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Autore: Vallyrock87    02/03/2023    2 recensioni
[Questa raccolta di One Shot, partecipa alla sfida creativa: Blossom by blossom - the spring begins! indetto dal gruppo fb; Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom]
Quante vite potrebbero vivere due fratelli che in un epoca di guerra si odiano? Quante volte potranno reincarnarsi? Forse tante, troppe, e chissà quante situazioni potrebbero ritrovarsi a vivere e, stranamente sempre insieme, sempre odiandosi oppure essendo uniti più che mai. Che cosa farebbe per esempio se un Sesshomaru adulto si dovesse prendere cura di un Inuyasha bambino come si comporterà nei sui confronti? Tutto questo sarà racchiuso in questa raccolta. Ogni interpretazione di Sesshomaru e ogni interpretazione di Inuyasha, magari anche con caratteri diversi dal solito:
Prompt 1: Gelosia Fraterna.
Prompt 2: Un demone non dovrebbe mai ammalarsi e invece…
Promt 3: Quando il vento smette di soffiare e tutto sembra calmo, e allora che bisogna avere paura.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Kagome/Sesshoumaru, Kagura/Sesshoumaru, Rin/Sesshoumaru
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Prompt: Quando il vento smette di soffiare e tutto sembra calmo, e allora che bisogna avere paura.

Azzurro; un’immensa distesa di azzurro, limpido, quasi irreale si parava di fronte ai suoi occhi. Sbattè le palpebre un paio di volte e poi si portò una mano sulla fronte per schermare i suoi occhi dalla luce del sole. Tutta quella distesa azzurrina davanti a sé, stava a indicare che era coricato a pancia in su e che quello era il cielo. Mosse una mano vicina al suo fianco, stringendola a pugno, per poi portarla all’altezza del suo viso: nel momento in cui la aprì, i granelli di sabbia caddero come se fossero state tante piccole cascate, per ritornare lì dove erano state raccolte poco prima; quello era sicuramente un altro indizio che gli diceva che si trovava su una spiaggia.

Si tirò su e si mise a sedere, si guardò le gambe e le braccia; le maniche della sua camicia bianca e i suoi pantaloni erano strappati, i suoi stivali non c’erano più. Pensò che il mare glieli avesse rubati quella stessa notte in cui la tempesta li aveva sorpresi. Si guardò intorno per capire dove fosse e, dietro di sé, oltre alla spiaggia vide un’immensa distesa verdeggiante; doveva essere finito sicuramente in qualche isola deserta, sperduta chissà dove. Si guardò intorno per vedere se qualcuno dei suoi uomini fosse sopravvissuto, ma non ne vide nessuno; era solo.

All’improvviso venne assalito da una tremenda certezza: se era solo su quell’isola, voleva dire che la sua ciurma era perita quella notte, inghiottita dal mare, non si era salvato nessuno, nemmeno… lui. No, non poteva essere, si rifiutava di crederlo. Sesshomaru aveva un vago ricordo delle sue vite passate, ricordava che nella sua prima vita era stato un demone, aveva vissuto in Giappone nell’epoca Sengoku ed era stato uno tra i più potenti demoni che potessero esistere, però, nonostante fosse così potente, era arrivato un nemico ancora più forte e quella volta non aveva potuto fare nulla per sconfiggerlo.

Era morto così, nel tentativo di salvare la sua famiglia, sperando che il suo sacrificio fosse servito almeno a qualcosa, che almeno Inuyasha fosse sopravvissuto. Ma aveva avuto la conferma che nemmeno lui non fosse vissuto tanto più a lungo, la prima volta in cui era rinato e in cui si era ritrovato ad avere a che fare con il solito fratellastro: da allora, entrambi erano sempre nati come consanguinei, anche se con madri diverse. Ma questa volta era stato differente, visto che erano nati come figli dello stesso padre e della stessa madre, e Sesshomaru era giunto ad una conclusione: la sua unica certezza, il suo unico appoggio, l’unica persona su cui contare era Inuyasha da secoli. Degli altri non aveva avuto più notizie: Rin non l’aveva più incontrata nel corso delle sue vite, e nemmeno Inuyasha aveva più incontrato Kagome, Sango o Miroku, nessuno di loro si era più reincarnato, fatta eccezione per i loro genitori.

***

In questa vita, Inuyasha e Sesshomaru erano nati a Londra, questa volta entrambi umani, ed entrambi portavano dei lunghi capelli biondi, talmente chiari da sembrare bianchi, come loro padre Toga, mentre la loro madre Izayoi aveva i capelli neri come l’inchiostro e occhi castani e profondi. I due figli, però, avevano preso il colore degli occhi da quelli del padre: un azzurro chiaro più del cielo. Di origini Giapponesi, il padre di Toga si era stabilito in Inghilterra quando il primo figlio era piccolo e lì avevano messo le radici.

Toga era divenuto poi un importante funzionario del governo, nonostante le sue origini e, avendo una carica così importante, veniva rispettato da tutti i suoi colleghi, o almeno era ciò che gli avevano fatto credere, fino a che, di ritorno da una serata a teatro, lui e la moglie vennero uccisi in circostanze misteriose. Non ci fu nessun testimone, nessuno che avesse visto i loro aggressori, eppure a quell’ora la via in cui erano stati uccisi i coniugi Taisho, di solito, era piuttosto frequentata, ma quella particolare sera era sembrato che magicamente fossero scomparsi tutti.

Con un sotterfugio, il figlio più grande e maggiorenne venne accusato di aver teso un agguato ai suoi stessi genitori e di averli uccisi per potersi accaparrare la loro cospicua eredità. A nulla valsero i tentativi di Sesshomaru di dichiararsi innocente e di Inuyasha di difenderlo, il giudice non volle sentire ragioni e Sesshomaru venne condannato a morte per impiccagione: …appeso per il collo finché morte non sopraggiunga aveva sentenziato il giudice, come se dirlo in quel modo fosse una maniera più dolce di indorargli la pillola; sarebbe morto come un maiale sgozzato sulla pubblica piazza, davanti a tutti.

Rinchiuso nella sua cella Sesshomaru ripensava ai suoi genitori, a suo fratello e alla vita agiata e felice che avevano avuto fino a poco tempo prima; ma poi suo padre era stato letteralmente pugnalato alle spalle, perché il governo inglese non poteva certo essere macchiato dal sangue di uno sporco muso giallo che aveva avuto l’ardire di arrivare tanto in alto, a discapito di qualcun altro dal sangue inglese.  Sesshomaru credeva che fossero stati proprio quegli stessi colleghi che tanto tessevano le lodi di suo padre a ucciderlo, di certo non in prima persona, quella non era gente che si sporcava le mani, di sicuro avevano assoldato dei sicari, qualche delinquente di bassa lega che per pochi spiccioli avrebbe ucciso anche la propria madre. Tuttavia, Sesshomaru non aveva prove e soprattutto non poteva fare nulla contro quei potenti, per il semplice motivo che avevano loro il coltello dalla parte del manico. Di lì a qualche giorno ci sarebbe stata la sua esecuzione e a quel punto avrebbero vinto loro.

Inuyasha a quel tempo aveva soltanto quindici anni, ma mise in atto un folle piano per salvare il fratello più grande dalla forca. Lo stesso giudice che aveva condannato Sesshomaru, per lui aveva emesso una sentenza più lieve; visto che dopo la morte del fratello maggiore egli sarebbe rimasto completamente solo e che non era ancora in grado di badare a sé stesso, secondo la legge, aveva deciso di affidarlo a un orfanotrofio.

