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Autore: Nitrotori    08/06/2022    2 recensioni
Annualmente due regni un tempo in perenne guerra, si radunano per ingaggiare in uno scambio culturale per mantenere la ormai duratura pace. Nove talentuosi rappresentanti scelti da entrambi i regni salpano a bordo della nave Fraternity, tuttavia durante il viaggio le loro vite vengono messe in pericolo da un misterioso incidente.
ATTO 1 - Terminato
ATTO 2 - In corso...
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Le terre di Alabathia: il Regno più grande e influente di tutto il continente di Ennealune, nonché superpotenza in assoluto nel campo bellico e tecnologico. Il Regno considerato il centro del mondo, il punto d'origine dove convergeva ogni conoscenza, ogni possibilità, ogni opportunità.

Alabathia era sede di grandi accademie, centri di ricerca e della Chiesa di Nona: dove la Dea Enneas, divinità della creazione e della luce del mattino, veniva adorata.

Nei libri di storia, così come nei romanzi, Alabathia veniva descritta come la città del Sole, dove la sua radianza proteggeva ogni angolo della città dalle malvagie influenze.

Vivace, attiva, strabiliante, erano questi gli aggettivi più consoni per descrivere la grande capitale. Luogo però decisamente alienante per Alphonse.

Proveniente da un umile villaggio di nome Stonefall, il giovane ma talentuoso minatore di appena diciotto anni, si guardava attorno spaesato nella piazza centrale della capitale. 

La grande fontana reale, raffigurante due cavalli alati, riempivano parte del suo spazio con la sua opulenza, accompagnato dal soverchiante rumore dell'acqua e dal generale chiacchiericcio della gente, proveniente dal mercato lungo la grande via principale.

Alphonse si sentì teso e fuori posto in quel luogo caotico, aprendo e chiudendo di tanto in tanto il suo elegante orologio da taschino, mentre controllava insistentemente l’orario che sembrava non passare mai.

Doveva incontrarsi con una guida del posto, per certificare la sua presenza nella Capitale. 

Aveva mandato una missiva all’apparato organizzativo dell’Unione, accennando che sarebbe venuto vestito con la sua normale divisa di lavoro: un completo di pelle rinforzato con spessi guanti e borchie di metallo, con lo stemma che certificava la sua appartenenza alla Comunità dei Minatori d’Elité. 

Un abbigliamento quindi riconoscibile, grazie al fatto che l'equipaggiamento della Comunità fosse di aspetto inusuale, e di qualità decisamente superiore rispetto al normale, per permettere a tali uomini di scavare il prezioso Silderium con più facilità.

Ed infatti, la guida assegnata al ragazzo lo riconobbe immediatamente.

"E' lei Sir Stonefall?" Una giovane voce femminile lo accolse.

Alphonse si voltò colto di sorpresa. Di fronte a sé vide una coetanea dai corti capelli castani. La prima cosa che saltò ai suoi occhi fu il vistoso scuro cappello da scolara e un’elegante divisa verde scuro con un fiocco rosso che legava la mantellina attorno alle sue spalle. La ragazza aveva il viso tempestato di lentiggini, grossi occhiali da vista e labbra carnose.

"S-Sì, sono io..." Le rispose Alphonse, riponendo una volta e per tutte il suo orologio da taschino. “Lei invece deve essere la guida dico bene?”.

La ragazza ignorò la sua domanda e aprì davanti a lui il grosso libro che si portava sottobraccio consultandolo attentamente, passandoci un dito sopra.

"I tuoi documenti sono arrivati stamattina alla Compagnia Marittima dell'Unione. Anche il carico delle merci è al sicuro nella stiva della nave. E prima che tu lo chieda, no non preoccuparti, il Silderium è stato posizionato con cura e tutto è stato eseguito alla lettera secondo le istruzioni della Comunità dei Minatori d’Elité".

La ragazza aveva una voce seria, priva di sorriso, molto meticolosa nei movimenti e nell'uso delle parole. Sembrava avere tutto sotto controllo, visto anche la grandezza del tomo che la ragazza si portava dietro con estrema naturalezza.

