“Mai interrompere
il nemico
quando sta
commettendo un errore.”
EPILOGO
Quando arrivò la notizia che un
piccolo drappello di ribelli al seguito di un ambasciatore si stava avvicinando
al forte sventolando la bandiera bianca, Victor avrebbe voluto che fossero
presi, decapitati, e le loro teste rispedite indietro.
Ma
lui, come gli fece ricordare Lefde, era un nobile che comandava un esercito
formalmente al servizio dell’Impero, e in quanto tale non poteva venire meno
alla legge dell’ospitalità che imponeva di ascoltare sempre le proposte di pace.
Quello
che sorprese un po’ tutti, ma forse neanche poi così tanto, fu scoprire chi
fosse l’ambasciatore inviato dai ribelli per parlamentare.
«Lord
Longinus. Finalmente ci conosciamo. Ho sentito parlare molto di voi.»
Victor
quasi rise facendolo accomodare al posto degli ospiti dello stesso ufficio da
dove Adrian era dovuto scappare appena una settimana prima.
«E
io di voi, Granduca Montgomery. Spero che vostro padre sia in buona salute, e
che vorrete portargli i miei rispetti quando lo incontrerete.»
«Non
mancherò. Ricordo quando venivate a visitare la mia famiglia, ai tempi in cui
la vostra regnava con saggezza su queste terre.»
«Vorrei
solo che questo nostro incontro dopo così tanto tempo fosse avvenuto in
circostanze migliori. Ma vediamo se possiamo fare qualcosa per migliorare
questa situazione.»
«Sono
tutt’orecchi.»
«Anzitutto
ci tengo a ribadire che mi trovo qui in veste di comandante della Prima Armata
della Guardia Nazionale e Ministro degli Interni dello Stato Libero. Ciò che
dirò e quello che sarò autorizzato a fare sarà entro le funzioni che mi sono
state conferite.»
«Conferite
da chi?»
«Dal
popolo dello Stato Libero, solo e unico proprietario delle terre che
amministriamo in suo nome.»
Victor
per poco non scoppiò a ridere: «Il popolo? E da quando il popolo conta
qualcosa?»
«Nello
Stato Libero il popolo è sovrano. Il popolo ha deciso di alzare la testa contro
l’usurpatore, e sempre il popolo una volta che la Rivoluzione ha prevalso ha
scelto noi per amministrare la nazione e proteggere la libertà che ha
conquistato. E noi siamo pronti a qualsiasi cosa per adempiere a questo
incarico.»
Quella
che poteva sembrare quasi come una minaccia venne subito stemperata nel momento
in cui Adrian, quasi sorridendo, si fece passare dei documenti da uno dei suoi
segretari.
«Pertanto,
al fine di risolvere questa disputa senza ulteriori spargimenti di sangue, il
popolo dello Stato Libero tramite il nostro rispettabile Primo Ministro e
Comandante Supremo dell’esercito mi ha incaricato di discutere con voi i
termini per una cessazione delle ostilità.»
In
base a detti termini, spiegò Adrian con invidiabile autocontrollo, le forze di
Eirinn avrebbero rinunciato ad avanzare ulteriormente invadendo i territori
dello Stato Libero, il quale si sarebbe impegnato a non intraprendere azioni di
rappresaglia per l’attacco subito né avrebbe chiesto un qualche tipo di
compensazione. Inoltre Grote Muren sarebbe stato smilitarizzato rimanendo una
semplice cittadella commerciale, con la creazione di una zona cuscinetto in
modo non dissimile a quanto accadeva lungo il confine con l’Unione.
Victor
ascoltò senza battere ciglio, ma il suo sguardo non lasciava dubbi su quale
sarebbe stata la sua risposta.
«La
vostra proposta è interessante. Ma ditemi una sola ragione per cui dovrei
accettare di negoziare. Vi abbiamo già sconfitti, le nostre truppe sono
arrivate fin qui senza subire alcuna perdita, e l’esercito che avete radunato
sulle colline a ovest di qui è poco più della metà del nostro.»
«Forse.
