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Autore: Signorina Granger    17/02/2023    3 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Quando il ricco albergatore Gideon St John annuncia senza preavviso di voler andare in pensione lascia ai suoi due figli la direzione del suo Hotel di lusso per un'estate intera, al termine della quale deciderà chi dei due ne prenderà le redini in base ai risultati ottenuti. Diversi sotto ogni punto di vista, a parte un padre Sabrina e Silas St John nella vita non hanno mai condiviso nulla; lavorare insieme e occuparsi scrupolosamente dei loro ricchi ospiti sarà una bella sfida.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Epilogo
 

 
Un anno dopo
 
Nizza

 
 
Era una bella giornata di fine estate e le stanze dell’appartamento all’ultimo piano di un elegante condominio che si affacciava sul mare, a poche centinaia di metri dalla spiaggia, erano inondante di luce naturale grazie alle ampie vetrate dagli infissi bianchi che costellavano la facciata rivolta verso il Mediterraneo. Stanze e corridoi erano ancora praticamente vuoti e i passi di Sabrina echeggiavano all’interno dell’appartamento, così come la voce della strega mentre parlava al telefono con la sua migliore amica:
“Vorrei tanto raggiungerti per un weekend di shopping e aperitivi mentre Alphard è a Londra, ma non mi fido a lasciare Joël da solo a sovraintendere ai lavori.”  Sabrina parlò mentre attraversava la porzione di corridoio, il pavimento ricoperto dal parquet chiaro a spiga che lei stessa aveva scelto qualche settimana prima, che consentiva di affacciarsi all’interno del salone ancora vuoto, accennando un sorriso con gli angoli delle labbra mentre guardava gli operai montare le librerie bianche che presto avrebbero contenuto i libri e i vinili suoi e di Joël.
“Non preoccuparti, capisco perfettamente, non mi fiderei nemmeno io. E poi l’arredo è la parte più divertente di comprare casa, non te ne farò privare nemmeno per fare compagnia alla tua povera migliore amica rimasta sola a Zurigo per il weekend.”
A molti chilometri di distanza, in panciolle sul suo comodo ed immenso divano color crema, Anjali Kumar sfogliava l’ultimo numero di Vogue America – era abbonata a più edizioni per tenersi il più aggiornata possibile naturalmente – con le AirPods bianche infilate nelle orecchie, il telefono appoggiato sull’elegante tavolino da caffè di marmo bianco con venature che lei stessa aveva comprato, insieme ad Alphard, solo pochi mesi prima. Una ciotola di frutta di ceramica giaceva accanto al telefono, dalla quale la strega di tanto in tanto prelevava un mirtillo o un lampone succoso.
Dall’altro capo del telefono a Sabrina non restò che sorridere mentre si fermava di fronte al quadro che aveva appeso sulla porzione di parete bianca dell’ampio e luminoso corridoio che affiancava la porta a doppia anta di quella che sarebbe stata la sua nuova camera da letto, osservando con affetto le Ninfee di Monet mentre una tela che raffigurava un’elegante gigantografia di Audrey Hepburn di profilo in bianco e nero aspettava di essere appesa sopra alla testata del letto, appoggiata alla parete. Sabrina sfiorò la tela che aveva imposto a Joël di appendere in camera da letto senza riuscire a non sorridere, facendo appello a tutte le sue doti attoriali per non farsi sfuggire nulla nella conversazione in corso:
“Guarda il lato positivo, hai del tempo tutto per tè. Di tanto in tanto fa bene anche alle coppie.”
“Certo, ma non capisco proprio perché Alphard sia stato così vago e abbia quasi insistito perché non andassi con lui. Se non mi fidassi ciecamente avrei qualche sospetto.”
Anjali sbuffò leggermente dal suo enorme salotto zurighese mentre addentava un lampone, facendosi avvolgere la bocca dal succo dolce e acidulo al tempo stesso del frutto mentre ripensava, corrucciata, a quando Alphard aveva fatto la valigia per Londra assicurandole che seguirlo sarebbe stato inutile: sarebbe stato talmente impegnato che non avrebbero potuto passare molto tempo insieme in ogni caso, quindi tanto valeva che restasse a casa a rilassarsi, in Svizzera. Teoricamente il discorso filava, ma di norma Alphard la lasciava sola con un po’ più di rammarico, invece il giorno prima se l’era filata in aeroporto quasi con cenni di allegria sospetta.
“Sono sicura che sono solo paranoie, Alphard ti adora e adora stare con te. Sapeva di avere molti impegni di lavoro in programma e ha immaginato che ti saresti annoiata, probabilmente. Credimi, penso sia stato un bene per te restare a casa, sono solo due giorni.”
