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Autore: EleAB98    07/01/2023    4 recensioni
Amanda Benassi è appena diventata una scrittrice affermata.
Non è mai stata una ragazza particolarmente estroversa, tantomeno appariscente. Tutto d'un tratto, si ritroverà catapultata in una realtà completamente diversa da quella di un tempo, diventando oggetto delle più svariate attenzioni maschili.
Ma sarà un uomo in particolare a catturare tutta (o quasi) l'attenzione della giovane, stravolgendo a poco a poco la sua esistenza.
Emozioni contrastanti faranno da sfondo a quella vita che, pur avendo sempre sognato, si rivelerà più impegnativa del previsto, mentre le ombre di un passato mai dimenticato la travolgeranno a viva forza, spingendola ad affrontare una verità del tutto sconvolgente.
Amanda sceglierà, prima o poi, di cedere alla forza dei propri sentimenti? Chi farà mai breccia nel suo cuore?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO III


 

«Dì la verità... ci saresti uscita volentieri, non è così?»

Amanda mollò la tazzina di caffè, la bocca piegata in una smorfia di sorpresa. «Scusami?»

«Con quel tipo», reiterò l'altro facendo spallucce, mentre la guardava di sottecchi.

La ragazza mutò espressione, quindi sorrise appena. 

È una domanda retorica? avrebbe tanto voluto dirgli, ma all'ultimo secondo si decise a stuzzicarlo un po'. 

«Se io ti dicessi che, in effetti, morivo dalla voglia di dirgli di sì?» replicò, ammiccando leggermente.

Alessandro spalancò gli occhi. «Se davvero morivi dalla voglia di farlo, allora significa che in questi anni non ho capito un accidente di te!»

Quando Amanda incrociò di nuovo il suo sguardo, nessuno dei due resistette all'impulso di ridere. «Touché!» esclamò, quindi tornò a sorseggiare il suo caffè. Avevano appena finito di cenare e si stavano godendo un po' di relax sostando nel piano bar dell'hotel, dove avrebbero soggiornato per un paio di notti.

«Dai, torniamo seri... come pensi che sia andata questa serata?»

«Credo sia andata...» Amanda finse di pensarci un po' su. Non riusciva ancora a processare ogni singola emozione che albergava dentro di lei, ma, a conti fatti, non poteva che sentirsi felice. Tremendamente felice. «Alla grande!» 

Molestatori a parte, ovvio, pensò, tenendo quella riflessione per sé.

«Mi dispiace tanto», mormorò Alessandro, come se le avesse letto nel pensiero.

«Per cosa?»

«Be'... non dev'essere stato facile per te. All'inizio, intendo.»

«Se ti riferisci a quel depravato, no. Non è stato facile. Ma ti ringrazio di nuovo per essermi venuto incontro.» Amanda gli strinse il braccio in segno d'affetto, quindi riprese a degustare la sua bevanda preferita.

Alessandro tornò a sorridere. «Era il minimo. Anche se gli avrei volentieri dato un pugno in faccia.»

«Anch'io, lo confesso. Ma c'era in ballo il mio sogno, no? E non riesco ancora a credere che tutte quelle persone fossero lì per me!»

«E siamo solo all'inizio», replicò lui. «Prossima tappa... la fantastica Milano!»

«Mamma mia...» La ragazza scosse la testa, gli occhi sognanti. «Dici che in un futuro non troppo lontano potremmo ripetere questo stesso identico tour senza tutta la pressione che, ora come ora, incombe sulle nostre teste?»

Alessandro assottigliò gli occhi, un sorriso a metà tra il malizioso e il divertito. «Sicura di volerci venire con me? Guarda che poi cominceranno a scambiarci per una coppietta smielata e priva di contegno pur non facendo una cippa, eh!»

Amanda scoppiò a ridere. «Ma va là, come sei subdolo!» gli rispose, facendo un gesto vago con la mano. «Ce l'abbiamo scritto in faccia che siamo solo buoni amici, quindi fossi in te non mi preoccuperei più di tanto. In barba alle riviste scandalistiche, certo!»