Questa volta però non avete una montagna da farci crollare addosso, o una unità
sacrificabile da mandare al massacro per riuscirci.»
Sentendo
quelle parole Lefde non seppe se fosse meglio chiederne conto al nipote o
biasimare la propria immaturità per essersi voluto convincere che si fosse
trattato davvero di una coincidenza.
Ma
alla fine preferì tacere, per non macchiare ulteriormente la propria coscienza.
«Ora
voi ascoltate me, Adrian. Quello che voi e i vostri compagni dovete fare è
abbassare le armi, mettervi in ginocchio e implorare e pietà. Consegnate i capi
della ribellione, a cominciare da questo Daemon di cui tanto si parla, a noi
perché siano giustiziati. E allora forse, e sottolineo forse, qualcuno di voi
potrà salvarsi. Altrimenti, vi spazzeremo via tutti dal primo all’ultimo, e
malgrado possiate pensare il contrario neppure voi sarete risparmiato, a
prescindere dal nome che portate.»
Era
evidente che non c’erano spazi per una discussione civile; e quasi che Adrian
si aspettasse si una cosa del genere, subito dopo che Victor ebbe finito di
parlare si alzò per andarsene.
«Sembra
che ci incontreremo sul campo di battaglia, dopotutto. Ma ci tengo a ricordarvi
quanto ho detto all’inizio. Noi siamo qui per fare gli interessi del popolo e
tutelare la sua libertà. E potete stare certo che faremo tutto quanto è in
nostro potere per assolvere al nostro mandato. A presto, Granduca
facente-funzione.»
L’ultima
frase colpì nel segno, tanto che Adrian ebbe appena il tempo di lasciare la
stanza prima che Victor scagliasse il proprio calice addosso alla porta.
«Ma
chi si crede di essere? Maledetto imperiale arrogante!»
«Una
simile sicurezza non è normale.» disse Lefde «Stanno sicuramente tramando
qualcosa.»
«È
solo un bravo attore.»
E
i fatti sembrarono in poco tempo dare ragione a chi, come Philippe, vedeva in
quell’ambasceria una mossa disperata per tentare di evitare una sconfitta
praticamente certa.
«Rapporto,
Mio Signore!» disse un esploratore, arrivando poco dopo il termine della cena.
«Il nemico ha abbandonato la sua posizione sul Colle di Ratcliffe.»
«Si
sono ritirati?» chiese Lefde
«No,
Generale. Hanno preso posizione sul colle immediatamente più a ovest, a nord
del villaggio di Mistvale.»
«Ha
senso. Ratcliffe è la posizione più elevata della zona, ma è molto esposta e
senza coperture in caso di attacco. Il colle dall’altro lato è più in basso, ma
da lì si controlla facilmente la strada per Basterwick.»
«Poveri
illusi. Davvero pensano di volerci affrontare?»
Era
ciò che Victor aspettava. Aveva solo diciassette anni, e stava per diventare il
più giovane granduca di Eirinn a condurre con successo una campagna militare in
un territorio formalmente straniero.
«Li
spazzeremo via. Preparatevi, partiremo prima dell’alba.»
«Mio
Signore, i nostri rinforzi non sono ancora arrivati.»
«A
cosa servono i rinforzi? Già adesso siamo quasi il doppio rispetto a loro. Ed
entro domani sera avrò gli occhi di quel bastardo di Longinus in una coppa!»
La mattina dopo, l’area era avvolta
in una fitta nebbia.
Non
era raro che succedesse, specie nei momenti appena successivi al sorgere del
sole, quando l’aria fredda della notte si saturava dei miasmi che salivano
dalle paludi in attesa che il vento del nord soffiasse via tutto rivelando il
cielo azzurro.
Quel
giorno però non c’era un soffio di vento, pertanto non c’era ragione di credere
che la nebbia si sarebbe alzata tanto presto.
Lefde
fece il possibile per ritardare la partenza, ben sapendo quando potesse essere
pericoloso combattere in simili circostanze, ma alla fine fu costretto a
sottomettersi alla volontà di Victor seguendo lui, Philippe e quasi tutto
l’esercito nella marcia oltre le mura del forte.
