Videogiochi > Genshin Impact
Segui la storia  |       
Autore: Teony    31/01/2023    1 recensioni
[Cyno&Collei!centric] [accenni Cyndace]
L'adolescenza è una fase delicata, di trasformazioni fisiche e psichiche, che se non trattata con la dovuta cautela, può originare traumi e difficoltà a più livelli.
La crescita di Collei è anche più complicata. Le sue vicende pregresse la portano a dimostrare confusioni emotive e relazionali. Ad esse, si aggiunge l'inesperienza del suo giovane tutore.
[...] «Resti a dormire qui, oggi?» gli aveva chiesto.
La richiesta lo aveva fatto fremere, ma lui aveva reagito all’abbraccio e le aveva accarezzato i capelli. «Sì» le aveva mormorato. «Oggi resto con te.»
Quella è stata l’ultima notte che Collei, nel prendere sonno, gli era rimasta aggrappata addosso e lui si era semplicemente addormentato senza discostarla, aggredito dalla stanchezza.
L’ultima, prima di questa. [...]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Candace, Collei, Cyno
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2/2

In realtà, la discussione che Cyno ha tanto avuto timore di affrontare, si è rivelata molto più breve del previsto e non è stata costituita da alcuna botta e risposta. È stato un dialogo monocorde, distaccato, dove è stato solo lui a parlare, per tutto il tempo.
Collei non gli si è neanche seduta accanto. È rimasta in piedi, con gli occhi semplicemente piantati su di lui e le labbra strette. Impossibile dedurre anche uno solo dei suoi pensieri.
Sicuramente la colpa è stata di Cyno. La notte insonne lo ha stordito, innervosito ed oppresso a tal punto, dal non essere sicuro di aver mostrato la giusta delicatezza.
Si è lasciato trovare all’esterno, intento a massaggiarsi la fronte e strizzare gli occhi, a causa della stanchezza. Non ha avuto difficoltà a percepire la giovane ranger allarmarsi all’istante, nel non trovarselo affianco, tanto che l’ha sentita vestirsi alla svelta e quasi fiondarsi fuori dalla stanza.
«Collei» l’ha subito richiamata.
Lei gli si è avvicinata, con un sospiro ed ha riformulato un sorriso sollevato.
La sua espressione è cambiata però, via via che Cyno le ha rivelato l’ovvio. Le labbra le si sono ritratte in una seria linea retta, per poi quasi rifugiarsi tra i denti.
«Devo parlarti.»
«Dimmi.»
La verità è che non ha avuto neanche la forza di guardarla negli occhi, da un certo punto in poi.
Niente è più come prima, le ha detto. «Non posso più permettermi di abbracciarti in quella maniera.»
Non c’è stata opposizione di alcun tipo.
«Se lo facessi, ti mancherei solo di rispetto, o peggio, potrei compromettere la tua crescita.»
Paradossalmente, l’assenza di ribellione o anche di una misera reazione, ha persino accresciuto la propria condizione di incertezza.
Il tuo corpo sta cambiando.
Ormai sei cresciuta.
Non sei più una bambina.
Questo le ha detto, a grandi linee o almeno è ciò che può ricordare.
È stato un dialogo scarno, non sarà durato più di cinque minuti e lo ha lasciato orridamente insoddisfatto.
Collei, infatti, una volta che Cyno non ha saputo più cosa dire, ha chiuso gli occhi, portato le mani dietro la schiena e sorriso gioviale. «Sì. Capisco benissimo.» sono state le uniche cose dette. «Non ti preoccupare.»
È tornato a guardarla solo quando ha sentito il petto fremere, come allarmato.
«Io ora devo andare» ha rivelato la ranger, le è sembrata assolutamente tranquilla. «Ho una ronda che mi aspetta, vicino alla collina.»
Ha maledetto il proprio carattere, in quel preciso istante. Se ne avesse avuto le forze, l’avrebbe trattenuta, le avrebbe quantomeno chiesto cosa ne pensava di tutto ciò. La verità è che ha avuto paura. Paura di ferirla, nel caso di una insistenza, paura di una sua reazione, paura dei suoi pensieri. È solo tornato a guardarla, forse confuso. Ha solo dischiuso la bocca, ma la voce ha rifiutato di emettere alcun suono.
«Ci vediamo, Cyno. Ciao.»
Gli è semplicemente sfuggita dagli occhi, prima che potesse anche muoversi.
Al fatto che è stata la prima volta, dopo tanti anni, che è stata lei a lasciarlo per prima, ci ha pensato solo ora. Ad ormai quattro giorni dalla stringata discussione.
Solo adesso, a seguito di usuali giornate lavorative all’Akademiya, che lo hanno gradualmente convinto che Collei ha semplicemente compreso quello che lui le ha detto ed ha, di conseguenza, accettato il cambiamento.
Del resto: è solo un abbraccio.
Non l’ha privata di nulla di ché.
Una certezza che cade brutalmente a pezzi, nel ritrovarsi di fronte Tighnari. Lo sa, ancor prima che lui parli, che è accaduto qualcosa a Collei. Per quali altri motivi, del resto, la guardia della foresta potrebbe giungere all’Akademiya e non solo, oppressare i Matra fino allo sfinimento, pur di potergli permettere un urgente colloquio privato col Mahamatra in persona.
«Tighnari… che è successo?»
Lo vede passarsi una mano fra i capelli, non ha neanche la forza di guardarlo.
