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Autore: fiore di pesco    25/10/2023    3 recensioni
Vi propongo degli estratti dei miei pensieri più intimi, celata da un anonimato che dura da oltre un decennio.
Non è un testo delicato, non sono una persona eccessivamente sensibile e quindi potreste incappare in black humor, turpiloquio e considerazioni talvolta ciniche che potrebbero turbare i lettori più emotivi. Non voglio far finta che questo mi dolga, non sono mai stata ipocrita.
Potrete trovare capitoli composti da una vicenda che mi è successa di recente, altre molto lontane nel tempo, pensieri, aforismi, quello che mi va.
Alcune di queste riflessioni sono state scritte in bozze sul mio diario anni fa e non so perchè stasera abbia sentito l'esigenza di condividerle con qualcuno. Forse per strappare una risata o una imprecazione, ma sempre meglio della noia.
Questa "storia" è una raccolta disomogenea e non segue una trama, ogni capitolo è a sè e quindi non pubblicherò con scadenze, seguirà l'ispirazione.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stamattina mi sta scoppiando la testa.

C’è un forte maltempo, l’inverno si sta avvicinando in tempi da record ma il problema non è tanto questo, quanto il rincoglionimento che sta dilagando, preponderante, annichilente, tra le persone. Soprattutto tra quelle che mi circondano. Va a capire perché…

Ho capito che fino a che non avrò le ferie, tra circa tre settimane, non riuscirò a riposare.

Le fluttuazioni del mercato ultimamente sono tragiche. I tassi e gli indici sono diventati imprevedibili al punto che, mentre anni fa mi basavo su un unico algoritmo, per prevedere le oscillazioni delle valute entro le successive sei ore, adesso devo controllare cinque algoritmi per riuscire a prevedere DUE ore.

L’impegno lavorativo è aumentato e la concentrazione scarseggia perché devo dividermi anche con la scuola, che è tutto fuorché una passeggiata. Il corso che ho cominciato è considerato uno dei più impegnativi nel mio settore. Non ci sarebbe un’altra figura professionale al di sopra di essa, al massimo si possono fare ulteriori corsi di perfezionamento per andare a fare l’ispettore o l’esecutore, il controllore e simili… ma è come se fossero rami laterali dello stesso apice.

È un corso che può frequentare solo chi ha 8 anni d’esperienza e un contratto a tempo indeterminato full time, quindi potete immaginare che si svolge solo di sera, fuori dagli orari di lavoro… dalle 19 fino alle 22. All’anima di tutti i loro, siamo costretti a tenere il corso in presenza.

Visto che ho la faccia come il culo e non me ne frega niente di fare la cresta su ogni cosa, ho deciso che dato che il fisco mi obbliga ad andare DI PERSONA fino a casa di Dio e a farmi due ore di auto, una all’andata e una al ritorno, per partecipare alle sue lezioni, io voglio il rimborso sulla benzina. Conserverò ogni ricevuta di carburante e al momento di dichiarare le imposte, li voglio tutti in detrazione. Non si possono rifiutare, dato che io sono stata obbligata ad andare fino a lì.

Al contrario dei precedenti corsi che ho svolto, i signori ai vertici si danno molta importanza e ritengono che “per certe cose” sia necessario essere di persona mentre si svolgono le lezioni, in culo alla pandemia. Perché così “dimostriamo più impegno”. Ah beh, ovvio. E io che volevo farmelo da casa perché mi avanzavano 20mila franchi e non sapevo dove cazzo buttarli, mica perché volevo davvero impegnarmi… Le lezioni sono tre sere a settimana e il corso dura QUATTRO ANNI.

O per meglio dire, sarebbe dovuto durare quattro anni, ma a partire dal 2023 è stata introdotta una variazione: il corso intensivo di due anni. Un risparmio di tempo molto considerevole, così ho scelto di iscrivermi al corso intensivo dato che ritenevo di averne le capacità, avendo superato finora tutti i livelli antecedenti con il massimo dei voti.

Quello che non avevo previsto, era la disorganizzazione.

Di mio sono una persona estremamente precisa e pedante, me ne rendo conto, ma nel mio lavoro è un tratto essenziale. Per deformazione sia professionale che personale, tendo immediatamente ad accorgermi se succede qualcosa di illogico, e qualcosa lì non quadrava.

