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Autore: PeterPanForEver    27/07/2022    0 recensioni
Un tempo, prima che gli uomini facessero la loro comparsa e rovinassero il pianeta, c’erano le fate. Non esiste una data precisa per risalire alla loro effettiva prima apparizione, al punto da credere che siano sempre esistite.
Un tempo, prima gli uomini facessero la loro comparsa e rovinassero il pianeta, c’erano le fate… e ci sono anche ora.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

Erano passati diversi giorni dall’incontro in spiaggia. Pur avendo salvato il numero, era ancora molto indecisa sul da farsi.
 Parlare con degli umani era stato estremamente stressante, per tutte le cose che era stata costretta ad omettere ed inventare, e non era sicura di volere ripetere l’esperienza.
I due fratelli erano simpatici e alla mano, ma non può provare ad essere amica di qualcuno che ha un bagaglio di vita così tanto differente dal suo.
Le piacerebbe dire la verità, ovviamente, ma i due possibili scenari nella sua testa erano terrificanti.
Se gliel’avesse detto, le avrebbero creduto e poi lo avrebbero detto a tutti. L’intero mondo sarebbe venuto a conoscenza del suo popolo e magari avrebbero fatto esperimenti su di loro per capire come fosse possibile la loro esistenza. Forse, infine, le fate sarebbero state tutte sterminate. Una vera e propria strage per un semplice capriccio.
L’altro scenario non era migliore. L’avrebbero presa per pazza e sarebbero scappati via. O ancora, l’avrebbero fatta internare da qualche parte.
Sì, sicuramente non ne posso parlare. Meglio che resti un segreto.
“Che cosa dovrei fare, Nolava?”, sospirò Morgana.
La tigre inclinò confusa la testa. La guardò intensamente, come per dirle qualcosa, e poi andò in un’altra stanza della casa.
Le voglio molto bene, ma è sempre molto poco collaborativa.
“Vado a fare un giro in città!” urlò all’animale, in modo che la sentisse, e uscì in volo dalla porta di casa.
Sebbene il suo appartamento sia situato in uno dei rami più bassi dell’enorme, non è così tanto in basso da permetterle di uscire senza usare le sue ali.
Non capisco perché non hanno mai pensato di mettere una scala attorno all’albero, per facilitare la vita di tutti.
Si fermò un attimo a pensare agli altri abitanti dell’albero e soprattutto a quelli che avevano l’appartamento nella parte più in alto.
Lì c’erano le Fate Anziane, che ormai non uscivano più dalle loro case. Le fate non invecchiano fisicamente e restano eternamente nel fiore degli anni, ma questo non vuol dire che siano tanto in forma quanto le fate più giovani.
Si tratta delle prime fate che sono comparse sulla terra e considerando che hanno dovuto vivere centinaia di migliaia di anni nella quasi totale scomodità, hanno ottenuto il privilegio di vivere negli appartamenti migliori.
Inoltre, erano state loro a dare gli apporti maggiori all’avanzamento della loro civiltà ed anche a quella umana.
Vengono rispettate da tutte per quello che hanno fatto.
Chissà, prima o poi potrei andare in visita. Potrei chiedere maggiori informazioni sugli umani, li conoscono da più tempo di me.
Resasi conto di esseri soffermata troppo sui suoi pensieri, scese rapidamente a terra.
Si fermò un attimo, indecisa su che cosa fare. Non aveva deciso di andare in città per un motivo in particolare, l’unico motivo che l’aveva spinto a farlo era il desiderio di liberare per un po’ la testa dai suoi pensieri.
Passeggiare è utile per schiarire la mente, così dicono.
Non vengo mai in città, non so quasi come sia fatta. La gestione dei negozi cambia repentinamente perché le fate si annoiano con facilità e si trovano sempre posti nuovi in giro.
Si diresse verso la via centrale della città. Era corredata di negozi di vario genere. Negozi di abiti, ristoranti, oggettistica si trovavano ad ogni angolo e ciascuno di essi era addobbato con fiori colorati di ogni tipo. Molti di questi fiori erano congelati nel tempo, grazie alle fate dei boschi che facevano in modo di tenere i lori fiori sempre in vita.
