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Autore: Ortensia_    27/03/2024    0 recensioni
Yūji, Nobara, Megumi, Tsumiki e Junpei sono in viaggio per godersi una vacanza. È ormai notte quando si ritrovano sulla strada desolata indicata dal navigatore e l’auto si ferma senza dare più segni di vita.
Non c’è proprio nessuno sulla strada, non un’anima a cui chiedere aiuto.
È una situazione al limite del paranormale. Il fatto che stia per piovere e che l’unico riparo nel raggio di chilometri sia una casetta fatiscente in mezzo al bosco pare l’inizio di un horror e Nobara non manca di incarnare la parte dell’amica terrorizzata e, nella convivenza forzata che li aspetta, anche quella della ficcanaso che insinuando implicazioni sentimentali e sessuali fra gli altri conviventi non fa altro che infilare spiacevoli pulci nelle orecchie e creare situazioni che altrimenti non si verificherebbero.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Fushiguro Megumi, Fushiguro Tsumiki, Itadori Yuji, Kugisaki Nobara, Yoshino Junpei
Note: AU | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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7. Fushiguro, che cos’è un cane procione?!
「────────────────── ˗ˋˏ ˎˊ˗ ──────────────────」







    Avvertì un peso sul petto, ma non riuscì ad aprire subito gli occhi. Strizzò le palpebre infastidito, ma gli passò subito quando sentì la voce di Junpei arrivargli alle orecchie.
    «Scusami.»
    Ora Itadori era completamente sveglio. Quando aprì gli occhi vide che quello che gli era stato poggiato sul petto era un piatto con dentro qualcosa di molto simile a una pita.
    «Mi sono comportato da stronzo» continuò Junpei quando lo vide mettersi a sedere, «scusa.»
    Yūji non riuscì a rispondergli subito. Era più che altro impegnato a osservare il cibo e a domandarsi da dove fosse uscito visto che il piatto era caldo.
    «Per fortuna Tsumiki ha delle ricette salvate sul cellulare. Abbiamo trovato sale e farina e così abbiamo cucinato questa specie di pane in padella… non è un hamburger, però è già qualcosa…» Junpei accennò un sorriso, ma i suoi occhi erano tristi.
    «Mi dispiace se ti ho ferito in qualche modo» Yūji poggiò il piatto sul letto e ruotò gambe e bacino, così da sistemarsi sul bordo.
    Junpei negò con un timido cenno del capo. «Sono stato un po’ aggressivo… è che non mi piace parlarne» guardava a terra, le gote appena arrossate.
    «L’ho capito» Yūji accennò un sorriso, «però, Junpei» gli prese una mano, facendolo sussultare appena, «sappi che non ti giudico. Va bene qualunque cosa, purché tu sia felice.»
    Quando Junpei alzò lo sguardo e vide il sorriso luminoso di Yūji sentì gli occhi pizzicare.
    «L’avete cucinato tutti insieme, eh?»
    Yoshino annuì, concentrandosi sulla stretta delle loro dita.
    «Sono così felice che andiate d’accordo.»
    «Yūji» Yoshino piagnucolò con la vista annebbiata dalle lacrime e Itadori si ritrovò a sorridere intenerito mentre gli prendeva anche l’altra mano, «sei troppo buono, Yūji.»
    Yūji si alzò. Ormai lo superava in altezza di quasi quindici centimetri.
    «Voglio solo il meglio» gli poggiò la mano sulla testa, accarezzandolo affettuosamente, «per la mia persona speciale.»
    Il cuore di Junpei saltò un battito. Fissò Itadori, ma lui non lo stava guardando. Sembrava evitare di proposito il suo sguardo, come se quelle parole gli avessero causato un enorme imbarazzo, eppure non accennava a scostare la mano dalla sua testa.
    «Yūji…» Junpei tornò ad afferrargli la mano libera, vi strinse le dita intorno come se fosse stata il suo unico appiglio in un abisso oscuro. «Yūji, io…»
    La luce si spense all’improvviso.







