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Autore: Angel TR    01/03/2024    2 recensioni
It will take a lot for me to settle
Doja Cat - Paint The Town Red
Tre storie sul difficile rapporto tra i Mishima e la loro eredità. Perché il sangue (non) è acqua.
[Partecipa alla Challenge "Parole Intraducibili" indetta da Soly Dea su Efp]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Heihachi Mishima, Jin Kazama, Kazuya Mishima, Lars Alexandersson
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ultraviolence'
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Odnoliub: una persona che ha un unico amore nella propria vita


#ClanMishima_LoveDoesn'tWinsAll


저기 멀리 from Earth to Mars
꼭 같이 가줄래?
그곳이 어디든, 오랜 외로움
그 반대말을 찾아서
~
Far away in the universe from Earth to Mars
Will you please go with me?
Wherever it may be, an old loneliness
In search of its antonym


Heihachi/Kazumi

Tua moglie Kazumi possiede due grandi occhi castani che sembrano scavarti nell'anima e vederti davvero, vedere l'uomo dietro lo spietato imprenditore e combattente.
E invece in quel momento erano di un rosso acceso, come il sangue degli uomini.
La guardi, sconvolto, e non la riconosci: ha la pelle bianca come la cera e due ali che paiono respiri di un drago del fuoco. «Kazumi! Che ti succede!?» urli.
In lontananza, quasi una distante litania di sottofondo, senti il pianto disperato di vostro figlio; sembra quasi che si stia sgolando con quei singulti.
Lei – o ciò che n’è rimasto – si libra e sfodera gli artigli mentre si lancia su di te.
Quando l'hai conosciuta, sei rimasto incantato dal suo animo guerriero racchiuso in quel corpo di donna costretta ad abbassare costantemente il capo nel misogino mondo giapponese. E forse la demonessa che si sta lanciando su di te è venuto a riprendersi ciò che le appartiene di diritto.
Eppure proprio tu non le hai mai negato niente.
Ma questa volta devi.
Sollevi la mano per afferrarle il collo esile; il suono delle ossa che si spezzano è assordante…

Speri di riunirti con lei, un giorno.


Lars/Alisa

Il suo viso di bambola, un tempo perfetto, era rovinato. Il lato destro era stato quasi completamente distrutto, rivelando la macchina dietro la donna: lo strato di pelle apparentemente umana, che ricopriva il delicato ed estremamente complesso intreccio di fili elettrici, era stato tirato via come una pellicola e il suo occhio ora brillava di un verde che, se un tempo era stato di un dolce smeraldo, adesso era chiaramente artificiale: troppo brillante, troppo finto, quasi sgradevole.
Alisa, Alisa, Alisa.
Lui, il responsabile di tutto, rivolse uno sguardo apparentemente vuoto e apatico alla scena – ma Lars vi colse la scintilla cinica. «Non dirmi che ti sei innamorato di lei» commentò, accennando un sorriso sghembo canzonatorio.
Le mani dell'uomo si mossero, le ginocchia si trascinarono e Lars si ritrovò a gattonare disperato, in uno stato di trance, verso il robot riverso come una bambola rotta sulle assi polverose del tempio.
«Alisa» la chiamò, in un filo di voce, incredulo. Non poteva essere… morta.
Le macchine non muoiono ma gli uomini sì, e in quel momento Lars sentì il cuore fermarsi nel petto e il respiro mozzarsi e gli occhi rifiutare ciò che vedevano e le mani correre ad afferrare i capelli alle radici per tirarli – disperazione, nera disperazione.

«Riportala in vita» supplicò.
Lee Chaolan gli rivolse un sorriso sfavillante.
«Ma certo, fratellino.»


