto parlante, un vestitino rosa pastello e la missione di combattere il sistema capitalistico.

Rigirandosi nel letto, Francis decretò che quello doveva essere uno dei sogni più strani che avesse mai fatto. E, per quel che ne valeva, sembrava quasi reale.

Tenendo cocciutamente gli occhi chiusi per provare a riprendere sonno, il francese cercò di ignorare l’inspiegabile senso di ansia che si stava facendo strada dentro di lui. Con un sommesso mugolio affondò il viso nel cuscino. C’era qualcosa riguardo a quel sogno che non gli tornava e che, per qualche ragione, non riusciva a farlo stare tranquillo. Dopo essersi rigirato ancora e ancora, rassegnato, Francis voltò il capo verso il comodino e socchiuse un occhio, per controllare l’orologio. Erano solamente le cinque e mezza e ogni speranza di rimettersi a dormire stava velocemente sfumando.

Assonnato, ad occhi ancora chiusi e con i capelli più spettinati che mai, il francese a tentoni si alzò dal letto, infilò le sue comode pantofole e si avviò in cucina. Per prima cosa aveva bisogno di un caffè e poi, visto che aveva ancora molto tempo prima di recarsi al lavoro, ne avrebbe potuto approfittare per prepararsi la colazione. Era da una vita che non si concedeva il lusso di una colazione fatta in casa ma normalmente al mattino non aveva tempo per mettersi ai fornelli.

Aveva appena acceso la macchinetta del caffè quando, sorprendentemente, sentì qualcosa artigliarlo alla gamba.

Oh no.

Dovette costringersi a guardare in basso e ciò che vide non gli piacque affatto. Ancora con gli artigli felini conficcati nella sua gamba, un gatto marrone a pelo lungo lo fissava con un sorrisetto sornione.

«Se tiri via adesso ti potresti graffiare.»
Gli disse allegramente Ivan come se quella potesse essere eventualmente colpa del francese, quasi non fosse il demoniaco gatto quello attaccato alla sua gamba. Per fortuna Francis era talmente immobile da dar quasi l’impressione di non essersi nemmeno accorto del pizzicare degli artigli.

«Quindi non era un sogno.»

«A volte i sogni possono diventare realtà.»

Il rumoreggiare della macchinetta avvertì che il caffè era pronto.

Francis si sentì sospirare. Martellò le dita sul bancone della cucina, la sua mente correva talmente veloce che ebbe quasi difficoltà a seguire il corso dei suoi stessi pensieri.

«Va bene. Non è poi così grave... un gatto infernale e il potere di scioperare non sono nulla che io non possa gestire. Ho solo bisogno del mio caffè, ecco tutto.»

«Questo è lo spirito giusto, ah-ah!»
Commentò Ivan, mollando finalmente la presa dalla sua gamba.

Recuperato il suo caffè, Francis si sedette al piccolo tavolino quadrato della cucina. Ivan, con un balzo agile, si accomodò sulla sedia di fronte, senza mai distogliere il suo sguardo magnetico dal francese, il quale, un po’ a disagio stava sorseggiando la sua amara bevanda.

«Ecco... voi gatti demoni bevete latte come i gatti normali? O vuoi un caffè anche tu?»
Si decise infine a chiedere Francis, che non sapeva bene come interpretare il lungo silenzio del demone. Inoltre, aveva bisogno di una scusa per sfuggire a quello sguardo inquietante, non gli piaceva essere fissato in quella maniera.

«No. Personalmente, preferisco gli alcolici.»

Un gatto demone alcolizzato, che fortuna.

«Non ho neppure croccantini in casa.»

«Non è un problema, purché tu sappia fare i bliny.»

«So fare le crêpes

«Andranno bene.»

Calò ancora una volta il silenzio e l’umano e il demone si scambiarono un’occhiata.

«Quindi...»
Cominciò Francis, sperando che Ivan gli venisse in soccorso e gli spiegasse un po’ meglio ciò che era successo il giorno precedente.