Dopo una serata introduttiva che si tenne due mesi fa, cominciammo le lezioni. La prima lezione fu talmente difficile che su 30 alunni, si ritirarono in 5. Quasi il 17% ha buttato la spugna entro il primo mese… era preoccupante. Anche perché ho capito che avevano rinunciato solo dopo un mesetto, quando proprio non li ho più visti e il loro nome è stato tolto dalle liste degli iscritti. Nessuno apriva bocca, semplicemente PUFF! e scomparivano.

Nonostante tutto, ho retto botta. Consapevole di aver intrapreso un percorso arduo, mi sono impegnata ancora di più e presto si è creato un gruppetto intorno a me, stranamente di sole donne. Di norma attiro la compagnia degli uomini, perché ho più affinità a parlare con i maschi, ma in questo ambiente ho capito di essere stata identificata come un concorrente pericoloso.

In questi settori sembra di stare in una grande vasca di squali. Nessuno condivide gli appunti, nessuno chiede aiuto al prossimo né si offre di aiutare gli altri. Solo io ho cominciato a fare schemi e, quando mancava qualcuno per una assenza giustificata, mi sono offerta di passarglieli. Questo gesto, a mio parere essenziale all’interno di una comunità, è stato sconvolgente per tante persone. Chi non li ha voluti e mi ha guardato storto, ha preso le distanze da me. Chi invece li ha accettati e mi ha ringraziato, ha detto più volte “a buon rendere, me ne ricorderò”. Sinceramente io gli schemi dovevo farli comunque, te ne mando una scansione, se ti servono, non è che mi cambia qualcosa e di sicuro non sono più al liceo, che ritengo necessario doverci fare 5 euro vendendoli… ma finora sono l’unica che ha ragionato così.

La sensazione che si ha, entrando in quella classe, è di essere in trincea. Una trincea passivamente aggressiva. Nessuno ti guarda storto, nessuno si esprimerà mai in maniera direttamente contraria o metterà in discussione ciò che dici, ma capirai comunque cosa vogliono comunicare. Forse sono troppo presi dietro alle loro tabelle per realizzare che, anche stando zitti, parlano comunque. Il silenzio punitivo, il non rispondere, il non salutare, la smorfia repentina che coinvolge i muscoli orbicolari e gli elevatori delle labbra quando do una risposta giusta… io so di non stargli simpatica. Così, senza un motivo reale (manco mi conoscono), così come so che in qualche modo mi temono. Perché, poi? Non stiamo facendo una competizione. O forse sì?

E i professori? Beh, i professori non ci conoscono per nome, siamo numeri e non ci interpellano mai. Va bene, perché io non mi faccio problemi: se qualcosa non mi è chiaro, ti fermo e me lo ripeti finché non ho capito che cosa stavi dicendo. Non torniamo a casa, stasera, se io non ho capito.

Su quattro professori, in tre sono divertiti dalla mia tempra. Forse sono felici che qualcuno in classe dia segni di vita…

Uno dei professori (il mio preferito perché quell’uomo è un genio, compensa tutta la scarsa attrattività del suo fisico con un cervello che… mamma mia…) mi si avvicina sempre alle spalle, mentre svolgiamo degli esercizi che assegna in classe. Due settimane fa mi ha detto “Tu ragioni in maniera differente da me, io non userei mai quel metodo, però… l’importante è il risultato. Tu lo fai giusto, quindi va bene anche così.” Nella mia testa c’era già il filmino “Professore, potrebbe darmi qualche lezione in privato? Però posso pagarla solo in natura…” e poi me lo trascinavo in qualche sgabuzzino per approfittarmi di lui, ma ho resistito al pensiero che mi aspettasse il mio compagno a casa.

Poi c’è un altro professore, uno che forse avrà anche un bel cervello, ma se è circondato da una testa di cazzo, quello resterà sempre. Lui non sa spiegare. Ogni persona deve essere cerebralmente uguale a lui, per poter seguire le sue lezioni. Una volta una mia compagna gli ha chiesto “Scusi, ma non mi è chiaro questo concetto.”  la sua risposta, degna di un Oscar, con la faccia stupita e desolata: “Nella mia testa è chiarissimo.”. Ma dai? E io che pensavo che fossi qui a spiegarci qualcosa di cui non capisci niente!