“Capisco” Disse Alphonse un po’ a disagio “Grazie mille per la vostra assistenza”.

"Non è me che devi ringraziare. Ad ogni modo... l'Hotel è da questa parte, seguimi".

Senza aspettare neppure un secondo, la ragazza chiuse il libro con un colpo secco e iniziò a camminare verso la direzione del mercato.

Solitamente Alphonse era abituato a dialoghi più informali, caratterizzati anche da una certa vivacità, che si era formato nel corso degli anni con i suoi colleghi. Lui a differenza degli altri era quello più timido e riservato, ma per via del cameratismo che si era sviluppato tra i minatori della comunità, era difficile essere accolti con freddezza.

Fu proprio per la diffidenza di quella ragazza che Alphonse si sentì piuttosto frastornato e alienato da tutto il resto, tanto che gli ci volle qualche secondo prima di rendersi conto che la stava perdendo di vista.

“Ehi! Aspetta…!” Esclamò allungando una mano, correndo verso di lei.

Mentre i due passeggiavano attraverso il vivace mercato, Alphonse decise di rompere il ghiaccio.

"Non mi hai ancora detto il tuo nome".

"Piper" Rispose lei concisa, senza smettere di camminare.

"Piper eh? Un nome facile da ricordare, piacere di conoscerti" Disse lui con voce amichevole affiancandosi a lei.

Ma non ci fu risposta da parte sua. Alphonse si chiese se fosse parecchio timida o forse semplicemente riservata. Di certo però non era l'accoglienza che si aspettava da una cittadina della Capitale.

"Ad ogni modo Piper, mi permetti una domanda?" Alphonse si forzò a fare un’altra domanda..

"Si?".

"E' la prima volta che vengo qui, di solito è mio padre che ha contatti con l'Unione, ma per qualche motivo il Principe ha deciso che dovevo essere io quest'anno a presenziare. Posso sapere perché proprio io? Non ho esperienza in questo genere di cose".

"Questo dovresti chiederlo direttamente a sua eccellenza" Rispose Piper. Questa volta si voltò leggermente verso di lui. "E' lui che si occupa di scegliere i rappresentanti".

"Oh capisco” Un contatto visivo! Era già qualcosa “E di te cosa mi dici?".

Piper però sospirò infastidita "Certo che hai proprio una bella parlantina eh? Potresti restare in silenzio?".

"Scusami... non volevo disturbare" Alphonse si ritirò un po'. Aveva cantato vittoria troppo presto.

Camminarono per un bel po’, senza che nessuno dei due pronunciasse una singola parola, finché non arrivarono nei pressi del porto, dove c’era un grosso edificio proprio all’incrocio tra la strada principale e l’ingresso che portava al cantiere navale. 

Sorprendentemente, anche lì c'erano un sacco di persone. Il porto era persino più caotico della via del mercato e la cosa sembrò indisporre Piper, che sospirò infastidita..

“Cielo,nemmeno qui c’è un po’ di tranquillità”.

“Beh, ci sono i preparativi per il viaggio di domani. Non mi sorprende l’andirivieni di persone” Disse Alphonse.

“Questo è l’Albergo dove alloggiano i rappresentanti” Piper guardò l’edificio “la tua stanza è al terzo piano, numero 113. Questa è la chiave. Questa sera ci sarà il banchetto, se ti interessa parlare con il principe”.

“E tu non vieni?” Alphonse sorrise cordiale.

La ragazza abbassò il capo “Ti sembro una a cui piacciono le feste?”.

Alphonse si passò una mano sulla nuca “Ad essere onesto no, e a dire il vero non ti biasimo, sono anche io allo stesso modo. Tuttavia sembra che tu abbia lavorato molto in questo periodo altrimenti non avresti quello sguardo crucciato, hai il diritto di rilassarti almeno un po’”.

Piper sembrò sorpresa dal ragionamento del ragazzo, ma lo stupore diventò subito irritazione.