“Sì, ha detto qualcosa di simile anche lui. Suppongo che sia la visione più razionale della cosa.”
Sabrina annuì, anche se l’amica non poteva vederla, sperando che la svizzera non si stesse interrogato sul perché lei e il fidanzato le avessero esposto le medesime argomentazioni. Fortunatamemte Joël la salvò avvicinandolesi prima di fermarsi alle sue spalle, abbracciandola per la vita e appoggiando il mento sulla sua spalla per scoccarle un bacio sul collo:
“Chi è che ti sta monopolizzando? La Svizzera?”
“Temo proprio di sì. Parlaci, se hai da ridire.”
Sabrina ruotò leggermente il capo verso il fidanzato per passargli il telefono e Joël non si fece pregare prima di prenderlo e rivolgersi all’amica senza smettere di stringere a sé la francese:
“Anjali, ti voglio bene ma smettila di monopolizzare la mia fidanzata. Abbiamo delle stronzate da comprare, come federe, cuscini o… non lo so, sottobicchieri che non servono a nulla.”
“Servono eccome, non passerò l’esistenza a pulire aloni sul costosissimo tavolo di marmo che ho comprato! E servono anche i portatovaglioli per quando verranno ospiti.”
“Brava, quelli sono importantissimi!”
Era una fortuna che Anjali non li avesse raggiunti per il weekend, si ritrovò a considerare Joël mentre alzava gli occhi al cielo e Sabrina ridacchiava, o avrebbe convinto la fidanzata a proposito dell’estrema necessità di un mucchio di accessori futili di cui non avevano alcun bisogno.
“Sabrina ti richiama dopo, non voglio che tu le consigli altre trecento cazzate da comprare. Come hai già fatto per due settimane quando tu e Alphard siete stati all’Hotel e voi andavate troppo spesso nei vostri amati negozi di cose per la casa.”
Anjali obbiettò, o almeno ci provò, ma prima di darle il tempo di farsi ripassare Sabrina Joël pose alla chiamata, restituendo il telefono alla legittima proprietaria mentre costei si voltava per poterlo guardare in volto e circondargli il collo con le braccia.
“Io adoro i negozi di cose per la casa.”
Sabrina parlò abbozzando un adorabile ed irresistibile broncio di fronte al quale Joël non poté che sorridere, annuendo mentre le accarezzava il braccio abbronzato lasciato nudo dalla sua camicetta smanicata con il fiocco di raso:
“Lo so. È solo per questo che mi ci faccio portare.”
Sabrina sorrise prima di baciarlo, appoggiando dolcemente e brevemente le labbra sulle sue prima di staccarsi di qualche centimetro, accarezzandogli i lisci capelli castano con la mano destra prima di parlare con il tono che sfoderava solo quando era in vena di fare richieste che sapeva il fidanzato non avrebbe gradito:
“Joël?”
“Mh?”
“Penso che comprerò i portasapone e i portaspazzolini abbinati per tutti i bagni. Che ne dici di beige per il nostro e bianchi per quello degli ospiti?”
Un sorriso radioso – come si poteva essere così elettrizzati per degli accessori per il bagno, Joël proprio non lo capiva – apparve sulla labbra carnose di Sabrina mentre la strega gli accarezzava i capelli con una mano e il colletto della camicia a maniche corte con l’altra, portando il francese a scuotere il capo affranto:
“Povero me. Mi hai trasformato nell’ombra di me stesso. Ora compro accessori per il bagno.”
Joël scosse la testa con un sospiro studiato e Sabrina rise, ricordandogli di essere stata così buona da cedergli un’intera stanza per insonorizzarla e renderla la sua oasi per scrivere e suonare.
“Ho rinunciato alla sala film per te, se non è amore questo non so che cosa sia!”
“Sbaglio o hai la cabina armadio?”
“Dettagli. Anjali non sospetta nulla, credo. Insomma, ho fatto del mio meglio. Vorrei che Alphard non me l’avesse detto, sarà difficilissimo tenere la bocca chiusa.”
Sabrina sospirò mentre tornava ad allacciare le dita delle mani abbronzate sul retro del collo del fidanzato, che accennò il suo celebre “sorrisetto marpione”, così ribattezzato da Anjali, prima di attirarla a sé per baciarla stringendola delicatamente per la vita:
“Tranquilla, a non farti parlare con lei ci penso io. Pensi che ci vorrà molto perché la camera da letto sia pronta? Lo monto io il letto, se necessario.”
Sabrina rise e lo colpì dolcemente sulla spalla per intimargli di stare zitto, ma Joël le assicurò di non scherzare mentre accennava un sorriso a sua volta e appoggiava la fronte contro la sua. Felice in maniera incommensurabile.
 