«Già...» sospirò lui, lo sguardo fisso sulla tazzina ormai vuota, da cui si era sorbito un buon tè caldo. «Buonissimi amici», sottolineò. «Amanda...» Un altro sospiro, questa volta più profondo. «A tal proposito...» Scosse per un momento la testa, la mano sinistra a giocherellare con la tazzina. «Sono davvero felice per te. Non ho mai dubitato del tuo talento.» La fissò negli occhi. «E... e sono altrettanto felice che ti sia sempre fidata del sottoscritto. Per un agente letterario significa tanto. Che lo scrittore che egli stesso rappresenta nutra fiducia in lui, intendo», precisò. «Anche se... tra me e te la questione è un po' diversa, adesso. Da un po' di tempo... ecco, considerandoti ormai come un'amica, per certi versi... non mi sento più "il tuo agente". Non so se mi spiego.»

«Ti capisco benissimo», rispose Amanda. «Ma te l'ho già detto, non voglio in alcun modo che tu mi faccia prestazioni a gratis. E il caso è chiuso, okay?»

Alessandro alzò gli occhi al cielo. «D'accordo, signorina Benassi. Ma facciamo un patto.»

«Quale patto?»

«Conosciamoci meglio», propose lui, gli occhi pieni di aspettativa. «Non so moltissimo di te – la cosa è reciproca, certo –, e se proprio vogliamo dare importanza al concetto di amicizia—»

«Ho capito», intervenne la ragazza, le mani alzate. «Sai che ti dico? Ci sto, signor De Dominicis!»

«Bene, in questo caso...» Lui inarcò un sopracciglio e allungò la mano verso di lei. Amanda gliela strinse, non senza trattenere un'allegra risata. «Benvenuta a bordo, signorina Benassi.»

Un brivido di rinnovata eccitazione serpeggiò lungo la schiena di Amanda. Dopo che lei l'aveva scelto come agente, Alessandro l'aveva accolta proprio con quelle parole. L'emozione che aveva provato in quel momento era, constatò con una certa meraviglia, proprio la stessa di allora. «Piacere di conoscerla, Alessandro», gli rispose, riportando completamente a galla quel déjà-vu.

«Ci credi? Sono già passati cinque anni», fece eco lui, la mente sintonizzata alla stessa frequenza di quella di Amanda. «E adesso... sei diventata persino una star. E io, nel frattempo... mi sono invecchiato un altro po'.»

L'altra gli diede una leggera gomitata. «Oddio, ma fai sul serio?!»

«Il prossimo gennaio si entra negli "anta", cara Amanda...» commentò lui con fare solenne, un sorrisetto indecifrabile stampato in volto.

«Mai sentito dire che "i quaranta sono i nuovi trenta?"»

Alessandro ridacchiò. «Ma sì, certamente! Con i primi capelli bianchi che ti spuntano da chissà dove, una discreta pancetta che prima non c'era, atroci mal di schiena un giorno sì e l'altro pure. Caspita, potrei davvero fare concorrenza a un aitante trentenne!» sputò, ironico.

«Non ti sembra di esagerare un po'? Il mio professore cinquantenne – quello di Costruzioni, se non erro – non aveva neanche un filo di ciccia!»

«Si vede che fumava come un turco», commentò Alessandro, trattenendo a stento un'altra risata.

«Seh, ti assicuro che non l'ho mai visto con la sigaretta in bocca neppure per sbaglio!»

«Scherzi a parte, conta lo spirito, no? E io, in barba ai tipici acciacchi dell'età, non mi sento affatto vecchio.»

«A parte il fatto che non lo sei proprio, fossi in te non considererei i trentenni così aitanti come dici.»

«Esperienza diretta?» domandò lui; Amanda colse nell'agente un cipiglio sinceramente interessato ma non meno divertito.

«Una specie», gli rispose, senza filtri. «Per me l'età non rappresenta un limite. Almeno io l'ho sempre pensata così.» Per un attimo, Amanda scostò gli occhi dai suoi. Benché non fosse per nulla imbarazzata, non era da lei abbandonarsi in simili discorsi, soprattutto con persone che non conosceva benissimo. Era sempre stata una persona discreta e, a tratti, estremamente riservata – caratteristica che in molti, a suo dire erroneamente, associavano a una timidezza spropositata e non meno nociva. Con Alessandro, però, le riusciva sin troppo facile confidarsi. Pur non avendolo constatato troppo spesso – solo in quell'istante se ne avvide del tutto –, ammetteva di sentirsi a proprio agio nel discutere con lui, persino di argomenti spinosi come quelli. La sua ultima delusione d'amore non era stata facile da digerire. Ricordava quel periodo con un'angoscia non dissimile dal terribile senso di smarrimento che l'aveva colta non appena si era conclusa la sua avventura accademica. Ricordava, d'altra parte, il tacito – quanto prezioso – sostegno che Alessandro le aveva riservato in quel momento tanto critico della sua vita, pur non conoscendo nel dettaglio i lugubri pensieri che la sua mente e, in particolare, il suo cuore, partorivano senza che potesse controllarli.