Cyno affila gli occhi, s’irrigidisce. «Perché mi hai fatto chiamare?» potrebbe impazzire nel non ricevere subito risposta. Sotto pelle ricorda già il sorriso forzato di Collei, i suoi occhi vitrei piantati su di lui, le labbra serrate. Poi lo sguardo che gli sfugge, lei che gli dà le spalle e sparisce dal suo raggio visivo.
«Cyno… ascolta»
Quanto non gli piace il tono con cui gli si rivolge. È serioso, eppure così incerto, come se velato da una vergogna indescrivibile.
C’è qualcosa in tutto questo che quasi lo induce a ritrarsi, tornare nel proprio ufficio, riprendere le proprie incombenze e rimuovere dalla coscienza che un simile episodio sia mai avvenuto.
«Si tratta di Collei.»
Freme.
È tutta colpa sua.
Quella discussione, gli sguardi di lei, indecifrabili, i suoi sorrisi.
«Cosa è successo…?» la voce gli si piega quasi in un rantolo. Perché in fondo lo sa bene, anche se non comprende come. Sa che stavolta l’Elazar non c’entra. Sa che non è una delle sue solite avventatezze, durante le sue escursioni, sa anche che ciò non è relativo a qualche pessimo risultato nel suo percorso di studio.
«Due giorni fa è partita per una ronda che le ho affidato, nei pressi di Vimara.»
Sente la vista annebbiarsi, specialmente nell’incrociare gli occhi dell’amico. «Lei…non è ancora tornata.»
La pressione crolla a picco, a tal punto che Cyno si sorprende, nell’essere ancora in piedi.
«Ho subito avviato le ricerche nei dintorni, sono operativo da subito.» si affretta subito ad aggiungere Tighnari, forse anche per fornire la giusta speranza ad entrambi. «Ma credo che, giunti a questo punto, era importante informarti.»
Ma il Mahamatra è sordo a tutto questo. Lo sguardo gli si perde nel vuoto. Tutto ciò che gli pulsa nel cervello è la consapevolezza di quel volto gioviale, appena baciato dall’adolescenza che sfuma, per poi tornargli vivido tra i ricordi.
E le peggiori prospettive gli si aprono davanti, miste a brutale incredulità ed un incerto bagliore di ottimismo, volto a convincerlo che lei tornerà da sola, che non le è successo nulla di grave, che sta tardando per chiari motivi.
«Sono un imbecille» mormora, nel ritrovare consapevolezza.
L’amico si fa interrogativo. «Che intendi?»
Lui torna a guardarlo. «Vengo a cercarla.» dei propri doveri in quanto Mahamatra, in questo momento, non potrebbe importargliene di meno.
Tighnari annuisce, consapevole. «vedrai che la troveremo.»
“Certo che la troveremo” vorrebbe poter riconfermare. L’idea dell’averla persa non lo sfiora neppure.
Una cosa è certa, la aspetta un rimprovero esemplare, quando la vedrà al sicuro nella sua stanza.
 
Le ricerche sono capillari sin da subito, maniacali, estenuanti.
Tighnari ed i Ranger si sono focalizzati principalmente sulla zona attorno alla collina, non tralasciando neanche uno sprazzo di terra.
Cyno, invece, ha scelto di cercarla da solo. È partito col setacciare da cima a fondo ogni grotta, cava, sentiero, insenatura da Collei conosciuta, partendo da quelle più prossime a Gandharva. All’inizio, determinato ed in forze, non ha permesso al conscio di sibilargli neanche il più misero e tetro dubbio.
Deve essere da qualche parte. Non può essere troppo lontana.
Non è la prima volta che la ragazzina decide di nascondersi, riconferma a se stesso svariate volte, per darsi più sicurezza. Non è la prima volta che lei sfugge dal suo campo visivo, in attesa di essere trovata.
Lui l’ha sempre trovata.
È il Mahamatra del resto.
Non c’è persona che, una volta entrata nel suo mirino di garante della giustizia, sia riuscito a sfuggirgli. Riuscirà a trovarla.
Deve.
Non c’è alcun dubbio su questo.
È solo una ragazzina, del resto.
Eppure, ad una grotta che trova vuota, segue subito l’altra. Un’altra ancora.
Ricorda il sorriso birbante che gli ha rivolto tante volte, nell’essere stata scoperta di nuovo, in un nascondiglio sempre diverso e che puntualmente lei reputava “perfetto”. A ciò seguiva sempre una promessa: «La prossima volta, non mi troverai.»
S’imbuca nella piccola galleria nei pressi del bosco di Apam. Piove a dirotto, come di consueto. Percorre il tunnel senza energia. Non si è neanche accorto di quante miglia abbia compiuto.
La prossima volta non mi troverai. Sente ancora echeggiare nelle orecchie. Arresta il passo, poggia il palmo alla parete umida. Il cuore gli palpita frenetico. Avverte gli occhi come pesanti. Gli sembra di sentirla ridere.
Non si è mai spinta così lontana da sola: è il pensiero che emerge brutale, fra tutti gli altri, nel rendersi davvero conto di quanto la ricerca si stia protraendo.
Non è mai giunta qui, senza di lui.
Ingoia. Respira profondamente e forza il battito a decelerare. Non permetterà al panico di assalirlo. Se lo facesse, sarebbe la fine. Così torna ad aggrapparsi alla speranza. Lei è qui e nel caso non lo sia, sarà sicuramente vicina.
Eppure, nel raggiungere il cuore della cava, sente il vuoto pervaderlo. Setaccia la zona compulsivo, ne analizza preciso il suolo, alla ricerca anche solo di un indizio che possa suggerirgli che lei sia o sia stata, effettivamente, nei paraggi. Non trova nulla.