«Quindi?»
Domandò innocentemente Ivan, oscillando pigramente la morbida coda pelosissima, rivolgendogli uno sguardo difficile da decifrare. Francis si schiarì la gola, era sconcertante quanto quel gatto fosse espressivo, dava quasi la sensazione di parlare con un essere umano... un umano dall’aria particolarmente enigmatica, per essere precisi. Gli faceva quasi impressione.

«Quindi. Com’è che funziona il Potere dello Sciopero
Era una domanda lecita quella. Francis non era ancora sicuro di aver compreso tutte le implicazione di ciò che un potere del genere comportasse, ma tanto valeva sapere in cosa consistesse nel dettaglio. Anche Ivan sembrò felice nel ricevere quella domanda.

«Anche se dal nome non sembra nulla di che, è un potere piuttosto interessante. Prima di tutto, potrai usarlo soltanto quando ti trasformi. Ti farà diventare più agile, per riuscire a sparire nel caso le cose si mettessero male e... potrai condizionare l’umore della folla. Ti basterà urlare nel megafono per spronare i manifestanti a seguirti durante una protesta, a battere in ritirata... o a caricare, per esempio.»

Francis si fece pensieroso. In poche parole, Ivan gli aveva appena detto che avrebbe potuto guidare una folla inferocita se solo avesse voluto. Non era una bazzecola né qualcosa da sottovalutare. Anzi, a conti fatti era qualcosa di potenzialmente molto pericoloso.

«Ah, e potrai anche inventarti slogan accattivanti all’occorrenza!»
Aggiunse Ivan con entusiasmo, distogliendo Francis dalle sue considerazioni. Il francese si accigliò, ancora non del tutto convinto.

«Resta il problema che se dovessi usare un potere del genere contro l’azienda per la quale lavoro perderei il posto seduta stante.»

Francis non si stupì nemmeno quando vide Ivan, un gatto, sogghignare.

«Non avevo ancora finito. Fin quando durerà la trasformazione, nessuno sarà in grado di riconoscerti... per quanto ovvia possa risultare la tua vera identità.»

Francis non poteva negarlo, per quanto la situazione fosse assurda, era sbigottito da tutte quelle informazioni.

«E come farò a trasformarmi senza dare nell’occhio? Devo portare sempre con me quell’ingombrante megafono di ieri?»

«Sì, non puoi fare niente senza di esso.»

Dal nulla, apparve il megafono rosa che Francis ormai conosceva bene. Fluttuò verso di lui e, quando gli fu abbastanza vicino, come per magia si trasformò in un orologio da polso... rosa, neanche a dirlo.

«Così lo potrai portare anche a lavoro senza destare sospetti. Come un vero uomo d’affari.»
Spiegò Ivan, mentre Francis lo fissava a bocca aperta.

«Hai proprio pensato a tutto.»

«Siamo molto precisi all’Inferno.»

«Dimmi ancora un’altra cosa. Cosa ci guadagni tu esattamente?»
Chiese Francis, dando finalmente voce al cruccio che più lo angosciava. Nessuno fa niente per niente e ciò era valido sia in ambito lavorativo sia per i demoni, Francis ne era sicuro. Si augurava solamente di non aver venduto per errore la sua anima.

«Il piacere di seminare un po' di zizzania è la migliore ricompensa.»
Rispose candidamente Ivan, con un sinistro luccichio negli occhi.

A conti fatti, non era una risposta rassicurante. Francis però preferì guardare il lato positivo... almeno la sua anima era al sicuro.

Considerando chiusa la conversazione, il francese abbassò lo sguardo sul suo nuovo orologio. Segnava le sei meno un quarto. Bisognoso più che mai di riordinare i pensieri, Francis decise che prepararsi per andare al lavoro era la cosa migliore che al  momento potesse fare.


 
* * *

 
Era solo martedì, eppure, Francis aveva la sensazione che tutto stesse accadendo troppo in fretta e troppo lentamente al tempo stesso. Si sentiva ancora talmente tanto scombussolato da non volersi neppure mettere al volante ma l’angoscia sembrava averlo abbandonato, lasciando spazio ad un singolare senso di euforia.  

