Mie care
amiche, vi sono
tanto grata per il modo con cui mi state seguendo, partecipando a
questa storia
come se Massimo e Chiara fossero davvero vostri amici per cui,
credetemi, non
vorrei farvi soffrire ancora. Ma purtroppo se lo facessi dovrei
giungere alla
conclusione . Non lo faccio per due motivi: primo perché
dovrei privarmi di
questo piacere quotidiano che mi state regalando; secondo:
perché questi ragazzi
hanno bisogno di penare ancora un po’. Chiara è
sensibile ed innamorata ma è anche
una fifona incapace di rischiare e Massimo, nonostante ormai sia chiaro
che è
in perfetta buona fede e che non si sente affatto un predatore, deve imparare a capire che
la percezione che
ha di se stesso non è esattamente quella che hanno gli altri
di lui. Allora è
giusto che soffrano un pochino entrambi, per maturare e gettare le basi
di un
eventuale rapporto più solido. Leggete questo capitolo,
vedete cosa ho
combinato loro e fatemi sapere… Ci conto, eh?
4
SETTEMBRE martedì
Chiara
si era svegliata madida di
sudore ed ancora turbata. Aveva sognato di stare facendo
all’amore con Massimo.
Era stato bellissimo e molto reale. Le era parso di vivere ancora il
contatto
fisico con lui e ne aveva provato un’emozione grandissima. Il
cuore le batteva
forte ed i sensi erano tutti terribilmente svegli: aveva accarezzato ancora una
volta quel bel corpo
maschio e baciato la sua bocca così calda e dolce, ma era
stato solo un sogno e
svegliandosi lo aveva perduto.
Si
alzò dal letto ed andò in bagno, si
versò un po’ di acqua fresca sul viso e sul collo
poi prese un bicchierone di
succo di frutta e se n’andò sul terrazzo dove si
accoccolò sul pavimento di
cotto che ancora tratteneva il calore del sole della giornata estiva.
Mentre guardava il
mare scuro rilucere
sotto le stelle, beveva a piccoli sorsi, cercando di calmare il suo
corpo che
bruciava al ricordo dell’amore.
Tutto
sembrava imbalsamato e sospeso
nel tempo.
-
“Passerà anche questo - si disse –
tutto finisce, anche l’amore. Se ho superato cinque anni
passati con Marco come
potrò non dimenticare pochi giorni con lui?”
Ma
dentro di sé sapeva bene di non
volere ammettere la verità e cioè che quella
storia passata era arrivata ad un
punto di saturazione. Oramai stanca e sdegnata dal comportamento di
Marco, neanche
desiderava vederlo più tanto le dava fastidio. E
così era finita davvero.
Invece Massimo era ancora pienamente nei suoi pensieri. Come poteva
essere
altrimenti? Un uomo così dolce, così forte,
un’amante così meraviglioso!
Intanto si asciugava con rabbia il pianto che le scorreva silenzioso
sul
viso.
No,
sul serio, non aveva proprio nulla
da rimproverargli, era stato sincero, non aveva proposto né
accettato
compromessi. Era stata lei una stupida a pensare di poterlo fermare: si
può
fermare forse il vento o l’impeto del mare? Come pretendere
che uno così,
chissà quante donne belle e risolute l’avevano
amato, si potesse innamorare
proprio di una piccola imbranata, nevrotica e maniaca come
lei…
-
“Passerà,
passerà…” - si diceva. Presto
i suoi sensi si sarebbero di nuovo assopiti, d’altronde si
era sentita davvero donna
soltanto tra le braccia di lui e non aveva nemmeno mai saputo di
esserlo così
tanto. Di sicuro il suo corpo l’avrebbe dimenticato ed anche
l’amore sarebbe
passato a poco a poco. Cristina aveva ragione, era ancora giovane,
forse avrebbe
avuto ancora altri amori, ma di una cosa era sicura, mai più
sarebbe stato così
perché Massimo era la persona più desiderabile
che aveva mai incontrato in vita
sua.