Era importante preservare al meglio la natura, laddove si poteva fare. Dopotutto negli ultimi secoli le fate dei boschi erano le uniche a starsi effettivamente impegnando nella salvaguardia del pianeta. Ogni giorno ritrovavano nella città, non si sa come dato che gli umani non potevano avervi accesso, spazzatura e cartacce di marche non appartenenti al mondo delle fate. Anche per questo le fate storcevano il naso ogni volta che sentivano parlare degli uomini; non riuscivano a comprendere come facessero a disprezzare il pianeta che gli aveva dato così tanto e che gli aveva permesso di vivere felici.
Morgana invece pensava che le persone maleducate, fate o uomini che fossero, si trovassero da ogni parte. Le poche volte in cui era uscita di casa aveva visto di sfuggita le fate più giovani lasciare per strada, senza farsi notare, dell’immondizia. Per gli esseri magici, però, era più felice criticare chi era diverso da loro, rispetto a giudicare sé stessi.
Le case, inoltre, erano di colore pastello e visivamente appaganti. Erano tutte accostate in modo tale che i colori delle case vicini andassero bene gli uni con gli altri perché volevano distinguersi dagli anonimi grattaceli che si trovavano sugli alberi centenari. In questa maniera, se fossero venuti in visita alcuni personaggi illustri, sarebbero rimasti contenti dalla visita e la buona nomea della città sarebbe rimasta intatta. Era già successo in passato che alcune città venissero disapprovate dai visitatori, per poi essere abbandonate dagli stessi abitanti e venire dimenticate.
Basti pensare a quello che era successo ad “Avalon”.
La leggenda non era nata per caso.
La storia di Re Artù, di Camelot e della terra scomparsa di Avalon è parzialmente vera, almeno per quanto riguarda l’ultima parte. Era esistito un luogo leggendario tra le isole britanniche in cui abbondavano alberi, piante e che era abitato da persone dall’aspetto quasi etereo che non invecchiavano e vivevano a contatto con la natura: le persone in questione erano le fate ed erano entusiaste di quando gli uomini riuscivano ad arrivare nel mistico luogo, credendo che gli avrebbe dato un punto di vista diverso sul mondo. La terra, però, era stata lentamente distrutta dalle frequenti visite di coloro che non erano consapevoli di essere in un paradiso terrestre.
Vedendo come era diventato il posto, anche le fate avevano cominciato a provare sdegno e disprezzo e fuggirono, non riuscendo a sopportare la vista del degrado circostante. L’isola era poi diventata un lontano ricordo ed era stata anche dimenticata dagli uomini, che gli avevano dato l’erroneo nome di Avalon. Quale fosse il nome originario, però, è andato dimenticato.
Nessuna città e nessun paese voleva fare questa fine e diventare leggendario. Essere leggendari non è positivo, perché implica l’essere cancellati dalla memoria di tutti.
Le fate sono tristemente diventate tanto leggendarie quanto la terra perduta e nonostante non fossero scomparse come essa e fossero anche contente dell’anonimato, perché conferiva una conseguente protezione, le feriva sapere che nessuno fosse consapevole del fatto che anche loro avevano messo piede sul pianeta.
Girò un po’ tra i negozi sperando di trovare qualcosa che catturasse la sua attenzione, ma senza riuscirvi. In lontananza, sentì dei canti avvicinarsi ed andò in direzione di esseri per ascoltare meglio. Avvicinandosi capì che cosa cantassero le voci.
Giusto, il solstizio d’estate.
È il giorno più lungo dell’anno, in cui il Sole raggiunge il suo apice e si ha la vittoria della Luce sulle tenebre: una rinascita.
Le fate non si concedono molte festività, ma il solstizio viene celebrato ogni anno con grande gioia perché se si festeggia qualcosa di “frivolo”, se si può definire così un giorno così carico di emozioni come il solstizio, significa che va tutto bene.
Il solstizio indica che non ci sono guerre tra i popoli, che le fate vivono in pace e che l’anno proseguirà nel migliore dei modi.
Gli unici anni in cui non si era festeggiato il solstizio era stato durante le due grande guerre mondiali che erano talmente terribili da avere turbato l’umore del mondo della magia.