Perciò, seduto sul sedile della metro e gli occhi fissi sull’orologio rosa, ripercorse gli eventi che si erano susseguiti in così poco tempo.

Primo: Alfred F. Jones, il figlio del capo, aveva fatto irruzione in ufficio e si era autoproclamato il loro superiore, pensando bene di indire una riunione decisamente troppo lunga.
Secondo: all’uscita dalla riunione aveva incontrato Ivan, un gatto-demone parlante che gli aveva conferito il Potere dello Sciopero. Come se ciò non bastasse, Ivan aveva deciso che si sarebbe stabilito a casa sua a tempo indeterminato, per ragioni a Francis ignote.
Terzo: il rosa gli stava proprio bene addosso. Il suo amico polacco Feliks sarebbe stato molto fiero di lui.

Francis infatti, aveva deciso che fino a quando aveva tutto sotto controllo non vi era motivo di preoccuparsi. Per quanto fosse assurdo, era qualcosa di speciale che era successo a lui, tra miliardi di persone. Quante possibilità c’erano? E perché non vederne il lato positivo? Si sentiva più vivo che mai e non sapeva proprio come avrebbe fatto a lavorare, gli ronzavano troppe idee per la testa per dedicarsi alle sue noiose mansioni da ufficio.

Sceso dalla metro, si diresse verso la sede della Jones International, al centro di Parigi. Francis diede un’occhiata all’orologio, era un po’ in anticipo rispetto al solito. Quando arrivò di fronte il palazzo in cui si trovavano gli uffici, il francese non si stupì nel vedere Arthur fuori dalla porta principale, appoggiato con la schiena al pilastro a fumare una sigaretta.

«Un giorno mi spiegherai come fai ad essere sempre il primo ad arrivare qui.»
Disse Francis quando gli fu abbastanza vicino, accennando un cenno di saluto con la mano.

Arthur grugnì qualcosa, non volendosi sprecare in una risposta più articolata.

«Non mi dirai che dormi direttamente sulla scrivania del tuo ufficio?»
Riprese Francis, per punzecchiare un po’ il suo collega preferito che per tutta risposta gli scoccò un’occhiatina bieca.

«Almeno io sono sempre puntuale, a differenza tua che credi che questo sia un hotel e di poter arrivare quando ti pare.»
Rimbeccò allora Arthur, come al solito di pessimo umore.

«Ehi, questa settimana non sono arrivato in ritardo neanche una volta!»
Si scandalizzò il francese, portandosi una mano sul petto con fare drammatico.

«Questo perché siamo solo a martedì!»
Quasi urlò Arthur, esasperato. Francis gli rivolse un’occhiata indagatrice. Per quanto Arthur fosse sempre scontroso, era insolito persino per lui perdere le staffe per così poco.

«Quanto ti ha tenuto qui ieri?»
Domandò il francese che, ad intuito, temeva di aver indovinato il perché del malumore dell’inglese.

«Un po' oltre le undici. Perché?»

«Così. E poi?»

«E poi mi ha dato un mucchio di carte da controllare entro oggi e ho passato una notte in bianco. Se ho dormito due ore è tanto.»
Ammise esitante Arthur. Accennò un sospiro e prima che Francis potesse esprimere la sua preoccupazione per l’orologio biologico sballato dell’inglese, Arthur si affrettò a parlare di nuovo.  

«Piuttosto, come mai così presto? È la fine del mondo e io non lo sapevo?»
Ironizzò l'inglese e Francis sollevò gli occhi al cielo.

«È solo capitato, non vedo cosa ci sia di strano. Posso un tiro?»
Fece il francese, accennando alla sigaretta che Arthur teneva tra le dita. L’altro gliela cedette ma continuò a scrutarlo.

«Non me la racconti giusta. Sembri troppo contento.»

Francis si portò la sigaretta alle labbra, sbuffando poi una nuvoletta di fumo in faccia all’inglese.

