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Autore: _Nausica    26/09/2022    4 recensioni
Rose Weasley.
Caos e confusione
È il panorama di sempre tra il groviglio indefinito di cugini che la intrecciano in una trama già scritta, e il sigillo di due genitori già brillanti. Un nome incandescente che rischia di plasmarla nel magma dell’anonimia.
Caos e confusione.
È la paura di lasciarsi sommergere dal disordine che le appartiene.
Sembrerà più facile essere trasportata in un mondo dove realtà e inganno si confondono, e quel confine tra fragilità e orgoglio sarà messo a dura prova dal ragazzo, odiato e amato, che irromperà nella sua vita. Costretta ad affrontare quel gioco semplice e affascinante dell’essere in due, farà emergere dal caos il suo significato, il suo reale contenuto.
Finché anche Scorpius Malfoy prenderà forma dentro sé
Dal testo
Il getto di acqua calda la tranquillizzò. Poi le ricordò il calore dei vapori di quella sera impregnare la camicia di Scorpius e spingerla contro il suo petto sicuro; i capelli biondi ricadere sul volto imbronciato; gocce d’acqua accarezzare i suoi lineamenti, seguire il profilo del naso, lambire le labbra sottili.
Avvertì pressione sulle cosce, lì dove lui l’aveva afferrata per lasciarsi imprigionare dalle sue gambe. Per avere la possibilità di toccarla.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Succede.
Uno si fa dei sogni, roba sua, intima, e poi la vita non ci sta a giocarci insieme, e te li smonta, un attimo, una frase, e tutto si disfa.
Succede.

Mica per altro che vivere è un mestiere gramo. Tocca rassegnarsi. Non ha gratitudine, la vita, se capite cosa voglio dire.


 

 
 CAPITOLO XXI
 

 

Ubuntu

 

 
L’enorme orologio a pendolo della Torre di Infermeria segnò mezzanotte con un profondo singulto, che echeggiò per i corridoi bui del castello, come un sinistro presagio. Era ormai in ritardo.
Non aveva più motivo di affrettare il passo, il peggio gli sarebbe stato scaraventato addosso in ogni caso, sotto l'aguzza forma di rimproveri a sguardi desolati.
E tanto piacere.
Forse un Grifondoro avrebbe già riscaldato i caldi bollori, da infiammare all'occasione, in nome dell'orgoglio ferito, davanti alla ramanzina della Preside. Dal canto suo, era diffidente verso le lusinghe, quanto seccato dalle accuse, ma in una misura che non lo avrebbe mai scomposto più di tanto. Il padre gli aveva insegnato a incassare ogni colpo con il mento alto e lo sguardo fiero, ma la madre aveva sempre avuto la debolezza di inumidirlo, quello sguardo, e di allontanarlo, mortificato e colpevole.
Salutò con un cenno della mano il grifone che lo scrutava impenetrabile e spaventoso, in attesa di qualche profezia che non avrebbe mai pronunciato.
Cazzo, la parola d’ordine.
Gli era stata comunicata nella lettere di convocazione, ma nella fretta di catapultarsi all’appuntamento non vi aveva prestato troppa attenzione. E poi quel giorno i pensieri si affannavano e accatastavano, ingombrandogli la mente e ogni altro spazio residuo destinato alle funzioni vitali.
Era perennemente sovrappensiero.
È davvero la relazione che ho sempre sognato.
Il cuore accelerò il ritmo, mentre il respiro si faceva pesante, come improvvisamente spezzato, faticoso. Rincorse ancora il suono della sua voce, caustico e sereno allo stesso tempo.
Relazione.
Così l’aveva definita Rose Weasley. Cosa? Quella cosa che avevano loro due. Fatta di conflitti, incomprensioni, tanta, ingestibile elettricità, che avevano imparato a contenere e a canalizzare nella giusta direzione. Quando si toccavano riuscivano a tacere ogni malinteso e parola di troppo, non c’erano timori, dubbi e rancori, solo il desiderio di esplorarsi e di capire quanto ancora di sconfinato ci fosse per loro, oltre tutto quello di distruttivo che si erano già dati.
Relazione.
Scosse la testa nel nulla e lo sguardo si impiantò, ovattato e penetrante, sul grifone, come se non vedesse altro. Era incantato dal movimento regale di quello strano uccello dall’aspetto pomposo che gli ricordava i Grifondoro e gli trasmetteva una certa ansia. «Relazione?» gli chiese, senza che ci fosse alcuna valida ragione per pensare che fosse la parola d’ordine.
  «Relatio-onis, derivato di referre, riferire. Esposizione, illustrazione, connessione».
Trasalì e condusse la mano alla bacchetta riposta sotto la giacca. Gli occhi tornarono fissi sul grifone, ma la sua immobilità lo spaventò.
  «Credevo studiaste il latino» ritornò la voce, insieme a passi che prima gli erano sfuggiti.
Si voltò di scatto mentre sussurrò alla sua bacchetta di illuminarsi.
  «Abbassi la luce, Signor Malfoy, è perfettamente al sicuro con me»
Korbin Perkins apparve lentamente sempre più distinto, all’interno del triangolo luminoso disegnato dalla sua bacchetta e gli sorrise cordialmente, instillando in lui il bisogno di stringere la bacchetta.
  «Demiguise» disse con convinzione al grifone che prese vita. Perkins intercettò i gradini in movimento con un saltello «La Preside è un’amante degli animali, lo sapeva?»
No, non lo sapeva e gli interessava davvero poco. Ciò che più gli premeva di scoprire era perché lui si trovasse lì in quel momento, diretto all’ufficio della Preside. Attese a lungo e si lasciò ospitare solo dall’ultimo gradino, tanto perché la distanza rendesse palese l’ostilità con cui già il suo silenzio aveva riempito gli spazi tra lui e il professore.
  «Si accomodi»
Non ci pensò neanche per un minuto, pertanto restò in piedi al centro dell’ampia sala circolare, sotto la pigra sorveglianza degli antichi presidi sonnolenti.
  «Deve esserci stato uno sbaglio, professore. Sono stato convocato dalla Preside, nel suo ufficio».
Lungi dalle ossequiose arti dialettiche di Albus Potter, poteva comunque dirsi soddisfatto della propria abilità nel mistificare ogni forma di ribrezzo. Non si risparmiò, tuttavia, dalla valutazione di quanto inopportuna fosse la presenza di quel pagliaccio in un posto tanto rispettabile.
Perkins ebbe, quantomeno, la decenza di non sedersi sulla poltrona dietro la scrivania. «Vorra scusarla se non si presenterà al vostro incontro. È stata trattenuta da faccende di carattere, come dire, disciplinare» precisò, dopo una pausa enfatica e un lungo sorriso che Scorpius non seppe interpretare. «Si è assicurata, tuttavia, che il vostro appuntamento venisse rispettato, data l’importanza della questione».
  «E ha mandato lei?» chiese, non potendo trattenere una punta di scetticismo. Adesso che i contorni di quella faccenda assumevano forma definita, gli sembrò tutto talmente grottesco da montargli una furente ira: stava rinunciando all’adunata di Walder per concedere a Perkins il suo momento di gloria.
  Perkins si lasciò andare a una leggera risata «Temo che dovrà far pace con l’idea che io sono un suo professore».
Scorpius trascinò la sedia lontano dalla scrivania con uno stridore insistente che fece sorridere il professore. «Mi dica pure»
  «Signor Malfoy, la questione che vorrei trattare è piuttosto delicata»
  «Le ho mancato nuovamente di rispetto?»
Perkins fece una lunga pausa «Si tratta di sua madre. Domani salirà sul primo treno diretto a Hogwarts, desidera parlare con lei di alcune novità che hanno interessato la sua famiglia. Non vorrei essere io ad affrontare l’argomento, ma di certo saprà che Adam Nott è stato reintegrato dal Ministro della Magia, e le accuse nei confronti della famiglia di sua madre si sono fatte più insistenti»
Scorpius lasciava scorrere lo sguardo dal professore a un punto vago della stanza, dove i suoi occhi si annebbiavano. La mortificazione lo inchiodava alla sedia e gli faceva battere la gamba, come se fosse scossa da tremori. Arrestò il movimento appena se ne accorse.
  «Perché avete permesso a mia madre di venire qui?» sussurrò con voce roca.
Il professore costeggiò la scrivania e si avvicinò al ragazzo, che sollevò uno sguardo ostile «Forse non ti è chiara la difficoltà della situazione, Scorpius. Inizierà un processo, ci saranno i giornalisti alle porte di Hogwarts e per te potrà non essere un momento facile. L’ultima cosa che la scuola vuole è che un suo studente venga sottoposto a una pressione del genere».
  «Che un Malfoy, intendeva dire»
Perkins sospirò cupo «Tua madre è molto preoccupata per te»
  «Mia madre è una persona fragile» tuonò Scorpius. «E voi state assecondando le sue paranoie. Non gliel’ha detto, la cara Preside?» aggiunse con un sorriso isterico «Mia madre ha perso la ragione da molti anni. È convinta che chiunque ce l’abbia con lei, che i Nott la perseguitino e che lei sia la causa dei peggiori mali compiuti a questo mondo»
  Perkins annuì pensieroso «Se così stanno le cose, la scuola dovrebbe chiedere un colloquio con Hermione Granger, alla presenza di tua madre, per rassicurarla in merito alla tua salute e serenità…»
  «Non mi sta ascoltando, professore. In che modo pensa che un incontro con il Ministro possa farle bene?» sospirò stanco e si portò una mano agli occhi «Me ne occupo io, a quanto pare sono l’unico qui dentro capace di gestire una probabile esplosione».
Il latrato di una sirena coprì ogni altra parola e rimbombò nella stanza dalla volta alta. Entrambi sobbalzarono e si guardarono intorno istintivamente, mentre le mani corsero a stringere la bacchetta. Il professor Perkins si diresse verso l’ampia finestra, affacciata sul cortile interno, sul campo da Quidditch e sulla Foresta Proibita in lontananza. Emise un gemito di sorpresa. Quando Scorpius lo fiancheggiò, ciò che vide fu la Stamberga Strillante avvolta da una nube di fuoco alto e sfavillante, che imperava nel buio della notte e disperdeva scie di fumo e fiamme, senza, tuttavia, compromettere l’architettura dell’edificio.
Un fuoco magico divorava la sede dell’Adunata, mentre i suoi compagni di Casa vi erano nascosti. L’allarme tuonava, svegliando l’intero Castello.
  «Non ti muovere da qui» disse il professore, poco prima di abbandonare la stanza.
Scorpius continuava a fissare la Stamberga Strillante in lontananza, alla ricerca di minuscole figure che da essa uscissero e che si dessero alla fuga, ma intorno al rudere c’era solo fuoco e fumo acre che saliva in spirali, illuminate dagli occhi della notte.
 