Servirono
appena due ore per raggiungere quello che sarebbe stato il campo di battaglia.
Come predetto dagli esploratori i ribelli nottetempo avevano abbandonato del
tutto il Colle di Ratcliffe, chiamato anche Il Montello dalla gente del posto,
per andare a riposizionarsi sull’altura immediatamente accanto, cosicché a
dividere i due eserciti vi era ora solo un avvallamento piuttosto largo
costituito dai pendii dei due colli e da una piccola zona pianeggiante. Alle
spalle delle fila ribelli la strada per Basterwick, punto di passaggio obbligato
per le truppe di Eirinn, e che i loro avversari sembravano avere tutte le
intenzioni di difendere ad ogni costo.
Nonostante
la nebbia l’esercito dello Stato Libero era ben visibile, anche perché con le
urla e gli improperi che i suoi soldati lanciavano a pieni polmoni sarebbe
stato impossibile non accorgersi di loro.
A
causa della distanza e della nebbia non era facile capire chiaramente come si
fosse disposto il nemico, ma sembrava aver assunto una classica formazione
allargata, con gli arcieri in prima linea e la fanteria pesante immediatamente
dietro. Non c’era traccia di quegli strani cannoni portatili, forse perché
erano stati tutti sepolti dalla valanga.
Per
l’occasione Victor aveva rispolverato l’armatura da battaglia dei suoi
antenati, comprendendo l’importanza di saper apparire in un momento così
solenne, ma ovviamente si guardò bene dall’allestire il suo quartier generale
in un punto troppo vicino al fronte.
Ovviamente
nessuno si sognò di ordinare l’attacco. Se dalla cima delle colline si riusciva
ancora a vedere qualcosa l’avvallamento era completamente ammantato, e solo un
pazzo avrebbe pensato di portare un esercito là sotto.
Occorreva
aspettare che la nebbia si alzasse prima di pensare di combattere. O forse no?
«Rapporto!
Abbiamo individuato una piccola unità nemica a sud!»
«Dove
si trovano?»
«Presidiano
il villaggio di Mistvale, Generale Lefde.»
«Mistvale?»
disse Philippe «Ma è a quasi cinque miglia da qui. Il suo fronte è così
esteso?»
«No,
io non credo.» rispose Lefde «Semplicemente la strada per Basterwick passa
proprio lì dietro, ed è anche il punto in cui il versante del colle è meno
ripido. Forse è un modo per tentare di proteggere il suo fianco destro.»
Anche
un ignorante completo avrebbe capito che era un’occasione perfetta. E Philippe
non si considerava certo un ignorante.
«Se
lanciamo un attacco deciso e ci impossessiamo del villaggio potremo risalire il
crinale e prendere il nemico di fianco, inoltre controllando la parte a valle
della strada gli impediremmo di ricevere eventuali rinforzi.»
Ma
Lefde non la vedeva così.
«Non
lo so, mi sembra un po’ troppo facile. Potrebbero avere delle riserve nascoste
dietro al villaggio. Per chi conosce questa regione non sarebbe un problema
nascondersi approfittando della nebbia.»
«Ormai
mi sembra chiaro che i nostri nemici sono allo stremo, e probabilmente non si
aspettavano che saremmo avanzati così presto. Altrimenti non si spiegherebbe la
decisione di rintanarsi in quel modo lasciando scoperto il fianco.»
Ancora
una volta, Victor concordò con lo zio, ordinandogli di prendere le sue truppe e
quasi tutti i mercenari, un terzo dell’intero esercito, e indirizzarlo contro
il fianco destro nemico. Lui e Lefde avrebbero tenuto occupato l’esercito
ribelle con un fitto lancio di proiettili e lanciato un attacco qualora la
nebbia si fosse alzata a sufficienza; quindi, una volta preso il controllo di
Mistvale, avrebbero condotto un’offensiva totale e spazzato via il nemico
attaccandolo su due lati.
Semplice.
Efficace. Con pochi rischi.