«E va bene détective Arthur, mi hai scoperto. Ho preso un gatto.»
Non era una bugia. Nemmeno la verità, ma era comunque un’ottima giustificazione. Francis non voleva certo nascondere la verità ad Arthur, semplicemente non era quello il momento giusto per parlargliene.

«Un gatto. Tu, che a stento sai badare a te stesso?»
Arthur guardò con scetticismo il collega e ovviamente non si lasciò scappare l’opportunità di insultarlo velatamente.

«Se qualche volta vuoi venire a casa mia per assicurarti che io e il gatto siamo vivi sei il benvenuto, mon cher. Troveremmo sicuramente un modo per passare il tempo.»
Francis gli fece l’occhiolino, per quel gusto impareggiabile di provocarlo un po’, e gli rese la sigaretta. Arthur se ne riappropriò, prendendone un ultimo tiro prima di depositare la cicca nel suo porta mozziconi in acciaio.

«Oh sì. Per esempio io potrei guardarti mentre compili tutti i moduli che avresti dovuto mandarmi un mese fa. Più rimandi e più si accumulano, ricordatelo.»

Francis lo guardò imbronciato e Arthur esibì un ghignetto. La conversazione però morì lì, dato che ad un tratto una lucidissima auto nera dall’aspetto così costoso che Francis non si sarebbe potuto permettere nemmeno dopo dieci anni di stipendi, si parcheggiò di fronte l’ingresso della Jones International. Nessuno dei due colleghi si stupì quando dalla vettura uscì Alfred, con un sorriso talmente bianco e smagliante da risultare accecante.

«Buongiorno miei cari impiegati!»
Salutò calorosamente lo statunitense, mentre l’auto che lo aveva accompagnato sfrecciò via in pochi istanti. I due colleghi risposero con un cenno del capo, a differenza del ragazzo, non le avevano proprio tutte quelle energie.

«Mi fa molto piacere vedervi qui già a quest’ora. Pensavo di arrivare per primo! Meglio così... ho bisogno del vostro aiuto!»
Esclamò Alfred e Arthur e Francis si scambiarono un’occhiata. Da quel che avevano avuto modo di imparare il giorno prima, le idee di Alfred potevano essere alquanto... particolari.

«Dunque... visto che non ho avuto il tempo di fare colazione, Arthur non è che mi andresti a comprare una Chocolate Dipped Doughnut e un Double Chocolate Chip Frappuccino da Starbucks? Ho visto che ce n’è uno qua vicino.»

«Ma! Io veramente...»

«E visto che ci sei, per me un croissant al cioccolato.»
Si intromise Francis, con un sorrisetto sfacciato, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Arthur.

«Compratelo da solo se proprio ci tieni!»

«Dai... per favore?»
Francis ebbe anche l’ardire di sfarfallare le ciglia e Arthur dovette far ricorso a tutta la sua pazienza per evitare di prenderlo a parole di fronte al loro capo.


«Allora, ci vai? Ti aggiungerò quanto ti devo in busta paga!»
Sottolineò Alfred e Arthur scosse appena il capo. Non aveva scelta.


«Vado a comprare la sua colazione, Mr Jones.»
Così dicendo, pur avendo un diavolo per capello Arthur si congedò dalla conversazione.

«Non c’è bisogno di essere così formali! Oh... credo non mi abbia sentito. Comunque, Francis! Francis giusto? –Francis fece cenno di sì con la testa, così che Alfred riprendesse– Amico, come te la cavi a fare video?»

Il francese rimase un po’ interdetto dalla domanda.

«Bene, credo? Ho la mano ferma, se è questo che intendi.»
A quelle parole, Alfred allargò un sorriso soddisfatto.

«È esattamente quello che volevo sentire! Su aiutami, devo fare un TikTok dove mostro ai miei followers il mio nuovo ufficio e ho bisogno di qualcuno che mi riprenda!»