Tesoro mio, abbi pazienza: è nella nostra, di testa, che le cose devono risultare chiare. Di ciò che è chiaro a te, ce ne fotte poco, dato che all’esame ci dovremo andare noi.

Tornando al problema della disorganizzazione, mi sono accorta che la prima lezione, col professore 1, era difficile, la seconda lezione, col professore 2, era semplice, la terza lezione, col professore 3, era insormontabilmente difficile, la quarta col professore 4 era una cacata da quanto era facile… c’è qualcosa che non va. Forse io ho delle lacune in alcuni punti? Questo è stato il mio primo pensiero, poi mi sono confrontata con gli altri compagni. Non con tutti, con quelli che rispondono quando gli parli. In pratica, cinque persone su 25.

Ed è venuto fuori che… era un problema di tutti. Qualcosa, quindi, non funziona. A maggior ragione che la lezione col professore 3, quella difficilissima, non compariva da nessuna parte sui libri di testo assegnatici a inizio anno.

Ieri ho scelto di fare questa domanda apertamente. La risposta che mi è stata data mi ha fatto cascare braccia, gambe, testa, palle, tutto.

L’ordine delle lezioni non è in base alla didattica, per gradi, come nel corso da 4 anni. È in base alla disponibilità fisica del professore che insegna quella materia. In pratica, la lezione semplicissima, era del primo anno. La lezione un po’ difficile (la prima, tra l’altro), era un tema del secondo anno. La lezione così difficile che manco si riusciva a capire che cazzo volesse dire, era del QUARTO anno. Ma è possibile mettere una lezione del quarto anno al primo mese di corso? Un tema per cui ci darete i mezzi per comprenderlo solo di qui ad un anno?

A quanto pare, sì.

La cosa peggiore è che i libri vengono forniti parzialmente: il primo anno di corso intensivo vengono dati i libri dei primi due anni di corso normale, il secondo anno di corso intensivo ci consegneranno i libri degli ultimi due anni di corso normale. Nel frattempo, però, ci spiegheranno comunque cose del terzo e del quarto anno, pur senza avere i libri!

Questo mi ha portata ad uno stato di irrequietezza disturbante… non posso nemmeno dire che andrò a guardarmi le spiegazioni sui libri, perché non li ho! Viene da chiedersi: procurateli a parte, ma non si sa quali libri siano e comunque i libri vengono prodotti direttamente dalla scuola, quindi altrove non li potresti reperire.

L’unica opzione è chiederli in prestito a chi è già al terzo e quarto anno, ma quelli con noi non parlano perché ce l’hanno su per il fatto che facciamo l’intensivo, dato che abbiamo cominciato dopo di loro e finiremo prima. Ma sticazzi, mica è colpa nostra: abbiamo colto un’occasione, mi dispiace che quando avete cominciato voi non ci fosse, ma forse siete più fortunati, perché almeno vi insegneranno le cose in ordine, non alla cazzo come a noi!

Per fortuna, una delle persone a cui avevo passato gli appunti (“a buon rendere”), ha detto che una sua amica aveva già fatto il corso e me li avrebbe potuti prestare. Dal resto del pubblico, scena muta.

Ovviamente ho accettato, quindi adesso ho i libri in prestito e li sto scansionando in attesa di ricevere quelli dell’anno prossimo, eppure sono amareggiata. Speravo che l’ambiente fosse meglio di così, ma è chiaro che mi trovo a lavorare in un settore trincerato, popolato da individui con una voglia di socializzare dello spessore del buco del culo di una pulce.

Bene, ma non benissimo.

 

Cambiando discorso, questa estate mi è stato proposto di fare un test del DNA, di quelli che rintracciano gli antenati, ti fanno trovare parentele lontane ed eventuali problematiche di salute legate alla genetica. Visto che costava una sciocchezza, ho deciso di farlo.

Sapevo che la mia bisnonna proveniva dall’Inghilterra, ma mio padre aveva la pelle tanto scura da sembrare mulatto (nonostante io gli somigli moltissimo ma abbia la pelle bianco cadavere e sono allergica al sole). Ebbene, dopo aver fatto un tampone e inviato i campioni di saliva, ecco arrivati i risultati.

