Anime & Manga > Occhi di gatto/Cat's Eye
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Autore: crisalide_bianca    02/10/2022    1 recensioni
Dopo essersi allontanate dal Giappone per mesi, nuove scoperte e nuovi pericoli chiamano in madrepatria le sorelle Kisugi. Hitomi, Rui, e Ai (la banda Occhi di gatto) hanno infatti trovato una nuova pista nella ricerca del padre scomparso, ma gli artefatti rischiano di andare perduti per sempre a causa di un nuovo, temibile nucleo criminale. Personaggi e dipinti inediti si uniranno alla storia originale di Tsukasa Hōjō per dare vita al seguito delle avventure delle ladre più famose degli anni '80.
Essendo una storia ispirata al manga e non alla serie animata, i nomi dei personaggi saranno quelli originali in giapponese.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kelly Tashikel, Matthew Hisman, Nuovo personaggio, Sheila Tashikel, Tati Tashikel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-“Se trovo chi ti ha ridotto in questo stato, giuro che lo spedisco in cella prima di subito!” Tuonò Asatani, attirando l’attenzione di mezzo piano dell’edificio su di sé.
-“Shh, abbassa i toni, gli altri pazienti stanno riposando.” Rise imbarazzato lui, in direzione dell’amica seduta su una sedia, al fianco del suo lettino.
-“Ops. Però c’è da dire che stai diventando una calamita di guai, guarda qui che taglio…” Gli accarezzò il sopracciglio, su cui si faceva largo una ferita già sottoposta a medicazione. Si limitò a replicare.
-“Non è niente, dai. E poi quella ha anche un certo stile, su.” Scherzò.
-“Grande e grosso e poi ti fai mandare in ospedale così…”. Si lamentò, quasi con disappunto. “Ti darò lezioni di judo, ho deciso.” Lui rimase quasi a bocca aperta per il disagio che attraversò la stanza.
-“Tu cosa?” Finse di non aver sentito.
-“Niente scuse, lo sai che sono brava. Quando uscirai di qui ci troviamo in palestra per un po’ di autodifesa, non mancare.” Lui sorrise di gusto a quella richiesta così audace e apprezzò la proposta.
-“Va bene, ci sto.” Si girò verso la porta della stanza, e riuscì appena ad intravvedere una figura, ma in quel momento Mitsuko gli gettò le braccia al collo in una sorta di abbraccio, che ricambiò con meno enfasi. “E questo cos’è?” Chiese, curioso e tutt’altro che infastidito.
-“Oh, questo… questo è un esempio di presa che ti insegnerò quando potrai muoverti da qui!” Imbarazzata, si staccò velocemente da Jack, che prima la fissò senza capire, e poi scoppiò in una risata così contagiosa da farle cadere il velo di titubanza e coinvolgerla in quel momento di ilarità. “E anche un modo per ordinarti di non fare più stupidaggini.”
-“Tranquilla, dalle mie parti il contatto fisico non è così raro, anzi, è molto apprezzato in certi casi.” Cercò di smorzare, e aggiunse. “Farò del mio meglio.”
-“Davvero? Buono a sapersi… Ora devo andare a lavoro. A presto.”
-“A presto.” Puntando la porta, trovò Rui sulla sua strada, che aspettava all’uscio il suo turno di visita. L’incrocio di sguardi, affilati lame bollenti, sembrava tagliare l’aria come burro. Non una sola parola venne proferita dalle loro bocche. Si superarono a vicenda, come in uno scambio di ruoli. Asatani si voltò indietro per osservarla ancora una volta, forse per tenerla d’occhio mentre si avvicinava a Jack, prima di andarsene.
 
-“Buongiorno, come stai?” La sua aria seria non passò inosservata.
-“Considerate le circostanze, sto bene. Tu piuttosto, sembri stanca… siediti.”
-“Stanca, sì, mettiamola così.” Accettò l’invito. I suoi occhi, nonostante la notte quasi insonne, erano comunque vibranti e profondi. Il suo viso, invece, era segnato dai numerosi pensieri notturni. “Avrei voluto passare la notte qui in caso avessi avuto bisogno di qualcosa, ma non me lo hanno permesso, non essendo tua familiare. Ti ho portato il pranzo, qui in ospedale il cibo è quel che è, spero ti piaccia.” Gli porse un cestino ricolmo di pietanze, da cui spuntavano su tutto il resto degli onigiri ancora tiepidi.
