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Autore: lo_strano_libraio    19/11/2022    0 recensioni
Cosa successe nei mesi tra la morte di Billy e l’attacco di Vecna, nella vita di Maxine Mayfield? Scopritelo in questa storia angst, ricca di emozioni forti, misteri e colpi di scena!
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dustin Henderson, Lucas Sinclair, Maxine Mayfield, Mike Wheeler, Undici/Jane
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Capitolo 11-Che le danze abbiano inizio!

 

“Ok, funziona così: siamo dentro la tua testa, ma il subconscio dove sei rimasta bloccata. Quindi sei conscia di quello che pensi, ma non come quando sei sveglia...come dire...” Max l’ascoltava senza battere ciglio, interessata molto più di qualsiasi lezione le avessero impartito a scuola; ma Undi annaspava, non riuscendo a trovare le parole giuste per un discorso più grande e complesso di lei.

“Jane, forse è meglio se glielo spiego io, che ne dici tesoro di mamma?” L’amorevole voce di sua madre, fece capolino nella testa di entrambe le ragazze. La pel di carota rimase un attimo sorpresa. Non era ancora abituata a sentire voci di altre persone nella sua testa, interrompere il flusso dei suoi pensieri come se fosse lì, fisicamente presente. 

“Oh si! Hai ragione mamma, sei senza dubbio più esperta di me in queste faccende!” La figlia arrossiva per quelle premure. Max, dal canto suo, si stava intenerendo ad ascoltare l’amica avere finalmente un amorevole, per quanto paranormale, discussione con sua madre, come una normale famiglia. Non vedeva L’ora di uscire da lì e potere ritornare a farlo anche lei. 

“Max, ascoltami attentamente, perché per quanto possa essere chiara, rimane qualcosa di surrealmente complicato” disse la voce della donna, che assurdo che fosse, per quanto parlasse di paranormale e viaggi mentali, aveva un tono da normalissima casalinga. Max annuí, sapendo che la donna potesse vederla “Cosa hai intorno è la tua testa, dovrai sempre tenerlo a mente, perché tu puoi decidere qui cosa è reale e cosa no. Detto questo, purtroppo essendo in coma, non puoi veramente controllare ogni singolo dettaglio, perché non avendo pieno controllo delle tue facoltà mentali, il tuo inconscio genera per te queste immagini che hai intorno e sembrano il mondo reale. Vecna questo lo sa, e vuole quindi farti sprofondare nello sconforto, farti perdere la voglia di vivere, per rinchiuderti qui e ucciderti facilmente; può farlo perché ha poteri paranormali come me, Will e Jane.  Noi possiamo guidarti verso una uscita verso l’esterno del coma, o per meglio dire, il tuo conscio, la veglia. Ma devi volerlo con tutta te stessa, perché come hai visto, quello psicopatico è capace di farti vedere cose orribili e convincerti che siano reali.” 

Fin qui tutto chiaro, doveva solo sperimentare questi poteri.

“Ok, ma le proiezioni mentali cosa faranno? Da che parte stanno?”

“Loro continueranno a comportarsi come se fossero persone reali, perché non li comandi ne tu ne Vecna, ma il subconscio in cui sei immersa. Ti possono aiutare però”

“Infatti...” si inserì Jane nel discorso “ora andrò a cercare Will per fargli prendere il controllo della sua proiezione, facendo entrare anche lui nel coma.”

“Tu intanto dovrai uscire di nascosto da qui e aspettarli fuori dall’ospedale, ti condurranno all’uscita; ma siate furtivi e attirate meno attenzione possibile, così Vecna non vi troverà.” 

Max annuí, seria e decisa sul riprendersi la sua vita in mano. “Ma quindi, per manipolare la realtà qui; cosa dovrei fare esattamente?”

“Guarda, questa per assurdo è la parte più facile di tutte!” Intervenne Undi “Devi solo pensare di poter modificare qualcosa che hai intorno e questo succederà; ovviamente non puoi semplicemente decidere di uscire di qui o far comparire cose dal nulla, perché come detto prima, il subconscio pone dei limiti, ma puoi fare comunque molte cose. Per esempio: guarda quel bicchiere che hai sul comodino e pensa di farlo levitare come farei io coi miei poteri”.

Max si concentrò sul bicchiere di carta, accigliando la fronte e immaginandolo alzarsi in volo. Neanche un istante dopo, l’oggetto levitò di qualche centimetro, sorprendendo più del previsto la ragazza. “Wow! È una figata essere una telepate come te!”

“Ahah, ma tu puoi fare molte più cose, vedrai!” L’oggetto si accartocciò e voló nel cestino della spazzatura all’angolo del letto. 

