Bucarest 2022
L’aria del pub era
calda e umida e
il vociare allegro degli avventori era coperto da una musica rock
suonata a
tutto volume con più entusiasmo che talento e Hildebrand si fece largo
fra la folla,
domandandosi come potessero quelle persone non percepire il pericolo
che
proveniva dal predatore ferito in mezzo a loro.
Aveva osservato
Lucius per ore,
cercando di trovare la calma necessaria per avvicinarsi a lui: aveva
assistito
al progressivo accasciarsi della sua schiena altera, alla rabbia secca
con cui
aveva scacciato le avventrici che gli si erano avvicinate e alla
metodica
ostinazione con cui aveva ordinato un bicchiere di vodka dopo l’altro
nonostante non potessero avere alcun effetto su di lui.
Sebbene non si fosse
mai voltato
a guardalo, Hildebrand era certo sapesse che lui era lì e lo stesse
ignorando
con caparbietà rancorosa, quasi la sua presenza fosse l’ennesima offesa
intollerabile in una notte da dimenticare.
Hildebrand condivideva il sentimento e non avrebbe desiderato
altro che
andarsene, lasciando Lucius libero di abbandonarsi al proprio dolore
sanguinario, senza altra preoccupazione che nascondere la sua strage la
mattina
successiva, eppure le ultime parole di Ahmad gli echeggiavano ancora
nella
mente, sofferte e stanche, non prive di una certa malinconica
accettazione;
così sospirò e si diresse verso il bancone, perché al fantasma triste
della
voce di Ahmad Hildebrand non era in grado di negare la propria lealtà.
Sedette pesantemente
accanto a
Lucius ma questi non si mosse, fissando nel vuoto dinnanzi a sé, ebbro
di
cordoglio dove non poteva esserlo di liquore.
«Vattene.»
Lo disse sottovoce,
il suo timbro
di velluto quasi inghiottito dalla musica, e Hildebrand si concesse per
un
attimo di immaginare come sarebbe stato afferrargli la nuca e sbattere
quel
volto odioso contro il tavolo. Non gli sarebbe bastato naturalmente,
avrebbe
preteso di trascinarlo fuori e combatterlo, spada a spada, guerriero a
guerriero e di versare tutto il sangue necessario a lavare l’offesa al
suo onore
e al suo orgoglio. Non era per questo che era venuto.
Fece cenno al barista
di
portargli da bere. Desiderava andarsene, lasciarsi alle spalle Lucius
insieme a
tutto il suo dolore e al desiderio di vendetta rabbioso che suscitava
in lui,
non poteva, tuttavia, abbandonarsi a quell’impulso egoistico: Anna era
venuta
prima di lui e questo non gli lasciava scelta.
Hildebrand aveva
cercato di
dissuaderla ma non era mai stato bravo con le parole, troppo incline a
dire le
cose come stavano per zuccherare di retorica verità amare al punto da
essere
inaccettabili. Le aveva detto che progettava un abominio e lei se ne
era
andata, chiusa in un silenzio ostinato, a cercare l’unico uomo che
amasse Ahmad
con lo stesso tenace egoismo con cui lo amava lei. Non si erano mai
piaciuti
Lucius e Anna, entrambi troppo egocentrici, troppo arroganti, troppo
sicuri di
sé, eppure Hildebrand temeva che Lucius avrebbe acconsentito a unirsi a
lei,
perché, per quanto poco la stimasse, non era uomo che potesse accettare
di
perdere qualcuno senza lottare. Per
questo, pur sospettando che non ci fosse niente da fare, Hildebrand si
era recato
a quel bancone per umiliarsi a chiedere, minacciare, implorare se
necessario di
non provare a resuscitare Ahmad. “Non
lasciare che facciano di me il signore degli abomini”, gli aveva
sussurrato
nella mente prima di essere consumato dalle fiamme e Hildebrand, che
pure lo
avrebbe voluto indietro tanto quanto gli altri, credeva che a un uomo
spettasse
il diritto di decidere del proprio destino.
«So
che Anna è venuta a parlarti.»
Lucius batté il
bicchiere sul
tavolo, richiamando l’attenzione del barista che si affrettò a
riempirlo ancora
con un gesto impersonale e meccanico figlio di un uso brutale del più
antico
dei doni del sangue.
«È
venuta.»
Hildebrand
voltò lo sgabello verso di
lui, fissando intensamente il suo profilo greco e chiedendone
implicitamente
l’attenzione, Lucius, tuttavia, continuò a guardare dinnanzi a sé con
rassegnato distacco.
«Cosa
le hai risposto?»
«Niente.
Se n’è andata indignata e
fredda, intimandomi che sarebbe tornata.»
Hildebrand
si trovò pervaso insieme da
sollievo e stupore.
«Cosa
le risponderai quando tornerà?»