Guarda in avanti, nel vuoto. C’è solo un pensiero che continua ad avvelenarlo: Collei non è neanche qui.
Non è da nessuna parte.
Collei è sparita.
Si siede sul suolo. Non riesce più ad avanzare. Deve concedersi una pausa e riordinare i pensieri, scegliere subito il nuovo luogo da controllare. Il panico inizia ad assalirlo, nel rendersi conto che le idee iniziano a rarefarsi. Magari Tighnari l’ha già trovata, mentre lui è qui a struggersi a mani vuote. Sì, dev’essere così per forza, si ribadisce. Magari è già a Gandharva, nel suo letto e sta recuperando le ore di sonno perse.
Se ne convince e così lascia la cava, a notte inoltrata.
Raggiunge l’accampamento Ranger di prima mattina, dopo un tragitto percorso senza pause, trascinato dalla semplice idea di rivedere la sua protetta sana e salva. Gli è persino passata la voglia di rimproverarla, gli interessa solo il poterla riabbracciare e confessarle di quanto l’ha fatto stare in pensiero.
Ma Collei non è ancora tornata.
Tighnari lo accoglie con uno sguardo afflitto, anche lui ha trascorso una notte insonne, costellata da ricerche e pattuglie senza sosta. Non ha neanche la forza di confessare che ogni sua fatica non ha portato ad alcun risultato, per quanto glielo si legga in faccia.
Cyno sente di poter crollare sotto il proprio stesso peso, ma è l’incredulità a reggerlo in piedi. Rifiuta semplicemente di concepire che tutto ciò sia reale. Saluta l’amico, vuotato semplicemente di ogni emozione, ma con la reciproca promessa di prendersi giuste pause, tra una ricerca e l’altra.
L’incapacità dell’accettare l’attuale realtà dei fatti lo porta ad entrare nella sua stanza. Nel varcare la soglia avverte un fremito. Gli è sembrato di vederla lì, intenta a leggere un libro o forse riportare sul quaderno qualche nota che è necessario che ricordi. L’immagine, tuttavia, sfuma nell’istante successivo.
La camera è perfettamente in ordine: letto fatto, libri in pila, in attesa di essere studiati, medicine accuratamente riposte sullo scaffale. Sulla scrivania poggia solo il piccolo diario di studio della ragazzina. Se qualcuno gli strappasse di netto un arto dal corpo, probabilmente avvertirebbe meno dolore di quanto gliene arreca il solo sfiorare l’agenda chiusa.
Non riesce neanche ad esternare fisicamente le violente emozioni che prova. Non riesce a piangere, lo trova inutile. Non sa chi poter accusare di questo terribile episodio, se non se stesso.
Non ha la forza di confessare a Tighnari che la causa della sparizione di Collei è la sua. Si ritrova a sedersi sulla sedia della sua protetta, piegarsi sulla scrivania, infilarsi le unghie tra i capelli, serrare gli occhi, con le labbra contrite nel rimorso.
È il ricordo del sorriso di lei a dilaniarlo più di ogni altra cosa. Quell’espressione serena, che in realtà nascondeva turbamento, dolore, incapacità del comprendere a cosa lui si stesse riferendo. L’ultima, prima di vederla voltarsi.
«Capisco benissimo» gli aveva detto.
In realtà non ha capito niente e la colpa è solo di Cyno, perché è un completo imbecille. Avrebbe dovuto istigarla a chiedergli maggiori spiegazioni, avrebbe forse dovuto trattare la questione in una diversa maniera, anzi, sicuramente.
Ma ora vuole solo rivederla. Niente è più importante, al confronto.
Di lacrima gliene sfugge una sola, nel nascondersi il viso fra gli avanbracci. È una lacrima di rabbia, rivolta solo a se stesso. Però questa reazione è sufficiente a riaccendere in lui la determinazione. Digrigna i denti.
La troverà: anche a costo di dover setacciare tutta Sumeru.
 
A mantenere la promessa del concedersi qualche sporadica pausa, non è certo lui. Per quanto dovrebbe, lo sa bene. Sono ormai tre giorni che non chiude occhio, il suo corpo gli sta letteralmente urlando di riposare, ma è la sua mente che non gli consente il sonno.
Appena chiude le palpebre, anche di poco, vede Collei, affamata, infreddolita, sofferente, nelle più disparate condizioni, ognuna delle quali gli tramortisce la psiche e lo obbliga a spalancare gli occhi di nuovo e rimettersi subito in cammino.
Ogni singolo secondo di riposo che si consente, potrebbe essere letale per lei.
A momenti di sconforto estremo, si alternano attimi di energia, in cui torna a ripetersi che la troverà, non può essersi volatilizzata, ma divengono sempre più incerti, effimeri, pronti a sbriciolarsi ad ogni suo impulso di lasciarsi semplicemente cadere a terra.
Gli è capitato diverse volte di inciampare su se stesso, nel setacciare, per un’intera mattina, le alture attorno ad Alcazarzaray. Poi, nel bosco, colto dall’esasperazione, è persino arrivato a chiamarla, a gran voce, sotto la pioggia scrosciante.
Ha percepito il temporale come ostile, non solo alla sua disperata ricerca, ma anche alla speranza. Ha sentito le sue grida di richiamo propagarsi nella boschiva, ammortizzate dalla pioggia. Ha vagato sotto di essa disperato, incurante del freddo, dell’essere fradicio da testa a piedi. Ormai la ragione non fa neanche più parte dei mezzi di cui sente di poter disporre. C’è solo quell’ombra, che gli sorride, dice di aver compreso e poi semplicemente svanisce.
