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Autore: Mixxo    16/03/2024    3 recensioni
Karin è in fase di riabilitazione dopo un'incidente sul lavoro. Per non rimanere con le mani in mano, si dedicherà alla lettura di un misterioso libro di recente successo a Yrff. Non tanto per la capacità dell'autore, quanto alle voci - per lei fondate - che sia stato scritto da un'emerso, una persona proveniente da un'altro mondo.
"Boral è un mondo abbandonato dalle divinità. Il sole si è spento da anni e gli ultimi barlumi di vita combattono per la sopravvivenza. In quel luogo ho incontrato un gruppo di caotici avventurieri che non meritano il titolo di eroi, ma che han fatto ciò che serviva per concedere loro di essere chiamati tali."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Akuro Cinderheart]

I corridoi di questo luogo sono bui. I residenti non si preoccupano degli abomini o non gli interessa l’incolumità dei prigionieri.

Il dialogo dei due che mi tengono sollevata per le braccia è l’unico rumore che ci accompagna, è preoccupante non sentire voci o lamenti di altri detenuti. Quel Fion ha parlato di “essere disciplinata”, non mi sorprenderebbe scoprire che tutti i reclusi subiscano punizioni se non seguono gli ordini delle guardie.

Il mercenario più vecchio dei due mi tira indietro, mi obbliga a voltarmi. Alza il sopracciglio tagliato da una delle numerose cicatrici che solcano il suo volto. “Siamo sicuri che non le abbiano tagliato la lingua? Non ha fiatato neanche una volta.” Sono diventata il soggetto del loro discorso, non che mi importi realmente, una volta dietro le sbarre si abitueranno alla mia presenza.

L’altra guardia è più giovane, ma ha quell’espressione di un novizio entusiasta di metter mano alle armi. “Probabilmente aspetta il momento giusto, ha dovuto affrontare il nobile Fion, starà recuperando le forze. O sarà ancora stordita dai glifi.”

“Eh? A me sembra che stia meglio di me.”

“Non ci vuole molto, ti sei mai visto in faccia? Ahahah.”

“A tua sorella piace questo volto vissuto.”

“Guardiana traditrice, non ricordarmelo.”

Questi due imbecilli inizieranno una rissa prima ancora di mettermi in cella, ed è l’interazione più positiva che ho visto negli ultimi mesi. Non che abbia avuto interazioni positive di recente. Se si facessero beccare da un superiore potrebbero dare la colpa ai miei poteri, anche se le stanze sono cosparse di glifi inibitori. Di leggende strane sui poteri dei darkrariani ce ne sono innumerevoli.

“Tu che ne pensi, mostro?” Il vecchio si avvicina col viso, guardo verso il pavimento. “Ti sembro così brutto?” Il suo alito puzza di alcol, giro la testa schifata.

“Ha! Sei repellente anche per una come lei!” L’altro mi strattona per il braccio e aumenta l’andatura, spalanca un portone.

La stanza è ben illuminata a differenza del resto della prigione, ben curata, una serie di tappeti rossi ricoprono la pavimentazione. Alzo lo sguardo, m’irrigidisco, alternati a essi vi sono una serie di teche rettangolari di grandi dimensioni. Il loro contenuto, a prima vista, è un esemplare di ogni creatura rara. Volanti, quadrupedi, con capacità peculiari o semplici animali da monta. Man mano che ci addentriamo passo velocemente in rassegna: una banshee appesa alla cima della teca a testa in giù, un dodot dall’inusuale manto rosso che mi segue con lo sguardo, un warax. Ricordo che Arial aveva addestrato una di quelle lucertole crestate per irrigidirsi in modo da diventare un’ascia.

“Eccoci qui, la tua nuova dimora, darkrariana.”

Siamo fermi di fronte a una teca larga due metri quadrati, al suo interno vi è un’altra figura rannicchiata. Probabilmente una mia conterranea. Uno dei due batte il pugno sulla teca.

“Ehi, darkrariana, sveglia!”

La ragazza non dà segno di aver sentito. La guardia sbatte i pugni più forte. “Ehi, mostro, alzati!”