Inuyasha però scappò dalle grinfie di quelli che lui considerava i suoi carcerieri. Nessuno riuscì a trovarlo, ma le guardie della regina stavano setacciando tutta la città alla sua ricerca. Inuyasha riuscì comunque a nascondersi bene in modo che non lo scoprissero mai. Doveva pensare a salvare suo fratello e le opzioni potevano essere molteplici: avrebbe potuto imparare a tirare con l’arco e, con una sola scoccata, rompere la corda legata al collo di suo fratello, ma i giorni che mancavano all’esecuzione di Sesshomaru erano troppo pochi perché potesse imparare a maneggiare correttamente un arco. Avrebbe potuto usare una pistola, ma non sapeva sparare, dunque quella fu un'altra opzione da scartare. L’unica fattibile, tra le tante soluzioni che gli vennero in mente, fu quella di vestirsi in modo che non lo potessero riconoscere, e al momento opportuno conficcare la lama di una spada nel legno, poco sotto la botola che si sarebbe aperta ai piedi di Sesshomaru.

Così, vestito con un lungo mantello rosso, una camicia bianca e un paio di pantaloni aderenti neri, si nascose sotto un grande cappello grigio con una fibbia dorata sul davanti. Il giorno dell’esecuzione si mischiò tra la gente e attese ascoltando mentre venivano elencati a Sesshomaru i vari capi d’accusa che lo condannavano a morte.

Quando il funzionario smise di enumerare tutte quelle assurdità, il boia incappucciato si diresse verso la leva che avrebbe azionato la botola. In quel momento Inuyasha si fece largo tra la gente per avvicinarsi al patibolo. Le guardie della corona presenti all’evento, in un primo momento, non compresero a cosa fosse dovuto tutto quello scompiglio. Ma poi, nel momento in cui la botola si aprì, Inuyasha estrasse la spada dal suo fodero e la lanciò contro il legno poco sotto i piedi di Sesshomaru, che riuscì a sorreggersi per miracolo sulla lama in punta di piedi. Allora le guardie si accorsero di lui, e gli corsero incontro, incrociarono le spade con Inuyasha, che ne aveva una seconda di scorta legata al suo fianco e che aveva estratto dal fodero, subito dopo aver lanciato la prima.

Inuyasha, mentre combatteva, riuscì a salire le poche scale che lo portavano sul patibolo in cui il fratello era rimasto con la corda al collo, in bilico sulla lama e, con un movimento del polso riuscì a tagliare il cappio. Sesshomaru cadde di sotto e tagliò le corde che gli legavano i polsi con la spada che lo aveva sorretto fino a quel momento, poi la estrasse dal legno e una volta uscito inferiormente al patibolo, combatté anche lui al fianco del fratello.

Non seppero in che modo, ma riuscirono a sfuggire alle guardie e a raggiungere il porto per rubare una nave, con la quale salparono in mare aperto. Da lì iniziò quella che per loro si può definire la più folle delle avventure. Dopo quella rocambolesca fuga i due fratelli decisero di dirigersi verso Tortuga. Avevano bisogno di una ciurma e nelle loro condizioni di ricercati non potevano di certo permettersi di avere dei marinai addestrati dalla marina inglese, così si doverono accontentare di una ciurma di dannati della peggior specie.

Una volta racimolato un equipaggio, salparono in mare aperto. Sesshomaru era intenzionato a vendicarsi per tutto il male che avevano fatto a lui e alla sua famiglia; quei maledetti politici l’avrebbero pagata cara. Così Sesshomaru e Inuyasha divennero pirati, forse non tra i più crudeli, poiché si limitavano soltanto a saccheggiare villaggi e i porti in cui di solito si imbattevano. Sesshomaru cercava sempre di proteggere il fratello più piccolo perché era ancora troppo giovane e sicuramente in quell’ambiente senza di lui non sarebbe sopravvissuto per molto tempo.

Passarono così alcuni anni ma Sesshomaru, nonostante il fratello fosse diventato maggiorenne, non aveva mai smesso di proteggerlo, aveva paura, una paura incommensurabile di perderlo. Ma Inuyasha sembrava essere infastidito da quelle attenzioni che per lui erano fin troppo ossessive; Sesshomaru doveva lasciarlo respirare, non era più un ragazzino; maledizione! Maledizione a lui. Così, un giorno stufo di tutte quelle attenzioni che per lui erano esagerate, piombò nella cabina del capitano tutto trafelato e innervosito, mentre Sesshomaru stava consultando alcune carte nautiche, sgranocchiando una mela con i piedi poggiati sulla scrivania. In quel momento, come se fosse stato beccato con le mani nella marmellata, Sesshomaru, istintivamente, li tirò giù di scatto e per poco non si strozzò con un pezzo del frutto che aveva appena addentato.

- Si può sapere a che cosa devo tutta questa irruenza? - domandò con sguardo di rimprovero, rivolto al fratello.

- Sesshomaru io sono stufo che tu mi tratti come un bambino, perché non sono un dannato ragazzino. Non più, maledizione! – gli disse Inuyasha con le labbra che gli tremavano dalla rabbia. Sesshomaru a quel punto alzò un sopracciglio, posò le carte e la mela che aveva in mano e si avvicinò al fratello.

- Tu sei l’unico della famiglia che mi rimane; se ti perdessi, per me non ci sarebbe più nulla per cui varrebbe la pena vivere – gli confessò Sesshomaru, sperando che il più giovane comprendesse le sue ragioni.

- Ma… ma tu non puoi proteggermi per sempre - gli rispose Inuyasha, che ora non era più tanto sicuro delle sue motivazioni iniziali; le parole di suo fratello lo avevano colpito, sapeva di contare qualcosa per Sesshomaru ma non credeva così tanto.

- Lo farò anche se mi dovesse costare la vita, perché tu sei l’unica cosa che conta per me, e quei bastardi che hanno osato uccidere i nostri genitori non devono neanche pensare di avvicinarsi a te. Non ho intenzione di perdere un altro membro della mia famiglia – gli disse Sesshomaru, e a Inuyasha il fratello sembrò essere piuttosto risoluto, forse anche troppo, come se quella fosse la risposta a tutti i loro problemi. Ma la domanda che si poneva Inuyasha era: Riuscirà davvero a proteggermi nel modo che desidera?

La paura di Sesshomaru trovò conferma quando vennero catturati dalla Compagnia Britannica delle Indie Orientali, e vennero portati nel loro quartier generale a Londra e da lì nelle segrete del palazzo. Inuyasha e Sesshomaru vennero torturati e venne loro imposto un marchio a fuoco sul polso; una P, marcata indelebilmente sulla loro pelle. Pirati, loro che avevano seguito delle buone scuole, una buona educazione, che avevano vissuto tra il lusso e le agiatezze ora venivano marchiati come una mandria di bestiame appena consegnata al fattore. Sesshomaru dalla sua cella di prigionia sentiva le urla del fratello e le sentì più acute nel momento in cui apposero il marchio su di lui.

Sesshomaru non aveva emesso nemmeno un lamento, non voleva dare la soddisfazione ai suoi aguzzini di vederlo cadere in ginocchio, di implorare pietà. Ma suo fratello era fragile, sensibile e non avrebbe sopportato altra sofferenza; nel momento in cui sentì le urla di Inuyasha, i suoi polsi erano serrati da bracciali che a loro volta erano attaccati a delle lunghe catene agganciate alla parete di pietra della cella, si sentiva come un maiale pronto per il macello, esattamente come qualche anno prima su quel patibolo dove Inuyasha lo aveva salvato.