 
*
 
 
Londra
 
 
Artemy non era mai stato circondato da una dose tanto massiccia di rosa in tutta la sua vita: la pareti della pasticceria in cui si trovava erano rosa; le sedie erano rosa, così come la facciata del locale, i fiori che decoravano tavoli e mensole. Persino i piattini delle tazze di caffè erano tinti di una delicata tonalità rosa pallido e, ciliegina sulla torta, anche tutti i dolci che venivano serviti. Tra lui e colei che gli stava facendo da guida per il weekend era stata infatti posizionata un’alzata per dolci – miracolosamente bianca – ricca di cupcake, delicate tartine glassate e macarons, ognuno decorato con almeno un più o meno consistente tocco di rosa.
“Posso essere onesto? Non ti facevo tipa da posti così… stucchevoli.”
“Vero? nemmeno io. Ma i dolci sono ottimi. E poi tutti i turisti si fiondano qui, ormai non puoi dire di aver visto Londra senza essere stato da Peggy Porschen.”
Medea si strinse debolmente nelle spalle mentre si portava la tazza di porcellana rosa piena di cappuccino alle labbra, assaporando piacevolmente una sorsata di caffè arricchito da una generosa dose di schiuma lattea e una spruzzata di cannella. La strega si leccò soddisfatta le labbra carnose mentre sistemava nuovamente la tazza sul piattino prima di accennare un sorriso all’amico, appoggiando entrambi i gomiti sul tavolino dal ripiano marmoreo che avevano occupato per dedicargli tutta la sua attenzione:
“Allora, che mi racconti? E soprattutto, sei pronto a conoscere mia nonna?”
“Spero di sì. ammetto di essere un po’ intimorito, e non è una cosa che mi capita spesso.”
Artemy allungò una mano verso l’alzata per dolci per prelevare un cupcake glassato di rosa, osservando il dolcetto quasi con rammarico prima di abbassare i bordi del pirottino di carta che avvolgeva la tortina per assaggiarlo: erano talmente carini, quei dolci, da far quasi desistere dall’intento di mangiarli, ma mentre ne masticava un primo boccone si ritrovò a concordare silenziosamente con l’amica. Era davvero delizioso.
“Nonna lo prenderà come un complimento. Ricorda solo di chiamarla Hestia, non Signora, la fa sentire vecchia. In realtà è una nonna piuttosto giovane, ha avuto mia madre ad appena 20 anni.”
Medea si strinse nelle spalle mentre prendeva un macaron bianco come il latte, addentandolo e ripensando alle file e file di persone che aspettavano il proprio turno di essere servite davanti ai negozi di Pierre Hermé o di Ladurée per acquistare deliziosi e delicati, nonché costosissimi, dolcetti francesi del tutto simili a quello. Era già passato un anno dalla sua “vacanza” nel Principato di Monaco, eppure ricordava quei giorni afosi e vissuti in mezzo ad un lusso al quale non si era mai del tutto abituata come fossero passati da pochissimo, sensazione che si acuiva ogni volta in cui lei e Artemy si vedevano: ad ogni incontro sembrava che le settimane e i mesi passati separati da ampie distanze si dissolvessero, quasi non avessero mai lasciato la Costa Azzura.
“Me lo ricorderò. È strano, non sono esattamente il tipo di persona che si presenta alla famiglia. Che le hai detto del mio lavoro?”
“Oh, a lei non si può mentire. Glie l’ho detto, ma non l’ha presa male. È una donna moderna, del resto mi ha praticamente cresciuta lei, quando mia madre insegnava per troppe ore al giorno per poter badare a me. Ci è rimasta un po’ male, al tempo quando le dissi di aver fatto amicizia si illuse seriamente sul mio poter aver finalmente trovato un fidanzato. Mi disse che ero come la protagonista di Rebecca la prima moglie, che trova un uomo in un Hotel di lusso a Monaco.”
“E invece hai solo trovato un amico che di norma fa pagare la propria compagnia. Ma non ti è andata male, per te è gratis.”
Artemy sorrise con fare seducente e le strizzò l’occhio prima di bere un sorso di caffè a sua volta, stupendosi di quanto incredibilmente gradevole fosse quella brodaglia britannica mentre Medea alzava gli occhi al cielo prima di rubargli l’ultima crostatina alla crema di ricotta.
“Forse è questo il nostro destino. Ci sederemo uno di fronte all’altra a bere, mangiare e chiacchierare fino alla fine dei tempi, senza storie romantiche da raccontare.”
“Non essere così fatalista, siamo giovani. Beh, io più di te.”
Questa volta Medea non gli risparmiò una poderosa pedata sullo stinco, strappandogli una risata prima che il ragazzo si allungasse per prendere a sua volta un macaron:
“C’è chi è più o meno fortunato di altri, ma forse prima o poi troveremo qualcuno anche noi, chissà. Alla peggio, c’è gente che fa quei patti sul vivere insieme una volta compiuti 40 anni se si dovesse essere ancora single.”
“Sì, ma i 40 anni di chi? Miei o tuoi? Per i miei manca meno, facciamo i tuoi, così abbiamo più speranze.”
Artemy annuì per suggellare quel patto prima di sollevare la propria tazza rosa, gli occhi scuri fissi in quelli dell’amica mentre pronunciava il suo brindisi con la massima solennità:
“Alla totale assenza di romanticismo nelle nostre vite.”
“All’assenza di romanticismo.”  Medea annuì mentre lo imitava, sollevando la propria tazza per farla tintinnare contro quella dell’amico prima di sorseggiare come Artemy un altro po’ di caffè. Avevano entrambi appena risistemato le tazze sui rispettivi piattini quando la britannica, dopo aver riflettuto brevemente fissando assorta la strada di Belgravia affollata da turisti e passanti attraverso la finestra accanto alla quale erano seduti, tornò a rivolgersi all’amico con le sopracciglia aggrottate e un’espressione quasi grave impressa sul bel viso:
“Posso venire a trovarti a San Valentino? Londra a San Valentino diventa nauseabonda. Tutto quell’amore nell’aria e quell’atmosfera alla Love Actually… orripilante.”
“Pazzesco che tu non abbia un fidanzato, sei una donna talmente romantica e aperta all’amore…”
 