 
 
- § -
 
 
 
Eloise e Candice avevano aperto la porta del Dormitorio, trovando Tess Rivers ancora seduta sul letto di Rose. La ragazza si era congedata educatamente, lasciando che un silenzio attonito riempisse la stanza, al posto delle domande che ognuna di loro si dipinse sul volto. Tra le possibili risposte, nessuna di queste era riuscita a spiegare l’assenza di Melissa e di Johanna.
Rose aveva lasciato la Stanza Comune di Grifondoro già da parecchio.
La conversazione avuta con Tess poco prima le riempiva ogni pensiero.
 
  «Non ti conviene aspettarla sveglia»
  «Di chi parli?»
Tess le aveva rivolto uno sguardo eloquente «Dell’unica amica che ti è rimasta».
Nonostante avesse preso la dolorosa decisione di ricorrere al suo aiuto, non riusciva a risparmiarsi di constatare la facilità con cui la ragazza mostrava la sua parte più sgradevole.
  «Apprezzo l’interessamento» mentì «ma non è quello che ti avevo chiesto»
  «Sai perché riesci a essere così cieca davanti alla verità?» aveva aggiunto allegramente. «Perché ti sfugge la visione d’insieme. Inseguire una vita di coppia con Malfoy è talmente tanto estenuante?»
Rose avrebbe tanto voluto strangolarla, ma si limitò a poggiarle una mano delicata sul braccio «Perché mi fai domande di cui conosci già la risposta?»
  «Perché tu non mi dai mai nulla in cambio» Tess mise il broncio e prese a battere il piede sul pavimento, stizzita «A che prezzo raccontarti i dettagli delle discussioni tra Candice e Vincent, quando poi non posso ripagare con la stessa moneta le curiosità della tua ex migliore amica?»
Un’ombra scese sul volto di Rose «Lei ti chiede di me?»
   «Di te e Johanna, di te e Malfoy, di te e Alan Doyle. È una curiosità abbastanza comune, a dire la verità. Come vedi, la mia credibilità si basa sulla quantità di informazioni corrette di cui posso disporre»
Rose la guardò inorridita «Oppure potresti dire a Candice di lasciarmi in pace, una buona volta»
  «Come tu lasci in pace lei e Vincent? Lo vedi? Siamo tutti uguali» Tess la guardò con attenzione chiudersi nel suo silenzio «Imparerai a fidarti di me» concluse.
  «Non ho scelta, Tess. Sei gli occhi e le orecchie di questa Casa» disse in un sussurro cupo.
Lei sorrise lusingata e si schiarì la gola «A proposito di questo, avrai notato che la Sala Comune è vuota. Louis non ha fatto eccezione solo con te, ma ha concesso a chiunque un lasciapassare per questa sera, nonostante ci sia il coprifuoco. Un comportamento stranissimo».
  «Perché l’ha fatto? In quanto Caposcuola risponderebbe lui stesso di questa violazione, la Preside è stata molto chiara»
Tess annuì «Mi sono premurata di fornirti una lista di persone che al momento non sono in Dormitorio, né in Sala Comune. Come vedi, figurano il Caposcuola in persona, i tuoi cugini e la tua amica del cuore».
 
E molti altri studenti Grifondoro.
Bussò contro il muro in pietra un paio di volte. Un ragazzino Serpeverde dall’aria divertita la accolse all’ingresso.
  «Dove pensi di andare?»
  «Scusami per l’intrusione. Saresti così gentile da farmi passare? Ho necessità di incontrarmi con mio cugino Albus Potter, sesto anno».
Il ragazzo sembrò non averla ascoltata «Potrei, forse, ma c’è un prezzo da pagare» rispose con goffa lascivia, guardando i compagni sghignazzanti. Quando ritornò a prestare attenzione a Rose, incontrò la bacchetta della ragazza piantata dritta tra i suoi occhi.
  «Che perdita di tempo provare a essere gentile con voi».
Il Dormitorio maschile dei suoi ragazzi preferiti era completamente deserto. Per quanto non avesse mai considerato gli abitanti di quell’anfratto dai colori tetri, individui particolarmente ligi al dovere, la violazione tanto sfacciata di un divieto, appena imposto dalla Preside, era troppo persino per loro.
Trovò la Mappa del Malandrino nell’armadio di Albus, nascosta con perizia tra le pieghe dei maglioni.
La ricerca dei suoi compagni di Casa non fu così ardua come aveva immaginato; li ritrovò in un punto preciso della Mappa, dove questa disegnava un edificio dai tratti confusi, sommersi dai tanti nomi che si affastellavano l’uno sull’altro. Si trattava della Stamberga Strillante, e una buona parte degli studenti di Hogwarts era, inspiegabilmente, concentrata al suo interno.
Rose ne riconobbe fin troppi:
 

Johanna Jordan, James Sirius Potter, Fred Weasley, Melissa Davis, Louis Weasley

Dominique Weasley, Roxanne Weasley, Lorcan Scamander, Lysander Scamander

Albus Severus Potter, Alan Doyle, Vincent Nott, Katherine Hastings, Clegar Walder

Molly Weasley 


Un suono disturbante irruppe nell’interno più profondo del suo cervello e rimbombò contro le pareti del Dormitorio. L’allarme incalzava, accelerando il suo ritmo, mentre Rose si precipitava in Sala Comune, a ritrovare la stessa sua confusione nei volti degli studenti Serpeverde.
 

