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Autore: Cj Spencer    28/01/2024    1 recensioni
Terzo volume de "Napoleon of Another World!"
La Rivoluzione ha vinto, e Daemon ha ottenuto il controllo del suo primo territorio reclamando per sé la provincia imperiale di Eirinn, ribattezzata Stato Libero di Ende.
Ma questo è solo il primo passo verso la ricostruzione del suo Impero.
E sulla sua strada verso l'unificazione dell'intera Erthea prima dell'arrivo del Re dei Demoni si pone già il primo avversario: Victor Montgomery, signore del vicino Granducato di Eirinn, che spera di sfruttare la situazione per riprendere il controllo delle terre che secoli prima furono tolte alla sua patria dall'Impero.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Mai interrompere il nemico

quando sta commettendo un errore.”

EPILOGO

 

 

Quando arrivò la notizia che un piccolo drappello di ribelli al seguito di un ambasciatore si stava avvicinando al forte sventolando la bandiera bianca, Victor avrebbe voluto che fossero presi, decapitati, e le loro teste rispedite indietro.

Ma lui, come gli fece ricordare Lefde, era un nobile che comandava un esercito formalmente al servizio dell’Impero, e in quanto tale non poteva venire meno alla legge dell’ospitalità che imponeva di ascoltare sempre le proposte di pace.

Quello che sorprese un po’ tutti, ma forse neanche poi così tanto, fu scoprire chi fosse l’ambasciatore inviato dai ribelli per parlamentare.

«Lord Longinus. Finalmente ci conosciamo. Ho sentito parlare molto di voi.»

Victor quasi rise facendolo accomodare al posto degli ospiti dello stesso ufficio da dove Adrian era dovuto scappare appena una settimana prima.

«E io di voi, Granduca Montgomery. Spero che vostro padre sia in buona salute, e che vorrete portargli i miei rispetti quando lo incontrerete.»

«Non mancherò. Ricordo quando venivate a visitare la mia famiglia, ai tempi in cui la vostra regnava con saggezza su queste terre.»

«Vorrei solo che questo nostro incontro dopo così tanto tempo fosse avvenuto in circostanze migliori. Ma vediamo se possiamo fare qualcosa per migliorare questa situazione.»

«Sono tutt’orecchi.»

«Anzitutto ci tengo a ribadire che mi trovo qui in veste di comandante della Prima Armata della Guardia Nazionale e Ministro degli Interni dello Stato Libero. Ciò che dirò e quello che sarò autorizzato a fare sarà entro le funzioni che mi sono state conferite.»

«Conferite da chi?»

«Dal popolo dello Stato Libero, solo e unico proprietario delle terre che amministriamo in suo nome.»

Victor per poco non scoppiò a ridere: «Il popolo? E da quando il popolo conta qualcosa?»

«Nello Stato Libero il popolo è sovrano. Il popolo ha deciso di alzare la testa contro l’usurpatore, e sempre il popolo una volta che la Rivoluzione ha prevalso ha scelto noi per amministrare la nazione e proteggere la libertà che ha conquistato. E noi siamo pronti a qualsiasi cosa per adempiere a questo incarico.»

Quella che poteva sembrare quasi come una minaccia venne subito stemperata nel momento in cui Adrian, quasi sorridendo, si fece passare dei documenti da uno dei suoi segretari.

«Pertanto, al fine di risolvere questa disputa senza ulteriori spargimenti di sangue, il popolo dello Stato Libero tramite il nostro rispettabile Primo Ministro e Comandante Supremo dell’esercito mi ha incaricato di discutere con voi i termini per una cessazione delle ostilità.»

In base a detti termini, spiegò Adrian con invidiabile autocontrollo, le forze di Eirinn avrebbero rinunciato ad avanzare ulteriormente invadendo i territori dello Stato Libero, il quale si sarebbe impegnato a non intraprendere azioni di rappresaglia per l’attacco subito né avrebbe chiesto un qualche tipo di compensazione. Inoltre Grote Muren sarebbe stato smilitarizzato rimanendo una semplice cittadella commerciale, con la creazione di una zona cuscinetto in modo non dissimile a quanto accadeva lungo il confine con l’Unione.