Deludenti? Non lo so. Mi aspettavo molto di più di questo.

Sono al 90% italiana, per la precisione i miei antenati erano proprio della penisola italiana, romani e latini, da oltre 40mila anni. Una percentuale così elevata mi rende praticamente uno dei pochi individui rimasti ad avere una genetica tanto poco variegata. È come se i miei antenati fiutassero altri italiani puri e si accoppiassero solo con chi era munito di pedigree. Anche quando sono emigrati nel Regno Unito, hanno selezionato altri italiani puri perché in questa genealogia, noi, non ci mescoliamo.

Alla faccia dei purosangue.

I fascisti potrebbero prendermi come mascotte, Mussolini probabilmente aveva il sangue meno italiano del mio. Razza ariana spostati, io facevo parte dell’Impero Romano. Sarà per questo che sono un tappo? Ma perché cazzo non potevano essere alti, i romani?

Poi c’è quel 10%... che tu dirai, ma almeno il 10% sarà misto. No. È beduino.

Ci rendiamo conto? Nove decimi romana, un decimo BEDUINA. Precisamente del tratto genetico della popolazione nomade araba proveniente dal Deserto Arabico, in Medio Oriente.

Come è potuto succedere? Qualcuno, circa 300 anni fa, ha deciso di lasciare il deserto e i cammelli e venire in Italia, dove l’unico antenato col fiuto guasto che avevo, ha deciso di generare prole con lui/lei ed eccoci qui.

Quando ero curiosa sull’argomento, guardai diversi video online di persone che avevano fatto questo test e avevano ricevuto i risultati più strabilianti, trovato parenti lontanissimi, scoperto cose emozionanti sul proprio passato…

Poi arrivo io, reduce di quasi 50 mila anni di cacasotto che non si spostavano dalla penisola manco per le palle. Quando l’ho realizzato, ho capito che probabilmente sono l’unica tra i miei antenati diretti ad aver girato il mondo e parlato più di tre lingue.

E non ho nemmeno parenti registrati nella banca dati, eh. Nessuno prossimo, nessuno lontano. Una linea direttissima e finissima di monotonia. È normale che io sia una pigna nello sfintere anale: è genetico.

Ma le informazioni che mi hanno turbato di più in assoluto, sono quelle dei tratti genetici. Risulta che avevo meno del 20% di probabilità di sviluppare una intelligenza logica elevata. In pratica è una casualità, se io ho buone competenze analitiche. Forse è per questo che quasi tutti i miei parenti sono rincoglioniti: non è colpa loro, sono geneticamente stupidi. È triste, anche perché se dovessi riprodurmi a mia volta, probabilmente genererei un rincoglionito. Madonna mia, per carità.

Per fortuna questa linea di sangue avrà fine con me, dato che non voglio figli.

Sono una romana in un mondo di vichinghi, però domenica scorsa sono tornata in Italia, per partecipare ad un concerto e ad una fiera del fumetto a Como. Hanno cantato la D’Avena e i Gem Boy e mi sono divertita un sacco. Ho fatto il pieno di fumetti, il mio compagno ha svaligiato il tipo con le action figures ed è una settimana che sento cantare “I Puffi sanno che il tesoro c’è… è il fiore accanto a te!” dal mio compagno che ha TRENTA anni. 30. Dice che gli è entrata in testa.

:,)

Quando siamo andati via, alla fine del concerto, abbiamo trovato un traffico Caino. Ero ferma in colonna, per fortuna col piede sul freno, quando BAM! Mi hanno tamponato. Per fortuna ero stretta col freno, altrimenti sarebbe stato un tamponamento a catena. Scendo e la mia bull bar non ha riportato alcun danno (eh, vorrei vedere, è fatta apposta).

Una sessantenne, al volante dell’auto targata svizzera che mi è venuta addosso, mi ha guardato con la faccia da triglia e ha alzato le mani come a dire “cose che capitano!”.

Ammetto che mi sia andato un po’ di sangue al cervello, giusto qualche decilitro più veloce del solito. Però, per sua fortuna, avevo appena conosciuto Cristina D’Avena, avevo saltato e urlato per due ore, avevo mangiato piatti giapponesi dalle bancarelle della fiera e avevo speso un fottio per un sacco di cose che adoro, quindi ero non di buonumore, di più. L’ho guardata male e sono risalita in auto. Ed eccolo lì, il mio compagno avvelenato, pronto a dare battaglia. A scoppio un po’ ritardato, ma inferocito.