 

 
- § -
 
 
 
Scorpius era ormai nella Sala d’Ingresso.
  «Signor Malfoy, cosa fa fuori dal letto?». Il professor Roberts gli andava in contro, avvolto nella sua vestaglia verde oliva di velluto. «Un’altra segnalazione per questa sera, l’ennesima».
L’organico della scuola era tutto riversato tra i corridoi, nella Sala d’Ingresso, lungo le scale.
  «C’è stato un malinteso, professore. Sono stato convocato dalla Preside, ero lì con Perkins fino a poco fa, poi è scattato l’allarme e il professore si è recato personalmente alla Stamberga».
  «Alla Stamberga!» arrivò la voce stridula di Madama Pince «Oh buon cielo».
  «Vedremo, Malfoy» borbottò il professore preoccupato «Rimandiamo questo discorso alla presenza del professor Perkins, perché stasera i tuoi compagni di scuola fremono dal desiderio di ricevere una bella punizione» disse, facendo vibrare di collera i folti baffi.
Scorpius avvertì gocce di sudore scivolare sotto la sua camicia e accarezzare il martellante movimento del suo cuore. I palmi erano ghiacciati per la corrente che sferzava l’aria, tra il Portone spalancato e le finestre, alle quali in molti erano affacciati. Il trambusto era narcotizzante, per quanto figure frettolose gli passavano accanto. L’ira dei docenti era alle stelle e Scorpius guardava in lontananza la Stamberga Strillante, chiedendosi come avrebbe mai potuto salvare Albus da quella situazione.
Quando l'ennesimo professore gli passò accanto adirato, pensò che la soluzione più saggia fosse quella di rintanarsi nell'oscurità dei Sotterranei, ma lungo la profonda scala che defluiva vero il basso, un’ombra svelta venne catturata dalla lanterna passeggera, alle calcagna di un professore frettoloso.
Sgattaiolò via dall’attenzione dei presenti e inseguì la sagoma dai capelli rossi.
  «Rose, che ci fai qui?» La ragazza era stravolta e lo guardava con occhi persi.
  «Non capisco cosa stia succedendo. Devo andare alla Stamberga».
Scorpius le bloccò il viso tra le mani, accarezzandole i capelli, ma parlando con voce chiara e decisa.    «Ascoltami bene, devi andare subito in Sala Comune: i professori stanno setacciando il Castello e a breve avvieranno un’ispezione in tutte le stanze. Non è solo violazione del Coprifuoco, quelli che verranno scoperti fuori dal letto saranno in un gran bel casino».
  «Ma, non capisci» biascicò «sono tutti fuori dal letto. Albus…»
  «Lo so, questa sera si è tenuta un’Adunata alla Stamberga. Mi dispiace, Rose, ma temo che Albus e tutti quelli di Serpeverde non siano riusciti a scappare in tempo».
La ragazza continuava a scuotere la testa «Johanna, James, Fred… ».
Scorpius continuò ad accarezzarla, ora sinceramente preoccupato dallo stato in cui versava: continuava ad agitare la Mappa del Malandrino, fino a che non la aprì, indicando a Scorpius un punto ben preciso.
  «Non è possibile» disse lui davanti alla sfilza di nomi imprigionati nella Stamberga Strillante.
Quando qualcuno in lontananza urlò un ordine e diversi passi seguirono quella via, Rose gli strinse forte la mano. «Scorpius» disse in un filo di voce «Il libro della Sezione Proibita: è nella mia stanza, se fanno l’ispezione lo troveranno».
Scorpius abbandonò presto l'idea di essere sfuggito a un gramo destino, evitando l'Adunata di quella sera. L'esperienza, più volte, aveva tenuto a fargli notare che non esiste destino più gramo di Rose Weasley. «Andiamo a prenderlo».
 
Procedere tra i corridoi di Hogwarts non era mai stato tanto complicato.
Scorpius si faceva avanti, controllando la strada e assicurandosi che un altro antro buio fosse vicino e pronto a nasconderli agli occhi del personale scolastico.
  «Scorpius Malfoy» tuonava ogni tanto qualche voce.
  «Ero con il professor Perkins fino a poco fa, lo chieda a lui. Ho sentito l’allarme e ho pensato di controllare cosa stesse succedendo» ripeteva a ogni passante.
  «Hai pensato male!»
  «Fila nei Sotterranei prima che abbia il tempo di spiegarti da quanti punti di vista questa tua scusa sia poco credibile».
Alle porte della Sala Comune di Grifondoro, la Signora Grassa non risultò collaborativa.
  «Non puoi esserci ricascata, ragazza mia» si lamentò, fulminando Scorpius con lo sguardo. «Non sarai una Corvonero ma un minimo di sale in zucca dovrai avercelo».
  «La prego, Signora Grassa, le prometto che non metterà piede nel Dormitorio»
  «Ah» sbuffò scettica «Me ne ricorderò» concluse, aprendo il passaggio «E sappiate che i quadri parlano» li riconcorse con la sua eco.
  «Inquietante» Scorpius incrociò le braccia al petto, come se si sentisse violato. «E con questo scordati di chiedermi di rimanere nella tua Sala Comune. Almeno da me si fanno gli affari loro».
  «Ma ti sembra il momento?»
 
Rose tornò con il libro sottile infilato nei jeans e nascosto dalla giacca, chiusa sopra il maglione.
  «Ho pensato potesse esserci utile» disse, porgendo al ragazzo metà del Mantello dell’Invisibilità «è la settimana di Lily»
Scorpius se lo gettò sulle spalle, ma, per riuscire a coprire la sua notevole altezza, dovette provare ad accucciarsi, sollevare una gamba e lasciare un gomito scoperto e sospeso nel nulla. Infine lo sottrasse dal corpo di Rose, se lo sistemò con attenzione e attirò la ragazza a sé. Le avvolse le mani intorno alle spalle, chiudendole il mantello sul petto. Si concesse di indugiare sulle curve del seno, di accarezzarle i fianchi e di accompagnarli contro il proprio corpo.
Rose rispose con un’immobilità inerme, ma inclinò il capo, liberando il collo dall’invadenza dei capelli, e concedendo al ragazzo di poggiarvi le sue labbra. Scorpius depositò finalmente le braccia sul suo corpo, prendendole il ventre, i fianchi e tutto ciò che riusciva ad avvolgere. La strinse a sé con tenerezza, le annusò i capelli, il volto e il collo, rilasciando baci di una dolcezza sconvolgente.
  «Mi dispiace per prima».
Lei chiuse gli occhi, lacerata dall’interno «Non fare così, sai che non è giusto». Lo sentì soffiare una risata nel suo orecchio. «E non è il momento». Voltò il capo per incontrare i suoi occhi accesi di una luce intensa, che le fece dimenticare ogni cosa. Era muto e imperscrutabile, ma nelle iridi un capriccio ballava e la penetrava così a fondo da farla sentire nuda. In quell’istante sì percepì come l’essere più desiderabile sulla faccia della terra.
Si sostenne sulle punte per incontrare le sue labbra e baciarlo frettolosamente, poi cambiò idea e le mani si fiondarono nei suoi capelli, toccandogli il viso, il collo e il petto sotto il maglione. Scorpius reagì in ritardo, quasi strappandole altri baci e facendole male mentre la stringeva a sé.
  «Dobbiamo andare»
 