“Lascia perdere, è cotta.”

Il collega più giovane lo guarda in cagnesco, fa un passo in avanti e preme una mattonella delle poche lasciate scoperte dal tappeto. La teca sfarfalla per qualche istante e poi scompare. Lui prende in spalla la prigioniera e si allontana. Una punta metallica fredda mi preme sulla schiena. “Dentro.”

Faccio quei due passi necessari per entrare nell’area delimitata in precedenza dalla teca. A breve mi troverò sotto vetro come tutte le creature in questa stanza, inspiro l’ultima boccata di “libertà”.

La superficie che si forma attorno a me è opaca, le due figure delle guardie sono diventate macchie sfuocate. Così si assicurano che non possa ricordare i volti di chi viene ad “ammirare” questa collezione. Perché tirate le somme, il contrasto tra questa stanza e il resto della tenuta è evidente: questo è il museo personale di Fion. Psicopatico.

“Bene darkrariana.” Le voci sono ben distinguibili invece, il che è strano considerando la struttura chiusa. “Usa i tuoi poteri.”

Questo luogo sarà pieno di glifi, sono quasi certa di non poter usare il dono di Erlathan nemmeno volendo. “Mi rifiuto.”

Uno dei due si avvicina alla teca. “Fallo o useremo le maniere forti.”

“Mi. Rifiuto.”

La guardia ringhia, fa un altro passo, sento uno scatto. Una corrente d’aria calda mi avvolge, la temperatura si sta alzando rapidamente in maniera innaturale. Manipolatore di iuxx? Non credo, quelle mattonelle devono far parte di un meccanismo. Inspiro, l’aria è molto calda, gocce di sudore scorrono sul mio viso, ho le vertigini. Divarico le gambe e chiudo gli occhi secchi. Questo per loro sarebbe il modo per “disciplinare”?

Crollo in ginocchio, respirare mi fa bruciare i polmoni. Premo le mani contro la teca gelida. Com’è possibile? Mi appoggio ad essa con la fronte ma non basta a darmi sollievo. Scivolo contro il vetro. Hanno un sistema per interferire con le mie percezioni? Mi guardo il braccio, non vi è segno di bruciature o vesciche.

A cosa serve una tortura del genere?

 

Acqua gelida mi scrocia nelle orecchie, mi metto a sedere di colpo. Sono fradicia, il gelo mi è entrato fino alle ossa. Mi stringo le spalle.

“Non siete così tosti come decantate eh?” Di nuovo la voce del tizio con le cicatrici.

Le figure oltre la teca sono numerose, abbastanza da sembrare un’unica distesa opaca oltre il vetro. Guardarle mi provoca fitte alle tempie, la testa sembra voler scoppiare. Punto le mani a terra, le gambe non vogliono saperne di muoversi, un paio di dita metalliche battono contro la teca, sussulto tanto è forte il suono nelle mie orecchie.

“Allora, il sonnellino ti ha rinfrescato le idee?” La stessa voce, è la guardia di prima. “Qui vogliono assistere tutti allo spettacolo sai? Usa quei poteri, ora.”

Alzo lo sguardo, cerco di capire quale parte di quella macchia offuscata sia la testa del mio interlocutore, la fisso. “Mi rifiuto.”

Sento nuovamente lo scatto. L’aria diventa rovente, le fitte mi attraversano la testa, sopprimo a fatica il conato di vomito che sale per la nausea. Ne ho abbastanza. Vogliono vedere i poteri dei loksh di Erlathan. Darò loro quello che vogliono.

La fiamma che mi scalda il petto è ben diversa dal calore aggressivo della loro tortura. La vista torna nitida, la cenere rovente si distacca dal mio corpo come se ne facesse parte. Per la prima volta da quando sono in questa gabbia riesco a respirare propriamente. Mi tiro su. Li spaventerò per fargli spegnere quel dispositivo. Un fischio mi assorda, la debolezza mi coglie di nuovo, la fiamma del mio potere si spegne mentre picchio le ginocchia a terra. Il calore mi arroventa la pelle, e serra la mia gola. Porto una mano al collo, ma non c’è nulla ad impedirmi di respirare.