“Ma chi è sta vecchia di merda che ci viene addosso e manco scende a controllare?! Butta la patente, stronza!”

“Oh, calmati, non ci siamo fatti niente. Lascia stare, dai.” Gli ho detto un po’ presa in contropiede dalla sua reazione. Ma niente da fare, lui doveva dare battaglia alla sessantenne, che nel frattempo era tornata a farsi i cazzi propri col telefonino.

Apriti cielo… Scontro tra titani elvetici. Qualcosa di molto poco virile.

La tipa non scendeva dall’auto, lui non si avvicinava alla sua auto… e si insultavano a distanza. Forse qualcuno ha ripreso col telefono. Lo so, che un giorno mi troverò ripresa in uno di quei video di tiktok o sui reels di instagram, con un milione di likes e una mandria di cretini che fa meme sulle mie espressioni facciali da disagiata.

Dopo aver convinto il vichingo giovane a tornare in auto, ho cambiato strada, almeno non l’avremmo ritrovata subito sulla via per tornare in Svizzera.

 

Intanto, la mia pila di libri e manga sta aumentando. C’è stato un periodo in cui ne avevo un disperato bisogno e sembrava che tutti si fossero presi una bella pausa dalla creatività. Adesso qualcosa si è sbloccato, mi piovono addosso titoli e consigli da ogni dove, e io ho meno di dieci ore a settimana libere per leggere e scrivere. Che nervoso… anche perché negli ultimi sei mesi mi è tornata l’esigenza di scrivere, che era qualcosa che non avvertivo da anni.

Sarà un chiaro moto masochistico, perché possibile che abbia voglia di passare ore davanti ad una tastiera proprio quando non ho tempo manco per mangiare a tavola?

Mentre stavo scrivendo questa frase, qualche giorno fa, è successo il finimondo e allo stesso tempo, una cosa che mi ha lasciata sconvolta e mi ha dato una botta di autostima. Potevo fare l’investigatrice per davvero :D non è solo una mia teoria da romanziera cervellotica, ho applicato le teorie investigative e FUNZIONANO!

È arrivata la mia assistente di corsa, dicendomi che un nostro cliente ha lasciato una busta piena di contanti e se n’è andato. Cosa? Chi? Come?

“Contattalo e digli di tornare a prenderla.”

“Non posso!” mi fa agitata. “è uno dei clienti nuovi, non so nemmeno se tornerà mai, era qui solo per delle informazioni.”

Eccheccazzo… “Quanto c’era nella busta?”

“2000€”

“Eh, figa, si accorgerà che gli mancano 2mila dindi. Porta pazienza che torna.”

Le ultime parole famose. Da quel giorno ne sono passati altri cinque e lui non si è più fatto vivo. La mia assistente poi si è messa a piangere, perché ha detto che in parte era colpa sua, perché lui le aveva dato la busta, lei ci aveva fatto sa il cazzo cosa, e poi avrebbe dovuto ridargliela ma l’aveva poggiata in un angolo, se n’era dimenticata e il tipo se n’era andato senza.

La questione stava cominciando a causarmi un po’ di ansia. Non so perché, ma non voglio custodire i beni di qualcuno così. Non voglio essere accusata di furto perché fondamentalmente due rincoglioniti non hanno fatto caso a una busta piena di contanti che girava a mo’ di bandiera per l’ufficio. Non mi è mai capitata una situazione del genere in dieci anni di carriera e non pensavo di poterla risolvere…

Sono andata immediatamente a vedere i video della sorveglianza per riconoscere il tipo, ma cosa si può dedurre da una foto? Poi, però, ho pensato alle telecamere esterne… e sono andata a richiedere i video che davano sulla strada in quel momento. L’ho visto risalire su un macchinone targato Italia ad oltre 40 metri dalla telecamera esterna, che anche in 4K non è riuscita a riprendere tutte le 7 cifre della targa, ma solo 5: le ultime due erano sfocate a causa di un riflesso e avevo quindi una decina di opzioni per capire quale fosse davvero il numero completo…

A quel punto mi sono ricordata di un sito di ricambi auto che ti permette di risalire al modello del veicolo dalla targa e, andando per esclusione, ho trovato il modello in questione e identificato il numero corretto.