-“Non ti dovevi nemmeno preoccupare, ho la scorza dura. Wow, grazie mille… li hai fatti tu?” Lei sorrise leggermente, senza dire parola. Tenendosi il viso con la mano, di cui gomito era appoggiato a sua volta sul lettino, prese un’espressione velatamente maliziosa. “Penso che ne assaggerò uno subito, se non ti dispiace. Non mangio da ieri…”
-“Fai pure. E intanto magari mi racconti cosa c’è tra te e Asatani... eravate molto intimi poco fa.” Lei sorrise, come se lo avesse chiesto appositamente per imbarazzarlo. Jack, dal canto suo, non cedette alla provocazione.
-“Mi stava mostrando una presa di judo. Gelosa?” Con sguardo ironico, dal sopracciglio alzato, addentò la prelibatezza, che gli piacque a dir poco. “Mhm… è buono.” Lei non rispose, e lui tornò a guardare il suo pranzo. “Tra poco mi farò dimettere, quando esco mi daresti la ricetta? Non ho mai capito le dosi per il riso…”
-“Tra poco? Non dire fesserie, hai bisogno di restare sotto controllo almeno per qualche giorno.”
-“Devo tornare a lavoro.” Si alzò per mettersi seduto sul lettino, ma lei lo fermò mettendo una mano sul suo petto e lo spinse delicatamente indietro, per metterlo di nuovo disteso. Jack non riuscì a trattenere una smorfia di dolore.
-“Non esiste, devi riposare. Sentiti, sei ancora a pezzi.” Lui sospirò, contrariato. “Che strano, credevo che ti piacesse il… contatto fisico.” Disse lei, riferendosi sia alla notte precedente, che alla scena con Mitsuko, avvenuta pochi istanti prima. “Forse troppo.” Si fece seria, come ad ammonirlo per il suo comportamento ambiguo. Lui lo capì.
-“Rui, ieri notte, o meglio, questa notte, eravamo in una situazione particolare. Dopo aver subito le botte, ricordo ben poco, ma so per certo che non eravamo in noi. O almeno, io non lo ero.” Lei annuì.
-“Hai ragione, eravamo scossi...” La donna si alzò in piedi prima di salutarlo. “Guarisci presto, e non fare cose stupide.”
 
Alle porte del Cat’s Eye si presentò una gradita sorpresa poco prima dell’ora di cena. Le tre sorelle erano felici di riaccogliere nella loro casa una delle colonne portanti della ricerca interminabile del loro amato padre: l’uomo che più di tutti era stato, ed era ancora in quel momento, al loro fianco.
-“Si accomodi, signor Nagaishi. Com’è andato il viaggio?” Gli venne indicato uno dei due divanetti posti in salotto, davanti ai quali si presentava un tavolino di legno su cui poggiò una tazzina di caffè caldo. Le tre ragazze si sedettero davanti a lui.
-“Grazie, Rui. Esclusa una leggera turbolenza, tutto sommato le ore sono passate velocemente. Ditemi, avete fatto progressi in questi giorni?”
-“Sì, abbiamo una nuova pista.” Rispose Hitomi. “Nel penultimo dipinto che abbiamo rubato c’era un indizio che ci porta ad una mostra temporanea del Rinascimento e del Manierismo che si terrà eccezionalmente a Tokyo.” Si accodò Rui.
-“Inoltre abbiamo scoperto i nomi del maestro e di un allievo di nostro padre, ovvero Franz e Lambert Dürer. Alcune opere di Franz sono presenti a questa mostra e potrebbero nascondere indizi, che siano lettere o altro.” Nagaishi ascoltava le sorelle, bevendo il suo caffè.
-“Ah, un triangolo tra Giappone, Germania e Italia. È un collegamento molto importante. Avevo sentito parlare di un certo Franz Dürer, so che era molto fiero di essere un discendente diretto dell’artista tedesco Albrecht Dürer, tra i più importanti del Rinascimento. Non sapevo fosse stato uno degli insegnanti di Michael… Da quanto ne so è morto ormai da un po’ di tempo.”
-“Quindi è un vicolo cieco anche questa strada…” Pensò ad alta voce Ai.
-“Difficilmente ci avrebbe portato a qualche nuova informazione. Dubito fortemente che i rapporti tra loro siano continuati durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, almeno di persona… possiamo solo sperare in scambi epistolari ben camuffati.”
-“Perché pensa questo?” Chiese Hitomi.