 
*
 
 
“Allora, alla fine hai deciso?”
Briar-Rose sorrise al suo migliore amico mentre camminava per Bond Street tenendolo sottobraccio, una piccola Michael Kors bianca in spalla abbinata ai sandali col tacco del medesimo colore e un bicchiere di carta pieno di caffè freddo alla nocciola in mano, avvolta da un completino leggero color menta composto da gonna e top abbinato mentre Alphard, al contrario, vestiva di blu e cammello.
“Sì, Harry Winston. Anjali lo adora.”
Gli occhi scuri celati dalle lenti degli occhiali firmati Tom Ford, Alphard camminava tenendo il braccio destro allacciato a quello esile dell’amica e la mano sinistra infilata in tasca, vagliando le vetrine luccicanti dei negozi tra i più costosi della metropoli in cerca della loro destinazione ultima, ovvero una costosissima gioielleria.
“Tesoro, praticamente ogni donna sul pianeta lo adora. Comunque ottima scelta, sono sicura che troveremo qualcosa di fenomenale. Del resto hai il mio ottimo gusto dalla tua.”
Briar sorrise, gongolando visibilmente mentre si portava il bicchiere di carta alle labbra per vuotarlo prima di giungere a destinazione – di sicuro gli imponenti buttafuori in abito scuro non le avrebbero permesso di varcare la soglia di un negozio il cui contenuto valeva milioni con una bevanda alla mano – mentre Alphard, incapace di reprimere un sorriso a sua volta, smetteva di guardarsi attorno per posare lo sguardo su di lei:
“Sai che apprezzo molto il tuo gusto, e infatti sono qui per questo, ma non darti tante arie. Anche il mio è fenomenale. Solo, ritengo che questo sia un acquisto che necessita di un consiglio.”
“Vorrei ben vedere, è uno degli acquisti più importanti della tua vita. Quello che la cambierà, per lo meno. Non riesco a credere che ti sposi, tu, l’allergico alle relazioni serie, non sai quanto siamo felici in famiglia! Insomma, quando siamo partiti per Monte Carlo, l’anno scorso, lo avresti detto, che entro un anno ti saresti fidanzato ufficialmente?”
“No di certo, ma ricorda che prima di essere fidanzato ufficialmente Anjali deve dirmi di sì.”
I due si fermarono sul marciapiede per consentire alla strega di gettare il bicchiere vuoto in un cestino e Briar, dopo essersi sistemata la borsetta sulla spalla, sbuffò sonoramente gettandogli un’occhiata esasperata:
“E perché dovrebbe dirti di no, scusa, ti ama follemente quanto tu ami lei. Siete perfetti insieme, aspettare non ha senso. Qualcuno potrà anche dirvi che state facendo le cose di fretta, vi conoscete da un anno e siete andati a vivere insieme già a marzo… e ora le chiederai di sposarti, ma fai bene, se è la persona giusta aspettare è sciocco, anche perché tu non ringiovanisci col tempo.”
Grazie tante.”
“Beh, scusa, ma hai già aspettato parecchio per sistemarti, ora che hai trovato la tua metà della mela è ora di darsi da fare.”
“Spero solo che mia madre non cominci a chiedere quando diventerà nonna il giorno dopo il matrimonio. Conoscendola, non mi stupirebbe.”

