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Autore: Ephram    24/03/2023    0 recensioni
a fuga di un disertore che dopo aver lasciato l'esercito va alla ricerca di una vita migliore.
Genere: Azione, Erotico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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AVVERTIMENTO: Capitolo con brevi scene a tematica sessuale.

La strada per tornare a casa era troppo lunga e il pericolo di essere fermati troppo alto, inoltre l'orario notturno decisamente sconsigliato.
Quindi Anastasia prenotò una camera per due in un ostello dove avremmo passato la notte ma sicuramente anche discusso.
Letto e bagno, questa era la nostra stanza con un aria decisamente trasandata, ma non era il caso di lamentarsi vista la situazione.
La finestra della stanza si affacciava sul fiume Narva, solcato da lastre di ghiaccio viste le basse temperature.
L'ostello si trovava in un area chiamata Sutthoffi Park.
Dopo aver guidato per un ora evitando le aree troppo urbanizzato e piene di telecamere a videosorveglianza e aver controllato di non correre rischi, Anastasia aveva pagato per ventiquattro ore usando un proprio documento, dal momento che i miei avrebbero fatto capire i miei movimenti alle forze dell'ordine.
-Cosa ci facevi in quel posto?- le chiesi una volta che fummo comodi.
-La stazione era piena di militari, quindi sono tornata indietro per assicurarmi che non ti avessero preso,- spiegò lei -quindi ho letto l'orario del treno per Tapa e ho capito che non avevi fatto in tempo a partire, allora ti ho cercato.-
-Decisamente una città molto grande per farlo.- ironizzai
-Infatti stavo per andarmene fino a quando non ti ho visto scappare dalla polizia, quindi dal momento che questa città la conosco come le mie tasche sapevo le scorciatoie per la strada in cui stavi andando.-
-Hai corso dei rischi notevoli, solo per aiutarmi.- dissi.
-Sono stata attenta, e comunque non c'è di che.-
-Sono solo preoccupato per te. Mi chiedo piuttosto come abbiano fatto a localizzarmi, era come se mi stessero aspettando.-
-La risposta è molto semplice, tu sei un disertore, quindi l'identikit essendo diffuso tra i reparti dell'esercito e della polizia estone ora viene riconosciuto tramite una I.A attraverso le corrispondenze somatiche del viso.- spiegò Anastasia.
-Geniale, avrei dovuto immaginarlo.-
-Non lo hai fatto, fortuna che sono passata io.- ironizza lei.
-Cosa facciamo ora?-
-Primo. Sono le cinque del mattino, quindi adesso dormiamo, non corriamo rischi di essere trovati al momento. Secondo. Ormai per un po io e te dovremmo collaborare perché ci sono dentro anche io ora. Terzo. Domani penseremo a qualcosa.-
Dovevo ammettere che si era data molto da fare.
-Grazie di essere tornata, Anastasia.-
Lei si stava già mettendo sotto le coperte, i vestiti erano piegati con cura sulla sedia, era in mutande e reggiseno.
In effetti la stanza era forse fin troppo riscaldata.
-Non c'è di che,- disse lei - ora dormiamo.-
Mi tolsi gli abiti restando solo in mutande e canottiera, quindi spensi la luce e mi misi sotto le coperte a sinistra di lei che mi dava di schiena.
Nel buio sentii il suo respiro regolare.
Nessuno parlò per un po.
Allungai una braccio cercando la sua mano, lei la strinse incrociando le sue dita tra le sue.
Non sapevo cosa pensare di lei, non esisteva un termine per quella strana situazione tra di noi, e forse era meglio così.
Quanto era importante lei per me?
Mi accostai accanto a lei e allungai una mano attorno alla sua vita.
Nel buio la sentii girarsi verso di me dove mi si strinse, sentii il suo respiro vicino al mio viso.
Respirando piano, la baciai sulla fronte.
Poi la sentii alzare il viso davanti al mio respirandomi in bocca con la sua vicina alla mia.
Dal mio fianco la sua mano si spostò a sfiorarmi il viso, poi con la testa appoggiata al cuscino le sue labbra cercarono le mie, si schiusero in un breve assecondarsi di movimenti intimi, si staccarono, poi premettero le une sulle altre baciandosi di nuovo.
La mia mano carezzava piano la sua schiena.
Poco dopo sollevai la testa dal cuscino e portando il viso sopra quello di Anastasia la baciai di nuovo.
Le nostre labbra si aprirono e rimanemmo li fermi a baciarci per istanti lunghissimi.
Poco dopo ci staccammo e Anastasia portò la testa contro il mio petto.
Ci fu di nuovo silenzio totale, poi il suo respiro divenne profondo.
Si era addormentata.