«Mi sembra giusto non partire prevenuti o porsi troppi limiti. Specie in amore», dichiarò lui, assorto in chissà quali riflessioni. «E mi sembra anche giusto levare le tende, a questo punto.» Si scostò il lembo del maglione color pesca e guardò l'orologio, quindi si allontanò di botto dal piano bar, come scottato.

Amanda colse una strana atmosfera nell'aria. Ebbe quasi l'impressione che lui volesse... scappare. «Va tutto bene?»

«Benissimo. Soltanto che è un po' tardi, e il mio spirito-da-quasi-quarantenne mi sta chiedendo disperatamente il permesso di cedere al sonno.» 

All'espressione semi-seria della giovane, che non credette comunque a una sola parola, fece spallucce e tornò a sorriderle. 

«A parte gli scherzi, domani abbiamo un incontro con la direttrice della biblioteca del paese, te ne sei scordata?»

«Certo che no. È che non ti facevo così sensibile alle ore piccole.»

«Mi sottovaluti», ribatté lui, senza aggiungere altro.

Amanda ricambiò quel sorrisetto vagamente impertinente e gli augurò la buonanotte. «A domattina.»

L'altro la salutò con un cenno del capo, ma proprio quando Amanda si stava apprestando a salire le scale per raggiungere la sua stanza, un pensiero improvviso la fece bloccare di colpo. «Alessandro?»

«Sì?» fece lui, voltandosi all'istante.

«Con quel discorso di prima... non intendevi mollarmi, vero?»

Alessandro aggrottò la fronte con aria confusa. «Mollarti?»

«Sì, insomma... vuoi ancora farmi da agente, giusto? Per sempre, intendo», si sbilanciò, quasi senza rendersene conto.

L'uomo soppesò, per un qualche momento, quelle parole. Poi le sorrise. «Caspita... Per sempre è un tempo davvero lungo, Amanda. Ma posso provarci, perché no», dichiarò infine.

Quell'affermazione le strappò una dolce risata – accompagnata a un impercettibile sospiro di sollievo. Il solito burlone, pensò. «Buonanotte, Ale. E grazie di tutto.»

«Buonanotte, Amanda», rispose lui di rimando, quindi fu subito inghiottito dalle porte dell'ascensore.

 

§

 

La biblioteca civica di Abano Terme – situata in Via Matteotti, 71 – non era poi molto lontana dall'hotel cui Amanda e Alessandro avevano pernottato la prima notte. L'edificio che la ospitava era piuttosto caratteristico. Per certi versi, somigliava a uno di quei monumenti situati nel cuore del paese che catturano, inevitabilmente, lo sguardo di innumerevoli turisti, smaniosi di conoscere quante più cose possibili in un tempo relativamente ristretto. Aveva un no so che di futuristico, constatò Amanda, che non smetteva di ammirare le semplici colonne in stile dorico che sormontavano il resto del complesso. Fu però entrando all'interno dello stesso che la sua curiosità si trasformò in completo stupore. Non aveva mai visto niente di simile. Le componenti architettoniche costituenti l'abside, anch'esso interamente in legno, erano perfettamente assemblate le une con le altre, l'aspetto semicircolare che, per certi versi, ricordava un qualche progetto del grande Leonardo Da Vinci.

Le piastrelle del pavimento in parquet – caratterizzate da rettangolini disposti obliquamente – sembravano brillare, come tutto l'ambiente circostante, di luce propria. Amanda andò quasi a sbattere contro uno dei tanti tavolini abbelliti da sedie che ospitavano un cospicuo numero di studenti impegnati a sottolineare dispense o, cosa ben più spaventosa, corposi libri di testo.

«Vedo che non ti dispiace», commentò Alessandro, che nel frattempo stava perdendosi nella silente contemplazione di uno scaffale di romanzi dedicato interamente ad Arthur Conan Doyle.

«Non mi dispiace? Ma è pazzesca!» sibilò lei, a mezza voce.