Era solo, i suoi aguzzini gli avevano dato qualche minuto di tregua, ma quelle urla non lo facevano stare tranquillo, stringeva i denti e tendeva in avanti le braccia, un gesto che gli veniva istintivo; avrebbe voluto raggiungere suo fratello, toglierlo dalle grinfie di quei maledetti che osavano provocargli tutto quel dolore. Mentre si divincolava da quella stretta sentiva le catene tintinnare a ogni suo movimento e i bracciali lacerargli la carne, ma per quanto cercasse di liberarsi per correre da suo fratello, i suoi tentativi fallivano miseramente, e si sentiva impotente, privo di forze; maledisse quel suo essere un umano e non un demone come nell’epoca Sengoku, se lo fosse stato probabilmente il quartier generale della Compagnia delle indie sarebbe saltato in aria con un solo gesto e lui e suo fratello avrebbero potuto salvarsi.

Tuttavia, anche quella volta, riuscirono a scappare. Il resto della ciurma che era riuscita a sfuggire alle grinfie della Compagnia delle indie, fece irruzione al quartier generale per trarre in salvo il suo capitano e suo fratello. Ci fu uno scontro, il tuono dei cannoni riecheggiava nella notte, le esplosioni illuminavano il buio, e tra questi anche il rumore degli spari dei fucili e delle pistole si confondevano tra loro.

Inuyasha però, a causa delle ferite riportate, si era ammalato. Quando entrò nella cella, Sesshomaru vide che il fratello versava in condizioni pietose, sdraiato su una brandina che doveva aver visto tempi migliori, respirava a fatica ed era completamente sudato, il suo corpo ricoperto da ustioni e ferite. Sesshomaru serrò le mani, quasi conficcandosi le unghie nel palmo, la sua mascella si strinse talmente tanto che i denti striderono e un nervo del suo viso si tese. Non poteva permettere all’ultimo componente della sua famiglia di morire, se lo era ripromesso nel momento in cui i suoi genitori erano morti. Ma in quel preciso istante Sesshomaru si sentiva impotente, di nuovo, perché non era riuscito a fare nulla per impedire che ciò accadesse.

Prese suo fratello tra le braccia facendo attenzione a non fargli troppo male, in quell’istante gli sembrava che si potesse rompere da un momento all’altro. Sentì la rabbia pervadergli il corpo e l’anima, come se fosse un demone; per quale ragione era dovuto succedere, come aveva potuto permettere tutto questo? I suoi genitori prima e ora suo fratello. Erano diventati dei delinquenti della peggior specie, loro che si erano illusi di essere una famiglia rispettabile per i londinesi, nonostante avessero altre origini. Mai avrebbe pensato di arrivare a quel punto, marchiati come la peggior specie di bestiame, qualcuno da eliminare che non doveva esistere, ma era davvero così? Erano davvero quelli da dover cancellare dalla faccia della terra? Sesshomaru aveva la sua risposta a tutto ciò, ossia che non erano loro quelli da eliminare, ma chi gli aveva fatto tutto questo, chi li aveva ridotti a ritrovarsi costantemente in fuga, braccati come topi di fogna.

Strinse suo fratello tra le braccia e Inuyasha in un barlume di lucidità dalla febbre riuscì a reggersi alle spalle di Sesshomaru e appoggiò la testa al suo petto. Inuyasha si sentì al sicuro, avvolto dal calore di quelle braccia che in fondo lo avevano sempre protetto fin da bambino. Sesshomaru corse a perdifiato tra le segrete del quartier generale e uscì da quel posto. Tra la confusione che si era creata riuscì (stando attento a non farsi colpire) a salire sulla loro nave attraccata al porto, senza ulteriori danni. Anche Sesshomaru era ferito, però meno gravemente di suo fratello, con Inuyasha invece si erano proprio accaniti, forse per togliergli anche quello spiraglio di luce che illuminava la sua vita. A quel pensiero sentì nuovamente la rabbia pervaderlo. Lui non si sarebbe di certo arreso, e gli ultimi eventi avevano instaurato in lui ancora più determinazione di quanta non ne avesse già.

Una volta a bordo entrò nella cabina del capitano, aprendo la porta con un calcio. Adagiò suo fratello sul divano che si trovava poco distante dalla sua scrivania, cercando di fargli meno male possibile, poi si diresse verso una delle credenze incassate nella parete di legno e prese qualche unguento e delle bende. Si avvicinò nuovamente a Inuyasha e si inginocchiò al suo fianco. Iniziò a disinfettare le ferite, provocando nel più piccolo alcune smorfie di dolore, fece lo stesso anche con la sua schiena, voltandolo con delicatezza. Una volta che ebbe concluso il suo compito, lo avvolse nelle bende e lo coprì con una coperta.

Osservò il fratello che respirava a fatica e gli posò una mano sulla fronte: era calda e sudata. Sesshomaru sentì stringersi il cuore, ancora una volta aveva mancato alla sua promessa; quella stessa promessa che aveva fatto a sé stesso molto tempo prima, quando i loro genitori erano morti, non avrebbe mai permesso che qualcun altro della sua famiglia morisse e invece era ciò che stava per succedere. Un rantolo che proveniva dal suo fianco lo ridestò dai suoi pensieri.

- Sesshomaru… io… io… credo che… - tentò di dire Inuyasha, la sua voce era soltanto un soffio, Sesshomaru quasi stentò a udirlo. Ma aveva capito che cosa volesse dirgli il fratello, e lo aveva interrotto perché quelle parole proprio non voleva ascoltarle, la sua mente si rifiutava.

- Non lo permetterò, costi quel che costi, troverò qualcuno che ti possa curare – disse con decisione Sesshomaru. Avrebbe trovato di sicuro qualche strega o guaritore che lo potesse aiutare, certamente avrebbe lottato affinché suo fratello sopravvivesse.

Attese nella sua cabina che anche la ciurma salisse sulla nave, sentiva ancora i colpi di cannone che risuonavano nel quartier generale. Intanto Sesshomaru si chiedeva come avrebbe potuto trovare una soluzione per suo fratello. Avrebbe chiesto a qualcuno della sua ciurma; li aveva reclutati a Tortuga, loro di sicuro potevano conoscere qualcuno che faceva al caso loro. Improvvisamente un’irruzione nella stanza lo ridestò dai suoi pensieri.

- Capitano, sarà meglio salpare se vogliamo fuggire da questo posto. – Il mozzo si fermò sulla soglia in attesa di ordini, non fece domande sullo stato di salute evidente del fratello del suo capitano. Dopo tutti quegli anni di navigazione insieme aveva capito che era meglio non impicciarsi di affari che non lo riguardavano.

- Bene, ordinate di levare l’ancora, gli ormeggi e cazzare la randa. Salpiamo per Tortuga. – Il mozzo fece per uscire dalla stanza quando il capitano lo fermò sulla soglia.

-Aspetta, conosci qualche guaritore che possa curare mio fratello? – Il ragazzo lo osservò, poi posò gli occhi sul fratello del suo capitano, mentre Sesshomaru lo guardava a sua volta in attesa di una risposta.