È restato in contatto con Tighnari tramite rapide missive, ma la risposta è sempre stata la stessa, che col passare del tempo si fa sempre più turpe.
“La stiamo ancora cercando” frase che l’amico ha sempre preferito alla cruda verità, che gli avrebbe strappato di dosso anche l’ultima delle speranze: “Non l’abbiamo ancora trovata”.
Ancora.
Dopo ormai quattro giorni.
Ormai sono pochi i luoghi da controllare. Ha avvisato anche Candace, le ha chiesto di avviare le ricerche nel Deserto. Ormai Collei potrebbe essere ovunque, sempre che…
Sempre che sia ancora viva, ma quell’idea non la contempla neppure.
È così ironico. Lui, proprio lui, che ha sempre vissuto ad un passo dalla morte, se non essergli quasi fedele servo, ora teme così tanto l’idea che una semplice fase della vita, la stessa di cui si è fatto carico tante volte, la colga.
Non vuole neanche concepire l’idea che Collei abbia semplicemente scelto di abbandonare Sumeru, per dirigersi chissà dove, forse a Liyue o Monstadt. Nel caso sia stata questa la sua decisione, non la rivedrà. Non saprebbe come cercarla, non la troverebbe mai. Non ha abbastanza contatti esterni, per poter essere in grado di rintracciare una gracile ragazzina, senza alcun segno distintivo, se non il suo precario stato di salute.
Senza essersene accorto, è giunto sino a Caravan Ribat ed il prenderne consapevolezza lo devasta: il limite della Foresta è davanti ai suoi occhi, eppure è ancora a mani vuote, stanco, affamato, fradicio ed il solo pensare che Collei potrebbe trovarsi in condizioni ben peggiori, lo induce a non curarsi di se stesso.
L’unica cosa che si concede è una piccola sosta, in un rudere prossimo alle Mura di Samiel. Forse si addormenta, ma nel riaprire gli occhi si sente persino più spossato di prima.
Rinuncia semplicemente all’idea di riposare.
Non sa dove andare, che obbiettivo darsi e neanche riesce a motivare il perché la ragazzina possa essersi diretta nel Deserto; ma ormai niente ha più importanza.
Non ci pensa. La sua ricerca è semplice inerzia, per convincersi che ha fatto tutto il possibile.
Non la troverà.
Questo si dice, nel rimettersi in marcia, arrivando persino a far leva sulla propria lancia, pur di non incespicare.
Non la troverà.
Allo spuntare del sole si rende conto che un altro giorno è trascorso.
È passata una settimana da quell’insoddisfacente discussione.
Non la troverà.
Trova conforto nel percepire la sabbia sotto la pelle, si sente a casa. Non ha avuto ancora notizie, né da Candace, né da Tighnari. Avanza ancora. Le scaglie di roccia della barriera naturale, volute a delimitare il Deserto, sono ormai alle sue spalle. A lui di fronte si erge il mare d’oro e di nulla, sotto un sole violento.
Compie un altro passo, ormai ha perso il conto di quante miglia abbia compiuto. È la voce di lei ad echeggiargli ancora nelle orecchie, lo richiama.
«Cyno?»
Collei…
Sorride smagliante, fra i suoi ricordi. Ha un cerotto sulla guancia, ma è realizzata. Ha appena superato una prova di forza particolarmente ostica, si sente fiera. Le abrasioni sul corpo non hanno importanza.
«Cyno…»
Le profonde iridi viola sfuggono dalla sua attenzione. «Sai, avevo pensato che non sarebbe male, se iniziassi a studiare per il test di ammissione all’Akademiya.»
Non se ne parla. Non è luogo per te. Non te lo permetterei mai.
Devi essere felice, Collei. Devi farlo, anche per me.
«Io voglio stare con te.»
Gli occhi gli si inumidiscono. Si arresta, sta tremando. Il caldo gli scotta la pelle, eppure perché… perché sente così freddo?
Cos’ha fatto lui, per tutto questo tempo, anziché proteggerla? L’ha lasciata sola, concedendole solo una cosa.
Un abbraccio.
Lo stesso che vuole toglierle, perché troppo tardi si è accorto che non fosse il metodo giusto per starle vicino. Non ora. Non più.
Riprende il cammino.
Ed ora l’ha persa.
Forse avrebbe dovuto lasciare l’Akademiya. Forse avrebbe semplicemente dovuto lasciarla alle cure di qualcun altro, decisamente più capace.
«Sono solo tanto felice che resti con me» gli dice quella voce, nei ricordi. «ti voglio bene.»
Vuole piangere.
Da quant’è che sta avanzando nella sabbia? Non lo sa. In realtà ha perso l’orientamento, la mente rifiuta di indirizzarlo in un punto preciso, di offrirgli anche solo un barlume di speranza o un obbiettivo da perseguire. Vorrebbe solo poterlo obbligare a serrare quei maledettissimi occhi. Lo stomaco gli urla di cibarsi. Anche la gola è secca, dovrebbe bere.
Incespica su se stesso. Cade. La sabbia attutisce il tonfo. Deve rialzarsi, eppure è così piacevole… vorrebbe rimanerci qui, la morte non lo spaventa. Non più e da molto tempo, ormai.
Collei: il suo corpo tramortito dall’Elazar, gli occhi vitrei che guardano il vuoto, la carne che deperisce, per poi restare polvere.
Assottiglia la vista e contrisce le labbra in un cruccio addolorato.