Come da previsione, il professor Arrows sbarrava l’ingresso della Biblioteca con il suo passo goffo che saliva e scendeva, visibilmente annoiato. Scorpius si accorciò sotto il mantello, quasi piegandosi sulle ginocchia, ma per quanti sforzi facessero entrambi,  i loro piedi continuavano a vagare solitari nel nulla.
  «Vado solo io» proruppe Scorpius nervoso.
  «Non dire assurdità».
  «Frena l’impulsività, Grifondoro. Io ho accesso alla Sezione Proibita, la mia presenza è necessaria, mentre la tua è solo un peso».
La ragazza lo guardò accigliata «E’ un libro di melediziologia, può essere depositato solo dalla mano che lo ha afferrato».
Rose aveva letto un’informazione del genere da qualche parte, ma non era sicura che questo discorso fosse estendibile anche al loro caso. Il ragazzo, il cui colorito si era fatto più eburneo, non sembrava intenzionato a intrattenersi in quella situazione ancora a lungo, pertanto finse di crederle.
Scorpius trattenne il respiro e proseguì a piedi scalzi, superando la figura di Arrows e arrestandosi accanto al portone. In quel momento Rose lanciò, lungo il corridoio, uno degli articoli Weasley che avevano trafugato in camera di Lily, il quale produsse un frastuono in lontananza, simile a una mitragliatrice in azione. Mentre Arrows si accasciava spaventato, il ragazzo aprì il portone e lo lasciò aperto nel buio.
Avvertì dei movimenti alle sue spalle, poi il corpo esile di Rose sgusciò dietro di lui.
Scorpius sgranò gli occhi «Avresti dovuto aspettare che ti passassi il Mantello dalla finestra» sussurrò con il cuore che impazziva nel petto.
  «Mi è sembrato un piano troppo macchinoso»
  «Sì, ma era il piano. Si chiama così perché va rispettato»
La ragazza non lo ascoltava più, invece scendeva la minuscola scala a chiocciola diretta alla Sezione Proibita. L’odore di muffa pungente gli inumidì gli occhi, mentre cercava di orientarsi al buio e di tenere il passo spedito di Rose Weasley, che, senza timori o premure, si inoltrava in luoghi sconosciuti, e celati alla loro vigilanza.
Quindi oltre che preoccuparsi per la propria pellaccia, doveva considerare anche le sorti di quella ragazza sconsiderata.
Man mano che si inoltravano, l’allarme stridente si attenuava a una litania di sottofondo, e il trambusto del Castello veniva risucchiato nel ronzio del silenzio. Scorpius fu scosso da un tremito.
Puntò la bacchetta contro il marchio di ceralacca color porpora, che sigillava un consunto lucchetto in ottone, e incidendo con la punta della bacchetta, realizzò una runa antica. Il marchio si indorò per diversi secondi, per poi disperdersi in fuliggine rossastra.
  «Perché non funziona?». Per la prima volta Scorpius avvertì il panico nella voce della ragazza, e l’ansia gli fece bruciare lo stomaco.
  «Non lo so»
  «Hai sbagliato incantesimo?»
  «No, è sempre lo stesso incantesimo, è quello che uso da anni»
  «Allora avrai sbagliato la formula»
Scorpius le lanciò un’occhiataccia «Non ho sbagliato la formula»
  «Beh, non è che abbiamo molte altre soluzioni» replicò lei querula «Quindi io direi che un secondo tentativo ce lo possiamo concedere, senza che questo valga come oltraggio alla tua perfezione, che ne pensi?»
Scorpius preferì concederle solo un silenzio di disappunto e un sospirò enfatizzato mentre puntava, per la seconda volta, la bacchetta contro la ceralacca. Prima ancora che ebbe il tempo di pronunciare l’incantesimo, una runa che nulla aveva di familiare, si dipinse sul marchio, incidendo la dura cera fiammante e lasciandola colare come lava.
Rose si trattenne dal battere le mani con ilarità «Bisogna sempre darsi una seconda possibilità».
  «Non sono stato io»
Scorpius si era voltato verso le scale, puntando la bacchetta nel buio e cercando risposte in una figura, nascosta dalla penombra, che illuminava lo spazio con una chioma bionda e splendente quanto una lanterna magica,
  «Sono stata io» disse Dominique Weasley.
 
  «Tu dovresti essere alla Stamberga Strillante» la accusò Rose.
Dominque studiò attentamente la scena per diversi secondi. «Hai in mano la Mappa del Malandrino, ovviamente, altrimenti non potresti essere a conoscenza dell’Adunata. Non ti avrebbero mai scelta per far parte dei Sesti. Tu invece» continuò, indicando Scorpius «Hai cercato di sbloccare la serratura con una runa antica, ma non eri presente all’Adunata. Fai parte dei Sesti di Serpeverde e ti sei salvato dallo sfacelo di questa serata. Buon per te, forse».
I ragazzi si guardarono perplessi e Scorpius ruppe il silenzio «I Sesti di Serpeverde?»
  «Ogni Casa ha le sue gerarchie» rispose in tono annoiato, di chi assiste alla stessa scena per l’ennesima volta. «Solo i Settimi ne sono a conoscenza, si spartiscono le competenze e informano i successori solo al termine del Sesto anno» riferì tutto d’uno fiato, con voce informe. «La notizia davvero divertente è che adesso le identità di tutti i Sesti sono state rivelato, il che, ammettiamolo, è potenzialmente deleterio per il quieto vivere delle Case. Cosa è successo? Nessuno se lo spiega, ma ci siamo ritrovati tutti alla stessa Adunata».
Con un gesto della mano indicò loro di spostarsi, aprì il cancello della Sezione Proibita e passò oltre.
  «Come hai fatto ad aprire la serratura?» chiese Scorpius.
  «Questa sera c’è stato il cambio di consegna. Non sarebbe dovuto avvenire alla presenza di tutti, ma non abbiamo avuto scelta. La Sezione Proibita adesso appartiene a Corvonero e noi, ovviamente, abbiamo cambiato la runa» chiarì con un sorriso soddisfatto. «Ve ne siete appropriati ingiustamente per troppo tempo».
Dominique sfilò tra gli scaffali, inspirando con orgoglio l’odore stantio di umidità e pergamena impolverata. Ogni tanto afferrava qualche libro e lasciava scorrere la bacchetta tra le pagine, inspirandone l’ombra, come un velo acquitrinoso, che si dissolveva nella sua bacchetta.
Rose le invidiò quella capacità, quell’incantesimo così prezioso che lei non conosceva. Per la verità, le invidiò tutto, più di quanto avesse mai fatto. Guardò Scorpius che recepiva con cupa irritazione le parole della ragazza, e si sentì esclusa, inferiore, ridicola a trovarsi lì, con il suo libro da depositare. Si avvicinò allo scaffale in questione e i libri si fecero da parte, per permettere al suo di ritornare lì dove l’aveva trovato.
  «E’ il motivo per cui ora ci troviamo tutti in questa situazione» spiegò ispida, guardando Rose «Per i Serpeverde che sottraggono libri alla Sezione Proibita, mettendo la McGranitt in allarme».
  «Abbiamo sempre messo questo servizio a disposizione della scuola»
Dominique si portò i boccoli dorati dietro alle spalle «Siete maldresti e attirate troppo l’attenzione su di voi. I libri non possono uscire da qui, siete voi a doverli portare fuori» spiegò, ripetendo sempre lo stesso movimento con la bacchetta e strappando copie su copie di pagine bagnate.
  «E tu, come te ne sei tirata fuori? Gli altri sono ancora alla Stamberga»
  «Quando abbiamo capito che qualcuno ci aveva incastrati tutti, era chiaro che la McGranitt ci avrebbe sottratto i privilegi che le Case patteggiarono tempo fa. Non potevamo permettere di perdere tutte le nostre competenze: la bottega di Pozioni, gli Archivi e la Biblioteca, gli Incantesimi di Difesa Contro le Arti Oscure, le stanze segrete della Scuola…abbiamo dovuto fare una scelta, e questa è caduta, ovviamente, sui libri» per la prima volta la sua voce si incrinò quasi commossa «senza i quali siamo perduti. Hanno nominato me, per un discreto favoritismo, avendo Louis, James e Roxanne dalla mia parte. Alla Stamberga c’è un passaggio che conduce ai magazzini di Mielanda, dove Alec, il proprietario, conserva la sua piccola e inutile scopa monoposto. Quindi eccomi qui».
Scorpius sembrava sul punto di schiantarla, mentre lei volteggiava tra i libri, leggiadra e annoiata. Terminò la sua danza soddisfatta e mosse i tacchi in direzione dell’uscita.
  «Mi complimento, Miss Weasley, siete l’unica a non aver condiviso la disfatta con la propria squadra».
Dominique rise di gusto «Un Serpeverde che mi fa lezione sul senso dell’onore. Ora le ho viste tutte»
  «Ti sarà costato tanto accettare il compito scelto per te, immagino» aggiunse Rose.
  «Come siete carini» commentò leziosa «Non molto gentili, nell’allearvi contro colei che ha fatto scoppiare il vostro amore, e sicuramente poco furbi, ma questo non mi sorprende» concluse amareggiata e vagamente querula, come se la colpa di questa valutazione fosse da attribuire all’intero genere umano. «Mi è costato accettare questo compito, cara Rosie, tanto quanto a ogni Grifondoro è costato vedermi immolata per una causa comune. Il sogno della loro vita, in poche parole». Si avvicinò alla cugina e le poggiò un profumato bacio sulla guancia, poi fece lo stesso con Scorpius, sfiorandolo con più leggerezza. «Nessuno potrà evitare la disfatta, questa sera» annunciò con tranquillità, prima di riprendere il suo lavoro.
  «Quindi persino Dominique, e Johanna…» mormorò Rose a se stessa.
  «Di che stai parlando?» chiese turbato Scorpius.
  «Fate tutti parte di questa… cosa, tutti tranne me»
  «Perché ne sei sorpresa?» rispose acidamente lui «Non è roba per te, non resisteresti un giorno in questo sistema»
Altre parole le morirono in gola, per cui riuscì solo a bisbigliare «Ti ringrazio»
Scorpius sollevò gli occhi per guardarla bene «Guarda che è motivo di merito per te» spiegò, ma la ragazza si ostinava a non incontrare il suo sguardo.
I passi silenziosi di Dominique si persero lungo la scalinata, mentre il cancello della Sezione Proibita si richiudeva lentamente alle sue spalle, costringendo i ragazzi a sgattaiolare fuori dalla stanza.
In cima alle scale, un fascio dorato spezzava il buio della biblioteca e bloccava la figura della cugina sul posto, quindi Rose afferrò il braccio di Scorpius e gli intimò di ascoltare il vociare in sottofondo.
  «Non sia timida, Signorina Weasley. Signor Malfoy, prego, si faccia avanti».
In cima alle scale, Dominique Weasley fronteggiava Arrows con aria pacata, come se lui le avesse appena chiesto le previsioni del tempo. L’esile figura della ragazza era inondata dalla luce della bacchetta, che la McGranitt impugnava dritta e rigida, come un prolungamento del suo braccio austero.
Li guardava tanto amareggiata, quanto tremendamente soddisfatta. «Sarò una lunga nottata».
 