- Mi dispiace signore, non conosco proprio nessuno. – Il mozzo lo guardò dispiaciuto di non essere di aiuto al suo capitano, ma lui e tutta la ciurma erano grati di fare parte di quella banda di poco di buono. Tra tutti i comandanti che avevano avuto, Sesshomaru era colui che li aveva trattati nel modo migliore, questo in fondo testimoniava quanto fosse nobile in ogni sua sfaccettatura.

- Pensi che qualcun altro su questa nave possa saperne qualcosa? – gli domandò ancora; era la prima volta che Sesshomaru entrava così in confidenza con i suoi sottoposti.

- Mi dispiace signore, ma credo che nessuno ne sappia nulla; penso, tuttavia, che a Tortuga ci sia qualcuno che la possa aiutare. -  gli disse il mozzo, certo che in quel posto il capitano avrebbe potuto trovare la soluzione al suo problema.

Sesshomaru congedò dunque il mozzo e rimase al capezzale del fratello, grato a sé stesso di aver preventivamente ordinato di salpare per Tortuga. Quando, dopo giorni di navigazione in mare aperto, giunsero finalmente in quel posto, che a Sesshomaru dava il voltastomaco, il capitano insieme alla sua ciurma si mise a indagare per trovare qualcuno che facesse al caso loro. Sesshomaru a un certo punto sentì una mano posarsi sulla sua spalla, si voltò ed ebbe un déjà-vu. Quella donna, la ricordava in epoca Sengoku con gli occhi rossi e le orecchie a punta, era una delle emanazioni di Naraku. A quanto pareva in quell’epoca si erano reincarnati solo i demoni, salvo poche eccezioni.

- Ho sentito dire che state cercando un guaritore – gli disse la donna. Ora aveva gli occhi del colore del cioccolato, ma i suoi capelli erano come lui li ricordava; neri come l’inchiostro.

- Kagura!? – Sesshomaru boccheggiò un po’ prima di riuscire a scandire qualche parola, mai si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte proprio Kagura. La ragazza davanti a lui spalancò gli occhi stupita e chinò la testa di lato; come faceva quell’uomo a sapere come si chiamasse?

- Come fate a conoscere il mio nome? – chiese Kagura e Sesshomaru capì di avere commesso un errore madornale. Soltanto lui e Inuyasha a quanto pareva si ricordavano del loro passato… chissà per quale ragione poi… nessun altro ricordava di avere vissuto nell’epoca Sengoku in Giappone.

- È una lunga storia, non ho tempo ora di spiegarvela - disse con un gesto della mano come a scacciare una mosca. – Ma se sapete qualcosa, qualsiasi cosa, ve ne prego datemi un nome. - disse Sesshomaru implorante. Kagura fu colpita dalla gentilezza e dall’eleganza dello sconosciuto, era raro vederne in quel posto, anzi dové correggersi, in quel luogo non se ne vedevano affatto.

- Esiste un luogo dove vive una guaritrice, anzi io direi che si può considerare più una strega, ma dovete stare attento perché per raggiungerlo sarete obbligato ad attraversare la baia delle sirene. Il loro canto potrebbe ammaliarvi, mettete in guardia anche la vostra ciurma, non dovete cadere in tentazione. A poche miglia da lì, su un’isola chiamata Isola di corallo, troverete un luogo che, secondo i racconti di chi ci è stato, mette i brividi. Si trova nell’entroterra, lì vive una guaritrice che potrebbe fare al caso vostro – lo informò Kagura, sperando in qualche modo di essergli stata utile.

- Vi ringrazio per la vostra informazione. - le rispose Sesshomaru, e ciò colpì ancora di più la donna.

- Buona fortuna – rispose Kagura prima di allontanarsi e Sesshomaru dentro di sé pregò che la fortuna questa volta fosse davvero dalla sua parte, nonostante tutte le disavventure passate gli dicessero che forse qualcosa ancora sarebbe successo.

Radunò nuovamente gli uomini e tornarono alla nave, diede gli ordini di salpare per l’isola di corallo, ignorando le proteste di tutti che, sentendo dove sarebbero passati, avevano il terrore di venire ammaliati dal canto delle sirene. Fu un viaggio molto lungo e Sesshomaru non lasciò mai il capezzale del fratello e soprattutto la sua mano. Inuyasha lo guardava senza dire nulla nonostante volesse dirgli molte cose in quel momento, la sua febbre non sembrava voler accennare a diminuire e lui si sentiva dannatamente debilitato, malgrado i pasti caldi che gli faceva avere giornalmente suo fratello.

- Sesshomaru, dove stiamo andando? – si decise a chiedere un giorno, sapeva che se avesse protestato ancora suo fratello gli avrebbe dato la risposta di sempre; non lo avrebbe lasciato morire senza prima aver provato a salvarlo.

- In un posto, dove poi starai meglio – rispose soltanto Sesshomaru senza aggiungere nient’altro, nonostante anche lui avrebbe voluto dirgli molte cose.

- Sesshomaru, tu non dovresti preoccuparti così tanto per me, io… - era la seconda volta dopo che lo aveva portato a bordo della loro nave che gli parlava a quel modo.

- No! tu non devi preoccuparti, se sono in pensiero per te, voglio cercare di salvarti. Ti ho già detto che sei parte della mia famiglia, e te lo ribadirò all’infinito, sei l’unico che mi sia rimasto al mondo, e non ti lascerò andare finché saprò di avere almeno una possibilità per poterti guarire. - Poi si volse a osservare il fratello e gli prese una mano tra le sue. – Sai Inuyasha, io non so che cosa voglia dire essere un genitore, perché non ho figli. Ma quando tu sei nato io ero già più grande di te, mi ricordo che ti guardavo nella culla, eri così piccolo che credevo che prendendoti in braccio avrei potuto romperti. E ricordo che quando ti tenevo tra le mie braccia, io ero l’unico a poterti calmare se piangevi, come se la mia lontananza ti facesse stare male. Siamo legati da sempre, si può dire da secoli e credo che se tu morissi io non avrei senso di esistere, sei mio fratello ma il nostro legame è più forte di qualsiasi altro sentimento. Mi dispiace se sono troppo apprensivo, se a volte temo che tu possa morire anche per una sciocchezza, come quando inciampi sui tuoi stessi piedi, ma è più forte di me quindi ti prego di lasciarmi tentare, non mi sentirei in pace altrimenti – concluse Sesshomaru con gli occhi lucidi.

Inuyasha era rimasto in silenzio ad ascoltare tutto il suo discorso e anche lui ora aveva gli occhi lucidi; alcune piccole gocce salate avevano iniziato a solcare il suo viso, mentre tirava su col naso. Il più piccolo non pensava di meritarsi tutto quell’amore da parte di suo fratello, quando era piccolo gliene aveva combinate di tutti i colori. Però, Sesshomaru in ogni occasione possibile lo aveva sempre difeso, non ricordava momento in cui lui non fosse stato lì a proteggerlo, soprattutto da chi lo ricopriva di insulti e lui non aveva mai capito quanto contasse per suo fratello. No, davvero non meritava tutto il suo amore, perché come fratello era stato pessimo, era sempre quello più debole e non aveva mai provato nemmeno a fare qualcosa per lui.

- Sesshomaru, è stato un discorso bellissimo. Io…- tirò su con il naso prima di ricominciare a parlare. – Io non credo di meritare un fratello come te – gli disse Inuyasha tra le lacrime. Sesshomaru gli diede una pacca con il dorso della mano sulla fronte.