Victor ascoltò senza battere ciglio, ma il suo sguardo non lasciava dubbi su quale sarebbe stata la sua risposta.

«La vostra proposta è interessante. Ma ditemi una sola ragione per cui dovrei accettare di negoziare. Vi abbiamo già sconfitti, le nostre truppe sono arrivate fin qui senza subire alcuna perdita, e l’esercito che avete radunato sulle colline a ovest di qui è poco più della metà del nostro.»

«Forse. Questa volta però non avete una montagna da farci crollare addosso, o una unità sacrificabile da mandare al massacro per riuscirci.»

Sentendo quelle parole Lefde non seppe se fosse meglio chiederne conto al nipote o biasimare la propria immaturità per essersi voluto convincere che si fosse trattato davvero di una coincidenza.

Ma alla fine preferì tacere, per non macchiare ulteriormente la propria coscienza.

«Ora voi ascoltate me, Adrian. Quello che voi e i vostri compagni dovete fare è abbassare le armi, mettervi in ginocchio e implorare e pietà. Consegnate i capi della ribellione, a cominciare da questo Daemon di cui tanto si parla, a noi perché siano giustiziati. E allora forse, e sottolineo forse, qualcuno di voi potrà salvarsi. Altrimenti, vi spazzeremo via tutti dal primo all’ultimo, e malgrado possiate pensare il contrario neppure voi sarete risparmiato, a prescindere dal nome che portate.»

Era evidente che non c’erano spazi per una discussione civile; e quasi che Adrian si aspettasse si una cosa del genere, subito dopo che Victor ebbe finito di parlare si alzò per andarsene.

«Sembra che ci incontreremo sul campo di battaglia, dopotutto. Ma ci tengo a ricordarvi quanto ho detto all’inizio. Noi siamo qui per fare gli interessi del popolo e tutelare la sua libertà. E potete stare certo che faremo tutto quanto è in nostro potere per assolvere al nostro mandato. A presto, Granduca facente-funzione.»

L’ultima frase colpì nel segno, tanto che Adrian ebbe appena il tempo di lasciare la stanza prima che Victor scagliasse il proprio calice addosso alla porta.

«Ma chi si crede di essere? Maledetto imperiale arrogante!»

«Una simile sicurezza non è normale.» disse Lefde «Stanno sicuramente tramando qualcosa.»

«È solo un bravo attore.»

E i fatti sembrarono in poco tempo dare ragione a chi, come Philippe, vedeva in quell’ambasceria una mossa disperata per tentare di evitare una sconfitta praticamente certa.

«Rapporto, Mio Signore!» disse un esploratore, arrivando poco dopo il termine della cena. «Il nemico ha abbandonato la sua posizione sul Colle di Ratcliffe.»

«Si sono ritirati?» chiese Lefde

«No, Generale. Hanno preso posizione sul colle immediatamente più a ovest, a nord del villaggio di Mistvale.»

«Ha senso. Ratcliffe è la posizione più elevata della zona, ma è molto esposta e senza coperture in caso di attacco. Il colle dall’altro lato è più in basso, ma da lì si controlla facilmente la strada per Basterwick.»

«Poveri illusi. Davvero pensano di volerci affrontare?»

Era ciò che Victor aspettava. Aveva solo diciassette anni, e stava per diventare il più giovane granduca di Eirinn a condurre con successo una campagna militare in un territorio formalmente straniero.

«Li spazzeremo via. Preparatevi, partiremo prima dell’alba.»

«Mio Signore, i nostri rinforzi non sono ancora arrivati.»

«A cosa servono i rinforzi? Già adesso siamo quasi il doppio rispetto a loro. Ed entro domani sera avrò gli occhi di quel bastardo di Longinus in una coppa!»

 

La mattina dopo, l’area era avvolta in una fitta nebbia.

Non era raro che succedesse, specie nei momenti appena successivi al sorgere del sole, quando l’aria fredda della notte si saturava dei miasmi che salivano dalle paludi in attesa che il vento del nord soffiasse via tutto rivelando il cielo azzurro.