 
*

 
Toronto
 
 
“Chi è la bambina più dolce e carina del mondo?”
Mia Henbane di storie sui padri che finivano con il rincoglionirsi totalmente di fronte ad una figlia ne aveva sentite tante, e quando aveva dato alla luce la sua primogenita e scoperto così il suo essere una femmina aveva immaginato che potesse succedere anche a suo marito. Di sicuro non aveva contemplato una situazione così drastica, si disse la giornalista mentre riordinava i costumini e i body puliti della figlia, che a breve avrebbe compiuto un anno, per rimetterli nella cassettiera della sua cameretta bianca e color crema.
Mentre piegava i vestiti con gesti ormai rapidi e quasi automatici a fronte di mesi e mesi di esperienza Mia gettava occhiate divertite in direzione del marito, che aveva appena cambiato Rosaleen e le stava parlando con la solita vocina stridula e dall’intonazione imbecille che solo un tenero cucciolo o un bambino erano in grado di destare in una persona adulta.
Naturalmente Rosaleen non poté rispondere alla domanda del padre, ma gli sorrise e si esibì in una risatina adorabile mentre il padre le solleticava delicatamente il pancino pallido.
“Non so proprio come farai al suo compleanno, il mese prossimo. Davvero, piangerai per tutto il tempo?”
Mia sorrise al marito mentre chiudeva il primo cassetto della cassettiera di legno bianca per passare al successivo e riempirlo con i costumi e le cuffiette variopinte della bimba, guardandolo infilarle una minuscola magliettina sopra al body bianco prima di prenderla in braccio.
“Probabilmente sì, per fortuna io sarò quello che farà le foto e i video, quindi non resterà il ricordo dei miei fiumi di lacrime da papà orgoglioso. Come fai ad avere già undici mesi, signorina?”
Sloan scoccò un sonoro bacio sulla guancia paffutella, pallida e liscissima della figlia prima di picchiettarsi la propria con un dito, invitandola a ricambiare. La bambina gli mise le minuscole mani sul viso e gli regalò un bacio con un sorriso semi sdentato mentre ricambiava lo sguardo del padre con i grandi e profondi occhi scuri ereditati dalla madre, che invece smise di piegare i suoi vestitini per scoccare un’occhiata perplessa alla maglietta che il marito le aveva infilato. Una maglietta che di sicuro non era stata lei a comprarle e che non le aveva mai visto addosso.
“Scusa Sloan, da dove viene quella?”
“La maglia di Rosie? Glie l’hanno regalata i ragazzi della squadra, me l’hanno data ieri dopo l’allenamento, ti piace?”
Un sorriso ancor più radioso allargò le labbra di Sloan mentre accennava alla maglietta a maniche corte indossata dalla figlia, con tanto di numero 1 dorato stampato sul davanti e, come Sloan non tardò a mostrare alla moglie, la scritta in stampatello “Henbane” sulla schiena.
“La stai già indottrinando a diventare una giocatrice di Quodpot? Non hai intenzione di regalarle una mini scopa giocattolo per il suo primo compleanno, vero?”
A dire la verità la scopa giocattolo Sloan l’aveva già comprata e fatta incartare proprio per evitare che la moglie la vedesse prima del dovuto visto quando Mia era notoriamente contraria all’idea che la figlia svolazzasse dentro casa rischiando di schiantarsi contro mobili e pareti, anche se la scopa si librava al massimo ad un metro da terra. Ma il suo regalo Mia lo avrebbe visto solo alla festa della piccola e circondata da parenti e amici non avrebbe potuto sgridarlo. Il suo piano era perfetto.
“No, no, assolutamente. Cioè, se non dovesse piacerle il Quodpot lo accetterò. Mi ci vorrebbero dieci anni, fiumi di lacrime e molte bottiglie, ma lo accetterò. Tutto fuorché non diventi fan del Quidditch.”