“Cosa ti fa pensare di conoscermi così bene? Beh non importa, sono pur sempre una delle rappresentanti. Non credo posso sottrarmi dai miei doveri, anche se preferirei non esserci” Concluse infine lei.

“Aspetta…” Alphonse fu preso contropiede “Quindi anche tu sei una rappresentante?”.

Piper inarcò un sopracciglio “Certo. Non dirmi che non te ne eri accorto”.

“Come facevo a saperlo, non mi hai detto nulla…”.

Piper scrollò le spalle “Capisco. Beh ora lo sai. Se non hai altro da chiedermi, ti lascio a te stesso”.

“Grazie per avermi accompagnato” Alphonse sorrise e fece un inchino un po’ impacciato “Senza di te mi sarei di certo perso. Ci vediamo stasera allora!”.

Il sorriso però non venne ricambiato. Piper si congedò senza dire altro.

Il giovane minatore si chiese come mai quella ragazza fosse così chiusa, non era di certo abituato allo stile di vita della Capitale, ma da quel che aveva potuto vedere gli abitanti di Alabathia sembravano piuttosto vivaci e allegri.

 

Nel salone d’ingresso dell’Albergo, c’era un moderato trambusto. Nobiluomini ben vestiti parlavano tra di loro, sorseggiando lo squisito vino prodotto dai vigneti degli immensi giardini del Re. Osservando così tanto movimento anche all’interno dell’Hotel, Alphonse si rese conto che probabilmente il motivo per cui l’intera città era così tanto in fermento, era proprio in vista delle festività di quella sera. Si sentì abbastanza stupido per non averlo notato prima, aveva dato per scontato che nelle grandi metropoli ci fosse sempre quel genere di caos, ma forse si sbagliava.

E non c’era da sorprendersi, visto l’importanza della annuale adunata dell’Unione, realizzata per mantenere in rapporti d’amicizia il Regno di Alabathia con i vicini e rivali delle terre gelide del Nord: l’Impero di Baal’Thasia.

Per quel che sembrava un periodo infinito, i due regni si erano sempre dati battaglia, ma la guerra nel corso del tempo era cambiata e con l’arrivo dell’arcanismo e di tecnologie avanzate nell’ambito bellico, l’idea di andare in guerra era diventata piuttosto autodistruttiva, anche per chi ne usciva vincitore.

L’Unione fu dunque formata dopo il Grande Contratto, per evitare che le relazioni tra le due nazioni venissero di nuovo compromesse e per questo motivo ogni anno salpavano due gargantuesche navi dalle rispettive due capitali dei regni: la Fraternity e la Equanimity. 

All’interno delle Navi, v’erano doni, risorse di ogni tipo, tecnologie e quant’altro. Era inoltre un momento di amichevole competizione sportiva e di condivisione culturale tra le due nazioni.

A prendersi carico di questi compiti erano nove talentuosi individui, accuratamente scelti dal Principe in persona, per rappresentare la propria nazione.

Alphonse era uno di essi, anche se il ragazzo ancora riusciva a spiegarsi il perché non era stato scelto suo padre per quel compito così importante.

Certo, era inevitabile che la torcia del capo minatore degli scavi di Stonefall sarebbero un giorno passati nelle mani del suo primogenito, ma Alphonse trovò che era ancora troppo presto per un simile onore, aveva ancora così tanto da imparare.

“Chissà cosa ha spinto sua Altezza il Principe a scegliere me…” Si chiese Alphonse mentre fissava quei nobiluomini, che lo facevano sentire decisamente fuori posto.

“Uhm, perdona il disturbo!”

Una timida voce femminile attirò l’attenzione del giovane minatore. Egli si voltò e si trovò davanti a sé una graziosa giovane ragazza robustella, dall’aspetto assai peculiare. Era parecchio carina, di bassa statura, dai capelli a caschetto castani con un ciuffo che le copriva l’occhio sinistro. Vestiva con un comodo grembiule beige. dalle mani coperte completamente di fasce bianche. Una descrizione che Alphonse trovò piuttosto accurata, se non fosse che era impossibile non far cadere l’occhio su un suo palese tratto distintivo, che nonostante la ragazza cercava di nasconderne la presenza con un grembiule così grande, falliva nel celare il volume del suo enorme seno.