    «Ih!!»
    Tsumiki, che a luce accesa lo precedeva di appena un paio di passi, gli finì addosso non appena rimasero al buio.
    «Che cos’era quel coso?!»
    Appena un istante prima che le luci si spegnessero avevano visto qualcosa, un’ombra sgattaiolare, una coda marroncina, eppure non era quello che preoccupava Megumi in quel momento.
    «Tsu-Tsumiki…»
    «L’hai visto anche tu, vero?»
    Possibile che non se ne stesse accorgendo? Le aveva messo le mani sulle spalle e la stava spingendo, ma lei era inchiodata al pavimento; spaventata per quella cosa non aveva alcuna intenzione di andare avanti e così continuava a premerglisi contro, a premergli il maledetto sedere sul bacino!
    In uno sprazzo di lucidità, Megumi estrasse il cellulare dalla tasca e dopo aver lottato con il blocco schermo per un istante che gli parve interminabile riuscì ad accendere la torcia. Rincuorata dal raggio di luce bianca, Tsumiki si scostò da lui quel tanto da permettergli di riprendere a respirare.
    Puntò il fascio della torcia in fondo al corridoio, nella direzione in cui era corsa l’ombra, quindi superò Tsumiki, che tuttavia lo seguì dopo un breve istante di esitazione.
    «Secondo te di quale animale si tratta?»
    «Shh…»
    Ormai si trovavano a un metro dal vecchio armadio in fondo al corridoio. Era sembrato ovvio a entrambi che si fosse rifugiato lì visto che tutte le porte che si affacciavano sul corridoio erano chiuse.
    Megumi si inginocchiò e puntò la torcia fra i piedini dell’armadio, aspettandosi un buco nel muro, ma non trovò nulla. A una più attenta osservazione, però, notò che un buco c’era, solo si trovava sul fondo del mobile. Da lì spuntava un angolo di plastica blu che realizzò essere parte del pacchetto di salatini.
    Si rimise in piedi e fece segno a Tsumiki di indietreggiare, quindi aprì l’anta destra e subito dopo la sinistra, puntando la torcia all’interno del mobile.
    Proprio in quel momento la luce tornò, rivelando un armadio vuoto di vestiti e pieno di foglie secche, rametti e incarti colorati. Oltre al foro sul fondo ce n’era un secondo nella sella di legno sul retro.
    Due occhi tondi e ambrati li fissavano oltre il buco nella sella.
    Tsumiki balzò all’indietro, mentre Megumi rimase immobile, illuminandosi non appena realizzò di che cosa si trattava.
    «Un cane procione!»
    «Un che?» chiese Yūji, appena affacciatosi in corridoio con Junpei accanto.
    «Quello che si è mangiato i nostri salatini» rispose Megumi, «è un cane procione!»
    Tsumiki si avvicinò di nuovo e constatò che, difatti, era proprio un tanuki in carne e ossa. A ben guardarlo non era poi tanto spaventoso: come suggeriva il nome assomigliava a un cane e le orecchie tonde e la mascherina nera attorno agli occhi lo rendevano particolarmente carino. Non così carino da perdere la dignità come era appena accaduto a suo fratello, però.
    «Contieniti» disse a Megumi, punzecchiandogli un gomito con aria divertita.
    Era così quando veniva a contatto con un animale: lo pervadeva un entusiasmo che non gli aveva visto in faccia nemmeno da bambino, tanto che solo per vederlo illuminarsi in quel modo era lei la prima a insistere per andare allo zoo o per entrare in qualche negozio specializzato quando ne scoprivano uno.
    Vederlo così la rendeva felice, per questo si dispiacque quando il cane procione si ritirò e si dileguò nel buio.
    «Sono aggressivi?» domandò Junpei alle spalle dei fratelli Fushiguro. Lui e Yūji si erano avvicinati appena in tempo per vedere il musetto allungato scomparire.
    «Per la verità sono piuttosto innocui» rispose Megumi. «Basta non infastidirli, come per tutti i selvatici. Però amano molto il cibo.»
    «Vedi che non li ho mangiati io i salatini?» osservò Itadori.
    «Ecco perché non lo abbiamo trovato subito» disse Junpei, «il buco nel muro è dietro l’armadio.»
    «E il passaggio che usa per fare avanti e indietro in casa è questo» Tsumiki indicò il foro in fondo all’armadio.
    Megumi richiuse le ante.
    «Che si fa?» domandò Junpei.
    «Nulla» il più giovane dei fratelli Fushiguro si strinse nelle spalle, «ma non lasciate cibo in giro, okay?»
    «Me ne sono resa conto adesso» disse all’improvviso Tsumiki.
    «Che?»
    Guardò Megumi, che le si era rivolto con fare svogliato.
    «Dov’è Nobara?»