Improvvisamente la porta si aprì e una folla di gente fece la sua comparsa alla soglia. Tra loro, i ragazzi, i loro genitori; ma sorpresa delle sorprese anche i suoi amici californiani con davanti loro suo padre, o almeno l’immagine mentale di lui, rosso in volto come i capelli di lui e sua figlia e con le lacrime agli occhi.

“Oh Maxine!” Si lanciò verso il letto, abbracciandola forte ma anche dolcemente, e piangendo sulla sua testa.

“Tesoro di papà...non oso immaginare quanto dev’essere stato terribile tutto questo...”

Di colpo così, si trovò catapultata in una situazione imbarazzante: sapeva che sua madre non fosse morta e che lui non era veramente suo padre, ma come poteva dirglielo? Tutto sommato era comunque il ricordo di papà, e c’era del tenero nel sapere che nella sua testa, che se fosse successo veramente, lui avrebbe guidato di corsa insieme a Tommy e Arianna per quattro stati soltanto per consolarla. Così ricambiò l’abbraccio, consolandolo con una mano sulla schiena. 

“Grazie papà...”

Lui la prese dalle spalle.

“Maxine, é il momento di fire ai tuoi amici della tua decisione!”

“Come?! Proprio ora?!”

“Si! Non possiamo aspettare oltre, non dopo quello che è successo, coraggio diglielo!”

Bene, ora era caduta dalla padella alla brace: se fosse stata costretta a dire soltanto alle altre proiezioni mentali dei suoi amici che sarebbe tornata a casa sua a Los Angeles, non sarebbe stato poi questo dramma, visto che non erano reali. Ma ora era presente anche Undi, quella vera! Ed era in ascolto anche Will! Sospirò profondamente, comprendendo che non poteva scappare da questa situazione è che forse era un segno del destino. Guardò dritta negli occhi Jane, prendendola per mano.

“Io...io ho deciso che finito tutto questo tornerò in California.” L’amica rispose sobbalzando leggermente indietro, nei suoi occhi di leggeva tristezza, sorpresa e un po’ di tradimento. Lo stesso valeva per Max, che era dispiaciuta dal aver dovuto dirglielo in questo modo. 

“Ed è finito tutto ora, dai vestiti, prendi le tue cose, saluta tutti e andiamo via!” 

“Cazzo papà! C’è la fai ad essere un briciolo più delicato?! Sei piombato qui come un rinoceronte in una gioielleria! Dammi un po’ d’aria: fuori di qui! Tutti! Devo parlare con lei da sola!” Prese a urlare esasperata.

Il “padre” sembrava genuinamente sentirsi in colpa per la mancanza di tatto e alzò le mani. “Ok...ma non metterci tutto il giorno, coraggio venite ragazzi...” fece per uscire, seguito da tutti; solo Lucas sembrava opporsi. 

“Ma Max...”

“Lucas credimi, ti spiegherò tutto, ma ora devo parlare da sola con lei...” alla fine anche lui si arrese, seppur sentendosi offeso, e uscì.

Le due ragazze si trovarono da sole, in silenzio. Max che si mordicchiava il labbro dalla tensione e imbarazzo, mentre Jane rifletteva china. La nostra non c’è la faceva più a immaginare i suoi pensieri, doveva parlarle:

“Senti lo so che ci sei di sicuro rimasta male ma-“

“No, no, va bene! Va benissimo Max!” La bloccò alzando le mani.

“D-davvero? Cioè, non sei arrabbiata o delusa? Guarda che non voglio abbandonarvi, solo che-“

“Max ascolta: al massimo posso dirmi triste, perché non ci vedremo più come prima; maso anche benissimo quanto difficile sia stato per te questo periodo, quindi è comprensibile che tu voglia tornare a casa tua, lontana da questa trappola mortale di cittadina. Io voglio che tu sia felice!”

“Oh non sai quanto sia felice sentirtelo dire...ma ti giuro che ci rivedremo, e anzi vorrei davvero che voi veniate a trovarmi a Los Angeles.”

“Promesso! Lo faremo”.

Le due si abbracciarono, ma nel silenzio di quel gesto, entrambe si resero conto di sentire nelle orecchie qualcuno piangere. Entrambe si guardarono perplesse, poi Max alzò gli occhi in sú come se quel qualcuno fosse sul soffitto.

“Will, sei tu?”

“Certo che sono io! Mi sono emozionato per la notizia! Proprio ora che ti sveglierai te ne andrai subito via!”

“Owww ho sempre saputo che fossi un tenerone, ma tranquillo: non è che partirò così da un giorno all’altro, ci vorrà tempo per sistemare tutto, ok?”