“Perdona il disturbo” La ragazza fece un breve e elegante inchino “Non ti ho mai visto da queste parti. Sei per caso il figlio di Arthur Stonefall?”.

Alphonse non sapeva come rispondere all’eleganza con cui la ragazza si era presentata. Per paura di fare un’orribile figuraccia, fece a sua volta un inchino, che però risultò essere un normalissimo inchino informale.

“O-Oh! Sì sono io. Ci conosciamo?” Chiese lui decisamente teso.

La ragazza rise appena, cercando di metterlo a suo agio “No, ma ho avuto il piacere di conoscere tuo padre in passato. Vi somigliate, sai? Certo lui ha la barba molto più folta e i capelli grigi e anche lui come te non è bravissimo con gli inchini” Rise ancora. 

Alphonse arrossì e non poté far altro che grattarsi una guancia tutto imbarazzato.

“Oh ma dove sono le mie buone maniere! Mi chiamo Leah Jonas Garbles, sono una delle nove rappresentanti, piacere di conoscerti” Di nuovo fece un inchino.

“Alphonse Stonefall, il piacere è tutto mio”.

Cercò il più possibile di non guardare dove non doveva per non dare cattiva impressione, complice anche il fatto che il giovane minatore non aveva avuto mai modo l’occasione di avere amicizie o contatti duraturi con il sesso opposto. Era sempre stata un po’ un suo punto debole, si imbarazzava piuttosto facilmente in loro presenza.

“In realtà Alphonse, ti stavo aspettando” Ammise la ragazza, ottenendo indietro la sua attenzione.

“Davvero? Come mai?” Chiese lui perplesso.

“Ho ricevuto una missiva da parte dell’amministrazione dell’Unione, una richiesta diretta del Principe. Non hai mai viaggiato su una nave vero? Questa è la tua prima volta”.

“Oh giusto,  in effetti ora ci penso, mi ricordo che mi avevano menzionato che avrei dovuto fare una specie di esame per verificare se avessi dei problemi con le navi”.

Leah annuì “Esatto. Io sono una farmacista, mi diletto nella creazione di medicine, antidoti, pozioni di vario effetto e intrugli. Mi occuperò io del test, sarà molto breve, per cui ti chiedo cortesemente di venire nella mia stanza, ho tutti i miei strumenti lì”.

Alphonse annuì “Certo, fai strada. Solo che non sono un amante delle siringhe”

Leah rise arrossendo un po’ “Non c’è nessuna siringa. Dovrai solo bere una pozioncina un po’ amara, ma niente che un ragazzo come te non possa sopportare”.

Leah però sembrò aver sopravvalutato Alphonse in base al suo aspetto. Essere alto un metro e novanta e avere un fisico muscoloso non era niente di fronte all’ansia di dover inghiottire una medicina ignota.

La stanza di Leah si trovava al primo piano. C’era una grossa valigia vicino al suo letto, la ragazza aveva al suo interno un kit per preparare delle pozioni, con delle erbe e liquidi misteriosi.

“Ti porti dietro tutto questo? Non ti pesa?” Chiese sorpreso Alphonse.

“Beh, ti mentirei se ti dicessi di no. Ma è il mio lavoro, non si sa mai quando possa essere necessario un mio servigio. Tengo molto a cuore la mia professione, quindi anche se pesa non ci faccio tanto caso”.

“Sei una ragazza in gamba” Ammise Alphonse affascinato dalla passione della ragazza.

“Le tue parole mi lusingano” Arrossì un po’ “Faccio solo il mio dovere. Ad ogni modo, ecco tieni bevi questo, non sederti però. Devo valutare se accusi vertigini”.

“Che cos’è?” Chiese Alphonse ansioso mentre osservava la boccetta di colore arancione.

“Estratto di Vanasidio” Rispose Leah alzando un dito “E’ un fiore innocuo, ma se bollito assieme ad un altro fiore chiamato Lessannio, genera un odore molto forte che causa vertigini quando il liquido si mischia con i succhi gastrici provocando una reazione simile al mal di male, sempre se ne soffri”.