 
*

 
Salem
 
 
“Quefto cheeseburger è buoniffimo.”
Meadow parlò stringendo tra le mani un enorme doppio cheeseburger farcito, lo sguardo sognante e adorante mentre ne masticava un boccone con gli angoli delle labbra sporchi di honey mustard.
Silas, seduto di fronte a lei accanto ad Asher, annuì mentre rimetteva il suo enorme panino mangiato a metà sul piatto per prendere un paio di nachos alla paprika farciti da formaggio filante dall’enorme piatto circolare che era stato depositato un mezzo a loro, sgranocchiando con estrema gioia le patatine di mais leggermente piccati:
“Assolutamente, morivo dalla voglia di tornare qui da quando ci siamo stati a marzo.”
“Sì, qui tutti adorano il Village Tavern.”
Asher annuì mentre immergeva un paio di patatine nella ciotola di maionese alle erbette che gli era stata portata insieme al suo cheeseburger, felice di poter finalmente gustare un pasto in uno dei suoi posti preferiti della città insieme ai suoi amici che vivevano oltreoceano.
“Lo zio era felicissimo di andare a vedere il Museo delle Streghe di Salem, tua mamma è stata gentile e offrirsi di fargli da guida.”
“Sei matta, lei vive per il suo lavoro, lo adora. L’anno scorso, quando siete venuti per Halloween, mi ha ordinato di portavi al museo affinché lo vedeste. A proposito, mia nonna ci aspetta nel pomeriggio per offrirvi tutto ciò che vi pare.”
Asher addentò il suo hamburger mentre Silas sbuffava debolmente mentre prendeva il suo boccale di birra, non tanto per il suo non gradire la proposta quanto per la spiacevole sensazione di scroccare:
“Non credo sia giusto che i tuoi nonni ci regalino roba, con tutto quello che lavorano.”
“Sbaglio o a dicembre tu, Silas, mi hai ospitato a casa tua per una settimana intera e tu, Meadow, mi hai pagato il volo di ritorno? È il minimo. E oggi, infatti, offro io.”
Come sempre Meadow fece per ribattere prontamente, in procinto di portarsi alle labbra e ingurgitare una generosa manciata di nachos, ma l’occhiata che Asher lanciò a lei e a Silas fu sufficientemente eloquente e perentoria da far desistere la strega, che finì con l’arrendersi prima di accennare un sorriso accondiscendente e cambiare discorso:
“Come va il lavoro in libreria?”
“Bene, anche se mi costa molto: non faccio che ritrovarmi tra le mani libri che vorrei comprare, quindi lavoro per pagarmi ciò che mi costa il lavoro stesso. Però mi piace molto.”
“Beato te, io in ufficio con il fratello di mamma mi annoio da morire. Quasi rimpiango Michel che mi fa lavare la piscina. Quasi. Per lo meno quest’estate lui e Sabrina non mi hanno torturato particolarmente, lei era troppo impegnata ad amoreggiare col suo fidanzato.”
Silas fece spallucce mentre prendeva una salvietta per pulirsi le dita dal sale e dall’unto rilasciato dal fritto e Meadow, captato un qualche accenno alla sorella dell’amico, subito si voltò verso di lui per guardarlo sognante e piena di invidia al tempo stesso:
“Come sta la coppia più bella che esista?”
“Bene, stanno arredando casa a Nizza, la prossima settimana siamo tutti invitati a cena da loro.”
“Quanto li invidio. Non fossero bellissimi li odierei. E a proposito di relazioni, c’è qualche novità? No Silas, non parlo con te, so tutto della tipa con cui ti vedi da fine luglio e non vedo l’ora di vederti mollarla da quanto è odiosa.”
Meadow puntò eloquentemente gli occhi a mandorla su Asher, piena d’aspettativa e in attesa, liquidando Silas con un gesto della mano senza neanche guardarlo e ignorando così l’espressione offesa che fece rapidamente capolino sul bel viso abbronzato dell’amico. Asher esitò mentre sentiva un accenno di rossore diffonderglisi sul volto pallido, chinando lo sguardo imbarazzato sul suo piatto prima di lasciarsi rotolare un flebile mormorio dalle labbra:
“Beh, c’è un ragazzo molto carino che viene spesso in libreria…”
Meadow aveva avuto la pessima idea di bere un sorso d’acqua proprio quando Asher era stato in procinto di rispondere alla sua domanda, e la strega finì col farsela quasi andare di traverso e tossicchiare rumorosamente prima di rimettere il bicchiere sul tavolo e puntare, una volta ripresasi, gli occhi scuri resi momentaneamente lucidi dallo sforzo sull’amico con aria sgomenta e meravigliata al tempo stesso:
“Porca paletta, come in Notting Hill! Tu sei Hugh!”
Naturalmente Asher sapeva che quelle sarebbero state esattamente le parole che Meadow avrebbe pronunciato sin da quando era stato costretto a guardare quello che lei aveva definito “un classico intramontabile”, dove un affascinante librario si innamorava di una diva del cinema. E sapeva anche che i suoi due amici britannici avrebbero appreso la notizia con entusiasmo spropositato visto e considerato che per mesi e mesi, a seguito della brusca rottura con Ridge, non ne aveva voluto sapere di uscire con nessuno, né di prendere anche solo vagamente in considerazione l’idea di potersi far piacere qualcuno. Per questo motivo, essendosi preparato, si affrettò a smontare gli entusiasmi con il tono più pacato che gli riuscì, sforzandosi di dissimulare il proprio interesse per il ragazzo in questione:
“Non penso che sia un attore famoso in incognito, a dire il vero… e poi è troppo bello per me, non c’è speranza.”
“Tu sei carinissimo, cretino che non sei altro. E devo ricordarti che l’ultima persona con cui sei stato era, ad onor del vero, pessima quanto obbiettivamente attraente? Sei troppo insicuro in maniera immotivata.”
Meadow scosse la testa con disapprovazione mentre rubava un paio di patatine dal piatto di Silas avendo esaurito le proprie, ignorando l’occhiataccia che l’amico le scoccò prima che il ragazzo si rivolgesse ad Asher sporgendosi verso di lui sul tavolo con il preciso intento di farsi gli affaracci altrui:
“Concordo con tutto, ma basta piagnistei, faccelo vedere. Fuori il profilo Instagram.”
 