Mentre mi prodigavo in queste ricerche, ripensavo a come un mio connazionale se ne sbatta altamente al punto da non ricordarsi di aver perso 2000€. L’ho fatto presente l’altro giorno in pausa caffè e mi hanno detto che deve essere uno di quelli che ne ha così tanti da non sapere più manco quanti sono. È possibile, ma comunque avevo qualche altro asso nella manica. Certo, se fosse stata una targa di un altro Paese, avrei avuto più difficoltà, ma era una targa italiana… le targhe italiane si possono rintracciare.

Così ho richiesto una visura online al servizio automobilistico di sa il fischio e nel giro di cinque minuti mi hanno inviato, al modico prezzo di 7€, una visura di tutto rispetto con indicati i dati del proprietario (nome, genere, data di nascita e indirizzo), quando è stata acquistata l’auto, modello, informazioni, numero degli ex proprietari… tutto. Disturbante quanto sia facile sapere i cazzi di chiunque da una targa.

Però io non avevo intenzioni maligne, volevo restituirgli i suoi soldi.

“Sì, infatti, lo abbiamo fatto per una buona causa, non daremo i dati a nessuno.” Continuava a ripetere la mia assistente. Che poi, non è che me li abbia forniti un hacker, è stato lo Stato Italiano… in culo alla legge europea sulla protezione dei dati.

Ho fatto una ricerca incrociata sui socials… problematico dato che il tipo non aveva la maggior parte dei social... ad eccezione di uno utilizzato per lavoro. Ed è lì che sono riuscita a rintracciarlo… e a scoprire che è nel mondo dello sport. Divorziato, trasferito al nord Italia da poco, so dove vive (probabilmente in affitto), ha più di un veicolo, so che lavoro fa, ho una sua foto, ho le sue visure del PRA, un indirizzo email, i suoi socials… manca solo il recapito telefonico.

E in totale, contando tutto il tempo che ci ho impiegato… sono stata dietro a questo “caso” per meno di due ore e 7€ di spesa.

Gli ho inviato un messaggio via mail e una richiesta di amicizia su quel social, a cui purtroppo non ho potuto allegare un messaggio scritto perché, per farlo, richiedeva una somma di circa 60€ al mese per l’abbonamento premium. Adesso, va bene tutto, ma andare a stipulare un abbonamento per ridarti i soldi, mi sembra eccessivo. Quando mi accetterai la richiesta, ti scriverò un messaggio gratuitamente.

Nel frattempo passano i giorni, lui non risponde. La mail sarà finita nello spam?

Mi arriva la notifica che ha visualizzato il mio profilo social ma non ha accettato la richiesta… nel weekend dovevo tornare in Italia e visto che passavo a pochi chilometri da lì, decido di andargli sotto casa e citofonargli. Il tizio era in casa, nonostante dalla cassetta della posta abbia notato che non ritira la corrispondenza da almeno una settimana. Questa è una cosa molto stupida da fare.

Se vuoi far sapere ad un ladro che non sei in casa spesso e che può passare a derubarti, la cosa più semplice che puoi fare è non ritirare la posta. Da questi dettagli, i professionisti del furto capiscono se sei presente o no. Lui, chiaramente, doveva passare poco tempo lì. Nonostante ciò, credo di aver visto uno scorcio del suo veicolo sotto alla tettoia delle auto parcheggiate nel condominio… ma non ha risposto. Non è uscito, ho citofonato e dopo cinque minuti e tre tentativi, me ne sono andata.

Adesso… tutto bene? Ragazzo, so che sei vivo, visto che mi visualizzi ogni giorno il profilo social. So che sei in casa, perché ho visto la tua auto. Possibile mai che questo uomo ombra non voglia farsi trovare da anima viva? A momenti sono risalita ai tuoi valori del sangue e tutto per restituirti i TUOI soldi, e manco rispondi alle mail? Al citofono? Non accetti la richiesta di contatto su un social?

Io davvero… boh.