«Immaginavo che l'avresti adorata. E speriamo che la direttrice del posto sia altrettanto adorabile», sottolineò l'ultima parola con palpabile indecisione.

«Sempre molto ottimista, vedo.»

«Be', se tu fossi stata ancora una semplice esordiente, ti assicuro che piazzare qua il tuo romanzo sarebbe stato molto difficile. Non sono pochi gli autori che smettono di organizzare presentazioni a causa del fatto che ai bibliotecari importa meno di zero del loro libro.»

«Lo so bene, caro Ale. Penso che tu me l'abbia detto decine e decine di volte», lo canzonò.

Alessandro ricambiò il suo sorriso sardonico. «Dai, piazziamo queste venticinque copie e andiamocene. Questo è il massimo che mi hanno concesso, tanto ci penseranno le librerie di tutta la regione a distribuirne a iosa.»

Percorsero un corridoio parecchio stretto per poi ritrovarsi in una graziosa saletta, dove una signora dall'aria attempata – Amanda, in verità, non avrebbe saputo affibbiarle un'età precisa – stava divorando un romanzo con cipiglio estremamente attento, le labbra serrate, gli occhi sbarrati.

Alessandro tossicchiò, ma la signora non si mosse, tantomeno alzò lo sguardo dal libro. Lui e Amanda si scambiarono una breve occhiata; a quest'ultima scappò un sorrisetto.

«Dev'essere interessante», azzardò, inclinando la testa di lato per scorgere il titolo del libercolo. Cuore di Tenebra, di Joseph Conrad

Sì, decisamente interessante, confermò tra sé e sé.

La donna si portò il libro alle ginocchia. Il suo volto, da serio che era, si fece immediatamente più disteso. «Oh, finalmente!» esclamò, alzandosi in piedi. «Temevo non arrivaste più. Che poi...» sbuffò, le mani in testa. «No, non importa», continuò, quindi strinse la mano a entrambi. «Per me è un piacere conoscervi, ma soprattutto è un piacere conoscere la famosa Amanda Benassi! Ho letto il suo ultimo libro, sa? Lo devo ammettere... ci sa proprio fare con le parole. E non solo con quelle...» constatò, impressionata. E forse, un pelino sdegnata.

Amanda, che inizialmente aveva trovato divertente l'atteggiamento della signora, a quell'ultima affermazione provò un immediato senso di vergogna, tanto che il suo volto diventò cereo. 

Che cosa intende dire? avrebbe tanto voluto chiederle, ma non le uscì di bocca neanche un suono.

La signora in questione prese a sistemarsi la crocchia disordinata di capelli grigi, lo sguardo fisso su quello di Amanda, che invece aveva scostato il suo. «Oh, sappia che non ce l'ho con lei, capito? Anzi, mi scusi tanto se la mia è suonata come una provocazione, ma la verità è che mi ha molto infastidita l'atteggiamento di quei... di quei villani!»

«Villani?» ripeterono, all'unisono, Amanda e Alessandro, sconcertati.

«Non se ne rende conto, eh?» La signora sorrise e, a passo felpato, si avvicinò alla vecchia scrivania in legno massello popolata da scartoffie e libri vari. Dopo qualche secondo, estrasse una busta da un cassetto e gliela porse. 

Amanda non si mosse. 

«Avanti, la prenda. Sono tutte per lei.»

«Io non... non capisco», mormorò, spaesata.

L'altra continuò a sorridere. «Lei è una donna molto fortunata. Avessi avuto io, ai miei tempi, tutti questi corteggiatori!»

«Corteggiatori? Non mi dica che—»

«Esattamente. Me li sono ritrovati tutti qui. Una cospicua massa di ragazzi che volevano entrare a tutti i costi qua dentro! Se lo immagina il delirio, sì? Stavano facendo un gran baccano, così ho dovuto, per forza di cose, depistarli e... e dichiarare che il mio incontro con la famosa scrittrice era fissato per le tredici. A ogni modo... mi sono comunque permessa di dar loro un consiglio.» Sorrise, maliziosa. «E a quanto pare... l'hanno seguito proprio alla lettera. Ma d'altronde, come biasimarli? Lei è una bellissima ragazza», constatò con sincerità.

Amanda scosse la testa. «Continuo a non capire.»

«Letterine!» scattò l'altra, sempre più divertita. «Le hanno lasciato delle letterine!»

«Delle letterine

«Tenga», fece l'altra, porgendole la busta.