Quel sonno non fu diverso dagli altri
Pochi anni nell'esercito e in differenti missioni a scopo militare sono in grado di mutare per sempre l'inconscio di un uomo.
Stavolta mi trovavo direttamente in un teatro di guerra vera e propria dove da anni si consumava una guerra senza fine per il controllo delle risorse petrolifere
Dopo il crollo del governo di Saddam Hussein nel 2003, che per decenni aveva tenuto a freno varie fazioni rivali che per generazioni si erano combattute tra di loro, il Paese era diventato vittima di questa guerra e attentati terroristici in una spirale che sembrava non avere mai fine.
Durante i combattimenti per riprendere il controllo del territorio di una regione controllata dal nemico chiamato Stato Islamico, non si era mai sicuri se le donne coperte dal burqua che fuggivano, o i guerriglieri che si arrendevano, fossero in realtà dei kamikaze che pronti per farsi esplodere con lo scopo di portare con sé più vittime possibili.
Le Forze Armate Europee venivano mandate sia come rinforzo agli americani, sia con lo scopo di migliorare la loro esperienza sul campo di battaglia in missioni della durata che variava da sei mesi ad un anno in una coalizione con altre forze armate straniere.
Dal momento che le Forze Armate Europee erano sorte in meno di un decennio per rendere l'Europa più autonoma da altri paesi e per fronteggiare il rischio di una grande guerra con la Russia, la scarsa esperienza generale spingeva alla necessità di prepararle non solo mediante diversi tipi di addestramento, ma anche in altri campi di battaglia.
Quella preparazione per la maggior parte dei soldati fu utile, ma con un notevole cambiamento psicologico.
Durante uno dei combattenti in un centro abitato devastato dai bombardamenti ancora dai tempi di Saddam, un bambino che non doveva avere più di cinque anni venne rilasciato di proposito da un punto non precisato degli edifici mezzi distrutti da anni di guerra.
Era in corso una sparatoria con alcuni terroristi che non volevano arrendersi e si nascondevano tra gli edifici tenendo delle famiglie in ostaggio, e per giunta io e i miei commilitoni eravamo bloccati e riparati dietro ad un muro crollato.
Il bambino stava correndo con sguardo perso immezzo alle rovine, forse a cercare la madre.
Gli gridammo di nascondersi, di andarsene, gli facemmo pure un cenno con la mano rischiando un proiettile, ma molto difficilmente quel bambino ci avrebbe capiti in qualunque senso.
Dopotutto era l'ultima cosa che ci aspettavamo di vedere in una situazione del genere, anche se di persone in fuga dalla guerra ne vedevamo tutti i giorni.
Stranamente il bambino non piangeva, lo notai subito, tuttavia ciò che mi accorsi all'ultimo istante fu che un mio commilitone, Emmanuel il francese, aveva abbandonato la sua postazione per fare l'eroe.
Gli intimammo tutti di tornare indietro perché era una trappola, troppo tardi, aveva già raggiunto il bambino per portarlo a riparo.
Fu l'ultima cosa che vedemmo prima che un'esplosione devastante squarciasse l'aria sollevando una nuvola di detriti.
Un bambino-kamikaze con una bomba nascosta comandata a distanza.
I detriti dell'esplosione piovvero su di noi, accucciati dietro il muro.
Alcuni fumanti, altri tiepidi e umidi.
Furioso per la perdita e disgustato allo stesso tempo, localizzai la posizione del responsabile ad una distanza di diversi metri visibile appena su una finestra senza vetri...