Le donne che cantavano in piazza avevano una voce angelica e chiunque camminasse per strada si girava per ammirarle e sussurrava che la loro leggiadria, eleganza e dolcezza era un modello positivo ed era proprio quello a cui dovevano ambire le fate di ogni nazione.
Lei stessa, pur non essendo affezionata agli abitanti ed avesse ideologie diverse dalle loro, non poteva fare a meno di pensare che avrebbe voluto essere come loro. Cantavano in linguaggio faerico per sottolineare la sacralità del momento e le loro origini. Era insolito sentire usare un linguaggio così antico, era più semplice comunicare con la lingua del luogo in cui si vive.
La musica è uno dei cardini del loro mondo, in quanto è la manifestazione dell’ordine cosmico, dell’armonia e l’amore per la musica e la danza è qualcosa che accomuna tutte le fate. Morgana stessa, nonostante non fosse altrettanto brava, aveva la musica che le scorreva nelle vene.
Terminati i canti, i passanti applaudirono fragorosamente e loro sorrisero educatamente, per poi librarsi nel cielo, leggere come delle farfalle.
Spocchiose.
Scosse la testa e proseguì la passeggiata fino a ritrovarsi di fronte alla biblioteca comunale.
Biblioteca siciliana del Regno delle Fate.
La porta d’accesso principale era molto particolare e, naturalmente, magica. Era una misura di sicurezza per impedire agli uomini che fossero finiti involontariamente nella loro città e avessero scoperto il segreto della loro esistenza, di non acquisire ulteriori informazioni.
Non era mai successo, ma le biblioteche sono delle risorse fondamentali perché la conoscenza è potere ed è importante non dare potere ai nemici.
La particolarità della biblioteca era che non si presentava come un edificio qualsiasi, anzi in realtà non vi era nessun edificio. Vi era solo un’insegna che indicava dove fosse e la porta, pertanto, era semplicemente incollata al pavimento della strada principale.
Guardando dietro la porta non vi era assolutamente niente, permettendo così anche di non occupare troppo spazio all’interno della minuscola città. Se non si voleva entrare in biblioteca, bastava semplicemente passare dietro la porta e andare dove si voleva.
Si trattava di una porta grigio scuro con disegnate delle rune di cui ormai il significato era sconosciuto e dei fiori erano situati lungo il bordo e non vi era alcun pomello da girare.
Il metodo di accesso era poco ortodosso, ma ormai tutte si erano abituate. Una piccola scheggia di legno si intravedeva nella porta, quindi era sufficiente passare un dito sopra di essa e aspettare che una minuscola goccia di sangue fuoriuscisse. Fortunatamente le fate, quando non si tratta di lesioni gravi, guariscono rapidamente.
Morgana poggiò il dito sulla scheggia.
Ahi, è un metodo inutilmente doloroso.
La porta si colorò di argento e poi divenne trasparente, dandole la possibilità di passare attraverso di essa.
Entrò dentro e dopo poco si ritrovò nella piccola sala di ingresso. Appose la sua firma sul libro che serviva a segnalare chi avesse messo piede all’interno della biblioteca.
Una volta concluse tutte le formalità necessarie, come presentare il proprio documento ed indicare per quello motivo si fosse recata qui, andò verso gli immensi scaffali.
Volò per andare a raggiungere la sezione che le interessava maggiormente.
Narrativa contemporanea delle fate d’Inghilterra.
La maggior parte della narrativa più interessante era scritta da loro e se si voleva leggere qualcosa che non fosse considerato tabù dalla legge e che fosse, però, abbastanza soddisfacente, bisognava leggere questi.
La viaggiatrice dei mondi. Deve essere un fantasy.
Lesse qualche pagina per capire se il libro potesse interessarle o meno, ma era parecchio indecisa. Le piacciono i fantasy, ma il libro è molto lento e non è in grado di capire se la trama si svilupperà ad un certo punto o se continuerà ad essere noioso.