Quel giorno però non c’era un soffio di vento, pertanto non c’era ragione di credere che la nebbia si sarebbe alzata tanto presto.

Lefde fece il possibile per ritardare la partenza, ben sapendo quando potesse essere pericoloso combattere in simili circostanze, ma alla fine fu costretto a sottomettersi alla volontà di Victor seguendo lui, Philippe e quasi tutto l’esercito nella marcia oltre le mura del forte.

Servirono appena due ore per raggiungere quello che sarebbe stato il campo di battaglia. Come predetto dagli esploratori i ribelli nottetempo avevano abbandonato del tutto il Colle di Ratcliffe, chiamato anche Il Montello dalla gente del posto, per andare a riposizionarsi sull’altura immediatamente accanto, cosicché a dividere i due eserciti vi era ora solo un avvallamento piuttosto largo costituito dai pendii dei due colli e da una piccola zona pianeggiante. Alle spalle delle fila ribelli la strada per Basterwick, punto di passaggio obbligato per le truppe di Eirinn, e che i loro avversari sembravano avere tutte le intenzioni di difendere ad ogni costo.

Nonostante la nebbia l’esercito dello Stato Libero era ben visibile, anche perché con le urla e gli improperi che i suoi soldati lanciavano a pieni polmoni sarebbe stato impossibile non accorgersi di loro.

A causa della distanza e della nebbia non era facile capire chiaramente come si fosse disposto il nemico, ma sembrava aver assunto una classica formazione allargata, con gli arcieri in prima linea e la fanteria pesante immediatamente dietro. Non c’era traccia di quegli strani cannoni portatili, forse perché erano stati tutti sepolti dalla valanga.

Per l’occasione Victor aveva rispolverato l’armatura da battaglia dei suoi antenati, comprendendo l’importanza di saper apparire in un momento così solenne, ma ovviamente si guardò bene dall’allestire il suo quartier generale in un punto troppo vicino al fronte.

Ovviamente nessuno si sognò di ordinare l’attacco. Se dalla cima delle colline si riusciva ancora a vedere qualcosa l’avvallamento era completamente ammantato, e solo un pazzo avrebbe pensato di portare un esercito là sotto.

Occorreva aspettare che la nebbia si alzasse prima di pensare di combattere. O forse no?

«Rapporto! Abbiamo individuato una piccola unità nemica a sud!»

«Dove si trovano?»

«Presidiano il villaggio di Mistvale, Generale Lefde.»

«Mistvale?» disse Philippe «Ma è a quasi cinque miglia da qui. Il suo fronte è così esteso?»

«No, io non credo.» rispose Lefde «Semplicemente la strada per Basterwick passa proprio lì dietro, ed è anche il punto in cui il versante del colle è meno ripido. Forse è un modo per tentare di proteggere il suo fianco destro.»

Anche un ignorante completo avrebbe capito che era un’occasione perfetta. E Philippe non si considerava certo un ignorante.

«Se lanciamo un attacco deciso e ci impossessiamo del villaggio potremo risalire il crinale e prendere il nemico di fianco, inoltre controllando la parte a valle della strada gli impediremmo di ricevere eventuali rinforzi.»

Ma Lefde non la vedeva così.

«Non lo so, mi sembra un po’ troppo facile. Potrebbero avere delle riserve nascoste dietro al villaggio. Per chi conosce questa regione non sarebbe un problema nascondersi approfittando della nebbia.»

«Ormai mi sembra chiaro che i nostri nemici sono allo stremo, e probabilmente non si aspettavano che saremmo avanzati così presto. Altrimenti non si spiegherebbe la decisione di rintanarsi in quel modo lasciando scoperto il fianco.»

Ancora una volta, Victor concordò con lo zio, ordinandogli di prendere le sue truppe e quasi tutti i mercenari, un terzo dell’intero esercito, e indirizzarlo contro il fianco destro nemico. Lui e Lefde avrebbero tenuto occupato l’esercito ribelle con un fitto lancio di proiettili e lanciato un attacco qualora la nebbia si fosse alzata a sufficienza; quindi, una volta preso il controllo di Mistvale, avrebbero condotto un’offensiva totale e spazzato via il nemico attaccandolo su due lati.