- Tsk, ma che cosa stai dicendo sciocco. Se non fosse stato per te a quest’ora io non sarei il capitano di questa nave. Avevi solo quindici anni allora e hai dimostrato un grande coraggio, quando mi hai salvato dalla forca; quindi, forse sono io a non meritarti come fratello – gli rispose Sesshomaru; forse entrambi pensavano di non appartenersi affatto, ma si sbagliavano di grosso. Insieme erano più forti e nonostante cercassero in qualche modo di dividerli, loro erano sempre riusciti a rimanere insieme.

Inuyasha quasi si era dimenticato di quell’evento; il ricordo che il fratello gli aveva riportato alla memoria, aveva fatto riaffiorare dentro di sé quella sensazione di paura che aveva avuto, credendo che il suo piano avrebbe fallito, e che sarebbero morti entrambi quel giorno. Era stato lui a salvarlo, nonostante fosse solo, nonostante fosse stato soltanto un ragazzino. Ancora si chiedeva come aveva fatto, forse era stata l’adrenalina a infondergli quel coraggio che lui non avrebbe mai creduto di avere.

Passarono diversi giorni e Inuyasha nonostante la brutta febbre che non accennava a diminuire, sembrava essere stabile. Sesshomaru, a quel punto si chiese se per caso ci fosse qualcuno lassù che li stesse aiutando, forse erano proprio i loro genitori. Quando la nave oltrepassò la baia delle sirene, Sesshomaru era nella sua cabina insieme al fratello; sentì la sua ciurma impazzire, richiamata dal canto di quelle creature che si erano radunate attorno alla nave.

- Aspettami qui, torno subito! – disse Sesshomaru al fratello, prima di sparire oltre la porta e dirigersi sul ponte della nave dove sembrava stesse succedendo di tutto. Alcuni uomini correvano da una parte all’altra tappandosi le orecchie e urlando, come se ci fosse qualcosa che gli stesse penetrando nella testa.

Sesshomaru si guardò intorno, e vide altri uomini raggruppati in un angolo della nave, sembravano essere confusi e smarriti. Ma la cosa che lo colpì di più fu che questi, a differenza dei loro compagni sembravano immuni a quel canto ammaliatore, poi si fermò un attimo e, a pensarci bene, nemmeno lui sembrava attratto da quel suono. Cercando di scansare più uomini che poteva, cercò di raggiungere quel piccolo gruppetto. Quando gli fu vicino li guardò a uno a uno.

- Che cosa sta succedendo!? Perché voi non vi state disperando come gli altri? – chiese Sesshomaru. Gli uomini lo guardarono confusi; nemmeno loro conoscevano la ragione di quello strano evento.

- Non lo sappiamo- disse uno di loro, poi aggiunse: - Anche voi capitano sembrate essere immune al loro richiamo. – Improvvisamente, Sesshomaru sembrò quasi venire colpito da un fulmine. Maledizione! Aveva lasciato Inuyasha da solo, e si chiese se lui al contrario non iniziasse a impazzire a causa del canto di quelle dannate donne mezzo pesce. Così si affrettò a dare degli ordini ai suoi uomini.

- Cercate di calmare gli altri, se necessario portateli sottocoperta, sono sicuro che lì sarà più facile tenerli a bada – disse correndo via, senza lasciare modo agli uomini di replicare e in un batter d’occhio piombò nella cabina.

Inuyasha aveva le gambe piegate al petto e si teneva le orecchie con le mani, i suoi occhi erano chiusi, stretti all’inverosimile. Sesshomaru chiuse la porta e si avvicinò al fratello che sembrava non averlo sentito. Nel momento in cui gli toccò il braccio, Inuyasha sussultò e aprì gli occhi senza togliersi le mani dalle orecchie. Sesshomaru vide due occhi azzurri e vitrei che lo guardavano, non era nemmeno sicuro che Inuyasha lo stesse osservando davvero, così gli sventolò una mano davanti agli occhi. Ma le sue pupille non si mossero.

Allora lo spostò leggermente in avanti e si accomodò alle sue spalle, tenendolo stretto a sé tra le sue gambe. Inuyasha non sembrava dare alcun segno di vita. Sesshomaru riuscì a togliergli le mani dalle orecchie e a fargli appoggiare la testa al suo petto coprendogli l’altro orecchio con la mano, cullandolo dolcemente pregando che quella tortura finisse presto. Intanto, sul ponte gli uomini erano riusciti a calmare gli altri, cercando di non farli tuffare in mare; secondo alcune leggende, coloro che finivano in mare nella baia delle sirene, venivano trascinati fin nel profondo degli abissi per nutrire quelle creature, nessuno sapeva però che alcuni uomini potevano essere immuni, come era successo alla ciurma del capitano Sesshomaru.

Una parte degli uomini vennero portati sottocoperta, mentre altri rimasero sul ponte. Coloro che erano stati ammaliati da quel canto, avevano tutti occhi vitrei come quelli di Inuyasha. Ma loro erano tenuti con le mani bloccate dietro la schiena dai loro compagni in modo che non potessero liberarsi, nell’attesa che la nave superasse la baia. E, per quanto si dimenassero, fortunatamente non riuscirono a sciogliere quella presa.

La nave riuscì a oltrepassare la baia senza nessuna perdita; quando sentirono il lamento di quelle creature in lontananza, il resto della ciurma che era immune e quindi non aveva subito conseguenze mollò la presa sui polsi dei compagni. Gli uomini ci misero qualche minuto a riprendersi, tutti sbatterono le palpebre prima di guardarsi intorno confusi, il loro sguardo tornò normale. Sembrava quasi che si fossero svegliati da un brutto sogno. Anche Inuyasha, nella cabina del capitano si era risvegliato e, trovandosi tra le braccia del fratello sembrò essere ancora più confuso.

- Sesshomaru, che cosa è successo? – gli chiese Inuyasha. Sesshomaru lo scostò da sé e lo guardò negli occhi.

- Non è successo nulla, solo… sei stato bravissimo ad affrontare le sirene – gli disse Sesshomaru e Inuyasha, anche se un po’ confuso gli sorrise. Infatti, Sesshomaru pensò che Inuyasha, nonostante il suo stato di incoscienza, non era impazzito come tutti gli altri. Non aveva urlato e nemmeno si era mosso, questo forse era dovuto al fatto che non stesse bene.

Viaggiarono ancora per qualche altro giorno, e Sesshomaru si alternava tra il timone e la cabina dove come sempre vi era Inuyasha. E proprio mentre era al timone qualcuno urlò: Terra!  Sesshomaru pensò che avessero finalmente trovato l’isola verso la quale erano diretti. Si sporse dalla balaustra della nave, insieme alla sua ciurma, per vedere se davvero fosse così. Rimasero tutti a bocca aperta nel vedere l’isola che si parava davanti ai loro occhi. La vegetazione aveva dei colori sgargianti che partivano dal verde più acceso, al viola, al rosso e così via. Sesshomaru capì perché l’avevano chiamata Isola di Corallo, da nessun’altra parte aveva mai visto della vegetazione così colorata e soprattutto dalle forme più strane che si potessero immaginare. Avrebbe tanto voluto che in quel momento Inuyasha fosse accanto a lui per vedere quella meraviglia, sicuramente ne sarebbe stato entusiasta. Tuttavia, l’avrebbe comunque potuta vedere meglio quando sarebbero scesi dalla nave, visto che avrebbe in ogni caso dovuto andare con loro se volevano che la guaritrice lo potesse visitare e curare.