세상에게서 도망쳐 Run on
나와 저 끝까지 가줘 My lover
나쁜 결말일까 길 잃은 우리 둘
~
Run away from the world, run on
Go to the end with me, my lover
Will it be a bad ending for us two, gone astray


Jin/Xiaoyu

Il cielo a Yakushima era terso e splendente, non una nuvola all'orizzonte. Camminavano fianco a fianco – lei con le mani esili allacciate dietro la schiena, quasi saltellando; lui a passi lenti, godendosi il momento per la prima volta dopo anni. Da quanto tempo non si concedevano una pausa solo per loro?
Chissà… se entrambi avessero potuto leggere nelle loro menti, sarebbero scoppiati a ridere nello scoprire che stavano pensando la stessa cosa?
Spero che questo momento duri per sempre.
Preghiere inutili, se le portò via il vento che iniziava a soffiare su Yakushima.
Xiaoyu tese una mano verso di lui, per un volta presente, tangibile, raggiungibile; per una volta vicino a lei, finalmente, dopo anni di infinite ricerche, anni in cui le sue gambe stanche avevano macinato chilometri a correre dietro di lui, sempre lontano, sempre distante, una figura evanescente.
A volte si era chiesta se lo conoscesse davvero, se l'avesse mai conosciuto sul serio. E se non fosse stato più quello di un tempo? E se quel Jin non fosse mai davvero esistito e fosse solamente frutto della sua immaginazione di ragazza, troppo giovane e sola e delusa dalla vita per poter anche solo concepire l'idea di un altro Jin, uno che non coincidesse con il gentile ma fermo uomo nella sua testa. Ma no, ma no, lui era ancora lì, lui era sempre stato lì, lei aveva solo dovuto portare pazienza…
Ma anche la più bella rosa diventa appassita e nessuno può aspettare tutta la vita, nemmeno Xiaoyu.
«Qui io e mia madre ci allenavamo» ruppe il silenzio Jin, improvvisamente.
Stava parlando da solo, riflettendo su un passato felice, oppure stava tentando di comunicarle qualcosa, nonostante le sue scarse abilità sociali?
Non c'era tempo per lambiccarsi il cervello: persino lei era arrivata al suo limite. Ogni fibra del suo essere sentiva che quello era il momento giusto. Non si tornava indietro.
«A volte uno scambio di colpi può essere rivelatorio» proclamò Xiaoyu, agganciando con fermezza lo sguardo perso di Jin.
Poté vedere i suoi occhi focalizzarsi finalmente su di lei, come se finalmente la vedesse dopo tutto quel tempo in cui era stato quasi assente, quasi inconsapevole della sua presenza. O forse lo era ma aveva deciso di ignorarla per altri motivi.
Xiaoyu era stanca di aspettare il resto del mondo. Ora era il suo turno.
«Già…» mormorò lui, e l'incontro cominciò.
Pugni, calci, parate; di nuovo, daccapo, come ai tempi del liceo, quando il Torneo era un pensiero entusiasmante come un altro, la promessa di tutto ciò che aveva sempre desiderato: un parco gioco tutto suo, Jin al suo fianco.
Lentamente, la tensione sul viso di Jin si attenuò e il cipiglio che gli solcava perennemente la fronte finalmente si appianò; un timido sorriso iniziò a farsi strada sulle sue labbra piene e Xiaoyu osservò quella trasformazione apparentemente banale come fosse il miracolo della vita.
«Pensavo fossi cambiato… e e invece sei ancora il ragazzo che conosco e amo da sempre» confessò.
Trattenne il fiato e persino il mondo lo trattenne con lei. Gli alberi sembrarono fermare il vento dallo scuotere le loro chiome, gli uccellini smisero di cinguettare, il vento di soffiare, l'acqua del lago di scorrere.
Jin non distolse mai lo sguardo dal suo viso e, lentamente, le dedicò un sorriso, uno tutto per lei. E, con esso, la vita sembrò scoppiare tutt'intorno e all'interno dei loro corpi.
Ma la guerra di Jin non era ancora terminata e si sa che, in battaglia, le belle tregue non possono mai durare a lungo.

Persino mentre scivolava in un sonno profondo tenne lo sguardo fisso sul viso di lei, come se l'avesse evitato per troppo tempo e adesso non volesse perderlo di vista nemmeno per un secondo.
«Tornerò, lo giuro» le promise.
E, quella volta, Xiaoyu seppe che avrebbe mantenuto la parola.