Si sentiva che stava tirando su col naso e asciugandosi le lacrime. “Ok...”

“Ehi però non azzardarti a dirlo agli altri ok?! Sarà lei a decidere quando farlo.” Lo rimproveró la sorellastra.

“Ma certo, ma certo...”

“Allora qual’é il piano?” Chiese Max a Undi.

“Ora io vado alla ricerca di Will per fare entrare anche lui nel sogno, poi io e lui distraiamo gli altri per permetterti di sgattaiolare fuori dall’ospedale. Ci rivediamo tutti e tre al parcheggio del Diner qua vicino ok?” Lei annuí.

Dopo che Jane fu uscita, Max andò in bagno per darsi una sciacquata al viso prima di uscire, e lì la voce di Will la raggiunse di nuovo all’improvviso e con urgenza:

“Max! Guarda nel buco del lavandino, presto!”

Il suo occhio cadde lì e incontrò letteralmente lo sguardo di un altro occhio, che la spiava dal buco, come in uno dei più terrificanti  romanzi di Stephen King. Era di sicuro Vecna. 

“Ciao Maxine...hai fatto sogni d’oro?” Probabilmente aveva origliato da lì tutto il loro discorso è solo ora Will lo aveva percepito.

“Vaffanculo! Ho capito i tuoi trucchetti, non mi freghi più! E per la cronaca, devi chiamarmi Max, Mad Max!”

“Oh piccina, ti credi forte, fai la prepotente; pensi che soltanto perché hai scoperto che tua madre non è davvero morta, non possa ucciderla davvero? O che riuscirai seriamente a uscire di qui? Povera illusa, io te la farò pagare per avermi teso una trappola con i tuoi amici, e avermi ridotto così! Un cadavere ambulante: ti porterò con me nei più profondi abissi del sottosopra, e TI TORTURERÒ PER L’ETERNITÀ, FINO A QUANDO NON RIMPIANGERAI DI ESSERE NATA E MI PREGHERAI DI UCCIDERTI, PICCOLA SCHIFOSA BIMBETTA DI MERDA!”

“Oh, ho colpito al segno a quanto pare, cos’è? ti brucia ancora di essere stato fregato da una ragazzina?! Hai finito di rovinarmi la vita, pagherai per tutto quello che hai fatto e presto capirai il perché del mio soprannome!” Prese la bottiglietta del collutorio, desiderò che diventasse acido muriatico; ne scaricò metà sull’occhio, che si ritrasse fumante giù per lo scarico, insieme a un profondo urlo di dolore. “Ti aspetto, stronzo!” Disse lei avvicinandosi con la bocca al condotto. Chiuse con il tappo il buco, e si fiondò all’uscita. 

Correndo per i corridoi, si sentiva presa da uno strano senso di euforia. Si sentiva onnipotente, e mentre correva, notava intorno a sé qualcosa di strano: gli oggetti a cui passava accanto sembravano animarsi, stimolati in qualche modo dal suo stato d’animo. Giunse nella sala d’aspetto dell’ospedale; non c’era anima viva, ma in compenso anche lì ci pensava il mobilio ad animare la festa. Una radio posata su un tavolino circondato da poltroncine, si accese da sola, mentre sembrava ondeggiare come se stesse cercando di ballare a tempo. Sopra il bancone, era appesa al muro una testa d’alce imbalsamata e incorniciata in legno. L’animale riprese vita facendo un sonoro bramito, che sembrava però l’imitazione di un umano, essendo d’altronde nella testa di uno di loro, per poi rivolgersi alla ragazza:

“Che ne dici Max, ci facciamo quattro salti a suon di rock?”

Guardò la testa e rispose annuendo con una smorfia isterica. Max scoppiò in una grande risata, e iniziò a ballare come una forsennata con ancora indosso il camice d’ospedale, sulle note di “Bird is the word”. Uno scheletro anatomico, con in testa un cappello elegante, preso da un appendiabiti all’entrata, le tese la mano invitandola a ballare con lui. La strana coppia si lanciò in un pezzo di boogie woogie, conclusosi con una giravolta di Max, che ringraziò il ballerino ossuto, soffiandogli un bacio a distanza, a cui lui rispose mettendo le mani sul cuore inesistente e crollando a terra in un mucchietto d’ossa. Una sedia si avvicinò e le sue gambe iniziarono a muoversi come se fossero umane, mimando i movimenti della ragazza. Le mani di lei si piazzarono sulle ginocchia: iniziò a sforbiciarle, guardando la sedia per vedere se fosse riuscita a mimare anche questa mossa; incredibile ma vero, le gambe di legno erano così elastiche che riuscivano a piegarsi fino a far combaciare le loro metá, come se fossero ginocchia. Jane entrò nella stanza quando la musica iniziava a rallentare, e rimase allibita nel vedere tutto questo.