Di
lì a trenta minuti, una timida carica di cavalleria ribelle diede ufficialmente
il via alla battaglia, ma sia quella che tutte le successive vennero respinte
senza difficoltà erigendo muri di lance; Victor avrebbe voluto rispondere, ma
Lefde una volta tanto riuscì a persuaderlo ad aspettare che la nebbia si
alzasse o che arrivassero notizie dal fianco.
A
causa del terreno umido e della pendenza Philippe ebbe qualche problema a
portare le sue truppe ai confini di Mistvale, che oltretutto era circondato su
tre lati da un acquitrino puntellato di isolotti fangosi e palafitte, mancando
così l’occasione di cogliere il nemico del tutto impreparato.
A
difendere il villaggio e il relativo fianco vi era la 4° Divisione Fanteria
Leggera comandata da Septimus, che subito si dispose in formazione serrata
accogliendo gli assalitori con una pioggia di giavellotti per poi impegnarli in
un furioso corpo a corpo.
In
un primo momento sembrò che la forza d’urto della potente cavalleria di Eirinn
potesse avere ragione dei ribelli in pochi minuti, ma le truppe di Septimus potevano
contare su di un potente alleato.
Sapi
era così piccola e leggera, e la sua specie così abituata a muoversi su terreni
difficoltosi, che per lei lottare in mezzo alla fanghiglia e alla nebbia era
solo un ulteriore divertimento.
Perché
per lei, ormai, questo era diventato combattere: un gioco.
Non
provava piacere ad uccidere, infatti cercava di farlo il meno possibile, ma ora
era consapevole della propria forza, e sapere di poterla usare per aiutare
Daemon era sufficiente a farle venire il buonumore.
«Rapporto!
Il nemico resiste, ma facciamo progressi! Li abbiamo spinti fuori dal
villaggio, e ora combattiamo ai piedi della collina!»
«Hanno
ricevuto dei rinforzi?»
«Per
il momento no, Generale!»
«Le
nostre perdite?»
«Alcune
centinaia nell’esercito, poco più del doppio tra i mercenari! Hanno uno yeti
che sta mettendo in difficoltà le nostre forze!»
«Abbiamo
ancora dei mercenari.» replicò Victor senza battere ciglio, mentre un ufficiale
gli serviva un calice di vino. «Mandiamoli a dare una mano. Magari così
risparmieremo qualcosa.»
La
nuova ondata di mercenari, non dovendo preoccuparsi di passare inosservata o di
dover combattere negli acquitrini, si riversò sul fianco destro ribelle con
forza spaventosa, spingendo indietro il fronte di parecchie decine di metri fin
quasi ai margini della strada.
«Non
cediamo!» continuava a gridare Septimus, che combatteva come una furia al
fianco dei suoi uomini. «Dobbiamo resistere ad ogni costo!»
Ma
non era per niente facile, non con Medea che bruciante di rabbia continuava a
scagliare frecce mentre i suoi compagni, per quanto ormai in numero esiguo, con
la loro stazza e potenza sembravano sempre sul punto di riuscire a rompere lo
schieramento nemico.
Il
caso volle poi che, tra i nuovi arrivati, vi fosse qualcuno capace di tenere
testa perfino a Sapi.
«Maledetta
palla di pelo! La smetti o no di saltellare in giro?»
Per
fortuna la pelliccia che copriva le braccia e le gambe di Sapi erano più
efficaci di qualunque corazza, altrimenti il colpo di Ignes l’avrebbe tagliata
in due invece di limitarsi a farla volare via.
«Sei
davvero forte, sorellona!» fu il commento di Sapi, che servì solo a far
arrabbiare ancora di più la giovane Jormen.
«Aspetta
solo che ti tolga quello stupido sorriso dalla faccia, specie di scherzo di
natura.»
Tra
le due iniziò quindi una specie di duello privato nel cuore della battaglia, ma
per quanto forte Ignes colpisse i suoi fendenti o andavano a vuoto o, qualora
colpissero, non riuscivano a scalfire le difese di Sapi, che in alcuni casi
arrivò letteralmente ad afferrare l’ascia nemica a mani nude.
E
se tutta quella situazione rendeva Ignes sempre più furiosa, Sapi sembrava una
bambina al parco giochi.