Poi, un conto è se lui fosse una ragazza e io un tizio attempato su un social tipo instagram o facebook, ma non è questo il caso… TU sei un uomo di una certa età e IO sono la ragazzina, in confronto, ed è un social di lavoro, non di divertimento. Non ha nemmeno una foto di profilo, al contrario di me, che ho messo la foto proprio per fargli capire chi fossi (nel caso non lo avesse compreso leggendo il curriculum). Vuoi rispondere?

Allora anche la mia collega ha provato a contattarlo tramite lo stesso social e… stessa solfa con lei. Le visualizza il profilo, lo sappiamo perché ci arrivano le notifiche, ma non accetta la richiesta.

 

Adesso sono dieci giorni che ho in mano i soldi di questo tipo, non si è più presentato, non mi risponde alle richieste, non risponde alla mail, non risponde al citofono.

Ho stabilito che attenderò un mese dalla data del misfatto, dopodiché… boh, farò 50-50 con l’assistente?

“Credi che dovremmo andare sul suo posto di lavoro?” mi chiede lei.

“Non possiamo farlo per ragioni di privacy. Non essendo lui il titolare dell’azienda, per chiedergli colloquio dovremmo dire chi siamo e perché siamo lì e non possiamo dire a nessuno quello che è successo specificando chi sia, altrimenti violeremmo i suoi diritti.” Le rispondo accendendo una sigaretta.

“Ma perché non ci risponde? Non è strano che due donne con cui hai parlato due settimane fa ti stiano cercando di contattare con questa insistenza?”

“Perché lo chiedi a me? Io ancora mi sto chiedendo quanto di preciso devi essere ricco per non esserti accorto di aver perso 2000€”

“Hai letto poi il suo curriculum? Dice affidabile, molto attento ai dettagli, socievole, solare…”

“Ne avesse azzeccata una…”

“La mia coscienza mi dice che dovremmo attendere ancora.”

“Infatti stiamo attendendo. È ancora in tempo per riaverli. Se ci accettasse la richiesta di contatto e leggesse cosa gli ho scritto più e più volte…”

E invece no, perché il signore, chiaramente disturbato dai miei tentativi di contatto, mi ha bloccata. Ammetto di esserci rimasta male ancora di più. A questo punto, non credo che si farà vivo entro i tempi che ho stabilito prima di ritenermi a tutti gli effetti titolare dei beni abbandonati.

Per curiosità, dato che riesco ad immedesimarmi abbastanza bene in un uomo, ma non sono davvero un uomo, ho chiesto a qualche esponente col cromosoma Y come mai un uomo si comporta in questa maniera.

Io avevo pensato che potesse essere perché davvero non si è minimamente reso conto di aver perso la busta e che crede lo stia contattando perché insisto ad averlo come mio cliente.

Il mio compagno ha detto che è perché è un coglione.

Un mio amico ha detto che probabilmente pensa che sia una accaparratrice, una di quelle che dopo aver visto che guadagna bene, sta cercando di avvicinarselo per provarci e farmi lo sugar dad. Ecco, è questa l’opzione a cui non avevo pensato e che mi ha lasciato basita.

“Ma io non ho bisogno di un tizio che mi mantenga, Cristo Santo, io sono titolare della mia azienda, lui è un dipendente. Se vuoi vedere, è ad un livello più basso del mio!” ho berciato offesa alla sola idea che qualcuno possa aver pensato questo di me.

“Non ragiona in questo modo, evidentemente. Gli uomini non guardano alla gerarchia aziendale, guardano al portafoglio. Lui pensa di avere più soldi di te, quindi se una sconosciuta lo sta tampinando, è a quello che punta. Di sicuro non deve avergli nemmeno sfiorato la mente, l’idea che tu lo stia cercando per restituirgli dei soldi.”

A questo punto, cosa devo fare?

Dopo questa ipotesi, la coscienza mia e della mia collega si sono spente abbastanza repentinamente.

Tizio, se ti presenterai nel mio ufficio entro 17 giorni, saresti ancora in tempo per riavere i tuoi soldi. Se invece resterai convinto che una figura professionale quale la mia sia davvero interessata alle tue tasche… beh, grazie. I dindi mi consoleranno dall’onta subita.

E alla fine, avrebbe avuto ragione il mio compagno: sei solo un coglione.

 

 

  
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