Mezz’ora, molte chiacchiere, troppo cibo e un profilo Instagram stalkerato dopo Silas, Asher e Meadow uscirono dal pub dopo che il secondo ebbe pagato il conto, felice di essere stato lui, per una volta, ad offrire un pasto ai suoi amici. I tre avevano appena messo piede nel parcheggio quando Meadow, mentre alle sue spalle Silas cercava di convincere Asher a fare il primo passo nei confronti del cliente per cui si era preso una cotta e offrirgli un caffè, scorse suo zio che li aspettava, reduce dalla sua visita al museo, con le mani in tasca e gli occhiali da sole a celare i suoi occhi scuri, del tutto incurante degli sguardi ammirati che raccoglieva da buona parte delle donne che gli passavano accanto.
“Ah, eccovi qui. Avete pranzato?”
“Pranzato è un eufemismo, sto rotolando… abbiamo preso anche la cheesecake. Deliziosa, ma forse è stato troppo.”
Meadow sbuffò mentre raggiungeva lo zio per prenderlo a braccetto mentre Asher, alle sue spalle, si pentiva amaramente di aver aperto bocca con lei e Silas in merito alla questione cliente-carino a seguito delle cocenti insistenze esercitate dai due amici. Stavano anche cercando di estorcergli l’indirizzo della libreria per capitarci casualmente e sperare di avere la fortuna di adocchiare il soggetto in questione prima della loro partenza, ma Asher stava facendo del suo meglio per opporre resistenza ed evitare di ritrovarseli semi-nascosti dietro ad uno scaffale con tanto di occhiali da sole, impermeabili e giornali.
“Allora non vi devo accompagnare dai nonni di Asher?”
Joshua inarcò un sopracciglio mentre faceva rimbalzare lo sguardo su ciascuno die tre ragazzi, chiedendosi come potessero essere tutti così in forma con tutte le schifezze che ingurgitavano quotidianamente. Stava giusto invidiando il metabolismo dei giovani quando la nipote, guardandolo come gli fossero spuntate le antenne, parlò spalancando inorridita gli occhi a mandorla:
“Ma che domande fai zio, ovvio che devi, noi vogliamo le magiche focaccine dei Reynolds!”
“Ma se hai appena detto…”
“Mpf, c’è sempre spazio che avanza! Venite gente, le focaccine e gli adorabili nonni di Asher ci aspettano.”
Sempre con lo zio sottobraccio Meadow fece cenno ai due amici di seguirli per spostarsi in un punto meno in vista del parcheggio e potersi Smaterializzare lontano dagli sguardi indiscreti dei Babbani che li circondavano, e ad Asher e a Silas non restò che obbedire e seguire lei e un considerevolmente esasperato Joshua. Mentre camminavano l’ex Magicospino si rivolse al britannico accennando un sorriso:
“Sono davvero felice che siate qui. Pazzesco che sia passato un anno, vero? In un certo senso non sembra che sia cambiato niente.”
“In realtà ne sono cambiate, di cose… guarda il tuo lavoro, la tua situazione sentimentale… la mia vita, che piega ha preso… E Meadow è sempre la stessa rompipalle di sempre, non ci sono dubbi, ma finalmente balla, studia recitazione, è felice e segue la sua strada. Però sì, in realtà sembra che quest’anno non sia mai passato.”
Silas ricambiò il suo sorriso prima di assestargli un’affettuosa quanto poderosa pacca sulla schiena e poi far risalire la mano verso la sua testa per arruffargli i ricci capelli castani, destando un profondo moto d’affetto, forse anche con un pizzico di gratitudine, in Asher: da quando si erano salutati a Monte Carlo, un anno prima, si era spesso chiesto se quell’amicizia sarebbe effettivamente continuata e se avrebbe superato le ardue prove del tempo e della lunga distanza. Un anno dopo poteva affermare con certezza che così era stato e anche che la sua vita aveva preso una piega ben diversa, di sicuro più piacevole, rispetto a quei giorni nell’Europa Meridionale: un mese e si sarebbe laureato, faceva un lavoro che gli piaceva, si sentiva incredibilmente meglio sotto ogni aspetto e aveva acquisito due meravigliosi nuovi amici.
Silas aveva ragione, le cose erano cambiate, e non avrebbe potuto sentirsi più felice di così.