 
 
- § -
 
 

Durante la tetra processione, che li avrebbe condotti nello studio della Preside, non fu concesso loro nemmeno di sostare in una sala d’attesa o anche solo di accasciarsi sul pavimento freddo del Castello, in quella lunga notte gelida di un inverno, in cui avrebbero per sempre ricordato le scelte sbagliate compiute nella loro vita.
Rose l’avrebbe trovata una punizione sufficiente, incisiva, ma a ben pensarci il dolore alle ginocchia gareggiava con le fitte alla bassa schiena, mentre lei si dondolava sui piedi per ridistribuire il peso, concedere un po' di tregua alle piante ormai atrofizzate, e l’idea che la McGranitt sapesse il fatto suo iniziava a non sembrarle più soltanto una leggenda.
La notte era cambiata, come se il vento freddo e il cielo polveroso fossero stati solo segnali degli atti nefandi appena compiuti. La luna finalmente proiettava una luce limpida, che rinfrescava l'aria, ormai sgombra dal fumo e dai bagliori caldi delle lanterne di emergenza. Tutto era disteso, silenioso e tremendamente immobile.
Dopo mezz’ora di attesa, la fila si mosse di un metro, segno che un altro studente stava per essere sottoposto a giudizio.
Dominique la precedeva, Scorpius era dietro di lei e ogni tanto le poggiava una mano sulla schiena, quando temeva di vederla precipitare al suolo. Quel moto di apprensione, seppur eccessivo, le scaldava il petto e le guance, facendola sentire ridicola nel desiderare quella premura, ma anche protetta, in una notte in cui tante certezze erano crollate.
Le sembrò assurdo constatare che chiunque la circondasse conservasse un segreto a lei celato, e che la famosa visione d’insieme fosse solo un’illusoria menzogna. E in questo turbine di incertezza, solo Scorpius Malfoy le era stato vicino.
Quando fu il turno di Dominique, uno dei custodi le fece cenno con la mano e le sorrise gentile, così da infonderle un coraggio, di cui la ragazza non aveva bisogno. Aveva atteso impassibile quel momento, senza tradire alcuna emozione, per questo Rose si sorprese di vederla sbiancare all’arrivo di Teddy Lupin, vestito di tutto punto, che comparve dietro l’uomo gentile, come un cavaliere splendente.
  «Entro io con la ragazza»
  «Certo, professore, prego»
Teddy sembrava imbarazzato «Non chiamarmi professore, Magnus, mi hai visto crescere. Sono solo un tirocinante»
Lanciò uno sguardo d’intesa a Rose e Scorpius, e accompagnò una riluttante Dominique.
Rose si voltò a guardare Scorpius e lo vide teso.
 

  
- § -
 
 
 