Semplice. Efficace. Con pochi rischi.

Di lì a trenta minuti, una timida carica di cavalleria ribelle diede ufficialmente il via alla battaglia, ma sia quella che tutte le successive vennero respinte senza difficoltà erigendo muri di lance; Victor avrebbe voluto rispondere, ma Lefde una volta tanto riuscì a persuaderlo ad aspettare che la nebbia si alzasse o che arrivassero notizie dal fianco.

A causa del terreno umido e della pendenza Philippe ebbe qualche problema a portare le sue truppe ai confini di Mistvale, che oltretutto era circondato su tre lati da un acquitrino puntellato di isolotti fangosi e palafitte, mancando così l’occasione di cogliere il nemico del tutto impreparato.

A difendere il villaggio e il relativo fianco vi era la 4° Divisione Fanteria Leggera comandata da Septimus, che subito si dispose in formazione serrata accogliendo gli assalitori con una pioggia di giavellotti per poi impegnarli in un furioso corpo a corpo.

In un primo momento sembrò che la forza d’urto della potente cavalleria di Eirinn potesse avere ragione dei ribelli in pochi minuti, ma le truppe di Septimus potevano contare su di un potente alleato.

Sapi era così piccola e leggera, e la sua specie così abituata a muoversi su terreni difficoltosi, che per lei lottare in mezzo alla fanghiglia e alla nebbia era solo un ulteriore divertimento.

Perché per lei, ormai, questo era diventato combattere: un gioco.

Non provava piacere ad uccidere, infatti cercava di farlo il meno possibile, ma ora era consapevole della propria forza, e sapere di poterla usare per aiutare Daemon era sufficiente a farle venire il buonumore.

«Rapporto! Il nemico resiste, ma facciamo progressi! Li abbiamo spinti fuori dal villaggio, e ora combattiamo ai piedi della collina!»

«Hanno ricevuto dei rinforzi?»

«Per il momento no, Generale!»

«Le nostre perdite?»

«Alcune centinaia nell’esercito, poco più del doppio tra i mercenari! Hanno uno yeti che sta mettendo in difficoltà le nostre forze!»

«Abbiamo ancora dei mercenari.» replicò Victor senza battere ciglio, mentre un ufficiale gli serviva un calice di vino. «Mandiamoli a dare una mano. Magari così risparmieremo qualcosa.»

La nuova ondata di mercenari, non dovendo preoccuparsi di passare inosservata o di dover combattere negli acquitrini, si riversò sul fianco destro ribelle con forza spaventosa, spingendo indietro il fronte di parecchie decine di metri fin quasi ai margini della strada.

«Non cediamo!» continuava a gridare Septimus, che combatteva come una furia al fianco dei suoi uomini. «Dobbiamo resistere ad ogni costo!»

Ma non era per niente facile, non con Medea che bruciante di rabbia continuava a scagliare frecce mentre i suoi compagni, per quanto ormai in numero esiguo, con la loro stazza e potenza sembravano sempre sul punto di riuscire a rompere lo schieramento nemico.

Il caso volle poi che, tra i nuovi arrivati, vi fosse qualcuno capace di tenere testa perfino a Sapi.

«Maledetta palla di pelo! La smetti o no di saltellare in giro?»

Per fortuna la pelliccia che copriva le braccia e le gambe di Sapi erano più efficaci di qualunque corazza, altrimenti il colpo di Ignes l’avrebbe tagliata in due invece di limitarsi a farla volare via.

«Sei davvero forte, sorellona!» fu il commento di Sapi, che servì solo a far arrabbiare ancora di più la giovane Jormen.

«Aspetta solo che ti tolga quello stupido sorriso dalla faccia, specie di scherzo di natura.»