Non sarebbe la prima volta in cui delle fate scrivono un fantasy poco avvincente. È difficile parlare di magia e di creature e mondi immaginari, quando sei tu stessa quella viene considerata da tutti irreale. Inoltre, essere una creatura magica non vuol dire essere bravi a parlare di magia, perché è necessario creare qualcosa di nuovo e di cui non si è mai sentito parlare. Nessuna fata vorrebbe leggere un fantasy che parla di un mondo che conosce già. Gli umani, dando per scontato che la magia non esista, sono costretti a servirsi della propria immaginazione per rendere quei mondi veri.
Pur non avendo grandi aspettative per il romanzo, decise di portarlo con sé a casa e dargli una possibilità.
Mentre stava per alzarsi dalla sedia in cui si era seduta in biblioteca, senti delle urla provenire da qualche scaffale più avanti e nel giro di pochi secondi le urla non furono più di una singola voce, ma di molte.
Si spaventò sentendo quel caos, perché la pace era la caratteristica principale della cittadina, e non riuscì a muoversi. Non aveva il coraggio di andare a guardare cosa stesse succedendo.
Il rumore che c’è nell’edificio è troppo forte. E se fossero degli umani che sono riusciti a trarre in inganno la porta e i sorveglianti? Gli uomini hanno le armi e le fate, magia a parte, sono inutili nei momenti di guerra… Non possono essere delle fate, non litighiamo mai così vocalmente. È preferibile litigare in privato e non di fronte agli altri. Sta succedendo qualcosa di brutto, lo so.
Fingendo di essere coraggiosa, fece dei passi in avanti e andò verso il gran fracasso. Il rumore cessò tutto ad un tratto e sentì solo delle voci che parlavano indignate a gran voce.
“Cosa pensavano di fare quei mostri di Haven distruggendo la biblioteca? Sono un oltraggio alla nostra specie!” disse indignata una appartenente al popolo magico.
Distruggendo la biblioteca?
Andò a vedere che cosa intendessero dire e come tutte le altre rimase a bocca aperta.
Lo scaffale dei libri di storia era stato rovinato e i volumi stavano bruciando e le fate dell’acqua, compresa Morgana, stavano tentando di spegnere l’incendio. L’alone nero lasciato dal fuoco aveva creato una chiara scritta: BUGIARDI.
Non era la prima volta che si vedeva questa scritta e non solo in città, ma in gran parte del regno. Che cosa volessero dire i ribelli con scritte di questo genere, era un mistero.
I pochi membri della resistenza che erano stati arrestati si ostinavano a non volere dare spiegazioni e avevano scelto il silenzio. Dal momento dall’arresto, non avevano più proferito parola.
Era curioso che non volessero dire niente, ma che fossero allo stesso tempo così vocali negli attacchi “terroristici”. Pur non avendo mai ferito nessuno fisicamente, i loro atteggiamenti violenti che conducevano alla distruzione dei beni comuni, non potevano essere definiti in maniera diversa.
Si trattava dell’ennesima immotivata violenza ed era la prima volta in cui Morgana assisteva personalmente ad atti simili.
Notò, però, una cosa particolare. Avvicinandosi meglio ai volumi colpiti dal fuoco vide che solo le copertine erano state rovinate, mentre il contenuto era intatto. E soprattutto, le copertine erano state distrutte dal fuoco in modo estremamente preciso, come se non si volesse lasciare dubbi sul fatto che dovevano essere proprio quei libri a meritare la distruzione.
Bugiardi.
Era curioso utilizzare il maschile per rivolgersi a delle donne.
A meno che non si stessero rivolgendo a delle donne, ma ad altro.
I libri. Loro sono bugiardi.
Voleva capire di più su questa faccenda e sapeva che non avrebbero indagato ulteriormente.
Prese di nascosto i libri in questione, a cui nessuno avrebbe prestato attenzione, poiché erano stati rovinati definitivamente ed andavano ormai sostituiti.
Uscì rapidamente dalla biblioteca e volò a casa.
“Nolava, sono a casa!” disse la fata non appena entrata nell’abitazione.
Finalmente una giornata interessante.
FINE CAPITOLO 3

Spero che abbiate apprezzato anche questo capitolo. È un po’ lento, ma a poco a poco la trama comincerà ad avere senso e diventerà più avvincente :)
Grazie per esservi impegnat* nella lettura!
   
 
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