“Oh capisco…” Alphonse era rimasto talmente scosso dai nomi delle piante da non aver sentito un’altra singola parola. Ma ad ogni modo attuando un pensiero logico, non aveva motivo di dubitare della spiegazione di Leah, quindi si fece coraggio e bevve l’intruglio tutto d’un fiato. Era veramente tanto amaro e sapeva di cavolo bollito. Alphonse non riuscì a nascondere uno sguardo disgustato.

“Bleah, che robaccia…” Disse tossendo appena.

“Mmm…” Leah ignorò la reazione e posò lo sguardo sui suoi occhi “Come ti senti? Le tue pupille non sono dilatate”.

“Mi gira un po’ la testa, ma non troppo” Rispose Alphonse.

Leah annuì convinta “Ok, allora sei a posto! Non soffri di mal di mare a differenza della sottoscritta, meglio per te immagino” Sorrise.

“Grazie per l’assistenza Miss Garbles”.

“Ti prego non essere così formale con me, chiamami semplicemente Leah. Oh giusto, prima che prendi congedo volevo chiederti una cosa”.

“Dimmi pure”.

Leah cambiò espressione, il sorriso che prima dominava il suo volto ora era sparito, lasciando solo uno sguardo malinconico. “Ecco… prima ti ho visto in compagnia di Piper”.

“Ah… la conosci?”

Leah annuì. “E’ l’archivista della biblioteca reale. E’ una ragazza molto in gamba, sempre impegnata a catalogare libri di grande importanza per le ricerche arcane. Il principe mi ha riferito che anche per lei è la sua prima volta su una nave, quindi spetta a me visitarla, ma non si è ancora presentata. Devo consegnare il rapporto visite al principe entro stasera, quindi…”.

“Vuoi che glielo chieda io?” Si propose Alphonse.

Leah annuì sorridendo “Scusami, dovrei essere io a occuparmi della cosa ma, onestamente non mi sento molto a mio agio con lei”.

Alphonse non se la sentiva di indagare ulteriormente sulla cosa. Conosceva Leah da pochi minuti, non gli sembrava il caso di scavare nella sua vita privata. Ma sarebbe stato altrettanto scortese da parte sua ignorare la richiesta di una ragazza.

“D’accordo, lascia fare a me. Spero di vederla però, da quel poco che sono stato in sua compagnia mi sembra una ragazza molto elusiva”.

“Non mi sorprende” Sorrise “Era così anche a scuola…”.

“Oh? Eravate compagne di classe?” Domandò Alphonse interessato.

Leah annuì con nostalgia “Eravamo molto legate al liceo. Lei era molto sulle sue proprio come adesso, ma prima parlavamo così tanto. Poi, lei è sparita per motivi sconosciuti e l’ho rivista solo tre anni dopo. Tuttavia dopo il suo ritorno ci sono state delle...complicanze tra di noi. Sono andata a trovarla diverse volte in biblioteca dopo il nostro litigio ma lei non mi voleva più vedere”.

Alphonse era particolarmente dispiaciuto per lei “Mi dispiace, perdere un’amica deve essere orrendo”.

“Già. Ti chiedo scusa Alphonse, coinvolgerti così all’improvviso con le mie noiose storie” La ragazza fece un inchino per scusarsi.

“Sciocchezze. Non preoccuparti” Alphonse le sorrise scuotendo il capo e le mani

“Sei molto gentile, proprio come tuo padre. Sono felice di averti conosciuto Alphonse”.

“Il piacere è tutto mio, spero di vederti alla festa stasera”.

Leah unì le mani con gioia “Ma certo! Non vedo l’ora di assaggiare le prelibatezze di questo Hotel!”.

“Eheh, affamata eh?” Si passò un dito sotto il naso “Non ti biasimo. A più tardi allora…”.

Leah si inchinò di nuovo, forse lo faceva troppo spesso “A più tardi”.