Lucius
bevve la sua vodka in un’unica
sorsata elegante prima di allontanare da sé il bicchiere con un gesto
irritato
e carico di disprezzo.
«Non
sarò qui quando tornerà.»
Scivolò giù dallo
sgabello con
grazia svogliata e prese la giacca da quello attiguo senza guardare
verso di
lui; Hildebrand si sentì congedato e la sua irritazione si riversò nel
suo tono
di voce e nella prontezza con la quale si alzò a propria volta
torreggiando su
Lucius con le due spanne di cui lo superava in altezza.
«Non
la aiuterai quindi.»
Lucius si voltò verso
di lui e lo
fissò finalmente negli occhi, senza rabbia né turbamento.
«No,
Hildebrand. Non la aiuterò; perché quello
che vuole fare
non è possibile e, anche se lo fosse, Ahmad non lo vorrebbe.
Scuoterebbe il
capo, sorridendo del sorriso bonario che riservava a chi amava quando
faceva
qualcosa di stupido e mi direbbe di non fare stronzate. Mi direbbe di
lasciarlo
andare.»
La rievocazione era
così perfetta
che Hildebrand non poté fare a meno di immaginarlo, sorridente e
gentile eppure
sempre deciso e coerente, e fu trafitto da un’improvvisa nostalgia e
dall’inaspettata consapevolezza che Lucius la condivideva. Per la prima
volta
non erano più due rivali che amavano la stessa donna ma due uomini che
piangevano lo stesso amico.
Si domandò se Ahmad
avrebbe
potuto immaginarlo.
Lucius non aspettò
una risposta,
indossando il cappotto pronto ad andarsene senza guardarsi indietro, e
nel
vederlo dargli le spalle in una cupa quiete, quasi spento e assente,
tutta la
rabbia impotente di Hildebran si ripresentò con violenza. Si domandò
dove fossero
il furore di Lucius, la volontà erculea che gli permetteva di
affrontare ogni
situazione con la rabbiosa convinzione di poterla volgere a proprio
favore,
l’egoismo sfrenato con cui distruggeva ciò che non poteva conquistare.
«Te ne
andrai così, senza fare nulla?»
Le sue parole
risuonarono feroci
al di sopra del silenzio fra una canzone e l’altra e Hildebrand si
stupì di
averle pronunciate.
«Cosa
dovrei fare?»
C’era
tanto rassegnato sconforto nella
domanda che per un istante Hildebrand dimenticò che veniva da uno degli
uomini
che più disprezzava sulla faccia della terra.
«Esigere
vendetta.»
Era la sola cosa che
Hildebrand volesse,
con tutta la frustrata collera gli che veniva dal ricordare la propria
impotenza di fronte alla morte, alle fiamme e alle diavolerie degli
stregoni.
Non poteva immaginare che Lucius non volesse lo stesso. Non l’uomo che
conosceva.
Lucius si voltò di
scatto,
avvicinandoglisi di un passo, minaccioso e aggressivo sebbene dovesse
alzare il
mento per guardarlo negli occhi, una violenza mostruosa e a stento
trattenuta
nella rigidità della sua postura.
«E quale vendetta
sarebbe
abbastanza? Ucciderli tutti? Perché a me non basterebbe. Voglio
sterminare le
loro famiglie ed estinguere i loro clan, sgozzare i loro vecchi e
smembrare ì
loro bambini e non mi basterebbe. Voglio bruciare Praga e spargere il
sale
sulle ceneri della Cecoslovacchia e non mi basterebbe. »
Aveva
mantenuto bassa la voce,
sussurrando parole di fuoco a pochi centimetri dal suo viso ma la furia
irrefrenabile
del suo timbro le aveva amplificate alle orecchie di Hildebrand al
punto che
quando gridò davvero non se ne stupì.
«Darei
fuoco al mondo e non mi
basterebbe!»
Il suo
voltò simmetrico era deformato
da una rabbia incontrollata e solo allora Hildebrand lo riconobbe.
«Quindi
scegli di non avere niente?»
Per un
istante la luce ferina negli
occhi di Lucius gli suggerì che stesse per colpirlo ma un attimo dopo
la sua
intera figura si rilassò in un sorriso senza gioia.
«Non
c’è più niente che io possa avere
in ogni caso. Cosa vuoi veramente da me, Hildebrand?»
Contemplò
la domanda per un istante,
lasciandola risuonare attraverso una memoria infinita di torti e di
rancori:
voleva che morisse, che sparisse dalla terra, che smettesse di
insidiare sua
moglie, che Ahmad smettesse di amarlo pur portandogli rancore ma anche
che non
si rassegnasse, che non fosse un uomo diverso da quello che era tanto
facile
odiare, che lo aiutasse a vendicare Ahmad e a radere al suolo le città
degli
stregoni.