Il suo compito è giudicare le anime dei morti. Cosa potrebbe mai giudicare dell’anima di Collei? Che è stata una semplice e povera ragazza, vittima di crudeltà indicibili e terribili sfortune? Che ha cercato di proseguire nonostante la malattia che le scarnifica la pelle? Che ha riposto la sua più completa fiducia nella persona sbagliata?
Quanto gli piacerebbe vederla crescere.
Quanto vorrebbe poterle dire che per lui è un miracolo saperla sempre più adulta, sempre più consapevole e matura. Non c’è niente che lo gratificherebbe più di questo.
Succederà mai?
Forse no.
Ma rifiuterà sempre di cercarla nella morte. Preferisce il dubbio di saperla altrove, piuttosto che la certezza che ormai, non appartenga più a questo ciclo vitale.
Poi sbarra gli occhi, si solleva sui gomiti di scatto, resta semplicemente inebetito, per un paio di secondi. La mente gli sta urlando un chiaro messaggio: traduce quello che la vista gli propone.
La vede.
Si rialza di getto. Barcolla in avanti per lo sforzo immediato, poi prende a correre. È lontana, ma è lei. «Collei!» si sgola.
La ragazzina continua ad avanzare ed offrirgli le spalle. Non è che una semplice sagoma in controluce, ma è lei. La riconoscerebbe ovunque.
«Collei!» la richiama ancora. Le corre dietro, con le ultime energie di cui ancora dispone. I muscoli delle gambe bruciano per lo sforzo eccessivo, il petto sembra ardere.
Lei seguita a camminare, non lo sente neppure.
Il corpo gli sta urlando di smetterla, di limitarsi ad accartocciarsi su se stesso e riposare, ma non potrebbe mai, non ora.
Perché…?
Perché non riesce a raggiungerla!?
Che sia così debilitato, dal non poter neanche reggere una semplice corsa?
Eppure quella sagoma si fa sempre più piccola, a tal punto dal fondersi con l’orizzonte e non solo, ora a confonderla maggiormente è il deserto stesso.
Cyno si accorge troppo tardi del vento che, durante la sua corsa sfrenata, si è fatto impetuoso, tanto che avverte i granelli di sabbia picchiettargli sulla pelle e soffocargli il respiro.  
Una tempesta.
Eppure non se ne pone neanche il problema, ad un ipotetico rifugio non ci pensa neppure. Sa solo che deve raggiungerla, a qualunque costo.
La richiama ancora, con quanto fiato ha in gola, questo perché il vento sembra spezzare il suono della sua voce.
Eppure quella sagoma è sempre più sfumata, inghiottita dalle dune del deserto. Nel non vederla più, crede di poter impazzire.
Corre ancora, ma inciampa su se stesso.
E stavolta non ce la fa.
Non riesce ad alzarsi.
È finita.
 
È una voce famigliare a spingerlo a socchiudere gli occhi.
Ora sono due.
Avverte le membra intorpidite, come se a lungo sottoposte ad una paralisi.
«È una perdita di tempo, non abbiamo neanche una pista» sente dire, per quanto i suoni gli giungano alle orecchie come ovattati.
«Dobbiamo insistere.»
«gli eremiti sono esausti.»
«Io lo sono quanto loro, Dehya. Ma non per questo reputo lo sforzo inutile.»
Segue uno sfiato esasperato.
Stringe di nuovo gli occhi, perché una fitta alla testa lo paralizza. Mugugna a fatica, tenta di muoversi, ora avverte una presenza a lui prossima. È così stordito, che nell’immediato non riesce neanche a ricordare cosa sia successo, né perché.
«Cyno, mi senti?»
Dischiude gli occhi appena: riconosce subito la voce, ma la vista è così debilitata che, per mettere a fuoco la sua sagoma, impiega diverso tempo.
«Candace…?»
La donna è arcuata su di lui, chiaramente preoccupata. Prova a muoversi, ma un’altra fitta alle tempie lo paralizza. «Che è successo?» riesce a domandare, nel poterla inquadrare finalmente nitida.
«Che sei un imbecille, ecco che è successo» sbotta l’altra, alle spalle di Candace.
«Dehya!» tuona la Guardiana. «Finiscila.»
«Dovresti essere furiosa quanto me.»
«Non sei di aiuto.»
E di nuovo segue un grugnito contrariato.
Ma Cyno non fa neanche caso al piccolo battibecco tra le due, perché d’improvviso ha ricordato tutto: Collei è dispersa. Lui si è spinto nel deserto. L’ha vista.
Era lì! Ma non è riuscito a raggiungerla.
Scatta a sedere, ignora persino che Candace ora lo fissi scettica.
«Da quanto sono qui?» le chiede, ansioso. Ora sa perfettamente dove sia, a casa della sua compagna e sa altrettanto bene che non dovrebbe essere qui affatto.
«Cyno devi—»
«L’avete trovata?» domanda ad entrambe, supplicante.
Le due donne si scambiano uno sguardo di sfuggita e ciò che legge nei loro occhi non gli piace, per nulla. «Devo andare!»
Fa per alzarsi, ma Candace lo trattiene, perentoria. «Tu non vai da nessuna parte» ed anzi, lo pressa nuovamente sul materasso. «Ti rendi conto delle tue condizioni!? Ci mancava poco che morissi d’infarto, per quanto ero preoccupata!»
La squadra costernato, poi si ribella. «Lei era lì. L’ho vista. Devo tornarci subito, devono esserci ancora delle tracce.»
«Lì dove?» indaga la Guardiana, senza ammorbidire il tono di un minimo.