 La nave attraccò non lontano dalla spiaggia e Sesshomaru corse nella cabina, e si avvicinò al divano dove da diverso tempo vi era adagiato suo fratello. Inuyasha puntellandosi con le mani si tirò su, guardando il fratello. Sesshomaru gli si avvicinò e si inginocchiò di fianco a lui.

- Sesshomaru che cosa succede? – chiese il più piccolo, tossicchiando un po’ subito dopo. Inuyasha guardò il fratello negli occhi e credé di non aver mai visto suo fratello così felice e con gli occhi che brillavano a quel modo.

- Siamo arrivati all’isola che mi ha indicato quella ragazza a Tortuga. Potrai di nuovo stare bene – lo informò Sesshomaru e credé di non aver mai provato così tanta felicità in vita sua. Inuyasha lo osservò e gli sorrise. Sesshomaru senza preavviso prese il fratello in braccio e lo adagiò in una delle scialuppe, insieme scesero dalla nave utilizzando quelle piccole imbarcazioni.

Gli uomini li stavano già aspettando a riva per inoltrarsi nella foresta alla ricerca della guaritrice che li potesse aiutare. Sesshomaru si posizionò in testa alla comitiva e, armati di sciabole, si fecero spazio tra la vegetazione. Nessuno di loro aveva idea di dove si trovasse la guaritrice; se all’interno di un villaggio o vivesse in qualche luogo sperduto dell’isola. Ma quell’appezzamento di terra non era molto grande, di sicuro sarebbero riusciti a trovare un borgo o qualcosa che potesse anche solo somigliargli. Durante il tragitto, incontrarono animali alquanto bizzarri per loro: videro draghi a due teste dai colori sgargianti che alla luce del sole brillavano come se fossero fatti di metallo e cambiavano gradazione a seconda della direzione della luce del sole. C’erano unicorni dal corno cangiante, simile alla pelle dei draghi, tigri dai denti a sciabola dal pelo del colore del fuoco, e che sembrava davvero che si incendiassero, ma era soltanto un’illusione ottica del sole che filtrava tra la vegetazione. Gli animali, tuttavia, non sembravano essere comunque interessati a loro, cosa che alla comitiva parve strano. Come avevano già visto da lontano, le piante di quell’isola avevano delle forme e dei colori diversi, quasi quanto quelle degli animali.

Camminarono almeno per un paio di giorni, accampandosi in quella strana boscaglia. Si erano portati alcuni viveri dalla nave e almeno per una notte o due erano riusciti ad avere cibo a sufficienza per tutti quanti. All’inizio del terzo giorno, sbucarono fuori dal bosco trovandosi di fronte ad un piccolo lago: alcuni degli animali fantastici che avevano visto prima si abbeveravano in quella fonte. Sesshomaru si guardò alle spalle, voltandosi con ancora Inuyasha sulla schiena.

- Muoviamoci con cautela, cercate di non far rumore, non sappiamo se queste bestie sono ostili, potrebbe essere soltanto un caso se prima ci hanno ignorato – disse Sesshomaru a voce bassa, e tutti gli uomini si limitarono ad annuire.

Oltrepassarono il laghetto senza farsi notare e, nel momento in cui superarono quella sorgente, si trovarono davanti a un sentiero, costeggiato da alcuni alberi. Sesshomaru sentì Inuyasha irrigidirsi sulla sua schiena, lo strinse maggiormente per le gambe, in modo da dargli maggior conforto possibile. Anche lui aveva avvertito una strana sensazione che non gli piaceva per nulla.

- Sesshomaru! Ho uno strano presentimento, e la cosa non mi piace per niente, forse è meglio se torniamo indietro. – disse Inuyasha con voce tremolante, e anche il suo corpo iniziò a fremere. Sesshomaru pensò che se era come gli aveva detto Kagura, allora quelle sensazioni, anche se sgradevoli, li avrebbero condotti nel posto giusto.

- Non avere paura fratellino, ci sono io qui a proteggerti. Stai tranquillo – disse Sesshomaru per rassicuralo, ma nemmeno quelle parole riuscirono a rincuorare il più piccolo tanto che si strinse maggiormente al collo del fratello.

- Io non credo di farcela a proseguire. – disse il più piccolo che ora tremava, non soltanto per la febbre. Allora Sesshomaru lasciò andare le gambe di Inuyasha e si voltò per guardare negli occhi il fratello, prendendogli il volto tra le mani. E in quello sguardò riuscì a leggervi tutto il terrore che provava Inuyasha.

- Devi stare calmo, siamo quasi vicini a trovare la donna che ti guarirà. Abbi ancora un po’ di pazienza, ti prego – disse Sesshomaru al fratello e Inuyasha vide negli occhi dell’altro tutta la preoccupazione che fino ad allora gli aveva celato. Era determinato, Sesshomaru stava combattendo una battaglia silenziosa contro il tempo, per poter salvare quel poco che era rimasto di ciò che un tempo era la sua famiglia, e di certo non poteva mollare ora che erano quasi vicini alla risoluzione dei loro problemi. Inuyasha sembrò finalmente rilassarsi e abbassando lo sguardo annuì leggermente, ora si vergognava un po’ per essersi mostrato debole.

- Va bene, mi dispiace. Mi fido di te - disse Inuyasha senza guardare il fratello negli occhi. Intanto le sue gambe iniziarono a tremare, a causa del troppo tempo che aveva trascorso su quel divano, non riuscivano più a reggerlo in piedi. Ma Sesshomaru fu pronto a sostenerlo in modo che non cadesse al suolo. Così Sesshomaru lo prese in braccio e Inuyasha gli circondò il collo con gli arti.

- Bene, allora possiamo proseguire. – ordinò Sesshomaru ai suoi uomini. Inuyasha aveva nascosto il viso nella camicia del fratello, si vergognava troppo per aver dubitato delle sue capacità. Quello però che non poté vedere Inuyasha era il sorriso divertito di Sesshomaru.

Si avventurarono, dunque, per quel sentiero e, alla fine di esso, si trovarono alle porte di un villaggio fatto di case in mattoni e tetti in paglia, totalmente diverso da ciò che avevano visto poco prima. Anzi nonostante la povertà che traspariva dall’aspetto della gente che abitava quel villaggio, a loro sembrò la prima cosa normale che avessero visto fino a quel momento. Era come se quel borgo fosse protetto dalle creature fantastiche di quell’isola. Sollevarono lo sguardo e videro un castello di un bianco perlato che riluceva con i raggi del sole, lunghe guglie si ergevano talmente in alto da sembrare che potessero toccare il cielo, i tetti del castello e delle torri erano blu anch’esso rilucente alla luce del sole. L’imponente costruzione si ergeva a ridosso della montagna che confinava col villaggio. La ciurma rimase stupefatta dalla magnificenza di quel castello, nessuno aveva mai visto una costruzione simile. Ma vennero riportati alla realtà da una donna che gli si era avvicinata, attirando la loro attenzione.

- Scusatemi stranieri. State per caso cercando qualcuno? – domandò. Aveva l’aspetto di una giovane donna, ma portava una specie di fazzoletto in testa e non poterono averne la certezza.

- Stiamo cercando una guaritrice che ci possa essere d’aiuto. Abbiamo sentito che da queste parti ne esiste una – si fece avanti Sesshomaru che teneva ancora tra le braccia il fratello. Inuyasha si chiedeva se per caso fosse un peso per Sesshomaru; non si era mai lamentato per tutto il tragitto, ma sicuramente le sue braccia e la sua schiena ne avrebbero risentito dopo, di questo il più piccolo ne era certo.