-Ehi, sveglia!-
Mi risvegliai sul letto dell'ostello, Anastasia accanto a me che mi guardava preoccupata.
-Incubi?-
-Ricordi,- la corressi -che ore sono?-
-Le quattro di pomeriggio quasi.-
-Ora di prepararsi.-
Feci per alzarmi dal letto.
-No,- lei mi prese la mano - è ancora presto, parliamo un po se non ti va di dormire.-
-Ma...-
-Non conosco questa parola, abbiamo ancora un po prima che tutto ricominci, quindi vorrei approfittarne. Qui siamo al sicuro.-
Distesi la testa sul cuscino rassegnato e mi voltai verso di lei.
-Tu hai dormito un po?-
-Si mi sono svegliata poco fa.-
-Ti ho svegliata io?-
-Si.-
-Scusami ogni tanto mi succede.-
-È la seconda volta che lo noto, ma deve essere più di un ricordo o sbaglio?-
-Ce ne sono diversi, ognuno in un posto e in una situazione differenti. Sono perlopiù situazioni in cui ero in missione.-
Sotto le coperte la sua mano cercò la mia.
-Ti vengono spesso?-
-A volte riesco a dormire tranquillo, altre volte invece parlo nel sonno o addirittura urlo svegliando i miei commilitoni o compagni di stanza.-
-L'eredità della guerra.- concluse Anastasia.
-Già, negli Stati Uniti dopo la guerra in Iraq nel 2003, alcuni presentavano sintomi identici, addirittura uno fu beccato di notte a scavarsi una trincea nel giardino di casa.-
Sbuffai.
Anastasia scoppiò a ridere.
-Cosa c'è? Non credo che per lui siano state belle esperienze.-
-Non intendevo quello. È solo che mi sono immaginata la faccia che avrei fatto se al posto di trovarti nel salotto di casa mia, ti avessi invece scoperto a scavare una trincea in giardino alle sei del m
attino.-
Il pensiero mi fece sorridere.
-In effetti.-
-Comunque sia immagimo che non sia piacevole rivivere le tue esperienze ogni volta che vai a dormire.-
-Preferisco stare sveglio.-
-Se vuoi un giorno mi racconterai qualcosa, forse potrebbe aiutarti.-
-Stiamo già parlando di un "noi" in futuro?-.
Anastasia ci pensò per qualche istante.
-In effetti nonostante ti conosca da non molto, certe cose ora mi vengono spontanee.-.
-Come ti è venuto spontaneo quello che abbiamo fatto ieri?-
-Non ne abbiamo più parlato.-
-Lo so.-
Ci fu un istante di incertezza tra di noi.
Non sapevamo cosa dire. Niente di quello che c'era tra noi aveva un nome.
-Tu cosa ne pensi?- chiese lei rompendo il silenzio.
-Non ho un opinione.-
Questo parve ferirla, tanto che lasciò andare la mia mano sotto le coperte e si drizzò a sedere sul bordo del letto per alzarsi.
-Meglio andare.-
-Anastasia..-
-Dobbiamo pensare a come...- stava per alzarsi dal letto.
Portai un braccio attorno alla sua vita e la trascinai giù sulle coperte.
-Lasciami stare.-
Fece per rialzarsi ma ormai sopra di lei le bloccai entrambe le mani.
-Non ho un opinione su certe situazioni,- mi corressi - ma su una cosa sono sicuro, sei fantastica.-
Poi senza permetterle di rispondere la baciai portando i palmi delle mani sui suoi e intrecciando le dita.
Quindi separai piano la mia bocca dalla sua.
Ci guardammo per un lungo istante.
-E adesso?- mi rispose lei.
Mi distesi su un fianco accanto a lei che si girò a guardarmi.
Le presi la mano dove giocherellammo qualche istante incrociando le dita.
Il suo sguardo si perse per un istante, poi si avvicinò.
-Abbracciami.-
Il suo corpo venne a contatto con il mio mentre la stringevo con le sue braccia attorno alla mia schiena nuda, la testa su una spalla.
Restammo fermi per qualche minuto e capii che non era solo la nostra situazione, quanto quella generale che procurava una tale tensione dentro di lei. Anzi, inquietudine.
Quando lei allentò la presa, portò il viso contro il mio e schiuse la bocca tra la mia, lasciando che il nostro respiro diventasse uno solo. Nessuno dei due si staccò, quasi a sottolineare che ormai eravamo in due, non uno solo.
Perso in quelle labbra aperte tra le mie in un bacio liquido, assecondai i suoi lenti movimenti, incontrando il suo sguardo d'intesa.
Ci baciammo con trasporto per istanti lunghissimi, poi fu Anastasia che separandosi mi guardò con il viso a pochi centimetri dal mio. Ci capimmo.
Facemmo di nuovo l'amore cogliendo quei momenti di assoluta tranquillità, solo nostri.
La situazione parve ripetersi, ma stavolta sia lei che io avevamo una maggiore confidenza, o sicurezza dell'altro/a. Sia fisica che personale. Sotto le coperte eravamo nuovamente stretti l'uno all'altra.
Un riflesso interiore regolava l'intensità delle nostre spinte accompagnate da lunghi sospiri e gemiti mentre mi muovevo dentro di lei.
Con le mani attorno al mio collo, le sue unghie che affondarono nella mia pelle.
Fummo sul punto di raggiungere il culmine.
I suoi occhi castani si aprirono fissandosi nei miei, la sua espressione divenne più distesa.
Con i volti e il corpo che bruciavano, restammo distesi insieme mentre fuori le ombre della giornata si allungavano.
Portai un braccio attorno alla schiena nuda di Anastasia che si stava svegliando.
-Sono felice di averti incontrata.- le sussurrai.

 

   
 
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