Lui ammutolisce. Non lo sa. Non ne ha idea. Ed è ora che ci fa effettivamente caso… Com’è arrivato qui?
«Cyno» s’intromette di nuovo Dehya, stavolta avvicinandosi ed incrocia le braccia. «Ti rendi conto che hai rischiato di crepare sul serio?»
Ingoia. Non ricorda a sufficienza. Non capisce a cosa si riferisca, ma gli occhi taglienti della mercenaria lo inducono a credere che stia dimenticando qualcosa di importante. Non riesce a ribattere e forse questo stimola Dehya a farsi anche più aggressiva.
«Non fosse stato per la visione di Candace, a questo punto saresti un fottuto cadavere, amico mio.»
Rabbrividisce, ma a stordirlo maggiormente è il fatto che la sua compagna non riesca neanche a guardarlo: svia gli occhi altrove, con un cruccio chiaro sul viso. È rigida, indisposta, forse persino arrabbiata. Eppure si limita a stringere le mani sulle cosce e non aggiungere nulla.
Cosa cazzo ha combinato?
Torna a fissare Dehya e quasi vuole giustificarsi. «Ho visto Collei. Ho semplicemente provato a raggiungerla» ma l’amica inarca un sopracciglio.
«Cyno, non c’era nessuno oltre te.»
«Dev’essersi allontanata… sono sicuro di averla vista.»
«Eri solo» riconferma la Guardiana, duramente ed il suo tono quasi lo obbliga a tornare a guardare la compagna, afflitto. «Sei stato travolto da una tempesta di sabbia.»
Sbianca. Ora comincia a ricordare qualcosa di simile. La guarda, gli occhi di Candace lo fanno fremere, come se sottoposto ad un giudizio. È seria nel dirgli: «La sabbia ti ha quasi sepolto vivo.»
Interrompe il contatto, ora comprende bene la gravità della situazione.
«Collei non c’era neanche nella mia visione. So che non sono sempre precise, ma dubito che non l’avremmo trovata nelle tue stesse condizioni, se ci fosse davvero stata.»
Cyno Incurva la schiena in avanti, si porta le mani al viso. Sono troppe le emozioni che sente di provare, in questo momento e gli mozzano il respiro. C’è solo qualcosa che riesce ad elaborare: È stato vittima di un miraggio. Ed è quasi morto, per questo.
«Dehya…» la richiama Candace. «Per favore, lasciaci soli. E riferisci al capovillaggio di rafforzare le ricerche il possibile.»
L’eremita tira un profondo respiro, infine rigira gli occhi e scrolla le spalle. «D’accordo» e così va via.
Nel restare soli, aleggia nell’aria il silenzio, nel quale Cyno non ha smesso di nascondersi il viso, né si è mosso e Candace non osa parlargli, colta da chissà quale tipo di pensieri.
Forse ora crede di poterlo perdere, per qualsiasi motivo, data la sua avventatezza. Non sta facendo altro che combinare un disastro dopo l’altro. Ma non è solo questo a farlo sentire inutile.
Ha perso tutto, anche il più misero barlume di speranza è ora infranto.
Non ha più una meta, non ha più una direzione ed ha persino rischiato di far soffrire la persona che ama. Per quanto la morte non lo spaventi, non può permettersela. Non più. Da quando c’è Candace.
Da quando c’è Collei.
Viene abbracciato di getto e quasi sobbalza.
La Guardiana lo stringe con forza, così poggia il capo sulla sua spalla e gli bacia il collo. «Cosa credevi di ottenere, nel ridurti in queste condizioni?» gli domanda, in un sussurro travolto dalle emozioni.
Lui trattiene il fiato, si morde le labbra.
«Dimmi la verità, da quanti giorni non dormi?»
Ingoia, ma non osa rispondere. Troppi…  
«Ti rendi conto che per trovarla, ti servono energie, vero?»
A cosa potrebbero servigli ora, le forze? Collei se n’è andata. Non tornerà più e lui ne è la causa.
«È colpa mia» confessa finalmente, a qualcuno che non sia se stesso. Discosta le mani dal viso a fatica, ma non rifiuta l’abbraccio della compagna. «È colpa mia se è scappata» la voce gli si spezza in un rantolo, eppure lei non cerca ulteriori chiarimenti. Si limita a cingerlo più forte. «Ed ora ho fatto anche preoccupare te. Sembra che non sia in grado di fare altro che danneggiare coloro a cui tengo.»
Ora gli occhi gli si fanno languidi, col cuore stretto in una morsa brutale. «Forse sarebbe stato meglio davvero restare solo. Non merito altro.» non sa se ciò lo pensi davvero o sia l’amarezza a farglielo dire, ma Candace scioglie l’abbraccio, gli prende le mani e gliele bacia. «Cyno» lo richiama soffice. «Non c’è un singolo giorno in cui mi pento di amarti»
Di lacrima gliene sfugge una. La guardiana gli discosta i capelli dal volto ed il sorriso che lei gli rivolge lo devasta.
«E sono certa che anche Collei pensi lo stesso.»
Ora di lacrime gliene sfuggono due. «Ma io l’ho ferita» rimarca a fatica.
«Qualsiasi cosa sia accaduta tra voi, sono certa sia frutto di un fraintendimento, ma è risolvibile.»
Lui scuote il capo, svia lo sguardo.
«Ma adesso devi assolutamente mangiare qualcosa e riposare.»
Candace si sbaglia. Ormai è tardi. È tutto inutile.
«Così domattina riprenderemo le ricerche.»