Tra le due iniziò quindi una specie di duello privato nel cuore della battaglia, ma per quanto forte Ignes colpisse i suoi fendenti o andavano a vuoto o, qualora colpissero, non riuscivano a scalfire le difese di Sapi, che in alcuni casi arrivò letteralmente ad afferrare l’ascia nemica a mani nude.

E se tutta quella situazione rendeva Ignes sempre più furiosa, Sapi sembrava una bambina al parco giochi.

«Credi davvero che tutto questo sia un gioco?» strillò ad un certo punto Ignes

«Certo che è un gioco. Non ci stiamo forse divertendo io e te?»

«Tranquilla, mi divertirò un mondo… a schiacciarti quella maledetta testa!»

Se gli sforzi di Sapi avevano sortito l’effetto di tenere quella specie di furia scatenata lontana dalla battaglia nello stesso tempo la presenza di Ignes impediva alla piccola yeti di poter dare una mano ai suoi compagni, che malgrado la disciplina e la volontà faticavano sempre di più a tenere a bada le soverchianti truppe di Eirinn.

Poi, ecco arrivare l’intervento divino.

«La nebbia! Si sta alzando!»

L’aria andava ripulendosi, e anche se il bassopiano era ancora per buona parte coperto era probabilmente solo una questione di minuti prima che l’intero campo di battaglia diventasse visibile.

«È la nostra occasione!» esclamò Victor. «Avanziamo con le nostre truppe e schiacciamoli!»

«Mio Signore, forse sarebbe meglio aspettare che la nebbia si alzi del tutto, o che arrivino notizie dal Generale vostro zio.»

«Non ho alcuna intenzione di permettere a quel pallone gonfiato di prendersi tutto il merito di questa vittoria. Date l’ordine di avanzata!»

Cercando di mettere a tacere l’inquietudine che non lo faceva stare tranquillo Lefde non poté fare altro che obbedire, e precedute da un solenne rullo di tamburi buona parte delle truppe iniziò a scendere lungo il crinale.

I ribelli risposero tirando frecce, ma proprio a causa della nebbia che più in basso non si era ancora alzata i loro lanci risultarono imprecisi mancando completamente il bersaglio.

Questo fatto rinvigorì i soldati, che spronati dagli ufficiali accelerarono sempre di più il passo lanciandosi infine in una vera e propria carica.

Come un’onda inarrestabile discesero dal Ratcliffe, pronti a risalire con impeto il colle opposto.

Intanto la nebbia si stava dissipando anche lì, spazzata via dal vento del nord che, quando le truppe di Eirinn erano giunti quasi ai piedi della salita, aprì finalmente la strada al sole… svelando il grande inganno.

Venti grossi cannoni, ognuno circondato da tre serventi ed appoggiato su leggeri ma robusti fusti di legno, attendevano il loro arrivo, apparendo dalla bruma come spiriti infernali pronti a reclamare il loro tributo di sangue e anime.

I comandanti non fecero nemmeno in tempo a ordinare di fermarsi.

«Fuoco!»

Il fragore delle mitraglie che si susseguivano una dietro l’altra arrivò fino al quartier generale di Victor e Lefde prima ancora che potessero rendersi conto loro stessi di cosa stava accadendo; e tale fu lo sgomento che apparve nei loro occhi alla vista di centinaia di soldati sventrati come animali in un mattatoio che il Generale sentì il cuore fermarsi nel petto.

«Maledizione! Li abbiamo avuti sotto il naso per tutto il tempo!»

 

«Come sarebbe a dire, discutere la resa? Non starai davvero pensando di arrenderti!»

Avanti Scalia, non è complicato. Ti facevo un po’ più sveglia di così.

«È chiaro.» disse Adrian anticipandomi. «Si tratta di bluffare.»

«Ormai mi sembra chiaro con chi abbiamo a che fare. Victor è un bambino che gioca a fare la guerra, e Philippe un nobile ambizioso che si considera un grande generale. Fintanto che ci saranno loro non dovremo preoccuparci del Generale Lefde, che sembra invece un tipo assai più imprevedibile.»