«Credi
davvero che tutto questo sia un gioco?» strillò ad un certo punto Ignes
«Certo
che è un gioco. Non ci stiamo forse divertendo io e te?»
«Tranquilla,
mi divertirò un mondo… a schiacciarti quella maledetta testa!»
Se
gli sforzi di Sapi avevano sortito l’effetto di tenere quella specie di furia
scatenata lontana dalla battaglia nello stesso tempo la presenza di Ignes
impediva alla piccola yeti di poter dare una mano ai suoi compagni, che
malgrado la disciplina e la volontà faticavano sempre di più a tenere a bada le
soverchianti truppe di Eirinn.
Poi,
ecco arrivare l’intervento divino.
«La
nebbia! Si sta alzando!»
L’aria
andava ripulendosi, e anche se il bassopiano era ancora per buona parte coperto
era probabilmente solo una questione di minuti prima che l’intero campo di
battaglia diventasse visibile.
«È
la nostra occasione!» esclamò Victor. «Avanziamo con le nostre truppe e
schiacciamoli!»
«Mio
Signore, forse sarebbe meglio aspettare che la nebbia si alzi del tutto, o che
arrivino notizie dal Generale vostro zio.»
«Non
ho alcuna intenzione di permettere a quel pallone gonfiato di prendersi tutto
il merito di questa vittoria. Date l’ordine di avanzata!»
Cercando
di mettere a tacere l’inquietudine che non lo faceva stare tranquillo Lefde non
poté fare altro che obbedire, e precedute da un solenne rullo di tamburi buona
parte delle truppe iniziò a scendere lungo il crinale.
I
ribelli risposero tirando frecce, ma proprio a causa della nebbia che più in
basso non si era ancora alzata i loro lanci risultarono imprecisi mancando
completamente il bersaglio.
Questo
fatto rinvigorì i soldati, che spronati dagli ufficiali accelerarono sempre di
più il passo lanciandosi infine in una vera e propria carica.
Come
un’onda inarrestabile discesero dal Ratcliffe, pronti a risalire con impeto il
colle opposto.
Intanto
la nebbia si stava dissipando anche lì, spazzata via dal vento del nord che,
quando le truppe di Eirinn erano giunti quasi ai piedi della salita, aprì
finalmente la strada al sole… svelando il grande inganno.
Venti
grossi cannoni, ognuno circondato da tre serventi ed appoggiato su leggeri ma
robusti fusti di legno, attendevano il loro arrivo, apparendo dalla bruma come
spiriti infernali pronti a reclamare il loro tributo di sangue e anime.
I
comandanti non fecero nemmeno in tempo a ordinare di fermarsi.
«Fuoco!»
Il
fragore delle mitraglie che si susseguivano una dietro l’altra arrivò fino al
quartier generale di Victor e Lefde prima ancora che potessero rendersi conto
loro stessi di cosa stava accadendo; e tale fu lo sgomento che apparve nei loro
occhi alla vista di centinaia di soldati sventrati come animali in un mattatoio
che il Generale sentì il cuore fermarsi nel petto.
«Maledizione!
Li abbiamo avuti sotto il naso per tutto il tempo!»
«Come sarebbe a dire, discutere la
resa? Non starai davvero pensando di arrenderti!»
Avanti
Scalia, non è complicato. Ti facevo un po’ più sveglia di così.
«È
chiaro.» disse Adrian anticipandomi. «Si tratta di bluffare.»
«Ormai
mi sembra chiaro con chi abbiamo a che fare. Victor è un bambino che gioca a
fare la guerra, e Philippe un nobile ambizioso che si considera un grande
generale. Fintanto che ci saranno loro non dovremo preoccuparci del Generale
Lefde, che sembra invece un tipo assai più imprevedibile.»
«Quindi
questa ambasceria servirebbe a fargli credere che siamo in difficoltà?» chiese
Septimus
«In
realtà non è esattamente una recita. Siamo davvero in difficoltà, e un bravo
generale sarebbe capace di approfittarne. Ma se stimoliamo l’ego di quei due
convincendoli di poter ottenere una rapida vittoria cadranno nella nostra
trappola come pesci nella rete. Per rendere la recita ancora più credibile
abbandoneremo il colle di Ratcliffe per riposizionarci qui, dall’altra parte
della pianura.»