 «Hai pensato a qualcosa da dire?»
  «Ci sto pensando da due ore» rispose nervoso «Siamo gli unici senza un alibi. Quelli dell’Adunata avranno sicuramente definito una versione comune. Come ti senti?»
Non seppe dire se Rose Weasley riuscisse davvero a capire quanto dovesse sentirsi tradito, ma la possibilità che qualcuno della sua Casa potesse comunicare con lui era davvero remota: inchiodati in una fila chilometrica, tutti i ragazzi sopresi fuori dalle Sale Comuni, non potevano lasciare il proprio posto, eccezion fatta per raggiungere i bagni, dove venivano scortati da un professore. Lui stesso non riusciva a scorgere nessuno dell’Adunata, probabilmente i primi della fila a essere stati sottoposti all’interrogatorio.
  «Mi fa male tutto»
Scorpius fece un passo verso di lei e le permise di appoggiarsi al suo petto; lei accettò volentieri, allentando il peso sulle gambe. Quando il custode li intercettò, fece loro segno di allontanarsi.
  «Credo convenga affidarci alla versione di Dominique» concluse Rose.
  «Che non ci eviterà una memorabile punizione»
Rose annuì con rassegnazione, poco prima di seguire il percorso indicato vanamente dalla mano del custode.
Quando fu il momento di Scorpius, di varcare la soglia, il professor Perkins gli mantenne aperto il portone ed entrò con lui.
  «Sei tranquillo, Malfoy?»
Lui lo guardò sorpreso «Nei limiti del possibile» rispose atono, ma in cuor suo si sentì più leggero.
La McGranitt non sembrò troppo contenta di vederlo. Non doveva essere stata la nottata migliore della sua vita, ma Scorpius fu certo che le sue sopracciglia avessero raggiunto un livello di linearità non ancora sperimentato, e gli occhi le si erano chiusi con la stessa stanchezza di chi medita la pensione.
  «Siediti, per favore»
Anche la cortese severità della sua voce tradiva il disagio che stava provando. Un processo disciplinare al figlio di Draco Malfoy, sorpreso a vagabondare di notte nella Sezione Proibita, in compagnia di due ragazze Weasley, non doveva coincidere con il momento più alto della sua carriera.
  «Sai perché sei qui?»
  «Sì» rispose secco «signora Preside»
L’esperienza gli aveva insegnato che ridurre al minimo il contenuto delle risposte poteva essere un’ottima strategia di salvataggio. Guadagnare tempo, era il segreto, così da far spazientire l’avversario o permettere al Grifone imbalsamato all’ingresso di prendere vita, irrompere nella stanza e vendicare secoli di parole d’ordine poco dignitose.
La McGranitt assunse un’espressione severa «Hai ignorato il coprifuoco, hai vagato per il Castello, per di più nella Sezione Proibita. Lo confermi?»
C’erano vie di fughe? «No, non confermo» rispose in tono rigido «Non ho ignorato il coprifuoco. Quando è scattato mi trovavo nel suo studio con il professor Perkins. Non è stata una mia volontà quella di violarlo»
  «Posso confermare» arrivò la voce scura del professore.
Tutti si voltarono a guardare l’intruso, compreso Arrows che grugniva di disapprovazione e Teddy Lupin, la cui espressione perplessa rimase incollata sul volto di Perkins per più tempo del necessario. Scorpius lo vide corrucciare la fronte, sistemarsi gli occhiali sul naso, irrequieto, e allontanare nel nulla uno sguardo pensoso. Persino Scorpius iniziò a studiare con sospetto tutta quella spontanea solidarietà.
  «Ma tua è stata la volontà di dirigerti nella Sezione Proibita, invece di tornare nei Sotterranei»
  «Temo di no» intervenne Perkins nuovamente.
La Preside sembrò incuriosita dalla sua posizione, e vagamente speranzosa di trovare nelle sue parole risposte confortanti.
  «Il ragazzo era stato convocato nel suo studio per essere informato di una questione familiare particolarmente delicata, come ben sa» spiegò con l’assenso della Preside «Dopo aver ricevuto l’allarme, ho pensato di raggiungere la Stamberga, ma il ragazzo sembrava visibilmente scosso per la notizia appena ricevuta».
La storiella di improvvisa coalizione tra lui e il professore stava prendendo una piega non propriamente di suo gradimento. Il fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio si confermava come il motto Serpeverde di maggiore affidabilità.
  «Deve scusarmi, signora Preside, per questo mio errore di valutazione. Ho pensato di chiedere al Signor Malfoy di riporre, per mio conto, un libro nella Sezione Proibita»
Da “ragazzo” emotivamente provato a “Signor Malfoy”, inviato speciale per le missioni suicide, il passo fu troppo breve e Scorpius dovette accertarsi di aver sentito bene.
  «Ha mandato uno studente nella Sezione Proibita?» chiese Arrows al posto dei presenti.
  «Con le chiavi provvisorie» confermò Perkins.
La McGranitt chiuse le palpebre un paio di volte senza emettere un suono. Guardò a lungo Perkins, poi si rivolse lentamente a Scorpius, soppesando ogni parola «Quale libro avresti depositato in Biblioteca, Signor Malfoy?»
Scorpius tacque per qualche istante, mentre una goccia di sudore gli imperlava la fronte. Pensava a quel maledetto libro, a Perkins, ai suoi misteri che lo avevano scaraventato in quella situazione e agli stessi misteri che, in quel momento, gli suggerivano di prendere le sue difese. Pensò a Rose Weasley e a quel dannatissimo desiderio Grifondoro di votarsi all’avventura senza una buona strategia; all’impulso che le aveva suggerito di rubare un libro sulle Maledizioni, alla dedizione con cui lo aveva sfogliato in Biblioteca, il giorno precedente.
Quel pensiero lo fece sussultare, perché nemmeno per un istante aveva considerato la questione più importante del bisogno di tornare con le mani e con le labbra sul corpo di Rose Weasley. Le aveva sottratto il libro, abbandonandolo sul tavolo, insieme allo loro intenzioni di imporre delle regole a quello che stava succedendo.
  «La svista delle maledizioni» rispose, ripensando a quella copertina, chiusa tra le dita di lei.
La McGranitt ebbe un fremito.
  «Lo studente di cui le parlavo ha riportato il libro nel mio studio quella sera stessa» spiegò Perkins.
  «Non so se esserne sollevata o spaventata» concluse la Preside «Abbiamo già capito che Dominique Weasley era lì per uno spiacevole inconveniente, che non le risparmierà una punizione esemplare. Rimane da definire come tu, signor Malfoy, spieghi la presenza di Rose Weasley»
  «Non l’avete già interrogata?». Scorpius prese ad agitarsi sulla sedia.
  «Certo, ma adesso occorre ascoltare la tua versione»
Scorpius sentì il panico divorarlo e pensò all’unica alternativa, cui la vita lo aveva preparato
  «Posso contare sulla sua riservatezza, professoressa?»
La McGranitt non credeva alle sue orecchie «Non è un processo, questo. Un po’ di serietà» esclamò «Non posso fare promesse su qualcosa che non mi hai ancora detto, Scorpius»
  «Bene» cominciò Scorpius, per nulla rassicurato «La verità è che Rose Weasley è la mia ragazza ed era venuta a cercarmi, perché sapeva che non ero rientrato nei Sotterranei e che nel Castello era scattato l’allarme».
La Preside chinò il capo su carte e materiale che aveva di fronte a sé. Sembrava soddisfatta. Teddy Lupin, bianco come un cencio, lo guardava perplesso, non del tutto a suo agio in quella profonda rivelazione.
 