Amanda ci sbirciò dentro. Rimase esterrefatta. Non erano molte, forse una decina. Eppure si sentiva così al centro dell'attenzione che se avesse potuto scomparire con un semplice schiocco di dita l'avrebbe fatto volentieri. Non osava neppure guardare Alessandro.

«Avanti, mi dia pure le venticinque copie del libro della signorina», riprese la bibliotecaria, rivolgendosi all'agente. «Sono sicura che andranno a ruba!»

«Proprio come Amanda», commentò lui, che strinse la mano destra della ragazza in segno di conforto.

Non è divertente! avrebbe voluto ribattere, ma l'altra parte di sé non poté fare a meno di pensare: Cosa ci sarà scritto?

Conclusa la trattativa, i due si congedarono dalla direttrice, che nel salutare la giovane le sussurrò nell'orecchio: «Ah, dimenticavo! Ho trovato un bigliettino ai piedi del mio studio. Non so come sia finito lì, onestamente. Non so nemmeno cosa ci sia scritto, ma la busta in questione reca la dicitura Per la signorina Amanda – in una calligrafia piuttosto illeggibile, tra l'altro.»

Quelle parole risuonarono nella testa della ragazza per buoni dieci minuti. Percorreva i tornanti e le stradine del paese senza realmente guardare ciò che aveva attorno. Percepiva soltanto una tiepida brezza che di tanto in tanto le scompigliava i lunghi capelli, mentre un timido raggio di sole premeva a più riprese per guadagnarsi una piccola fetta di cielo. 

All'improvviso, Alessandro, probabilmente stanco di tutto quel silenzio, la sfidò: «Forza... leggiamone una.»

«Ti prego, non fare lo stupido.»

Alessandro si fermò di colpo. «Ehi... Perché sei così sconvolta, si può sapere?» 

Amanda lo guardò. No, non stava affatto facendo lo stupido. Era sinceramente preoccupato.

«Ale, io non... io non lo so.»

«Sì che lo sai», insisté lui. «Guardami.»

Lei non si mosse, lo sguardo assente.

«Amanda, guardami.»

Titubante, alzò lo sguardo. «Non sono abituata a tutto... questo», dichiarò, facendo spallucce.

«E lo capisco. Ma c'è dell'altro. Vero?»

Amanda non gli rispose.

«Non può scandalizzarti tanto il fatto che ci siano così tanti uomini a fare la fila per te. Sei una bella ragazza, è del tutto normale.»

«Già. Una bella ragazza che per quasi trent'anni è rimasta chiusa nel suo guscio e non veniva notata da nessuno. A tratti, nemmeno dal suo cane. E adesso, tutto d'un colpo... kaboom!» Ridacchiò, incredula. «Nah, quelli là non sono realmente interessati a me... dalla Amanda che sono. Loro sono attratti da Amanda Benassi, la scrittrice. E forse, cosa assai più probabile, saranno di gran lunga più attratti dal mio portafogli.»

«Ma dai! Lo pensi sul serio? Trovi così incredibile che una ragazza come te si sia guadagnata l'attenzione di molti ragazzi? La verità è che sei sbocciata, Amanda. Io per primo me ne sono accorto.» Le regalò un sorriso tenero. «La storia del denaro, per quanto verosimile, mi sembra abbastanza forzata. A meno che, come dicevo... non ci sia dell'altro.»

La ragazza sospirò, sconfitta. «Hai ragione. C'è dell'altro.» Lo guardò a malapena. «Però non sono pronta a parlartene adesso. Ti dispiace?»

«A dire il vero sì. Ma se anche decidessi di non parlarmene mai, ti assicuro che non perderai la mia amicizia in ogni caso.»

Amanda ricacciò un lamento. «Non sto rispettando il nostro patto, però.»

«No. Ma siamo appena all'inizio, quindi ci può stare... E comunque potresti benissimo indorare la pillola leggendo a voce alta la letterina di uno di quei baldi cavalieri», ritentò lui, buttandola sullo scherzo.

«Oddio, quasi quasi sembri più curioso di me!» rispose Amanda, che finalmente si concesse una risata liberatoria. Alessandro la seguì a ruota.

«Facciamo così... perché non me la leggi tu?» lo provocò, pescando una lettera a caso dalla busta.

Alessandro smise subito di ridere. «Non puoi chiedermi questo.»