«Penseranno
che vogliamo difendere la strada anche a costo di lasciare una posizione più favorevole
ma anche più esposta.»
E
bravo Oldrick. Finalmente la tua capacità di ragionamento inizia a riflettere
gli anni che hai.
«Quindi
se pensano che siamo così disperati da compiere mosse del genere ci attaccheranno
sperando di chiudere i giochi con una sola battaglia.»
Ora
sapevo di aver fatto bene a promuovere Richard; era stato schiavo di un
generale molto famoso del Principato e aveva partecipato a molte battaglie
degne di nota tra Patria e Torian, era naturale che avesse finito per imparare
qualcosa.
Non
era certamente un novello Marco Antonio, ma almeno sapeva distinguere una
lancia da una picca.
«Come
ha detto Adrian questa zona è perennemente avvolta dalla nebbia, soprattutto di
primo mattino. E noi ne approfitteremo.»
«Cos’hai
in mente?» chiese Septimus
«Formeremo
un fronte il più largo possibile, che vada dal margine del bosco a nord fino
alle sponde di questo acquitrino a sud. In questo modo potremo coprire l’intero
pendio che scende verso la pianura sottostante. Questo qui, subito a sud della
palude, qualcuno sa che villaggio è?»
«È
Mistvale. Ci vivono i miei nonni. Pescano rane e crostacei nei laghetti tutto
attorno.»
«Suppongo
quindi che tu conosca bene quella zona. Allora assegnerò questo fianco a te e
alla Quarta Divisione. Occuperete il villaggio dopo aver evacuato gli abitanti
e formerete un fronte separato.»
«Sembra
una posizione abbastanza esposta.» disse Jack
«Appunto.»
rispose Adrian. «È un’esca perfetta. Dico bene?»
«Anche
con la nebbia gli esploratori non impiegheranno molto a scoprire questo secondo
fronte. Quindi invieranno una parte del loro esercito per sgominarlo, ottenere
il controllo della strada, e tentare un aggiramento su di un fianco.
Naturalmente se ci riescono noi ci ritroveremmo in grossi guai, quindi è
necessario che questo fronte tenga duro il più a lungo possibile. Dirò a Sapi
di darvi supporto. Lei da sola dovrebbe essere più che sufficiente.»
E
sarà anche un ottimo modo per testare le sue abilità.
«Credo
di cominciare a capire. In questo modo la loro armata sarà divisa in due.»
«Esattamente
Richard. Le loro forze sono numericamente molto superiori, ma separati saranno
solo due piccole armate molto più vulnerabili. L’importante sarà fare in modo
che non possano riunirsi quando inizierà il contrattacco. Natuli.»
«Sì?»
«Vedi
questa piccola rientranza dietro il colle? È un nascondiglio perfetto. Tu e la
tua unità vi piazzerete qui ed attenderete il mio segnale, quindi aggirerete
Mistvale e assalirete alle spalle il nemico impegnato in battaglia. Saranno
sicuramente stanchi, quindi sottometterli e spingerli a ritirarsi o ad
arrendersi non sarà un grosso problema, soprattutto se a comandarli ci sarà
Philippe. Così facendo il fronte sud si ritroverà completamente isolato, lasciando
noi liberi di concentrarci sul contrattacco alla forza principale.»
«Scusa
se te lo dico, ma questo piano poggia su di una premessa assai discutibile.
Quando mai si è sentito di una carica di cavalleria, per di più composta di
arcieri, lanciata nel bel mezzo di una nebbia?»
«Temo
che abbia ragione.» disse Adrian. «Una volta lanciata una carica difficilmente
si può fermare o correggere la sua direzione. Come faranno ad attaccare se non
sapranno neanche dove si trova il nemico?»
«La
nebbia si alzerà. Si alza sempre, di solito verso mezzogiorno. Nasconderà le
nostre manovre, e una volta scomparsa ci permetterà di lanciare il
contrattacco. E in realtà è proprio sul fatto che si alzerà che io faccio
affidamento.»