“Max! Capisco l’euforia di poter controllare la realtà nella tua mente, ma dobbiamo uscire di qui prima che ci catturino.”

L’amica la zittí piazzandole un dito sulla bocca; era arrivata la parte più divertente: cantare il ritornello!

“Ah, Bap-a-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pap”.

“Dai, l’hai cantato ora-“ non poté continuare, che Max la prese per le mani, tirandola nel suo ballo scatenato e continuando la canzone.

“Ma-ma-mow, pa-pa, ma-ma-mow, Ma-ma-mow, pa-pa, ma-ma-mow ”

Infine, Undi venne influenzata da questo entusiasmo, e dopo un inizio timoroso e imbarazzato, si lanciò nel ballo. D’altronde, non la vedeva nessuno oltre a lei, e quando le sarebbe ricapitato di ballare in una stanza incantata come nei film della Disney? L’euforia si fece così grande, che tutto il mobilio si stava animando, unendosi alle danze delle due ragazze. 

Finita la musica, tutto tornò alla normalità, se così la si può definire: gli oggetti si fermarono crollando a terra. I più fragili tra quelli che levitavano in aria, come i quadri, si ruppero in mille pezzi nello schianto. Le sue amiche si lasciarono cadere con la schiena sul pavimento, ridacchiando e prendendo fiato. Erano circondate da oggetti lanciati qui e lá; se fosse entrato qualcuno, avrebbe creduto che un uragano fosse appena passato nella sala d’accoglienza.

“Oddio! È stata la cosa più divertente che abbia mai fatto!” Esclamò Max.

“Ma sai cos’è ancora migliore? Sapere di averlo fatto davvero! Quando saremo fuori dal tuo coma, faremo un mucchio di cose divertenti insieme agli altri e sarà ancora più soddisfacente, perché saprai che saranno reali e non solo nella tua testa!” 

Le due si guardarono negli occhi con tenerezza e complicità, poi si presero per mano e si rialzarono. 

“Dai andiamocene da qui!” Disse Max, Jane annuí. 

Cambiatesi entrambi i vestiti per non essere riconosciute, uscirono dall’edificio passando per l’uscita della lavanderia. 

Si incamminarono cappuccio delle felpe in testa, muovendosi con naturalezza, per non attirare attenzioni, fino al parcheggio del pub lì vicino. Laggiù incontrarono Will, Tommy e Arianna, che le aspettavano biciclette alla mano, con due aggiuntive per loro poggiate al palo della luce.

“Will, sei veramente riuscita a convincere le proiezioni mentali dei miei amici californiani ad aiutarci?”

“Ma certo! Ti vogliamo bene, e anche se non esistiamo veramente, vogliamo che tu raggiunga i veri noi stessi nel mondo reale!” Rispose per lei Tommy. 

Li guardò negli occhi per qualche secondo, per poi abbracciare entrambi.

“Voi esistete, anche qui: perché siete il ricordo di persone reali a cui voglio un mondo di bene”.

Will gongolava, felice che la sua idea avesse portato a questo bel momento. Arianna si separò dall’amica: aveva una domanda per lui.

“Ma cosa succederà a noi quando Max si sveglierà dal coma? Smetteremo di esistere?”

“No, no, voi esistevate già prima e continuerete a esistere nella sua testa: lei vi ha già incontrati nei suoi sogni; siete stati semplicemente abbastanza fortunati da incontrarla mentre é conscia di cosa siete davvero”. 

“Quindi mi stai dicendo che quando quella sera di dicembre, li ho sognati perché mi mancavano, erano loro?” Chiese la diretta interessata indicandoli.

“Esatto! Anch’io l’anno che sei arrivata qui, quando caddi in tranche a causa di quello che credevamo essere il Mind Flayer, incontrai in sogno i miei ricordi delle persone che conosco. Quando dormo, li incontro di nuovo e ora sono conscio che siano reminiscenze del mio inconscio.” 

Entrarono nel Diner per fare il punto della situazione e mettere qualcosa sotto i denti prima di iniziare il loro piano. Max diede sfogo alla sua voracità, visto che ne aveva l’occasione: ordinò uno di quei tipici menù americani da camionisti, in preda ad attacchi di fame dopo estenuanti ore di viaggio. Un piatto di salsicce e patatine fritte, condite di mostarda e ketchup era accompagnato da un triplo cheeseburger su cui svettava una bandierina americana. Come ciliegina sulla torta si concludeva il tutto con una tradizionalissima fetta di torta di mele. La cameriera la guardò sorpresa a sentire l’ordine, ma piacevolmente scrisse tutto sul taccuino: “beh in effetti devi mangiare per crescere signorina. Ah, quanto vorrei che fosse così facile mangiare così anche i miei nipotini!”