Kazuya/Jun

Solo per due momenti, in tutta la sua vita, la concorrenza tenne testa e mise in difficoltà Kazuya: il primo momento fu da attribuire al pugno di fuoco di uno statunitense. Mai nella vita avrebbe pensato che un egocentrico americano avrebbe potuto reggere i suoi colpi, eppure…
Il secondo momento durò molto più a lungo e gli costò molto di più – e questa è la storia di quel momento.
Era una donna misteriosa quella. Si teneva in disparte dalla folla, così lontana, eppure, quando sollevava i suoi occhi su di loro, sui suoi avversari, il suo viso si illuminava di una luce gentile, nonostante fossero suoi concorrenti, ostacoli sulla sua strada. Aveva uno stile preciso e pacato: non sembrava sforzarsi nemmeno per infliggere i colpi più poderosi, mantenendo sempre una calma ultraterrena, immersa nel momento. I suoi occhi scuri da cerbiatta, fissi sull'avversario, ne prendevano le misure in un baleno ma non si riempivano mai di superbia per la facilità con cui riusciva a trovare i suoi punti deboli. A ogni vittoria si inchinava, scambiava due parole con il suo rivale ed egli le rivolgeva lo sguardo di chi era stato benedetto da una dea della bontà. La donna appariva intoccabile, inavvicinabile eppure vicina a chiunque avesse bisogno di aiuto.
E allora perché io, Jun?, si era chiesto tante volte Kazuya, mentre lei lo stringeva forte a sé in un abbraccio così solido da parere voler rimettere a posto tutti i pezzi rotti del suo animo, per ricomporlo, per restituirgli l'essenza della sua fanciullezza felice, quando suo padre era ancora un uomo sano e il nonno gli dava lezioni di karate e la mamma li osservava, accompagnata dalla sua fidata tigre.
Ma nemmeno lei, con il suo sguardo sincero e determinato, e la sua aura calma da Madonna, aveva potuto nulla contro il veleno corrotto che scorreva nel sangue Mishima. E Kazuya era sparito, giù per il dirupo, e poi era tornato, più assetato di sangue di prima e lei non c'era più.
Poi aveva visto lui: aveva gli stessi occhi sinceri e determinati di sua madre ma il resto era tutto sbagliato; l'eredità dei Mishima aveva macchiato la purezza del sangue della madre e lui non era che un miscuglio mal assemblato dei due, un pezzo di carne deforme senza alcuna identità che arrancava in un mare di incertezze e sfuggiva allo sguardo altrui per non rivelare il vuoto che aveva dentro e la consapevolezza di non poter trovare il suo posto nel mondo. Come se non bastasse, dietro quella maschera da goffo cerbiatto che muoveva i primi passi nel mondo si nascondevano due occhi rossi come il sangue degli uomini: Kazuya aveva subito riconosciuto il marchio dannato del Diavolo.
Suo figlio era un meticcio, uno scherzo della natura, un pericolo, un'arma di distruzione di massa, un ostacolo sulla via del suo dominio. Quegli attimi di serenità con Jun gli erano costati cari e, persino da morta, lei cercava di tenerlo lontano dalla depravazione più nera attraverso quel corpo mal assemblato che rappresentava loro figlio.
Andava eliminato.
Ma chi dei due sarebbe rimasto alla fine? Uno scontro è tutto lì: Kazuya avrebbe dovuto essere l'ultimo e solo a restare in piedi.
E, invece…

Un tocco leggero e delicato sulla pelle ricoperta di lividi, fango e pioggia. Poi, una voce, la sua voce.
«Sei tutto solo… lascia che ci sia anch'io con te.»


Our love wins all, love wins all
Love, Love, Love, Love

IU - Love Wins All


N/D: Fonzies, se non ascolti la canzone godi solo a metà! (Non scherzo, sentitevi la canzone mentre leggete, è tutt'altra cosa!!!)
Anche qui frasi riprese da altre storie per mantenere la continuità (qui in particolare mi sono Riallacciata al capitolo precedente)
Sì, ho avuto i conati durante la stesura della flash Xiaojin (scherzo, daaaai, si sapeva, si sapeva… ). Avevo promesso una ff sui fratelli ma poi la canzone di IU mi ha vinta e, niente, eccoci con questa shottina sull’ammmmmore per chiudere con gioia dolceamara questa raccoltina scema scema. E niente, un bacio azzeccoso, si torna a scrivereeeeee, w Tekken 8!!!
Angel

  
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