Assottiglia gli occhi, colmi di lacrime a stento trattenute; ma è ciò che lei gli dice a sbloccarlo del tutto. «La ritroveremo, vedrai. Su questo non ho alcun dubbio.» si piega in avanti, le si stringe addosso e si lascia andare ad un pianto sommesso, ma che trova liberatorio e viene cinto dalle braccia della compagna. 
 
Il riposo, in effetti, si è rivelato anche più benefico delle aspettative. Forse per quel misterioso canto tenue, che Candace gli ha mormorato nell’orecchio, di cui non è riuscito a cogliere le parole, per via della stanchezza. Forse perché la sua mente aveva semplicemente bisogno di una pausa dignitosa, per ritrovare una traccia da seguire. Però, ora ha una risposta, nello svegliarsi.
Candace ha aperto gli occhi poco dopo, come se il loro sonno fosse in qualche modo interconnesso. Gli ha sorriso placida, con quella costante aura di mistero che la avvolge e la sua domanda l’ha sorpreso, ma non fino in fondo. Sa bene che le capacità di lei siano ben oltre la logica. «Hai trovato la risposta che cercavi?» ha chiesto, placida.
Si sono guardati. L’ha baciata a fior di labbra. «Sì» ha ammesso, consapevole. «Ora so dove andare.»
«Bene. Allora vai. Ti sta aspettando.»
Se solo riuscisse a dirle quanto la ama, perché non trova parole in grado di esprimerlo. Ha sperato che il suo sguardo grato fosse sufficiente. «Tornerò presto e con lei.»
La Guardiana ha annuito e gli ha sorriso ancora. Gli è sembrata stanca, come se drenata di energie, ma l’ha vista felice. «Allora vi aspetto qui.»
Ed è partito subito.
In fin dei conti il suo semplice istinto ha avuto ragione: Collei ha davvero voluto addentrarsi nel Deserto e, non solo, nel luogo più inconcepibile per la sua psiche.
Li ha visti nel sogno, quelli lugubri corridoi di roccia, imbrattati di sangue, urla, messaggi segnati da unghie consunte, impregnati dall’odore di carne putrescente. Ha visto con gli occhi di Collei bambina, ha visto la sua fuga senza speranza, ha percepito l’orrore delle ferite ancora aperte, del corpo che ribolle, a causa del residuo dell’Archon. Ha sentito le grida strazianti, provenire da quelle camere di tortura.
Ha visto il vuoto, in quelle gallerie, la completa assenza di vita.
Nessuno è mai uscito dal budello del deserto, nessuno è mai riuscito a scappare da quell’assassino. Questo Collei lo sapeva benissimo, eppure la più pura disperazione l’ha indotta ad annichilirsi completamente. Meglio morire di fame, in quelle gallerie, meglio vuotarsi di tutto ciò che si è, che vivere, anche solo per un ulteriore e misero giorno, quelle brutali violenze fisiche.
Era partita con un compagno; Cyno ha potuto persino vederne i lineamenti. Un piccolo ragazzino, affamato e terrorizzato quanto lei. Lo stesso che aveva visto sbranato da una bestia, due giorni dopo.
Ha visto il sangue colare dai canini della creatura e quel volto conosciuto ciondolare senza vita da un lato all’altro, prima di venire schiacciato da un singolo morso. Aveva sentito il suono delle ossa scricchiolare e pezzi di cervello colare sul terriccio.
Collei non aveva provato nulla.
Aveva pensato che, in fondo, morire non sarebbe stato poi così male. Non aveva niente da perdere del resto e quelle labirintiche pareti non l’avrebbero mai condotta all’uscita.
Lei sarebbe rimasta lì ad aspettare.
Aspettare di marcire.
Ma quella bambina si è salvata; infine ha trovato l’uscita, anche se non la cercava davvero. Nello scorgere la luce, per la prima volta, dopo tanto tempo, ha avuto il timore di perdere la vista. Ha pianto disperata, quella bambina, nel riuscire dove tanti hanno fallito, senza che neanche lo volesse davvero. In quel budello vuoto non ci sarebbe più tornata, si era detta.
Perché avrebbe ricominciato, avrebbe trovato qualcosa lì fuori, che le avrebbe restituito la voglia di vivere.
«Collei.»
La ritrova rannicchiata in un angolo, stretta fra le ginocchia, con le unghie, gli abiti ed il viso insozzati di sangue e tre carcasse di roditori a pochi centimetri da lei o almeno, quel che ne resta.
Quantomeno ha deciso di non lasciarsi semplicemente morire di fame, è la constatazione di Cyno, ma il ritrovarla in queste misere condizioni non lo fa sentire certo sollevato.
Le si avvicina. Compie solo due timidi passi prima che lei sollevi di poco il capo. Ha gli occhi cerchiati di rosso, sembra aver pianto a lungo. «Vattene.» Il suo tono è raggelante, ma la sua voce roca, probabilmente consumata dai singhiozzi, evidenzia lo stato di estrema fragilità in cui si trova.
Gli fa così male vederla così. Avanza di un altro passo.
«Vattene via, ho detto!» gli urla, si porta le mani ai capelli, si graffia la nuca.
In lei non riesce a vedere la giovane Ranger in crescita che ormai ha imparato ad accettare. Ha di fronte l’esatta raffigurazione di quella bambina, abbandonata nel nulla, congelata in una condizione assente di progresso.
Ha di fronte la bambina senza speranza, che ha deciso di annichilirsi.
