Se mi chiedessero perché lavoro da anni al fianco di Noam Dolbruk – con tutta la fatica, i rischi e le difficoltà che questo comporta – risponderei con una sola parola: ondrèude.
È un verbo dàr-breuk che non significa solo respirare, ma anche qualcosa di simile allo stare bene.
Fin da bambino ho sempre cercato di essere invisibile, di non essere notato da nessuno: ma in realtà quello che desideravo di più al mondo era essere capace di fare la differenza per qualcuno.
Quello che avrei voluto sentirmi dire era: “Io ho davvero bisogno di te”.
Quando si è capaci di sentire troppo bene ogni cosa, persino il rumore degli schiaffi che prendono gli altri, due sono le scelte: o diventare abbastanza forte da intercettare quegli schiaffi o imparare a non sentire più niente.
Io presi la seconda strada.
Ma quando sei convinto che ciò che provi è niente – perché tu sei niente – allora davvero nessuno avrà bisogno di te, e si può anche smettere di respirare.
...
Ricordo benissimo qual è stato il momento in cui ho smesso di respirare.
Ma ricordo meglio e di più quello in cui ho ricominciato a farlo.