Nei minuti a seguire, una volta saliti in ufficio, mentre Alfred si aggirava con sicurezza nella stanza parlando di fronte alla telecamera del cellulare della sua nuova avventura da dirigente d’azienda, Francis rifletteva sul fatto che alla fin fine quel ragazzino non era neppure così male. Sicuramente sui generis, si era tuttavia mostrato abbastanza amichevole fino a quel momento. Anzi, sembrava proprio simpatico e alla mano. Francis non si era scordato degli straordinari ma, magari, poteva trattarsi benissimo di un caso isolato di zelo eccessivo “da primo giorno”.

«E per ora è tutto! Ringrazio tanto il mio impiegato Francis per avermi aiutato in questo breve office tour e... oh appena in tempo, arriva Arthur con la mia colazione! See ya guys
Concluse Alfred, facendo cenno a Francis di terminare il video.

Appena entrato nella stanza, a quelle parole Arthur alzò un sopracciglio, con tutta l’aria di uno che non voleva nemmeno sapere che cosa fosse successo in sua assenza.

«Io... mi trovate nel mio ufficio se avete bisogno di me.»
Borbottò Arthur, porgendo il sacchetto ad Alfred e uscendo dalla stanza senza troppe cerimonie. Per quella giornata che ancora doveva cominciare ne aveva già abbastanza di tutto e di tutti.

«Bene! Credo che imiterò Arthur e mi metterò al lavoro anch’io. Buona giornata!»
Salutò Francis, avviandosi di buon umore verso il suo ufficio. Quando si sedette di fronte al computer non poté che allargare un sorriso notando un familiare sacchetto di Starbucks al centro della sua scrivania.
 

 
* * *

 
Era già passata metà mattinata e Francis da interminabili minuti fissava una pagina bianca sul suo computer aziendale. Aveva ancora parecchio lavoro da recuperare, ma non riusciva a concentrarsi. Aveva troppi pensieri in testa, primo fra tutti: forse i suoi nuovi poteri non gli sarebbero mai serviti e, in tutta onestà, non sapeva se sentirsene sollevato o meno. In fondo, Alfred quella mattina si era comportato abbastanza bene. E forse, Francis lo avrebbe dovuto capire prima, Alfred si stava comportando sospettosamente bene.

Comunque, il francese aveva fatto le sue ricerche sul loro nuovo giovane capo e su internet aveva trovato parecchie informazioni su di lui. A quanto pareva, Alfred era una qualche sorta di influencer con migliaia di followers su Instagram e altre varie piattaforme, conosciuto come ImYourHero sul web. A parte la carriera digitale, Francis aveva anche appreso che Alfred era uscito dal liceo con il massimo dei voti e che attualmente frequentava il primo anno di Ingegneria Informatica ad Harvard. A tal proposito, il francese aveva due teorie al riguardo, discordanti tra loro: o i soldi di papà riuscivano a spalancare qualsiasi porta oppure Alfred era decisamente meno sciocco di quanto il suo atteggiamento spensierato, quasi superficiale, dava ad intendere.

Visto che non sapeva decidersi su quale delle due cose fosse più probabile, Francis decise che era arrivato il momento di disturbare un po’ il suo caro collega inglese.

 Tu lo sapevi che Alfred studia ad Harvard?
11:30

 Ah, e grazie per la colazione. Che carino 
😘 
11:30

Francis concesse ad Arthur cinque minuti, prima di controllare per una risposta.

 Guarda che lo vedo che hai visualizzato.
11:35


 
  E allora? Mi ha già fatto leggere il suo curriculum tre volte solo questa mattina, non ti ci mettere anche tu.
11:36

 
  Fottiti.
11:36


Francis aveva già scritto metà della sua risposta, quando all’improvviso la porta del suo ufficio si spalancò, facendolo sobbalzare.

«Francis! Come va al lavoro?»
Proruppe energicamente Alfred, facendosi strada nell’ufficio come se fosse suo e fermandosi proprio alle spalle del francese, per dare un’occhiata a quello che stava combinando. Francis, per sua fortuna, fu abbastanza rapido da aprire un documento qualsiasi già in parte compilato... non aveva certo intenzione di farsi vedere come uno scansafatiche.