«Quindi questa ambasceria servirebbe a fargli credere che siamo in difficoltà?» chiese Septimus

«In realtà non è esattamente una recita. Siamo davvero in difficoltà, e un bravo generale sarebbe capace di approfittarne. Ma se stimoliamo l’ego di quei due convincendoli di poter ottenere una rapida vittoria cadranno nella nostra trappola come pesci nella rete. Per rendere la recita ancora più credibile abbandoneremo il colle di Ratcliffe per riposizionarci qui, dall’altra parte della pianura.»

«Penseranno che vogliamo difendere la strada anche a costo di lasciare una posizione più favorevole ma anche più esposta.»

E bravo Oldrick. Finalmente la tua capacità di ragionamento inizia a riflettere gli anni che hai.

«Quindi se pensano che siamo così disperati da compiere mosse del genere ci attaccheranno sperando di chiudere i giochi con una sola battaglia.»

Ora sapevo di aver fatto bene a promuovere Richard; era stato schiavo di un generale molto famoso del Principato e aveva partecipato a molte battaglie degne di nota tra Patria e Torian, era naturale che avesse finito per imparare qualcosa.

Non era certamente un novello Marco Antonio, ma almeno sapeva distinguere una lancia da una picca.

«Come ha detto Adrian questa zona è perennemente avvolta dalla nebbia, soprattutto di primo mattino. E noi ne approfitteremo.»

«Cos’hai in mente?» chiese Septimus

«Formeremo un fronte il più largo possibile, che vada dal margine del bosco a nord fino alle sponde di questo acquitrino a sud. In questo modo potremo coprire l’intero pendio che scende verso la pianura sottostante. Questo qui, subito a sud della palude, qualcuno sa che villaggio è?»

«È Mistvale. Ci vivono i miei nonni. Pescano rane e crostacei nei laghetti tutto attorno.»

«Suppongo quindi che tu conosca bene quella zona. Allora assegnerò questo fianco a te e alla Quarta Divisione. Occuperete il villaggio dopo aver evacuato gli abitanti e formerete un fronte separato.»

«Sembra una posizione abbastanza esposta.» disse Jack

«Appunto.» rispose Adrian. «È un’esca perfetta. Dico bene?»

«Anche con la nebbia gli esploratori non impiegheranno molto a scoprire questo secondo fronte. Quindi invieranno una parte del loro esercito per sgominarlo, ottenere il controllo della strada, e tentare un aggiramento su di un fianco. Naturalmente se ci riescono noi ci ritroveremmo in grossi guai, quindi è necessario che questo fronte tenga duro il più a lungo possibile. Dirò a Sapi di darvi supporto. Lei da sola dovrebbe essere più che sufficiente.»

E sarà anche un ottimo modo per testare le sue abilità.

«Credo di cominciare a capire. In questo modo la loro armata sarà divisa in due.»

«Esattamente Richard. Le loro forze sono numericamente molto superiori, ma separati saranno solo due piccole armate molto più vulnerabili. L’importante sarà fare in modo che non possano riunirsi quando inizierà il contrattacco. Natuli.»

«Sì?»

«Vedi questa piccola rientranza dietro il colle? È un nascondiglio perfetto. Tu e la tua unità vi piazzerete qui ed attenderete il mio segnale, quindi aggirerete Mistvale e assalirete alle spalle il nemico impegnato in battaglia. Saranno sicuramente stanchi, quindi sottometterli e spingerli a ritirarsi o ad arrendersi non sarà un grosso problema, soprattutto se a comandarli ci sarà Philippe. Così facendo il fronte sud si ritroverà completamente isolato, lasciando noi liberi di concentrarci sul contrattacco alla forza principale.»

«Scusa se te lo dico, ma questo piano poggia su di una premessa assai discutibile. Quando mai si è sentito di una carica di cavalleria, per di più composta di arcieri, lanciata nel bel mezzo di una nebbia?»

«Temo che abbia ragione.» disse Adrian. «Una volta lanciata una carica difficilmente si può fermare o correggere la sua direzione. Come faranno ad attaccare se non sapranno neanche dove si trova il nemico?»