    La trovarono sul divano a gambe incrociate, una pila di pite nel piatto e una stretta fra le labbra.
    «Ragazzi!» Nobara piagnucolò, poggiando la pita mangiucchiata in cima alle altre e allungando le braccia verso Tsumiki come una bambina bisognosa di conforto. «Ma dove eravate finiti?!»
    «Abbiamo trovato il ladro dei salatini» le rivelò Tsumiki, abbracciandola.
    «Davvero?» Nobara ricambiò la stretta, affondando il viso nei lunghi capelli castani dell’altra. «E chi è?»
    «Un cane procione. Dovresti vederlo, è proprio carino!»
    «Che?!» Nobara trasalì e si staccò da lei. «Che cos’è?! Anche il nome non mi piace» poi si rivolse a Megumi. «Fushiguro, che cos’è un cane procione?!»
    «Un animale che assomiglia a un cane e a un procione» rispose lui, laconico.
    «Wow, Fushiguro, hai proprio reso l’idea!» commentò Yūji. All’inizio Junpei pensò fosse ironico, ma l’entusiasmo con cui lo aveva detto gli fece venire qualche dubbio.
    «Non mi piace!» Kugisaki negò con un vigoroso cenno del capo. «Sbava? Oddio! Sbava, vero? Non lo voglio, mandiamolo via!»
    Megumi stava per risponderle che piuttosto che cacciare via quel bellissimo esemplare avrebbe chiuso lei fuori in giardino, ma fortunatamente qualcuno lo precedette osservando molta più gentilezza.
    «È innocuo» Tsumiki cercò di tranquillizzare Nobara portandole i capelli dietro le orecchie con una carezza affettuosa. «Non preoccuparti, non ci farà nulla.»
    «Fushiguro?» Junpei si avvicinò a Megumi, che ancora bersagliava Kugisaki di occhiatacce colme di disapprovazione. «Hai un momento?»
    Megumi lo guardò di sbieco. Cercò di capire che cosa potesse volere da lui, ma non gli venne in mente nulla.
    «Okay» rispose dopo averci pensato un po’ su.
    «Andiamo in giardino» gli disse Junpei. «Yūji, vieni anche tu.»