«Che
intendi dire?» chiese Oldrick
«Voglio
che la tua artiglieria si posizioni proprio qui, nel cuore della vallata.
Nascosti in bella vista. Lefde potrà tenere a bada quella testa calda di Victor
per un po’, ma sono sicuro che appena la nebbia inizierà ad alzarsi riceverà
l’ordine perentorio di attaccare. I suoi soldati finiranno dritti sotto il tiro
dei tuoi cannoni senza nemmeno accorgersene. Quando saranno stati falciati a
dovere, una semplice carica sarà più che sufficiente per mandarli in rotta.»
«Ma
se saremo in mezzo alla nebbia come faremo a sapere quando prepararci a
sparare, o che il nemico sta effettivamente cadendo nella trappola?»
«Ho
pensato anche a questo. Ordinerò alle nostre truppe sul colle di fare un gran
baccano. Fintanto che ci sentirete urlare sarà la prova che tutto sta andando
secondo i piani. Inoltre il fracasso celerà eventuali rumori delle nostre unità
in manovra. Riguardo il momento in cui prepararsi a sparare, vi basterà
ascoltare i loro tamburi.»
«E
questo basterà?»
«Ovviamente
no, sorella. Non senza grosse perdite da parte nostra qualora dovessimo
risalire il colle di Ratcliffe sotto il tiro dei loro arcieri. Per questo
mentre Jack guiderà l’assalto frontale, tu e Richard avrete già portato le vostre
truppe verso nord, aggirando la valle nascosti dietro a queste alture. Anche
nel caso in cui Victor intuisca il nostro piano e tenti una disperata difesa
del Ratcliffe con le forze che gli rimangono, non potrà resistere ad un attacco
combinato su tre lati.»
«Sembra
un piano assolutamente degno di te, non fosse per il fatto che sembra basato
molto sulla fortuna.» disse Adrian. «Se le nebbia dovesse alzarsi troppo presto
tutte le nostre manovre verrebbero scoperte anzitempo, viceversa se dovesse
alzarsi troppo tardi Septimus e i suoi potrebbero non riuscire a resistere
abbastanza a lungo vanificando tutto. Sei sicuro che funzionerà?»
«Fidati,
funzionerà.»
Anche
perché ha già funzionato una volta.
Nella
mia vecchia vita più di una volta avevo visto i miei piani venire vanificati
dall’intervento della natura.
Mi
ero sempre detto che su di essa nessuno può comandare, e che se qualcosa andava
male a causa sua si poteva incolpare solo il fato.
Ma
ora sapevo di essere sempre stato nel torto.
Forse
la natura non si può controllare, ma sicuramente si può prevederla. Basta
capirne i segnali.
Anche
per questo avevo scelto di essere un cacciatore; per imparare a leggere ciò che
un tempo mi era oscuro.
Entro
la fine di quella battaglia avrei scoperto se la conquista di Basterwick era
stata solo una fortunosa coincidenza o se finalmente ero riuscito ad eguagliare
anche l’unico nemico di cui avessi sempre avuto paura.
«Voilà, le soleil de Mistvale.»
«Cosa?»
chiese Adrian mentre Daemon, sorridendo, osservava il sole
«Niente,
non farci caso. Avanti, ora è il momento. Fai il segnale.»
«Agli
ordini.»
Una
freccia infuocata lanciata in direzione sud fu il preambolo alla comparsa di
centinaia di arcieri a cavallo, che guidati da Natuli si infilarono nello
spazio tra la base del Ratcliffe e il villaggio di Misvale tagliando il fronte
nemico in due, attaccando alle spalle i soldati di Philippe e tramutandoli in
puntaspilli.
Contemporaneamente,
Jack guidò la carica attraverso il colle, cogliendo impreparate le truppe
nemiche ancora frastornate dopo essere state decimate dalle mitraglie di
Oldrick e spingendole alla fuga nel giro di pochi minuti.
Il
colpo di grazia arrivò nel momento in cui il fianco destro dell’esercito di
Eirinn venne assalito dall’attacco portato dalle forze combinate della Prima
Divisione di Richard e della Grande Guardia di Scalia.