«Sì, invece.» Gli porse la busta, quindi incrociò le braccia. «Prego. È tutta tua.»

L'agente aprì il foglietto piegato in due e si schiarì la voce. 

«Cara Amanda, da quando ho letto il tuo ultimo romanzo, ti sogno quasi tutte le notti», cominciò, la voce suadente. «Sarebbe scontato dirti che sei una bellissima ragazza e che la presentazione cui ho assistito ieri non mi abbia fatto venire voglia di conoscerti.» Alessandro la guardò per un momento, e Amanda stessa, sotto quello sguardo che non seppe decifrare, provò una sensazione altrettanto misteriosa. Forse, persino un leggero imbarazzo. «Una voglia che mi consuma, a dire il vero. E per quanto il mio desiderio sia destinato, molto probabilmente, a non concretizzarsi, ti lascio il mio contatto... chissà che Babbo Natale non decida di farmi un regalo in anticipo...»

Amanda rimase a bocca aperta. «Mi ha lasciato il numero?»

Alessandro si trattenne, a stento, dal ridere. «Peccato, però. Stava andando così bene!»

«Dammi qua», replicò Amanda, strappandogli di mano il bigliettino. Strabuzzò gli occhi, sempre più sconvolta. «Pensavo stessi scherzando con la storia del numero...» farfugliò, le sopracciglia appena increspate.

«Hai forse intenzione di chiamarlo?» rincarò Alessandro, ormai in preda al riso più sfrenato.

Amanda lo prese per mano, l'espressione accigliata. «Cammina!» esclamò, cercando di non lasciarsi coinvolgere troppo. In realtà, avrebbe tanto voluto ridere anche lei, ma la parte più nascosta di sé – la ragazza conosceva bene il perché – le impediva di farlo.

 

Si ritrovò nella sua stanza dopo quasi un'ora di cammino, il cuore in subbuglio. Si buttò sul letto e neanche si spogliò. Avrebbe già dovuto cominciare a preparare le valigie in vista dell'imminente partenza, ma la curiosità la stava divorando. In pochi minuti, lesse tutte le dediche che i fantomatici corteggiatori le avevano scritto quella mattina. Ognuno di loro le aveva lasciato il proprio contatto, eppure ad Amanda non interessava per nulla barcamenarsi in simili storielle. Aveva sempre sognato altro. Il tanto bistrattato colpo di fulmine, per esempio. Un incontro del tutto casuale in un caffè. O magari nell'agenzia in cui aveva lavorato per qualche anno. In effetti, aveva conosciuto il suo ex proprio lì. Spuntato da chissà dove, l'aria sbarazzina e non meno affascinante, un conoscersi abbastanza graduale che, alla fin fine, li aveva portati l'uno nelle braccia dell'altro.

Scosse la testa. Nessuno di quei bigliettini, per quanto carini – anche se, per certi versi, non meno sciocchi e banali –, aveva smosso qualcosa dentro di lei. Soltanto infinita malinconia. E sapeva benissimo perché. Decisa a non pensarci, si apprestò a scartare l'ultima busta. Per la signorina Amanda, c'era scritto. In quel momento, la ragazza si ricordò delle parole della buffa bibliotecaria. Passò le dita sopra la scritta. Una calligrafia piuttosto particolare, appurò. Inclinata verso destra. Non poi così leggibile, come le aveva detto la signora in questione. Senza ulteriori tentennamenti, aprì la busta.

 

Mi dispiace tanto per ieri sera...

Spero di farmi perdonare quanto prima.

 

Una stretta allo stomaco investì la ragazza. Di riflesso, sorrise. Quel sorriso nascondeva, però, una punta d'amarezza. 

Non è possibile! si disse. 

Il suo pensiero andò subito a quel misterioso uomo che la sera prima l'aveva piantata in asso senza un apparente motivo. Non poteva che essere lui.

Amanda si rigirò il biglietto tra le mani. Nessuna firma. Nessun contatto. Niente di niente. Contemplò il foglio incriminato per buoni cinque minuti, come se quelle informazioni potessero comparire da un momento all'altro. Rassegnata, posò la testa sul cuscino, il pollice ad accarezzare quelle parole leggermente marcate in neretto.

Chiuse gli occhi. Chissà, magari in quel modo – quant'era dolce illudersi! – avrebbe scoperto qualcosa in più. 

Magari, almeno per quella sera... l'avrebbe persino sognato.

   
 
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