La richiama ancora e le si avvicina, lei soffoca un singhiozzo, si ritrae maggiormente sulla parete, ma lo sforzo la obbliga ad urlare di dolore. Si preme le braccia rachitiche sul busto, contrisce le dita delle mani in una posa innaturale, in tensione. Una scarica violenta l’ha aggredita e l’ha forzata a rizzare la schiena.
L’Elazar.
Ha bisogno di cure immediate, geme nella mente Cyno. Deve portarla subito via da lì.
La vede portare le dita paralitiche fra le ciocche verdi, sporche di polvere, terriccio e sabbia, per poi tapparsi le orecchie e nascondere il viso fra le ginocchia. Non vuole guardarlo, non vuole neanche sentirlo.
«Mi sei mancata così tanto» le dice, in ogni caso e s’inginocchia con cautela ad ormai solo un metro da lei. La sente trattenere il respiro. «Sei un bugiardo» è l’amara risposta della sua protetta e lo ferisce.
«Non ti ho mai mentito. Mai. Sin dal primo giorno che ti ho conosciuta. Perché dovrei farlo ora?»
Lei si concede un attimo di silenzio, anche per schiarire la voce, ostacolata dai grumi di saliva. «Perché ora non mi vuoi più.»
Se delle parole fossero in grado di ucciderlo, queste sarebbero letali.
«Vattene. Io sto bene qui.»
«Io non vado da nessuna parte.»
«Quanto sei fastidioso» gli sibila e lui non osa ribattere, specialmente nel ricevere di nuovo i suoi occhi, colmi di rabbia. Era da tanto che non vedeva quell’espressione sul suo viso: disillusa, aggredita dall’odio, colma di rancore e ribrezzo. «Insistente, fastidioso, noioso, antipatico!»
E di nuovo Cyno non risponde.
«Io ti odio, hai capito? Ti odio!» eppure la voce le si rompe di nuovo in singhiozzi. «Io ti odio…»
Torna il silenzio, ma che stavolta lui interrompe. 
«Hai ragione.»
La sente sussultare. «Eh?»
«Ho detto che hai ragione. Sono una persona estremamente fastidiosa, noiosa, irritante, anche molto stupida. Ma una cosa è certa, non sono bugiardo.»
La ragazzina contrisce maggiormente le labbra, senza smettere di premersi le braccia contro il petto.
«Ed io non ti ho mentito quando ho detto che ti voglio un’infinità di bene.»
Ora lo sguardo di lei ricade verso il basso, assieme a nuove lacrime. «Ma il mio corpo… il mio corpo sta cambiando. È per questo che non vuoi più stare con me, no?»
«Collei…»
«E allora io non voglio crescere!» esclama d’un fiato. «Io voglio tornare come prima. Io voglio che non cambi mai niente! Perché… perché!? Perché non possiamo fare semplicemente finta che non stia cambiando niente!?» sbotta, nascondendosi il volto dietro alle braccia strette le une contro le altre, nella rigida posizione.
È ora che riesce ad avvicinarla, ma ha ancora timore di toccarla. «Collei, ascoltami» gli trema la voce e forse lei lo coglie ed è ciò che la induce a tornare a guardarlo, anche se timidamente.
Le sorride, gli viene spontaneo farlo. «So bene quanto un cambiamento possa spaventare. So anche bene quanto tu tema di perdere ciò che a fatica hai guadagnato.» ora è la sua voce che si fa smorzata dalle emozioni. «Ma il vederti crescere e maturare è per me un’immensa benedizione.»
Lei singhiozza. «Ma adesso…»
«Il cambiamento fa parte della vita, ma non è detto che sia negativo. Ogni fase ha specifici bisogni e caratteristiche e noi ci adattiamo ad essi. Non dipende da noi, ma è parte di noi.»
Collei non recrimina, si limita a soffocare il pianto tra le labbra.
«È vero. Molte cose cambieranno, da ora in avanti, ma presto ti accorgerai di quanto sia naturale che lo facciano ed io, anche se in modi diversi, non smetterò mai di starti affianco e supportarti.» ora riesce a sfiorarle i capelli. «C’è una cosa che non cambierà mai, tuttavia.»
«Non dirlo, se non è vero.»
Scuote il capo. «Io non smetterò mai di volerti bene» e le sorride ancora.
Ed è qui che lei, per una volta, riesce persino a contrastare l’Elazar, che le impedisce dignitosi movimenti. Gli si getta addosso e libera la voce in singhiozzi decisi, tra le lacrime copiose.
Cyno la abbraccia con forza, travolto da intense emozioni. «Torniamo a casa» la voce gli trema.
Anche lui si commuove, nel sentirsi rispondere un debole «Sì.»


_______________________________
N.A
Sì. avete letto bene: 2/2 ma la storia non è ancora finita. In realtà lo è LOL, ma avrà una piccola ed ultima appendice dal punto di vista di Collei, successiva a questa piccola vicenda. 
Che dire... Sinceramente non so quanto questi due capitoli siano riusciti a comunicare, trovo già un miracolo essere riuscita a leggerli/correggerli e persino pubblicarli! 
As always le note di mezzo non sono mai prolisse. Generalmente mi riescono meglio nell'ultimo capitolo. 
Quindi ci rivediamo all'epilogo!
And Yeah! Innanzitutto congratulazioni come sempre a chiunque sia riuscito a leggere sin qui e un grazie speciale va al carissimo Tubo Belmont, per le fantastiche recensioni. - Ma forse questo era meglio scriverlo nelle ultime note ebv. 
Grazie a tutti!
P.S: amo Candace ç_ç

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Genshin Impact / Vai alla pagina dell'autore: Teony