Ora si stava strafogando nel piatto di salsicce, tutta sporca in viso delle salse.

“Hmmm, quanto adoro la carne! E poi quella tizia vegana dice di essere me...ah ah, CERTO!” Scoppiò in una risata ironica, dopo aver ingoiato il boccone”.

“Scusa, ma di chi stai parlando?” Chiese Arianna.

“Oh niente...é complicato da spiegare...”

Jane intanto la guardava sorpresa con un sopracciglio alzato.

“Ehm...Max, sei sicura di voler mangiare così tanto?”

“Ma si! Tanto siamo in un sogno, basta che pensi di aver mangiato meno e tutta questa roba scomparirà dallo stomaco. E poi, quando mi ricapita di poter mangiare così senza prendere peso!”

“Ok...ma vedi non fare così quando ti svegli ok?”

“Tranquilla. Ma a proposito: cosa e come mi fanno da mangiare la fuori se sono in coma?” 

“Ti hanno piazzato una sonda nel naso, attraverso cui iniettano nel tuo stomaco delle pappe di vitamine e altre sostanze” spiegò Will “praticamente non ti serve masticare perché il “cibo” ti arriva direttamente dentro il corpo”.

“Ewww, meglio svegliarsi il prima possibile per mangiare cibo vero! Ma per andare al bagno...come funziona?”

Undi la prese per mano.

“Credimi non vuoi saperlo: anche il dottore che ti ha in cura a preferito non spiegarlo a noi ragazzi. Ti dico solo che una volta ci hanno fatto uscire dalla stanza per assistirti nel farlo...e avevano un macchinario con collegato un tubo...”

Max la guardava in shock con gli occhi spalancati, rimettendo nel piatto l’hamburger che aveva in mano.

“Ok...mi è passata la fame, e devo decisamente svegliarmi al più presto!”

“Esatto! Quindi ragazzi è il momento di concentrarci sul nostro obbiettivo principale; per l’appunto, farti risvegliare!” Li ammonì la amorevole voce della madre di Jane.

“Quindi dobbiamo andare dove tutto è iniziato: Will, vuoi avere l’onore di dirlo tu?” Chiese Undi.

“Ma certo: il fortino Byers! Dove venni rapito dal Demogorgone quella notte dove tutto ebbe inizio...”

Una strana malinconia prese il ragazzo e la sorella adottiva, strana perché triste a dirsi non era un bel ricordo: quella notte la vita di Will venne segnata indelebilmente, mentre Undi dovette scappare dall’unica casa che conosceva, ma almeno trovò l’amore della sua vita nel bosco...

Max aveva un approccio più neutro riguardo la situazione: per assurdo non era neanche nello stesso stato quando quando accadeva tutto questo, gliene avevano solo parlato. Anzi, la sua vita all’epoca era ancora serena: andava a scuola a Los Angeles con Tommy e Arianna, viveva a casa sua col balcone sul mare, giocava col suo cagnolino il pomeriggio; non si immaginava neanche che il matrimonio dei suoi era in crisi, e che l’anno successivo sarebbe dovuta andare via di lì, con sua madre insieme a due perfetti sconosciuti.

“Però ragazzi dovete capire che in questo sogno vivido, la gente si comporta come se fosse reale: quindi adesso vi staranno cercando anche con l’aiuto della polizia, e Vecna se ne approfitterà di certo. Non potete quindi pedalare in bella vista con le vostre biciclette, dovete trovare un modo più anonimo di viaggiare: tipo nascondervi in una macchina guidata da un adulto che vi aiuti”. 

Iniziarono a fare delle ipotesi: il primo che venne loro in mente di ovviamente Steve, ma lui era all’ospedale col padre di Max, e comunque ci sarebbe voluto troppo tempo per tornare da lui. Nancy non avrebbe mai creduto alla loro storia, e non era la tipa che aiuta a scappare dei minori in fuga. Poi, mentre gli altri si arroventavano gli ingranaggi del cervello, Max notò qualcuno dall’altra parte del locale.

“Oh...so già che sarà una pessima idea...ma non abbiamo altra scelta..”

“Di chi stai parlando?” Chiese Tommy. Lei indicò loro un uomo buttato su un divanetto a muro, in stato semi catatonico, con davanti un tavolino pieno di bottiglie di birra vuote: era Neil.

   
 
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