- Oh! Credo che voi siate capitati nel posto giusto. Vi prego di seguirmi – disse la donna. Sesshomaru credé che fosse frutto soltanto della sua immaginazione, ma gli era sembrato che gli occhi di lei avessero cambiato colore dopo aver udito la sua domanda.

Gli uomini seguirono la donna, che li condusse fuori il villaggio; percorrendo un altro sentiero, si inoltrarono in una foresta in cui tutto sembrava morto. Quella strana concentrazione boschiva dava l’impressione che tutto intorno a loro fosse stato dato alle fiamme da qualcuno, e che ciò fosse accaduto solo da poco, visto che il terreno sembrava fumare ancora. Gli uomini si guardarono intorno e Inuyasha iniziò a tremare tra le braccia di Sesshomaru; quel posto gli dava una strana sensazione, peggio del luogo con le creature fantastiche che avevano oltrepassato qualche giorno prima.

Sesshomaru d’istinto strinse più a sé Inuyasha, come a tranquillizzarlo, nonostante questa volta anche lui non avesse un buon presentimento. Oltrepassarono uno stagno dalla colorazione verdognola quasi simile al vomito, dalla cui acqua emergevano delle bolle come se stesse gorgogliando in un pentolone. Lo stesso stagno emetteva uno strano odore putrescente come se dentro vi ci fossero stati gettati molteplici cadaveri. Tutti si voltarono a guardare quella strana distesa d’acqua, sembrava ne fossero ammaliati. La donna non avvertendo più i passi degli uomini dietro di sé, si voltò e li vide fermi a osservare lo stagno, allora tornò sui suoi passi e cercò di ridestarli dalla loro momentanea situazione di trance.

- Non osservate il lago o vi catturerà e vi mangerà vivi – li avvertì la donna con un tono alquanto basso e spettrale che li fece rabbrividire e ritornare immediatamente in sé: tutti gli uomini sbatterono le palpebre come risvegliati da un sonno profondo.

Nessuno osò proferire parola ma ognuno di loro si scambiò uno sguardo confuso; sinceramente pentiti di essersi fidati di quella donna. Proseguirono il loro cammino tenendosi ben distanti da quella strana sorgente. Superarono un’altra foresta di alberi morti per poi arrivare ad una radura ben diversa da quella precedente, qui sembrava che la vita facesse parte di ogni più piccola cosa. Tutti si stupirono di vedere quel drastico cambiamento in pochi istanti, molteplici alberi di ciliegio ricoprivano quella radura e i petali caduti ne vestivano il prato di cui si stentava a vedere i fili d’erba. Nascosta tra gli alberi, vi era una casetta dal cui comignolo usciva del fumo. La donna fece segno agli sconosciuti di seguirla; colei di cui avevano bisogno si trovava in quella modesta casupola.

Entrarono in quella casa che da fuori sembrava ben curata, mentre al suo interno dava l’impressione che stesse cadendo a pezzi; in un angolo della dimora, vi era un grande calderone dal quale usciva dello strano fumo verdognolo quasi fosforescente, che ne fuoriusciva, creando una coltre che ricopriva il pavimento. Le pareti erano ricoperte da molteplici mensole, sulle quali erano posti alcuni libri e ampolle anch’esse contenenti liquidi di diversi colori fosforescenti e anche da questi oggetti usciva del fumo che colava al loro esterno. Una stufa a legna era posizionata a ridosso di una parete, dove accanto vi era qualche ciocco di legno.

La donna che li stava accompagnando era sparita dietro una porta di legno. Mentre nella casa era entrato solo Sesshomaru con Inuyasha e un paio di uomini, gli altri erano rimasti fuori di guardia nel caso fosse successo qualcosa. La donna ritornò dopo qualche minuto, accompagnata da un’altra ragazza dalla veste e dai capelli candidi, e dagli occhi anch’essi completamente bianchi, un chiaro segno che fosse cieca.

La ragazza si avvicinò ai due fratelli senza l’aiuto di nessuno, come se sapesse esattamente dove si trovasse ogni cosa in quella piccola dimora, persino gli estranei. Il suo passo sicuro stupì i due giovani: quando si trovò a pochi centimetri da loro, la ragazza allungò una mano su Inuyasha tenendola non molto distante dal suo corpo, percorrendolo da cima a fondo. Poi scostò la mano come se si fosse scottata e Sesshomaru aggrottò la fronte confuso mentre Inuyasha guardava il fratello spaventato.

- C’è un legame tra voi due, che non è dovuto solo al sangue che scorre nelle vostre vene, ma un forte sentimento vi unisce. Per questo non sono ancora riusciti a separarvi, nemmeno la morte vi riuscirà. – concluse quella che ai loro occhi era decisamente una strega. I due ragazzi si guardarono non comprendendo quelle parole.

- Noi siamo fratelli. Non… - precisò Sesshomaru ma la strega lo interruppe con una mano.

- Oh, esistono molti tipi di legami, ma quello tra fratelli è molto più forte anche rispetto a quello di una coppia di innamorati. Come esistono diversi tipi di amore e il vostro è quello che si può definire, ciò che io chiamo, amore supremo. Quindi vi posso dire soltanto una cosa, continuate a prendervi cura l’uno dell’altro, solo in questo modo potrete essere forti e combattere ogni tipo di battaglia senza subire troppi danni – gli consigliò la donna senza che loro non avessero nemmeno aperto bocca.

- Quindi mi sta dicendo che è per questo che mio fratello non è ancora morto!?- chiese sconcertato Sesshomaru. La strega che si era voltata di spalle si girò nuovamente per puntare i suoi occhi spenti su di lui.

- A quanto pare comprendi al volo biondino – disse la strega sicura di sé come se li stesse vedendo veramente.

- Ehi, un momento come fai a sapere tutte queste cose di noi? – chiese a quel punto Inuyasha spaesato da tutte quelle informazioni poco chiare che gli aveva dato la strega.

- Oh, io so molte cose. Vi avevo già visti nella mia mente, sapevo che sareste arrivati fin qui e credo di conoscere anche il motivo – disse chinandosi a guardare Inuyasha, il quale rabbrividì davanti a quello sguardo spento.

Poi la strega si voltò e liberò quello che sembrava un letto, coperto da varie scartoffie, gettandole a terra con noncuranza. Si voltò poi nuovamente verso i due facendo segno a Sesshomaru di adagiare il fratello su quel letto che sicuramente doveva avere visto momenti migliori. Inuyasha lo guardò con occhi di terrore, quel presentimento, che lo aveva accompagnato durante tutto il tragitto fino a quella casupola, si era accentuato nel momento in cui avevano varcato quella soglia e quando avevano incontrato la donna cieca. Per questo dopo essere stato adagiato su quel giaciglio non volle per nessuna ragione lasciare la mano di Sesshomaru, che fu costretto a spostarsi di lato al letto per permettere alla strega di operare.

La strega si voltò a prendere una boccetta, con dentro una sostanza dal colore violaceo e ne tolse il piccolo tappo in sughero. Avvicinò la piccola bottiglietta alle labbra di Inuyasha, incitandolo a bere quell’intruglio, ma egli rifiutò.

- No, non voglio! – urlò il ragazzo cercando di divincolarsi su quel letto, che gli sembrava perfino scomodo.