«Bene! Stavo giusto... finendo questa scheda.»
Improvvisò il francese, voltando appena il capo ed esibendo un sorriso. Alfred annuì e Francis con la coda dell’occhio notò che il ragazzo stava prendendo dei misteriosi appunti sul suo iPhone di ultimissima generazione.

«E hai fatto solo questo per tutta la mattinata?»
Chiese con una certa nonchalance Alfred, sistemandosi gli occhiali sul naso per studiare meglio il documento al computer.

«Sì... cioè no, ho anche mandato qualche mail.»
Si affrettò a correggersi il francese, cominciando a fiutare puzza di guai. Era una specie di terzo grado?

«Ottimo. Perché, sai no, adesso che sono io il capo... voglio assicurarmi che il risultati di questa azienda siano al massimo e... come dire...»
Alfred fece una pausa, come se stesse cercando le parole. In verità, Francis aveva già capito dove stesse andando a parare. E no, non era una cosa buona per nulla.

«Ecco, curiosando un po’ tra le varie fatture e relazioni, ho notato che alcuni dipendenti tendono ad avere ritmi un po’ troppo... rilassati.»

«Rilassati?»
Domandò quindi il francese, fingendo di non capire cosa sottintendesse Alfred.

«Proprio così. E be’, credo che sia arrivato il momento di incitarli con i giusti metodi... quello che voglio dire è, sarebbe molto professionale da parte di questi dipendenti mostrarmi il loro valore sul posto di lavoro. O potrebbero finire per diventare i miei social media managers, se capisci cosa intendo.»

Per un lungo momento, i due si guardarono negli occhi e Alfred questa volta non sorrideva affatto. Francis, a corto di parole, si limitò ad annuire.

«Anche se sono sicuro che questo non sia il tuo caso!»
Riprese Alfred, recuperando il suo sorriso amichevole e dandogli una pacca sulla spalla.

«No, certo.»
Rispose piano il francese, con un sorriso un po’ tirato.

«Allora ti lascio lavorare in pace. E mi raccomando, eh!»
Disse ancora Alfred, mostrandogli i pollici all'insù per poi sparire, chiudendosi la porta alle spalle. Solo allora Francis si lasciò ricadere sullo schienale della sedia, esalando un sospiro. In poche parole, era fottuto.

Cercando di non pensare oltre alle parole di Alfred, Francis diede un’ulteriore occhiata al suo cellulare. Qualche minuto prima Arthur gli aveva inviato un messaggio che Francis con l’arrivo di Alfred non era riuscito a leggere.
 

 
  E comunque vedi di non farti beccare a rigirarti i pollici, Mr Jones non ci va leggero con chi non lavora come dice lui. Ha già la sua lista, prova ad essere meno idiota del solito e a non finire lì dentro.
11:38
 

Be’, troppo tardi.

Con l’umore sotto ai piedi, Francis diede un’occhiata al suo orologio rosa.

Forse...

Un sorrisetto apparve sul suo viso. Aveva parlato troppo presto, prima, a non credere di aver bisogno dei suoi nuovi poteri.

Era arrivato il momento di andare in sciopero.



Note finali
Oh, da quanto tempo! Sì be', ci ho messo un po' ad aggiornare ma... spero che questo capitolo sia uscito bene! Allora, non posso negare che scrivere questa storia mi diverte tantissimo, era da una vita che non mi cimentavo in una Modern!AU. Ora, sicuramente sto dimenticando qualcosa, ma non credo di avere altro da dire. Note finali stranamente brevi da parte mia e giuro che adesso la smetto e la chiudo qui. 
Se vi va, mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate <3 
Happy Pride Month e ci vediamo al prossimo capitolo :)

Edit 12/06/2022
In effetti c'era una cosa che volevo scrivere nelle note e ho dimenticato (ecco perché mi sembravano troppo brevi!)
🤦🏻
Non è mia intenzione fare di Alfred il "cattivo" di questa storia, anzi, più avanti ho intenzione di approfondire un po' anche il suo ruolo. Perciò fan di Alfred lì fuori (e mi ci includo anch'io) non linciatemi vi prego 
   
 
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