«La nebbia si alzerà. Si alza sempre, di solito verso mezzogiorno. Nasconderà le nostre manovre, e una volta scomparsa ci permetterà di lanciare il contrattacco. E in realtà è proprio sul fatto che si alzerà che io faccio affidamento.»

«Che intendi dire?» chiese Oldrick

«Voglio che la tua artiglieria si posizioni proprio qui, nel cuore della vallata. Nascosti in bella vista. Lefde potrà tenere a bada quella testa calda di Victor per un po’, ma sono sicuro che appena la nebbia inizierà ad alzarsi riceverà l’ordine perentorio di attaccare. I suoi soldati finiranno dritti sotto il tiro dei tuoi cannoni senza nemmeno accorgersene. Quando saranno stati falciati a dovere, una semplice carica sarà più che sufficiente per mandarli in rotta.»

«Ma se saremo in mezzo alla nebbia come faremo a sapere quando prepararci a sparare, o che il nemico sta effettivamente cadendo nella trappola?»

«Ho pensato anche a questo. Ordinerò alle nostre truppe sul colle di fare un gran baccano. Fintanto che ci sentirete urlare sarà la prova che tutto sta andando secondo i piani. Inoltre il fracasso celerà eventuali rumori delle nostre unità in manovra. Riguardo il momento in cui prepararsi a sparare, vi basterà ascoltare i loro tamburi.»

«E questo basterà?»

«Ovviamente no, sorella. Non senza grosse perdite da parte nostra qualora dovessimo risalire il colle di Ratcliffe sotto il tiro dei loro arcieri. Per questo mentre Jack guiderà l’assalto frontale, tu e Richard avrete già portato le vostre truppe verso nord, aggirando la valle nascosti dietro a queste alture. Anche nel caso in cui Victor intuisca il nostro piano e tenti una disperata difesa del Ratcliffe con le forze che gli rimangono, non potrà resistere ad un attacco combinato su tre lati.»

«Sembra un piano assolutamente degno di te, non fosse per il fatto che sembra basato molto sulla fortuna.» disse Adrian. «Se le nebbia dovesse alzarsi troppo presto tutte le nostre manovre verrebbero scoperte anzitempo, viceversa se dovesse alzarsi troppo tardi Septimus e i suoi potrebbero non riuscire a resistere abbastanza a lungo vanificando tutto. Sei sicuro che funzionerà?»

«Fidati, funzionerà.»

Anche perché ha già funzionato una volta.

Nella mia vecchia vita più di una volta avevo visto i miei piani venire vanificati dall’intervento della natura.

Mi ero sempre detto che su di essa nessuno può comandare, e che se qualcosa andava male a causa sua si poteva incolpare solo il fato.

Ma ora sapevo di essere sempre stato nel torto.

Forse la natura non si può controllare, ma sicuramente si può prevederla. Basta capirne i segnali.

Anche per questo avevo scelto di essere un cacciatore; per imparare a leggere ciò che un tempo mi era oscuro.

Entro la fine di quella battaglia avrei scoperto se la conquista di Basterwick era stata solo una fortunosa coincidenza o se finalmente ero riuscito ad eguagliare anche l’unico nemico di cui avessi sempre avuto paura.

 

«Voilà, le soleil de Mistvale.»

«Cosa?» chiese Adrian mentre Daemon, sorridendo, osservava il sole

«Niente, non farci caso. Avanti, ora è il momento. Fai il segnale.»

«Agli ordini.»

Una freccia infuocata lanciata in direzione sud fu il preambolo alla comparsa di centinaia di arcieri a cavallo, che guidati da Natuli si infilarono nello spazio tra la base del Ratcliffe e il villaggio di Misvale tagliando il fronte nemico in due, attaccando alle spalle i soldati di Philippe e tramutandoli in puntaspilli.

Contemporaneamente, Jack guidò la carica attraverso il colle, cogliendo impreparate le truppe nemiche ancora frastornate dopo essere state decimate dalle mitraglie di Oldrick e spingendole alla fuga nel giro di pochi minuti.