Le risate dei presenti mi assordano, è come se ogni suono fosse amplificato in mezzo a quel fischio. Ho dimenticato la presenza dei glifi inibitori.

“Come ci si sente a essere impotenti, stronza?”

Tutto quello che volevano era prendersi gioco di me, dovevo aspettarmelo. Il lato positivo è che non ho realmente causato danni a nessuno, anche se avrei voluto. Questa gente sarebbe moralmente migliore delle persone con cui condivido il sangue? Siete spregevoli quanto loro.

 

Tengo la testa appoggiata contro il vetro fresco, un minimo sollievo dopo aver passato buona parte della notte a essere denigrata da quella gente. Non devo chiudere gli occhi, c’è ancora una figura in fondo alla stanza. Potrebbe lanciarmi un’altra secchiata d’acqua gelida se mi vedesse priva di sensi.

Vorrei dormire.

La figura si avvicina, mi distacco dalla superficie per mostrargli che sono sveglia.

“Hai sete?”

Non sono sicura che mi stia prendendo in giro, la sagoma che distinguo è più piccola rispetto a quella delle guardie, è una voce che ho già sentito… Per esclusione credo sia il giovane col fucile che era sulla carrozza.

Deglutisco a fatica, ho la gola secca, ma non voglio rischiare di essere avvelenata. Scuoto la testa.

“Eh… capisco l’orgoglio, ma non credo che voi darkrariani funzionate diversamente da un essere umano.” Uno scatto. Sta attivando il meccanismo solo perché mi sono rifiutata di bere? Un braccio passa attraverso la teca, poggia un bicchiere d’acqua a pochi centimetri da me e si allontana.

Forse avrei potuto tentare la fuga in quell’istante, ma a che scopo? Sono priva di forze e nel cuore di un luogo disseminato di glifi inibitori. Inoltre sembrano presenti numerose zone tenute volontariamente al buio, oltre alle guardie dovrei preoccuparmi degli abomini.

“Posso chiederti una cosa?”

Il ragazzo non si è allontanato, persistente. Alzo lo sguardo in sua direzione. La sua figura si sposta un paio di volte, forse si è messo seduto davanti alla teca. “Perché non hai opposto resistenza?”

“Vent’anni fa non avevo nemmeno i denti da latte, e invece ci trattate come se avessimo combattuto tutti in quella guerra.” Abbasso lo sguardo sul bicchiere, ho la gola in fiamme. “Il mio unico peccato è il mio retaggio, discendenza di cui non ho colpa. Non mi farò passare per il mostro che non sono.”

“È difficile credere a gente della vostra… specie.”

Per un istante ho pensato fossi meglio degli altri. Invece sei razzista come tutti. “Allora perché cerchi di parlare con me?”

La figura alza le spalle. “Sei diversa da loro. O almeno, sei la prima che non tenta di strapparmi la faccia.”

Sono la prima che si è arresa contro tre persone che mi hanno assalita senza che facessi nulla. Abbasso lo sguardo.

Il giovane sospira seccato, si alza. “Anche le persone normali diventano mostri qui. Mi chiedo per quanto riuscirai a mantenere questo atteggiamento.”

La macchia si allontana sempre di più fino a sparire. Forse posso concedermi di chiudere gli occhi.

 

La secchiata gelida arriva come previsto, mi strappa un sussulto inorridito. Risate attorno a me, le figure oscurano la teca. Mi sono addormentata per troppo tempo.

Il vetro torna trasparente, vedo di nuovo le facce dei miei aguzzini. Lo sfregiato pianta una mano sulla teca, il suo ghigno deforma il volto solcato da cicatrici.

“Allora marmocchia, te la stai prendendo comoda con la tua vendetta. Il posto è di tuo gradimento?”

Il posto sarà quello in cui dovrò giacere fino alla mia dipartita, per pagare un crimine che non ho commesso, non ha senso lamentarsi, voi esseri meschini godreste maggiormente. Mi guardo intorno, molte delle creature chiuse nelle altre teche girano nel poco spazio a disposizione infastidite. Loro dovrebbero essere libere al posto di questi animali.