Il
nome di quest’ultima non era stato scelto a caso; erano minotauri, orchi,
coboldi, e ognuno di loro valeva come dieci soldati, soprattutto ora che erano
stati adeguatamente addestrati.
Vedere
Scalia in mezzo a loro, per di più nel ruolo di loro comandante, poteva
sembrare strano, ma in quanto a forza bruta li superava tutti.
Erano
stati creati soprattutto per spaventare, perché per un soldato non c’è niente
di più terrificante che vedersi arrivare contro trecento energumeni che
facevano rimbombare il terreno durante la carica, maneggiando asce e spadoni
come fossero giocattoli.
Quella
era la loro prima battaglia, ma altre ne sarebbero seguite nei mesi e negli
anni a venire.
E
ogni volta, al solo sentirli nominare, tutti avrebbero ripensato a quel giorno,
alle storie che si raccontavano sulla terrificante Grande Guardia, e avrebbero
sentito un brivido alla schiena.
Lefde
tentò disperatamente di ricompattare le sue truppe, ma ormai queste avevano
abbandonato per buona parte le posizioni più elevate rendendosi vulnerabili.
L’ala
destra venne travolta prima ancora di riuscire a ridisporsi per fare fronte
alla comparsa del nemico, ed era chiaro che le poche riserve rimase a
presidiare il campo base non avrebbero resistito più di qualche minuto prima di
fare la stessa fine.
«Mio
Signore, dobbiamo ritirarci finché possiamo!»
«Ritirarci?
Neanche per sogno! Non esiste che la dia vinta a questi bifolchi! Il mio
esercito può ancora combattere!»
«Mio
Signore! Di questo passo, molto presto non avremo più un esercito! Ve ne
prego!»
Per
quanto Victor si atteggiasse era impossibile negare l’evidenza, e nel momento
in cui i suoi occhi rabbiosi si sottrassero alla vista dello scempio che stava
accadendo davanti a lui Lefde lesse quel gesto come un’ammissione.
«Suonate
la ritirata! Ritornare al forte!»
Per
fortuna il nemico non infierì né incalzò il nemico in fuga, consentendo ai
superstiti di ritirarsi relativamente in ordine e senza subire troppe perdite.
Ma
nonostante tutto, qualcuno rifiutava ancora di rassegnarsi alla sconfitta.
«Medea,
non hai sentito il corno? Dobbiamo andare!»
Alla
fine Kassia e le altre Furie dovettero quasi trascinare via forzatamente il
loro comandante, che anche dopo aver esaurito le frecce seguitò a scagliare sui
nemici festanti per la vittoria tutto quello che le capitava a tiro.
«A
presto sorellona!» disse Sapi a Ignes mentre questa ripiegava assieme ai suoi
uomini. «Spero che ci incontreremo per combattere ancora!»
«Puoi
starne certa, palla di pelo! E la prossima volta colorerò la mia ascia col tuo
sangue!»
Ancora
una volta, Daemon aveva compiuto un’impresa impensabile, persino per i più
esperti soldati che militavano nel suo esercito.
Dall’alto
del suo cavallo bianco, il Comandante Supremo della Guardia Nazionale e Primo
Ministro dello Stato Libero osservava la pianura e il colle dinnanzi a lui
tappezzati di corpi, testimoni silenziosi e spaventosi della sua grande
vittoria.
«La
victorie est à nous.»
Nota dell’Autore
Eccomi
qua!
Siamo
arrivati alla fine anche di questo terzo volume.
Mi
scuso ancora per lo stupido errore che ho fatto nel corso della pubblicazione,
ma dovendo gestire più cose assieme ogni tanto capita di prendere una
cantonata, senza contare che in questo periodo sono letteralmente subissato di
incombenze^^
Come
preannunciato il quarto volume inizierà la pubblicazione tra circa un mese,
giusto in tempo per annunciare a tutti un’importante novità circa il futuro
della novel.
A
presto, e grazie come sempre a tutti coloro che continuano a seguire e a
recensire questa storia!^_^
Cj
Spencer