-“Lo stile di pittura di Franz era famoso per il suo classicismo, più vicino all’arte di Settecento o Ottocento, che non della contemporaneità. La sua tecnica si adattava sicuramente ai gusti del regime di Hitler, che come sapete era un grande appassionato d’arte, tanto che nel 1937 fece fondare la Grande Mostra dell’Arte Tedesca per celebrare quella che per lui era la sola e unica forma di arte ammissibile. Suppongo che per Dürer deve esser stato facile far accettare i propri dipinti, molto vicini ai canoni richiesti: far parte di tale evento ti proteggeva, in qualche modo, dalle persecuzioni. Lo stesso anno, però, in contrapposizione a questa mostra, fu aperto anche un padiglione dedicato alla cosiddetta Arte Degenerata, una sorta di presa in giro dell’arte d’avanguardia o semplicemente diversa dai gusti del Führer. L’arte giusta contro l’arte sbagliata, i “grandi artisti” contro i degenerati. Se penso a vostro padre all’epoca, vedo un giovanissimo esuberante dal pennello svelto e dallo stile inconfondibile… Non mi sorprenderebbe se i suoi dipinti fossero finiti dal lato sbagliato.” Sospirò. “Ogni artista le cui opere fossero state esposte in quella mostra, avrebbe dovuto fuggire dalla Germania a qualunque costo.”
-“Sta dicendo che nostro padre potrebbe essere stato perseguitato per questo dai nazisti?” Nagaishi rispose a Hitomi.
-“Può darsi. Posso provare a verificare che Franz abbia davvero lasciato esporre le sue opere alla Grande Mostra, ma purtroppo scoprire se vostro padre sia finito con i suoi dipinti nella denominazione di Artista Degenerato sarà molto più difficile. Esistono centinaia di copie conservate dei cataloghi sulla vera arte tedesca, mentre quelli dell’altra mostra sono stati fatti sparire.”
-“Come abbiamo detto, nostro padre e Franz potrebbero comunque essere rimasti in contatto tramite delle lettere, che forse sono proprio nascoste nei dipinti che stiamo cercando ora. Inoltre, sarebbe utile anche provare a scoprire dove si trova Lambert: è stato suo allievo e nipote di Franz, potrebbe essere una fonte inestimabile di informazioni.” Intervenne Rui.
-“Ci sono troppi ‘se’ e troppi ‘forse’ in questo discorso.” Si appoggiò allo schienale della poltrona Hitomi, con le braccia incrociate, mentre l’uomo ragionava ad alta voce.
-“Hai ragione, Rui, ma dovete pensare ad una cosa alla volta. Raccogliete gli indizi, le idee e soprattutto pensate ai dipinti; io vi aggiornerò su Franz Dürer.” Scrutò per un attimo i volti delle tre ragazze. “Io ho la scusa del jet lag, ma anche voi sembrate tutt’altro che riposate…” Si aspettava una risposta, pur senza fare la domanda.
-“C’è stato un colpo non programmato ieri sera. Le cose si sono fatte difficili, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.” Rui sapeva che avrebbe dovuto rendere conto a tutti e tre di cosa era successo.
-“Quale quadro?”
-“Il ‘Sole nascente’.” Nagaishi sbiancò di colpo.
-“Dove lo avete trovato?”
-“In quello che viene chiamato Il Circolo delle Ombre.” L’uomo si grattò la fronte.
-“Spero vi siate rese conto del grande rischio che avete corso. È una delle più spietate e invisibili organizzazioni criminali insediatesi qui in Giappone.” La sua voce, di natura profonda, si abbassò ulteriormente.
-“Insediate? Non è del posto?” Chiese Hitomi.
-“No, è stata portata qui dall’Occidente, da quel poco che ne so io.”
-“Jack crede che sia collegato alla Gatta Nera, la ladra che ci ha rubato l’identità mentre eravamo negli Stati Uniti.”
-“Jack, dici? Ancora vi fidate di quel ragazzo?” La sorella mezzana scosse la testa per dargli ragione, ma fu Rui a rispondere.
-“Mi ha salvato la vita ieri sera. E tempo fa lo ha fatto anche con te, Hitomi, nel tuo incontro ravvicinato con la ladra.” Il silenzio pervase la stanza. La donna ebbe l’attenzione completa dei presenti.
-“Continua.” Incalzò il signore.
-“Si è fatto picchiare quasi a morte perché non mi si fosse fatto del male.” Abbassò lo sguardo, a quelle parole: nella sua testa, riusciva ancora a evocare la cruda scena. Cercò di riprendere nell’immediato il controllo delle sue emozioni. “Mi ha anche confidato perché la sua esistenza nei documenti compaia dal nulla, come ha scoperto lei, Nagaishi. Il suo vero nome è italiano, ed è stato adottato da un uomo statunitense che lo ha salvato da una condizione difficile. Ha così preso il suo cognome e cambiato identità a soli 12 anni.” Nagaishi sospirò, per metà sollevato e in parte poco convinto.