“Ragazzi, oggi tocca a me stare ai fornelli!” Una guardia entra dalla porta, è quella dall’aria giovane, la stessa armatura sembra compensare la stazza mancante rispetto agli altri. Su uno degli spallacci cade un sassolino dall’alto. Seguo la traiettoria.

Diversi metri al di sopra della porta vedo il glifo inibitore inciso su una delle pietre che costituiscono la parete, lo avranno messo così in alto per impedire che fosse danneggiato. Una piccola figura si è arrampicata fino a esso, sembra una bambolina di pezza, le grandi mani in legno hanno dita staccate dai palmi e grattano sul glifo come per cercare di cancellarlo.

“Che cazzo è?!”

La creatura si ferma come se avesse capito che il commento era riferito a lei. Si volta, i grandi cerchi rossi che ha per occhi ci scrutano per qualche istante, poi volta nuovamente la testa e riprende a grattare la pietra.

“Prendete un arco e buttate giù quell’affare prima che-”

La bambola pianta le dita nei solchi e tira, la pietra si stacca e precipita assieme a essa, la guardia all’ingresso si sposta appena in tempo per non essere abbattuta. Peccato.

C’è un attimo di silenzio, tutti si voltano verso di me. Entrambi abbiamo capito che la situazione è drasticamente cambiata. La fiamma nel mio petto si scalda, afferro il bicchiere d’acqua e lo bevo in un sorso mentre mi alzo, mi provoca delle fitte alla gola tanto era secca. Il mio debole riflesso nel vetro sfoggia le corna da loskh, alzo le mani e le stringo, piccoli frammenti di energia rossa si distaccano da esse come cenere. Allargo le braccia, la teca s’infrange sotto i pugni, le guardie estraggono le spade.

Ghigno per sembrare minacciosa, apro le mani e genero delle fiamme su di esse. "Volevate vedere il mostro? Vi accontenterò!" Mi limiterò a spaventarli… forse acciaccarli.

Sfregiato sferra un affondo, afferro con la mano la lama, ruoto il polso, il metallo cigola e si spezza. La sua espressione rabbiosa diventa spaventata, gli sorrido di rimando, con una manata sul petto lo spedisco fuori dalla stanza, travolgendo quello all’entrata. Via di fuga libera, e mi sono tolta uno sfizio.

Altri quattro uomini si lanciano alla carica, piego le dita delle mani, le fiamme avvolgono i miei arti, scaglio due sfere di fuoco tra loro, l’esplosione si espande violenta, colpisce i cavalieri e li scaglia contro le pareti.

Da dietro una delle teche esce un’altra guardia, la spada che ha in mano è diversa dalle altre, percepisco una forte energia provenire da essa. L’uomo sferra un fendente che traccia una mezzaluna di luce che si dirige rapida verso di me. Ruoto il busto e faccio un passo laterale, l’attacco mi scuote la frangia mentre passa oltre. Il muro alle mie spalle esplode.

Quell’alwe è pericoloso.

Stendo il braccio in avanti, scaglio una piccola sfera di fiamme gialle e la scaglio in avanti, l’esplosione che segue sbalza via la guardia e il suo Alwe.

Mi guardo intorno. Non saprei dire se gli altri sono fuggiti o se hanno sfruttato i piedistalli di alcune teche per nascondersi.

Sono ancora vivi. Dagli la caccia. Fagliela pagare…

Scuoto la testa, la mia priorità è fuggire al momento. Molto probabilmente appena fuori da questa stanza i glifi inibitori nelle altre potrebbero interferire con il dono di Erlathan. Tuttavia…

Alzo lo sguardo. Il soffitto è parecchio alto, potrebbe esserci al massimo un’altra stanza al di sopra prima del tetto. Se riuscissi a darmi sufficiente spinta da superare l’ipotetica stanza superiore e raggiungere l’esterno potrei mantenere i miei poteri intatti. Nel caso peggiore, potrei trovarmi in aria senza freni per l’atterraggio. Vale comunque la pena tentare, arriveranno sicuramente rinforzi da un momento all’altro. Stringo nuovamente le dita, le fiamme nelle mani vorticano diventando sempre più calde, dal rosso passano nuovamente al giallo.