- Su andiamo, non penserai mica che voglia avvelenarti? In fondo siete venuti qui per ricevere le mie cure no!? – disse la donna cercando di tranquillizzare il ragazzo che sembrava essere sensibile a certe cose. Ma Inuyasha non sembrava essere rilassato, piuttosto appariva in preda al panico.

- Coraggio fratellino, abbiamo fatto tutto questo viaggio perché tu possa stare meglio, non mollare proprio ora. – Sesshomaru si era abbassato e quasi aveva sussurrato all’orecchio del fratello, il quale si voltò a guardarlo cercando negli occhi dell’altro il coraggio per fidarsi di quella strega da cui si erano recati, e che a lui era sembrata decisamente una pessima idea. Quando vide la tensione nello sguardo del fratello allora decise di farsi coraggio e di acconsentire a bere quella strana cosa che gli stava porgendo la strega.

- Soltanto un piccolo sorso può bastare – disse lei porgendogli nuovamente la bottiglietta. Inuyasha fece come la donna gli aveva ordinato e ne bevve soltanto un sorso.

Poi si inginocchiò e pose nuovamente le mani a pochi centimetri dal suo corpo con i palmi rivolti verso il basso, a occhi chiusi, le fece scorrere dalla testa ai piedi del ragazzo, recitando una specie di cantilena di cui i presenti non riuscirono a capire le parole. Inuyasha avvertì una strana sensazione di benessere, che non sapeva se si poteva definire momentanea o apparente. La donna fece scorrere diverse volte le mani sul corpo di Inuyasha, sempre con quella cantilena che usciva dalle sue labbra. Il resto dei presenti intanto non aveva osato fiatare, lasciando che la guaritrice concludesse il suo lavoro. Una volta concluso il suo rituale, la donna si risollevò in piedi senza mai smettere di puntare i suoi occhi sul ragazzo sdraiato su quel giaciglio.

- Potete andare ora – disse la donna puntando il suo sguardo sul maggiore dei fratelli, al quale poi porse la boccetta in cui c’era il medicinale che aveva dato poco prima al più piccolo. – Prendete, dovrete somministrarglielo una volta al giorno e vedrete che anche le sue ferite si rimargineranno. Ho fatto in modo che vostro fratello possa raggiungere la nave con le proprie gambe. – Poi diede un’altra boccetta a Sesshomaru. – Tenete, servirà anche per le vostre ferite. – Sesshomaru a quel punto aggrottò la fronte, le sue ferite erano già guarite da un pezzo.

- Io non ho più nessuna ferita sul mio corpo – le fece notare allora Sesshomaru. La donna gli si avvicinò quasi come se si fosse sentita offesa da ciò che aveva appena detto il ragazzo davanti a lei, ma poi sembrò rilassarsi e aggiunse:

- Beh, allora prendetela per quando vi succederà la prossima volta - Sesshomaru prese anche quella boccetta e la mise in un borsellino in velluto che di solito teneva sempre legato al suo fianco. Poi fece per pagare la strega, ma questa lo fermò. – Teneteli, a me non servono. –

Inuyasha si alzò da quel letto che si sentiva decisamente meglio, si mise in piedi notando che le sue gambe non gli formicolavano o tentavano di cedergli se cercava di stare in piedi più di cinque minuti, di certo non era sicuro di poter correre come una gazzella, ma di sicuro alla nave ci sarebbe arrivato con le sue gambe. La comitiva di uomini lasciò la casa di quella strega per fare ritorno sulla propria nave. Come all’andata, anche il ritorno fu piuttosto tranquillo e permise loro di tornare alla nave sani e salvi. La donna che li aveva accompagnati dal villaggio in poi, non fece la strada con loro nel momento in cui presero nuovamente quel sentiero. Ma stranamente non si persero e riuscirono a tornare alla spiaggia dove avevano lasciato la nave, ritrovandola ancora lì, intatta.

Ripresero così il largo; per alcuni giorni sembrò che fosse tutto tranquillo, forse anche troppo. Riuscirono nuovamente a superare la baia delle sirene senza perdere nemmeno un uomo, poi però si trovarono nell’occhio del ciclone, una tremenda tempesta si abbatté sulla nave e sull’equipaggio. L’imbarcazione risultò essere ingovernabile e dopo che l’albero maestro venne letteralmente spezzato in due come fosse uno stuzzicadenti, la nave si spaccò a metà e tutti gli uomini compreso il capitano finirono in mare. Sesshomaru cercò il fratello con lo sguardo in quella coltre di acqua gelida, ma non riuscì per niente a scorgerlo tra i pezzi di legno e gli altri marinai che cercavano di aggrapparsi ai pezzi di imbarcazione che riuscivano a trovare.

***

Così si ritrovò su quella spiaggia il mattino dopo, solo, con la sensazione famigliare di aver perso tutto, di nuovo. Vagò per quella distesa di sabbia, sotto il sole cocente, alla ricerca di qualche sopravvissuto, nella speranza di trovare suo fratello ancora vivo. Passò diverso tempo a camminare: forse erano passate ore, forse soltanto alcuni minuti, di preciso non avrebbe saputo dire quanto, soltanto che la sabbia sotto i piedi gli bruciava dannatamente la pelle come anche il sole che gli batteva sulla testa. A un certo punto del suo cammino sentì delle voci e una su tutte gli sembrò familiare. Allora Sesshomaru affrettò il passo fino a che non scorse un gruppetto di uomini, pregò nella sua mente che non fosse qualche tipo di miraggio dovuto al grande caldo che lo stava asfissiando.

Ma quando qualcuno gli corse incontro fino a fermarsi a pochi metri da lui, e lo poté toccare, capì che quello non era di certo un miraggio. Inuyasha era davanti a lui, vivo e sembrava non avere nessuna ferita evidente su suo corpo, nonostante anche lui avesse i vestiti ridotti in stracci.  I due fratelli si abbracciarono calorosamente dandosi delle sonore pacche sulle spalle, entrambi erano quasi sull’orlo del pianto. Si chiesero se le loro disavventure avrebbero mai potuto avere fine.

Fortunatamente, almeno un paio di scialuppe si erano salvate miracolosamente dal naufragio. Il numero di uomini si era ridotto drasticamente dopo quella tempesta, ma il capitano non poteva di certo aspettarsi che potessero sopravvivere tutti. Ora, però, avevano nuovamente bisogno di una nave. Con le scialuppe non avrebbero potuto di certo coprire grandi distanze ma la fortuna sembrò essere dalla loro parte, visto che si trovavano vicino a Tortuga. Una volta lì riuscirono a recuperare una nave e ad arruolare altri uomini per riformare la ciurma. Ora più che mai i due fratelli Taisho, dopo tutto ciò che avevano dovuto subire dai tiranni che li avevano trattati nel peggiore dei modi, erano determinati a farsi giustizia da soli, perché in ogni caso avrebbero continuato a condurre una vita piratesca come quella che avevano condotto fino a quel momento. Ma non senza aver prima sconfitto il loro nemico principale ossia: il governo inglese.

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Angolo Autrice

Scusate per il grandissimo ritardo nell'aggiornare, ma sono stata parecchio impegnata con la scrittura e con un lavoro temporaneo, quindi ho dovuto rimandare diverse cose, spero che vi siano piaciuti in questa veste piratesca, ispirato un po' ai pirati dei caraibi, lo ammetto XD 

Alla prossima =)

 

   
 
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