«Sai,
non ho mai capito veramente
perché a te e Ahmad importasse tanto l’uno dell’altro.»
Lucius
sedette di nuovo e rise
amaramente.
«Alla
fine tornate tutti alla stessa
domanda.»
Hildebrand
non se ne stupì, era una
domanda inevitabile; non vi era alcuna ragione per cui due uomini tanto
diversi
dovessero nutrire un tale attaccamento reciproco. Ahmad, che pure
conosceva i
difetti di Lucius con l’intimità di chi li abbia subiti più volte, non
era mia
riuscito a lasciarlo veramente alle proprie spalle e Lucius, che tutti
sapevano
incapace di curarsi di altri che di se stesso, sembrava devastato nel
profondo
all’idea di averlo perso irrimediabilmente.
«È
così difficile credere che io possa
avere un amico?»
Hildebrand
rise perché, prima di conoscere
Ahmad, prima di sapere che un tale incredibile individuo percorreva le
notti
della terra, avrebbe scommesso che fosse impossibile: Lucius era un
pinnacolo
di egoismo e culto di sé, un uomo del genere non poteva avere degli
amici.
«Sì»
Lucius
lo fissò, all’improvviso
sprezzante e altero, all’improvviso l’uomo che ricordava, eppure in
qualche
modo più onesto e sincero di quanto non gli fosse mai parso prima,
«Eppure
Ahmad era mio amico e mi
importava di lui per lo stesso motivo per cui importava a tutti:
indipendentemente
da cosa accadesse, da quanto terribili fossero i nostri fallimenti, le
nostre
mancanze, la nostra stupidità, Ahmad riusciva sempre a essere felice di
vederci, a farci credere che tutto sarebbe andato bene, che il domani
sarebbe
stato se non migliore almeno tranquillo. E ora è morto e non aprirà più
la
porta sorridendo a nessuno. Era questo quello che volevi sentirti dire?»
Rimase
interdetto perché quella
collera rassegnata, crudele nella sua chiarezza, rivelava per la prima
volta un
lato umano, comprensibile, disperato e quasi amorevole di quell’essere
egocentrico e superficiale. Si chiese se era quello il Lucius che Ahmad
conosceva,
che Ahmad amava, si chiese se avesse mai potuto immaginare di causare
con la
sua morte tanto dolore
«Ahmad
lo sapeva che lo amavi così
tanto?»
Lucius
si ritrasse per un attimo,
basito e orripilato, prima di sospirare pesantemente.
«Non
essere ridicolo.»
In
effetti Hildebrand aveva difficoltà
a immaginarseli Lucius e Ahmad seduti sotto un porticato a parlare di
sentimenti e amicizia.
«E ora
che sai qualcosa di inaspettato
su un uomo che detesti, posso finalmente andarmene?»
La
batteria scandiva il tempo del
silenzio e Hildebrand prese una decisione fastidiosa, imprevista ma in
qualche
modo inevitabile.
«No.»
«No?»
«Il
mio amico è morto, le sue ultime
parole sono state per te. È morto chiedendomi di non farti fare
qualcosa di
imperdonabile. Hai idea di quanto io sia arrabbiato?»
Hildebrand
era stato un amico migliore
nei dieci anni che i pentarchi avevano passato a Bucarest di quanto
Lucius
fosse mai stato e avrebbe meritato di meglio.
«Quindi
tu smetterai di piangerti
addosso, andrai a prendere la tua piccola ridicola spada romana e
uccideremo
tutti gli stregoni. Sgozzeremo i loro vecchi, trucideremo i loro
bambini, e
daremo fuoco alle loro città, perché il nostro amico è morto e alla
nostra
vendetta spetta di devastare la terra. Poi potremo piangere e dopo
avere pianto
abbastanza, se saremo dell’umore giusto, risolveremo i nostri conti in
sospeso.»
Mise
una mano sulla spalla di Lucius e
lui non si ritrasse, chinò la testa a sinistra in un gesto di pensoso
stupore prima
di sorridergli con una feroce esposizione di denti e Hildebrand seppe
che sarebbe
venuto con lui.
Si
diressero verso la porta in un
silenzio determinato, per la prima volta perfettamente concordi nello
spirito e
negli intenti. Solo sulla soglia Lucius lo guardò di nuovo, una malizia
ferina
all’angolo della bocca.
«E
Anna?»
«Hai
detto che quello che vuole fare è
impossibile.»
Lucius
rise e Hildebrand si chiese
come quegli occhi scuri pieni di scaltrezza potessero essergli sembrati
vuoti e
stanchi solo un momento prima.
«È
impossibile. Non sarebbe
meraviglioso però se ci riuscisse e noi fossimo, per una volta,
assolutamente
al di sopra di ogni biasimo?»