Prima di tutto devo farmi strada.

Stendo le braccia verso l’alto, sprigiono la fiammata con entrambe le mani, i detriti che sfondano la pavimentazione superiore vengono sciolti dal calore prima ancora che possano cadere a terra.

Barcollo leggermente. Usare il dono in questo stato mi costa comunque uno sforzo notevole.

Alzo la testa, incanalo più ossigeno possibile. Mi concedo questo breve momento per osservare nuovamente il cielo dall’apertura che ho creato.

[Karin Alden]

A capitolo concluso abbasso di scatto il libro. Nessuna risatina idiota, nessun segno di roba da mondi fantastici. Myra non è arrivata, strano.

Rilasso le spalle. Non vedo l’ora di rimettermi al lavoro. Gli altri avranno fatto di tutto. Chissà se mi hanno lasciato la lattina da spaccare per vendicarmi.

La porta della stanza si apre. Con mia sorpresa non è Myra a entrare, ma Suzuna.

“Buongiorno Karin.” La marmocchia si avvicina tirandosi dietro la sua immancabile valigia. C’è così tanta roba di vario genere là dentro che non mi sorprenderebbe scoprire che ci tiene anche una cura contro le malattie terminali. Suzuna si mette sulla sedia accanto al letto, poggia le mani sulle gambe. “Hai scoperto qualcosa dalle tue indagini letterarie?”

Parla come mangi, hai dodici anni, non sputarmi vocabolari addosso. “Che nei fantasy non c’è un maschio decente?”

La nanetottola china appena la testa di lato, allarga la bocca a disagio. “Questo non ci è molto d’aiuto.”

“Allora leggilo tu. Il fantasy è per bambini no?” Ipocrita da una che si è trovata in un altro mondo. Non sembra dare peso alle mie parole.

“In verità,” Suzuna caccia una mano nella giacca, tira fuori un orologio da taschino. “I motivi per cui sei stata consigliata per questo incarico dalla sottoscritta sono molteplici, al di fuori della mia serrata agenda: una buona lettura periodica migliora le competenze linguistiche ed empatiche, inoltre riduce lo stress e stimola il pensiero e la riflessione. Ritengo che tu possa allenare altre parti del tuo corpo al di fuori dei muscoli in questo periodo di riposo. E di certo un arricchimento del tuo bagaglio culturale non farà che giovarti in futuro-”

Premo le mani sugli occhi. Mi fa male la testa. “Smetti di parlare, ti imploro. Ho capito, continuo.” Come fa a mettere tante parole in fila?

“Eccellente.” Suzuna apre l’orologio, lo fissa spalancando gli occhi. “Oh, il tempo a mia disposizione è scaduto.” Ricaccia l’orologio nel taschino e salta giù dalla sedia, mette nuovamente mano alla valigia. “Pazienta ancora qualche giorno e verrai dimessa.”

Guardiana, grazie che l’hai fatta smettere. Le rotelle della valigia sono musica per le mie orecchie. Il dizionario vivente si ferma sulla soglia.

“Karin.” Si volta verso di me.

Oh no. Non ricominciare.

“Ho affidato a te questo incarico perché credo che tu possa farcela. Crediamo in te.”

Distolgo lo sguardo, fisso verso la finestra. Io sono più una che agisce più che riflettere, non sono un cervellone.

“Con permesso.”

La porta si chiude con uno scatto leggero.

Abbasso lo sguardo sulla copertina del libro. Insistono così tanto a rendermi più della teppista che ero prima di incontrarli. Non dovrebbe importargliene nulla della forza lavoro, non gli serve che una solo brava a menare sappia capire la trama di un libro. Non riesco a capire i miei capi.

Riapro il libro. Se è arrivata Suzuna, nessun’altro del Gamble apparirà per un po’. Ed è l’unica cosa che posso fare per loro al momento.

 

  
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