 

Alphonse si recò dunque nella sua stanza. A differenza della gigantesca valigia di Leah, il giovane minatore si era portato solo qualche vestito di ricambio e null’altro. La sua stanza si affacciava verso la strada ancora parecchio affollata e il pomeriggio iniziava pian piano a diventare tardo, mentre il cielo si tingeva gradualmente di un arancione tramonto.

Il viaggio da Stonefall ad Alabathia era durata tutta la notte e tutta la mattina, quindi si sentiva piuttosto stordito. Decise quindi di stendersi e prendersi un po’ di tempo per riposare gli occhi e i muscoli, non voleva di certo andare alla festa con le gambe doloranti. 

Qualche tempo dopo, qualcuno bussò alla sua porta. Alphonse si rese conto di essersi appisolato ed era conseguentemente passata un'ora abbondante. Il giovane minatore aprì la porta e ad accoglierlo dall’altro lato...

“Piper?”.

“Ah, quindi eri qui… bene”

La ragazza entrò senza nemmeno chiedere permesso, portandosi ancora dietro quell’enorme ingombrante libro.

“Hai dimenticato di dirmi qualcosa?” Chiese lui.

“Sono andata a prendere i tuoi documenti ufficiali per l'imbarco” Poggiò le carte sul mobiletto “Ti serviranno quando raggiungeremo la costa di Windhiled. L’ambasciata dell’Unione sa essere molto meticolosa con la burocrazia, quindi mi sono assicurata che tutto fosse in ordine, non voglio causare problemi a Sua Altezza”.

“Ah ti ringrazio, la burocrazia non è il mio forte” Alphonse sorrise con gratitudine.

Piper si aggiustò gli occhiali “Beh io vado a dopo…”.

“Ah Piper, aspetta devo dirti una cosa”.

La ragazza si voltò e rimase in silenzio davanti alla porta, in attesa che Alphonse dicesse qualcosa.

Lui si grattò la nuca sentendosi un po’ a disagio. “Senti, anche per te è la prima volta che sali su una nave vero? Mi è stato riferito che chi non ha mai viaggiato oltre oceano abbia bisogno di una piccola visita per verificare se abbiamo il mal di mare”.

Piper sogghignò stringendosi il grosso libro sul fianco “Fammi indovinare, Leah ti ha chiesto di venirmi a chiamare”.

“Ah…beh sì”.

Piper fece un grosso sospiro “Wow, lo sapevo. Ha seriamente mandato qualcun altro a chiamarmi, piuttosto che venire lei stessa. Piuttosto patetico da parte sua”.

“Mi pare di capire che il vostro rapporto è alquanto...difficile?”.

Piper fece un breve sorriso amaro. “A quanto pare ti ha ammaliato usando il suo corpicino attraente. Voi uomini siete proprio stupidi. Senti, lascia che ti dia un consiglio, non fidarti di lei”.

“Perché?” Alphonse aggrottò la fronte.

“Beh innanzitutto perché è piuttosto stupido fidarsi di qualcuno che conosci da meno di dieci minuti. Inoltre quella ragazza è pericolosa, ti userà per i suoi scopi e poi ti getterà via come carta straccia. Non sa fermarsi davanti a nulla quando incontra un ostacolo. Credimi quando ti dico che le dovresti starle alla larga, la conosco da tanti anni”.

“E cosa avrebbe fatto di così tanto orribile?” Chiese Alphonse serio in volto.

Piper scosse il capo “Non sono obbligata a risponderti. Perché non lo chiedi a lei? Ad ogni modo grazie del messaggio, non voglio recare problemi a sua altezza, quindi non temere mi sottoporrò all’esame”.

Piper si congedò senza dire un’altra parola.

“Accidenti che tipo…” Sospirò lui. 

Ma non era il momento di stare lì a ponderare sulla cosa. Consultandosi con il suo orologio da taschino si rese conto che doveva prepararsi per le festività. Solo il pensiero di togliersi la sua divisa da lavoro lo mandava in crisi.

“Beh, andiamo Alphonse, c’è sempre una prima volta a tutto” si motivò.



 
   
 
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