Rui continuò. “Lo so che tante cose non tornano, so che ci sta nascondendo molto altro, ma io gli sono grata perché ci ha dato una nuova pista su nostro padre, grata perché ha salvato la vita mia e anche quella di una mia sorella. E se per la mia famiglia dovrò venire a patti con dei segreti, sono disposta ad accettarlo.” In uno sfogo alternato da gelida calma e foga emotiva, la donna fece uscire da sé tutti i pensieri che giustificassero la sua voglia di credere al giovane ragazzo straniero. Nessuno ebbe il coraggio di controbattere.
-“Avete valutato la possibilità che fosse una sua trappola, quella di condurvi in quel covo?” Chiese l'uomo. Ai provò ad aggiungere qualcosa alla tesi della sorella.
-“A dire il vero, Jack non voleva assolutamente che andassimo con lui in quel posto… credo che fosse a conoscenza della sua pericolosità e volesse tenerci a tutti i costi fuori di lì. Lo abbiamo convinto ad includerci nel piano prima che ci andasse da solo, non è stata colpa sua se abbiamo avuto difficoltà.” Con un tono ambiguamente calmo, si accodò a Rui. “Anche se ci ha mentito, tenuto d’occhio e se ci nasconde ancora qualcosa… io so che non vuole farci del male. Sono d’accordo con mia sorella.”
Stupiti dalla tranquillità matura della più giovane, tutti la guardarono con gli occhi di chi, ironicamente, stava pensando “Quasi quasi non ti riconosco”. Notato questo atteggiamento, Ai aggiunse, ai danni della sorellona: “Però tu potresti anche fare finta che non ti piaccia essere salvata da quel ragazzone, eh!” Un sorriso spontaneo sorse sui volti di tutti i presenti, e anche Rui si prestò al gioco con una risata. Il clima tornò sereno e ottimista nei confronti del successivo passo nella loro ricerca.
Il signor Nagaishi, ora dal volto più disteso, si alzò in piedi dopo aver appoggiato la tazzina sul tavolo. “Grazie per il caffè, dopo il viaggio ci voleva proprio. Fatemi sapere le vostre novità ed io farò lo stesso, in bocca al lupo.” Dopo dei saluti gioviali, l’uomo prese la strada verso la sua dimora, illuminato dalle caldi luci del tramonto.
 
Tornate alla propria serata, Rui esordì:
-“Bene, se siete d’accordo domani mattina all’alba farò trovare il biglietto di Occhi di Gatto alla stazione di polizia per annunciare il nuovo colp-”. Il campanello di casa cominciò a suonare all’impazzata, interrompendo ogni tentativo di conversazione.
-“Dite che Nagaishi si sia dimenticato qualcosa?” Domandò Ai, poco convinta. Rui si diresse alla porta.
-“Ne dubito, lui non farebbe mai tutto questo chiasso.” Aggiunse Hitomi. La sorella maggiore aprì e sbarrò gli occhi dalla sorpresa a quella visita inaspettata.
-“Ispettrice Asatani, cosa ci fa…?” Sudò freddo per qualche istante.
-“Non credevo che lo avrei mai detto, ma ho bisogno del vostro aiuto.” Il suo tono era più nervoso persino di quando urlava alle tre sorelle che un giorno le avrebbe scoperte e catturate. Una volta capito che non avesse intenzione di arrestarle per la precedente conversazione, la fecero parlare.
-“Che succede?” Si avvicinò Hitomi, infastidita dal suo modo di porsi.
-“Stavo andando a salutarlo in ospedale finito il mio turno al distretto, ma, quando sono arrivata, la sua stanza in ospedale era già occupata da un altro. Jack è sparito!”
-“Sparito? Come sparito?!” Anche Ai si avvicinò a quelle parole di Rui.
-“Mi hanno solo detto che ha firmato dei documenti per essere dimesso, nessun medico sano di mente lo avrebbe lasciato andare via in quelle condizioni! Non è a casa e nemmeno in studio, non risponde al telefono e non so dove altro cercarlo.”
“Temo di saperlo io, invece”,pensò tra sé Rui. Proprio a lei si rivolse la poliziotta.
-“Se non lo troviamo subito rischia di farsi molto male. Rui, sei l’ultima persona con cui ha parlato oltre al personale ospedaliero.”
-“Va bene, ispettrice, mi dica come possiamo aiutarla.” Disse, questa volta ad alta voce.
   
 
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