Il colpo di grazia arrivò nel momento in cui il fianco destro dell’esercito di Eirinn venne assalito dall’attacco portato dalle forze combinate della Prima Divisione di Richard e della Grande Guardia di Scalia.

Il nome di quest’ultima non era stato scelto a caso; erano minotauri, orchi, coboldi, e ognuno di loro valeva come dieci soldati, soprattutto ora che erano stati adeguatamente addestrati.

Vedere Scalia in mezzo a loro, per di più nel ruolo di loro comandante, poteva sembrare strano, ma in quanto a forza bruta li superava tutti.

Erano stati creati soprattutto per spaventare, perché per un soldato non c’è niente di più terrificante che vedersi arrivare contro trecento energumeni che facevano rimbombare il terreno durante la carica, maneggiando asce e spadoni come fossero giocattoli.

Quella era la loro prima battaglia, ma altre ne sarebbero seguite nei mesi e negli anni a venire.

E ogni volta, al solo sentirli nominare, tutti avrebbero ripensato a quel giorno, alle storie che si raccontavano sulla terrificante Grande Guardia, e avrebbero sentito un brivido alla schiena.

Lefde tentò disperatamente di ricompattare le sue truppe, ma ormai queste avevano abbandonato per buona parte le posizioni più elevate rendendosi vulnerabili.

L’ala destra venne travolta prima ancora di riuscire a ridisporsi per fare fronte alla comparsa del nemico, ed era chiaro che le poche riserve rimase a presidiare il campo base non avrebbero resistito più di qualche minuto prima di fare la stessa fine.

«Mio Signore, dobbiamo ritirarci finché possiamo!»

«Ritirarci? Neanche per sogno! Non esiste che la dia vinta a questi bifolchi! Il mio esercito può ancora combattere!»

«Mio Signore! Di questo passo, molto presto non avremo più un esercito! Ve ne prego!»

Per quanto Victor si atteggiasse era impossibile negare l’evidenza, e nel momento in cui i suoi occhi rabbiosi si sottrassero alla vista dello scempio che stava accadendo davanti a lui Lefde lesse quel gesto come un’ammissione.

«Suonate la ritirata! Ritornare al forte!»

Per fortuna il nemico non infierì né incalzò il nemico in fuga, consentendo ai superstiti di ritirarsi relativamente in ordine e senza subire troppe perdite.

Ma nonostante tutto, qualcuno rifiutava ancora di rassegnarsi alla sconfitta.

«Medea, non hai sentito il corno? Dobbiamo andare!»

Alla fine Kassia e le altre Furie dovettero quasi trascinare via forzatamente il loro comandante, che anche dopo aver esaurito le frecce seguitò a scagliare sui nemici festanti per la vittoria tutto quello che le capitava a tiro.

«A presto sorellona!» disse Sapi a Ignes mentre questa ripiegava assieme ai suoi uomini. «Spero che ci incontreremo per combattere ancora!»

«Puoi starne certa, palla di pelo! E la prossima volta colorerò la mia ascia col tuo sangue!»

Ancora una volta, Daemon aveva compiuto un’impresa impensabile, persino per i più esperti soldati che militavano nel suo esercito.

Dall’alto del suo cavallo bianco, il Comandante Supremo della Guardia Nazionale e Primo Ministro dello Stato Libero osservava la pianura e il colle dinnanzi a lui tappezzati di corpi, testimoni silenziosi e spaventosi della sua grande vittoria.

«La victorie est à nous.»

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!

Siamo arrivati alla fine anche di questo terzo volume.

Mi scuso ancora per lo stupido errore che ho fatto nel corso della pubblicazione, ma dovendo gestire più cose assieme ogni tanto capita di prendere una cantonata, senza contare che in questo periodo sono letteralmente subissato di incombenze^^

Come preannunciato il quarto volume inizierà la pubblicazione tra circa un mese, giusto in tempo per annunciare a tutti un’importante novità circa il futuro della novel.

A presto, e grazie come sempre a tutti coloro che continuano a seguire e a recensire questa storia!^_^

Cj Spencer

   
 
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