    «Non scacceremo il cane procione» dichiarò Megumi con risolutezza.
    «Non volevo parlarti di questo» ribatté Junpei.
    «Oh… allora che vuoi?»
    «Non ti piace Yūji» Yoshino rifletté, ignorando l’occhiata sbigottita di Itadori.
    «No. Basta con questa storia di me e Itadori» protestò Fushiguro.
    «Non ti piace Nobara» continuò Yoshino.
    «A chi piace Kugisaki?» lo incalzò l’altro. «Comunque ti fa male frequentarla, Yoshino. Stai diventando come lei. Perché mi fai tutte queste domande?»
    Junpei lo guardò dritto negli occhi e Megumi ebbe un terribile presentimento.
    «Hai quasi strozzato Yūji quando abbiamo pensato che lui e Tsumiki si piacessero.»
    «Ma che succede?» Itadori sbatté le palpebre a più riprese, decisamente confuso da quell’interrogatorio serrato in cui, volente o nolente, sembrava essere coinvolto anche lui.
    «Insomma, mi sembri un po’ troppo possessivo con tua sorella…»
    «Vuoi fare a botte, Yoshino?» ribatté Megumi, impassibile.
    «L’ho visto, Fushiguro. Il modo in cui l’hai guardata mentre consolava Nobara. Il modo in cui la guardi…»
    Yūji, che cominciava a realizzare, spalancò gli occhi.
    «Itadori, digli qualcosa» sfiatò Megumi. «Sta delirando.»
    «È vero…» mormorò Yūji, in piena epifania. «Fushiguro, non è che lei ti…?!»
    «Strozzo entrambi se non vi tappate quelle bocche.»
    «Allora è vero!» esclamò Junpei. «Ti piace tua sorella!»
    «Sh!» Megumi gli fece segno di tacere con l’indice sulle labbra. «Abbassate la voce, deficienti!
    «E… e non è mia sorella, okay?» borbottò guardando altrove. «Siamo cresciuti insieme, ma non siamo imparentati.»
    «Perverso…» commentò Junpei.
    Megumi lo incenerì con lo sguardo. «Lo ripeto: sembri sempre di più Kugisaki.»
    «Quindi… quindi…»
    «Stai ancora facendo due più due, Itadori?» sospirò Fushiguro. «Non ti sforzare, altrimenti ti si fondono i circuiti…»
    «È come se a me piacesse Choso!» esclamò Yūji, ormai completamente coinvolto. «No, vabbè, scusate, devo chiamarlo subito!»
    «Itadori!» Megumi lo ammonì, ma Yūji aveva già il cellulare incollato all’orecchio.
    «Ti aiuteremo per quanto possibile, Fushiguro» fu Junpei a farlo desistere dallo strozzare l’altro. «Non voglio illuderti, ma anche lei a volte ti guarda in modo un po’ strano…»
    «Choso!!»
    Megumi e Junpei si zittirono, rivolgendo la propria attenzione a Yūji.
    «Sì, lo so, scusa» continuò Itadori, «aspetta, prima ho una notizia incredibile da darti!»
    Megumi premette la lingua contro il palato. Junpei gli afferrò un braccio per tenerlo buono.
    «Sai che a Fushiguro piace Tsumiki?!»
    Megumi sfiatò a braccia conserte: per lo meno quell’idiota aveva avuto la decenza di dirlo a bassa voce.
    «Sì, sua sorella! Vero? Che schifo, è come se io e te…!»
    «Ehi, un attimo» Junpei realizzò quello che stava accadendo e trasalì per l’emozione. «Stai chiamando! Yūji, stai chiamando!»
    «È vero!» esclamò Megumi. «Itadori, digli dove siamo!»
    «… Choso?»
    A Megumi e Junpei si gelò il sangue.
    Silenzio.
    «Choooosoooo?»
    Yūji guardò il telefono con espressione confusa, poi lo mostrò agli altri due. «Non c’è più campo.»
    «Adesso posso strozzarlo, Yoshino?»
    Junpei esalò un sospiro rassegnato. «Merda!»






ɴᴏᴛᴇ ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Buongiorno splendori! Come state?
Immaginavo che questa storia avrebbe avuto ben pochi riscontri, ma va bene così, dopotutto è nata più come una sperimentazione personale, tanto per uscire dalla comfort zone scrittoria!
Eppure i lettori ci sono… e sono stupita dal numero di visite raggiunto con il primo capitolo, che comunque per me è uno dei più alti dell’ultimo anno!
Btw sono qui solo per segnalare che, anche se il rating resterà verde, nel prossimo capitolo succederanno cose. Ricordo che le coppie sono l’ItaJun e la MeguTsumi, quindi se non vi piacciono lasciate perdere, io non mi offendo!
Ci avviciniamo alla fine, a cui mancano solo tre capitoli più uno special!
Alla prossima!

   
 
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