 
 
 
 


 
…………………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
Buonasera mie care.
Dopo un anno e mezzo eccoci qui alla fine di questa storia, che tristemente aggiorno per l'ultima volta. Vi ringrazio ancora una volta per esservi iscritte, per avermi mandato questi fantastici personaggi e per averla seguita, per me scriverla è stato un piacere e un grandissimo divertimento, quindi spero che lo sia stato anche per voi. Ho, anzi abbiamo dato vita a delle bellissime amicizie e a delle coppie splendide che personalmente penso mi resteranno nel cuore per un bel po’ di tempo – e con loro naturalmente non ho finito, no no, pensate che lascerò in sospeso l’intenzione di Alphard di chiedere ad Anjali di sposarlo? –, ho iniziato questa storia con l’intento di scrivere qualcosa di estremamente rilassante, romantico, “estivo” e anche se la sto portando a termine in pieno inverno per quanto mi riguarda posso dire di aver raggiunto pienamente il mio intento.
Insomma, grazie a Bea, Em, Fran, Phoebe, Sesy e Rebecca per esservi iscritte e a chiunque può aver letto silenziosamente la storia, spero l’abbiate apprezzata tanto quanto io ho apprezzato scrivere questi capitoli nel corso di tutti questi mesi.
Posso quasi vedervi arrivare inferocite per il mio non aver inserito a tutti gli effetti la proposta di Alphard ad Anjali, ma non temete, la leggerete prossimamente.
Che dire, partecipate tutte ad altre mie storie quindi anche se a malincuore dobbiamo salutare Monte Carlo e il Le Mirage ci sentiremo presto altrove in ogni caso🤍
Un bacio a tutte voi,
Signorina Granger
   
 
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