Quando uscì dalla porta sul retro, la vista di Rose Weasley tra le braccia di Alan Doyle quasi gli fece mancare l’aria nei polmoni. Non appena la ragazza lo vide, si liberò dall’abbraccio e gli andò incontro, gettandogli le braccia al collo.
La sorpresa, per tanta manifestazione d’affetto, non riuscì a scongelarlo dal torpore che ormai lo aveva imprigionato nella sua rigidità, la stessa con cui scrutava Alan e ignorava la ragazza. Solo quando si accorse dei suoi occhi umidi di lacrime, avvertì il corpo sciogliersi.
Rose Weasley aveva due occhi blu, che, nel buio della notte, si adombravano in un nero cupo e angosciante.
Piegò su di lei uno sguardo distaccatamente interrogativo, poi Rose si voltò verso Alan, rinchiuso nella penombra, in cui lei l’aveva depositato, e lo salutò con un gesto gentile della mano.
  «Buonanotte, piccola» rispose semplicemente, al suono dei suoi stessi passi che lo conducevano lontano da lì.
  «Credo che potrei ucciderlo nel sonno» disse con voce atona Scorpius.
Rose, come da previsione, si accigliò. «Perché gli sei così ostile?»
Corrucciò le sopracciglia in un gesto scettico «Te lo devo davvero spiegare,» rispose freddamente «Piccola?».
La ragazza si ammutolì e guardò altrove, probabilmente l’avrebbe vista arrossire se la luce fosse stata dalla sua parte.
  «E’ molto gentile con me, lui»
  «Perché lo dici come se io non lo fossi?»
La sentì ridere sarcastica. «Forse, a modo tuo» replicò «Così come, a modo tuo, sei geloso»
  «E come dovrei esserlo? Come te che scappi via solo perché Kate respira la mia stessa aria?»
  «Solo perché…» Rose Weasley aprì la bocca e la richiuse esterrefatta. «Davvero è successo solo questo? Guarda, non voglio nemmeno parlarne» concluse secca «Non sono nemmeno gelosa, non mi interessa cosa fai o con chi sei nella tua giornata, quando non stiamo insieme» si interruppe, inciampando nelle sue stesse parole.
Fece per andarsene, poi si bloccò su se stessa, e Scorpius credette seriamente che stesse riflettendo sulle accuse che lui le aveva rivolto, sulla sua tendenza a sgattaiolare via di fronte alle situazioni ingestibili. Con grande fatica, ritornò sui suoi passi e piantò su di lui uno sguardo che, al di là di quali fossero le sue intenzioni, di rilassato aveva ben poco.
  «Come è andata?»
  «Bene»
  «Magnifico»
  «A te?»
Rose si strinse nelle spalle, ma la tensione iniziò a prendere il sopravvento sull’ostilità.
  «Hai avuto problemi con la McGranitt?» insistette Scorpius, addolcendo il tono.
La ragazza scosse la testa frettolosamente «Credo sia andata bene, c’era Teddy che mi ha aiutata con la versione di Dominique e la storia dell’equivoco, che ci ha condotte nella Sezione Proibita. Per Dominique credo sia stato più semplice mentire, perché aveva la ronda notturna, ma io ho dovuto arrancare qualche scusa, e la McGranitt mi ha scrutata scettica tutto il tempo» rispose con il respiro corto «Secondo te mi ha creduta?»
  «Sono certo di sì»
  «E tu che le hai detto?»
  «Non ci crederai, ma Perkins mi ha dato una mano notevole»
  «Quanto ti sei sempre sbagliato su quell’uomo» rispose meditativa, poi aggiunse, ignorando l’espressione inorridita del ragazzo «Mi ha chiesto anche di Dominique, per confermare la sua versione. Su di me ti ha fatto domande? »
  «Sì, qualcuna» tagliò corto lui.
Rose lo scrutò attentamente «Mi devo preoccupare?»
Scorpius si guardò intorno, accertandosi che non ci fosse anima viva. Poi la prese per mano e la condusse in un corridoio non troppo lontano, nell’aula più remota che gli venisse alla mente, in quella tetra ricostruzione delle mattinate scolastiche.
Rose Weasley non protestava più di tanto, solo quando lui la fece appoggiare allo stipite della porta, gli sussurrò appena «Non credi che siamo già abbastanza nei guai?»
Ma una cosa l’aveva capita su quella ragazza, che i guai la eccitassero oltre ogni misura.
  «Appunto, tanto vale approfittarne»
Lui si piegò sulle sue labbra e le spinse con forza, costringendola a sollevare la testa verso l’alto, lasciando che strofinasse contro il legno dello stipite, mentre le mani armeggiavano distratte sulla maniglia. Rose infilò le dita tra i capelli biondi e condusse il suo volto sul suo collo, mentre lui vi passava le labbra, poi la lingua, procedendo fino alla scollatura del maglione. Quel vincolo lo fece fremere di frustrazione, accresciuta dal movimento continuo del petto della ragazza, che si alzava e abbassava, lento e poderoso, sotto i suoi baci. Ritornò all’altezza del mento e si impossessò nuovamente delle sue labbra. La sentì spingere la lingua dentro la sua bocca e, prima di rendersene conto, si trovò a premere il proprio bacino contro il suo, in movimenti intensi e continui.
Si staccò da lei solo per dare un colpo deciso alla porta e convincerla ad aprirsi.
Una volta dentro, il buio venne spazzato via dalla luce lunare, che da ben due ampie finestre, arcuate e alte fino al soffitto, penetrava nella stanza. Rose gli fu subito vicina, gli afferrava le mani, le stringeva e se le portava sui fianchi, in un invito nemmeno troppo celato. Trovarono la poltrona su cui, solitamente, sedeva il professore, Scorpius vi si accomodò alla cieca e con qualche difficoltà, divertito dal gioco che voleva condurre lei.
Sgranò gli occhi quando Rose Weasley gli si sedette a cavalcioni.
Lei si arrestò e lo guardò a fondo, diffidente e impaziente, concedendogli di sfilarle il maglione, che le lasciò i capelli al vento e uno sguardo di sfida negli occhi. Scorpius decise che prendersi il giusto tempo per contemplarla in reggiseno, mentre le gambe di lei gli avvolgevano il bacino, fosse la giusta ricompensa per quella giornata.
  «E’ una tregua o ti arrendi alla battaglia?»
  «A cosa mi dovrei arrendere, esattamente?»
Scorpius si finse pensieroso, mentre le accarezzava il petto e le curve del seno «Tra le tante questioni…Alan Doyle» scandì bene le parole, con una lentezza esasperante, come se solo pronunciare quelle sillabe gli costasse fatica.
  «E’ un mio amico»
Scorpius scoppiò a ridere «Andiamo, ti facevo più intelligente»
Rose simulò uno lieve schiaffo sul suo viso, ma lui le afferrò la mano e gliela baciò.
  «E anche se fosse? Non dovrei frequentarlo?» rispose in un sospiro, mentre Scorpius le lambiva ogni singolo dito con le labbra.
  «Dipende» fece semplicemente, lasciandole la mano. Le rivolse un sorriso di sfida e incrociò le braccia dietro la testa.
Rose lo guardò sorpresa, poi si sistemò meglio sulle sue gambe, assicurandosi di accarezzare accuratamente il corpo che la sorreggeva, e si piegò sul suo viso, baciandogli i lineamenti. «Dipende?»
 
 
 
Lo vide socchiudere gli occhi e abbandonarsi completamente contro lo schienale. Lo sentì inerme, fragile e vulnerabile, come non aveva mai immaginato di poter vedere Scorpius Malfoy. Questo senso di totale indifesa, al quale lui si era concesso, glielo fece avvertire come suo e di nessun altro.
Si avvinghiò contro il suo petto, riprendendo il movimento del bacino su di lui, sentendolo risvegliarsi, toccarle la pelle nuda della schiena, sganciarle il reggiseno e farlo precipitare al suolo. Le baciò teneramente il seno, mentre tutto diventava più frenetico e intenso, e il desiderio cresceva come un’onda che le esplose contro i pantaloni di lui. Si accasciò, prolungando quel piacere in spinte tenui e involontarie, sentendo le labbra di Scorpius ancora alla ricerca dei suoi capezzoli.
Si infiltrò nella cerniera del pantalone, oltre strati di vestiti, ed esplorò tutto il suo piacere vibrante, sentendolo soddisfatto nella voce, nei suoi occhi e nella risposta che il corpo le rimandò.
Dalle finestre la luce lunare si spegneva lentamente, mentre l'alba ascendeva fioca al cielo.
  
 
 
- § -
 
 
 
Una folata di aria gelida le sferzò la pelle, mentre un fantasma le passava accanto, troppo accanto; uno sguardo carico di collera.
Da quando aveva messo piede a Hogwarts la vita era proceduta con regolare svolgimento, rasentando i limiti della prevedibilità.
A detta di suo padre, lui in tempi tranquilli avrebbe sfruttato tutte le sue energie per eccellere nel Quidditch, e nello studio – aggiungeva in un borbottio indistinto sotto il rimprovero di sottecchi lanciatogli dalla moglie – ma ogni volta concludeva quegli amari tuffi nostalgici con uno sbadiglio e una grattata alla folta barba rossiccia, cosicché Rose stentava a credere che quei propositi avrebbero trovato reale adempimento, anche senza continue minacce all’intera comunità magica.
Luce intensa, accecante tra il buio pece oltre i vetri e le nubi scure nel cielo artificiale. Calma assoluta.
Harry, d’altro canto, aveva sempre quel luccichio speranzoso di rivivere gli anni andati e sembrava  vicino alle parole dell’amico tanto quanto lo era Rose. Lui, il tempo ad Hogwarts, lo avrebbe rivissuto così come era trascorso. Con qualche lieto fine in più, diceva sempre Ginny, carezzandogli i capelli. Ma Hermione parlava nel suo silenzio, convinta che le sofferenze di Harry avessero temprato il suo spirito e cementato ogni virtù, e che, a ogni modo, rimescolare le carte in tavola abbia conseguenze troppo catastrofiche anche solo da immaginare.
Passi pesanti che precipitano nell’eco come in un vortice.
Quindi il vuoto generato dalle parole non dette di Hermione rombava assordante nella sua mente, mentre attraversava il corridoio centrale in Sala Grande, apertosi come un miglio verde al suo passaggio. O a quello di qualunque altro studente di Hogwarts.
Era sola. Mentre camminava, mentre faceva scorrere lo sguardo tra i suoi compagni di scuola, mentre si accertava che lui fosse presente, già al suo posto, pronto per giudicarli.
Avvertì il suo sguardo marchiarla a fuoco con più forza di quanto facessero gli altri, nonostante quegli occhi fossero freddi e impenetrabili come il ghiaccio.
L’inconfondibile rosso Molly Weasley si agitava alla sua destra sotto l’occhio vigile di Alice Paciock. Molly avrebbe stemperato la tensione e trovato una buona giustificazione a tutto quello che era accaduto.
Rose evitò accuratamente di incontrarla.
Volò come calamitata alla sinistra del corridoio, verso quel fare magnetico e seduttivo che Dominique Weasley indossava anche da seduta, composta, leggiadra, bellissima. Fatale.
Stretta tra i fratelli Scamander, Dominique la guardava a lungo, intensamente, le disse così tante di quelle cose che Rose si sentì stordita e la stanza le vorticò attorno per un attimo, annebbiata nella sua vista circospetta. Al suo fianco Roxanne, Caposcuola Weasley, abbassò sulle mani intrecciate uno sguardo di candida vergogna.
Camminò a lungo per raggiungere i Grifondoro, ignorò gli sguardi degli altri e individuò con un moto di sollevo il solito gruppo, riunitosi quella volta più per costrizione che per volontà. Erano veri Grifondoro loro e si guardavano le spalle a vicenda. E sarebbero rimasti uniti.
Korbin Perkins ancora la sorvegliava da lontano, quindi Rose prese il posto che le spettava in quella situazione con il cuore più leggero.
Johanna cambiò sedia, per farle posto accanto a James, senza guardarla o chiederle come stesse. Se conosceva già la risposta, non riteneva necessario porre domande, con il solo intento di farsi vedere interessata. Sarebbe stata un’inutile ed egoistica smanceria. Rose le diede le spalle.
  «Rosie».
James piegò appena la testa di lato, troppo impegnato a far lievitare la sedia di Jude O’Malley, due file più avanti. Il poverino, confuso e spaventato, sembrava cercare con lo sguardo la McGrannitt, pronto a reclamare una sedia che non fosse accidentalmente incantata come quella che gli era capitata.
Rose sperò con tutto il cuore che un incantesimo colpisse in testa il compagno di casa, prima che avesse il tempo di decretare in questo modo la sua morte prematura.
Perché?
Perché la McGrannitt era furiosa.
Il ruggito che si stagliò nel cielo plumbeo, come un artiglio di fuoco, bastò a portare un silenzio lapidario su chi ancora pensava di poter trascorrere una piacevole giornata.
  «Ti hanno mai detto che non dovresti sfidare troppo la sorte?» disse seria.
Per tutta risposta James sollevò la bacchetta e O’Malley cadde dalla sedia, tra le risate incontenibili di quelli del Settimo anno. Fred Weasley si limitò a sogghignare, una linea di tensione rigava la sua  fronte sempre distesa.
  «Puoi dire questo alla tua cara sorte, quando la incontri. Io sono abituato a crearmela da solo»
Rose non batté ciglio quando considerò  «L’arroganza sarà la tua rovina ».
Qualcuno le carezzò i capelli, adagiandoli dolcemente sulla sua spalla destra, e lasciando nudo il profilo sinistro del suo viso.
  «Sei tesa, Rose. Non va bene» le sussurrò una voce calda all’orecchio lasciato scoperto.
Ignorando il brivido di benessere che quei due brevi e abili gesti le avevano provocato, si voltò appena per lanciare uno sguardo di sfida a Louis Weasley.
  «Non dovrei essere l’unica»
Nonostante i cugini avessero scelto di sedersi tra le ultime file, e dietro quella di Louis già si delineasse lo schieramento Tassorosso, Rose avvertiva ugualmente la sensazione di trovarsi ai piedi dell’immenso tavolo dei professori, che dal palco si ergeva sulle loro teste, austero e intimidatorio come un cupo e sinistro tribunale del Ministero della Magia. Non senza una punta di irritazione constatò quanto lo sguardo  inquisitorio del corpo docente fosse vicino e già pronto a scagliarsi, senza alcun beneficio del dubbio, sugli studenti Grifondoro e Serpeverde, che ricoprivano i primi dei quattro quadranti frontalmente disposti rispetto ai loro giudici.
Quattro perfetti allineamenti di sedie singole e distanziate, al posto delle confortevoli panche, dove i  ragazzi si sarebbero potuti stringere nella loro complicità. Isolati e diffidenti, ognuno di loro valeva come elemento singolo, non come compagno, amico, alleato. Solo, indifeso e sfiancato su quelle maledette sedie.
  «Hai tracciata sul volto la tua colpevolezza» decretò Louis, continuando a lambire ciocche di capelli, e a tenere bassa la voce.
Il sorriso di Rose fu di scherno.
  «Non si può dire lo stesso di te»
  «Non è a me che devi fare guerra»
La presenza statuaria di Johanna le fece pulsare il fianco scoperto e Rose resistette all’impulso di voltarsi, intimidita da quella prospettiva indifesa che lei, ingenuamente, aveva fornito, a chi, fino al giorno prima, avrebbe definito amica.
Poi si accorse dell’attenzione tesa di James, mentre ascoltava la loro conversazione.
  «Non ci giurerei» disse, voltandogli le spalle definitivamente.
Era tra i Grifondoro, al centro di quella formazione da combattimento, ma in quel momento si chiese se davvero si sarebbero difesi a vicenda.
Johanna si accigliò nel suo mutismo. Fred non provò nemmeno più a fingere serenità e James irrigidì le spalle.
  «Credi di essere tanto migliore di noi?». La voce di Louis le colpì la nuca, dopo attimi densi, senza parole.
Il silenzio la fece vibrare, prima che Louis pronunciasse le sue fatali sentenze, capaci di irretire e maledire. Capì all’istante il significato di quel sussurro, perché altri, stentati e accusatori, ne seguirono, scuotendo l’intera Sala Grande, cosicché sembrò che un unico greve respiro piombasse sui passi dei nuovi arrivati.
Clegar Walder, Caposcuola Serpeverde, procedeva fiero nella sua lenta e maestosa camminata lungo la navata, accompagnato da una splendida Mrs Pritchard. Dietro di loro, a debita distanza, tanto da assicurare che tutti ammirassero i reali Serpeverde, cominciavano i Sesti.
Vincent Nott era l’indiscusso apice di quella roccaforte, mentre Scorpius Malfoy lo seguiva di qualche passo, affiancato da Albus Potter e Kate Hastings, lasciando a Carter Zabini e ad Alan Doyle l’arduo compito di chiudere la costellazione, senza nessuno a proteggere le loro, di spalle.
Gli occhi di chiunque erano poggiati sul gruppo, occhi carichi di ostilità e ribrezzo, ben corroborati, tanto da celare quelle tracce di ammirazione che la fama porta con sé.
Solo quella volta Rose sollevò lo sguardo sul trono, da cui la Preside li osservava, e solo in quel momento le sembrò tanto elevata e distante da tutti loro, rigida nella sua maschera di rughe severe, gli occhi piccoli serrati e attenti, cupi e limpidi nella loro alterigia.
Per la prima volta, da quando aveva messo piede in Sala Grande, la professoressa McGranitt si mosse e sorrise.
Un sorriso soddisfatto.
 
 
 
Lingua bantu:  umanità verso gli altri, la sensazione del sentirsi parte di una grande comunità, secondo la filosofia, per cui una persona è quella che è, in virtù di ciò che tutti siamo.





 
  
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