Non
voleva avere rimpianti però. Lui era
stato come un sole e, come una creatura infreddolita, si era riscaldata
ai suoi
raggi. Non aveva senso rammaricarsi adesso perché, come il
sole che tramonta,
era andato via ed il freddo la stava avvolgendo di nuovo.
**
-
Ti vuoi sbrigare ad uscire? Il bagno
mi serve!
Sandra stava bussando con
insistenza alla porta imprecando contro Massimo chiuso lì dentro da un bel po'.
Alla
fine quest’ultimo uscì, con
l’accappatoio indosso ed ancora i capelli bagnati:
-
Sei una vera rompiscatole, non puoi
andare al bagno di sopra? – le chiese un po’
irritato.
-
No, le mie cose stanno qui, vacci tu
a quello di sopra.
La
sorella lo scostò in malo modo e poi
gli chiuse la porta in faccia.
Il
giovane andò in cucina dove c’era la
mamma a preparare la colazione.
-
Buongiorno - gli
disse questa – lo vuoi un caffè?
-
No, grazie, me lo sono preparato
prima da solo – le rispose accendendosi una sigaretta.
-
Ho notato! Sono appena le otto ed hai
già bevuto una macchinetta di caffè e fumato
tutte queste sigarette! Dovresti
starci un po’ attento, ragazzo mio – lo
rimproverò indicando il posacenere già
colmo di cicche.
-
Mamma, per favore, non ho bisogno
delle tue prediche. Sono abbastanza adulto da
badare a me.
-
Però non sei del tuo solito umore. Se
è per quella ragazza di Napoli, guarda che certe volte le
donne amano essere un
po’ corteggiate. Può darsi che se insisti un poco
con il tuo “fascino
irresistibile” la convinci a tornare con te.
La
poverina voleva solo scherzare e mai
avrebbe immaginato la reazione del figlio.
-
Insomma, sono venuto qui per farmi
sfottere da tutti voi? Ti ci metti anche tu adesso?
Vi devo proprio mandare a quel paese? – si
era innervosito tantissimo e stringeva la sigaretta tra le dita con gli
occhi
ridotti a due fessure color ghiaccio.
-
Calma, calma, come sei irascibile,
sembri una pila elettrica!
Sandra,
uscita nel frattempo dal bagno,
prese una tazza di caffellatte e mentre cercava di sorseggiarlo senza
scottarsi
perché era bollette, benché avesse molta fretta,
volle intervenire nel
discorso.
-
Infatti, sei diventato davvero
insopportabile! – disse.
-
Meno male che non ci sto mai in
questa casa, siete capaci di farmi incazzare tutti. La prossima volta
devo
vedere dove andare perché qui è impossibile
resistere!
Caterina,
non era più disposta ad
indulgenze e con un tono di voce piuttosto irritato, osservò:
-
Massimo, ma chi ti sta facendo
niente?
-
Lascialo perdere, mamma. Tanto si è
capito cos’ha il signorino – ribatté la
sorella.
-
E sentiamo, che cosa avrei, di
grazia?
-
Non ti va giù che qualcuna ti abbia
piantato prima che lo facessi tu. Questo è uno sgarro che al
grande “amatore”
non bisogna fare, per carità! – gli
spiegò Sandra, beffandolo di proposito.
Massimo
andò su tutte le furie.
-
Lo vedete che non siete capaci di
farvi i cazzi vostri? Cos’è, la mia vita privata
è stata oggetto di un
consiglio di famiglia per caso? – urlò.
-
Che sciocchezze dici, caro! –
protestò Caterina.
-
Dico che sei andata a spiattellare a
questa cretina le mie cose personali e non mi sembra il caso
perché questa
scema non ha la minima sensibilità.
-
Davvero? – gli fece di rimando la
sorella la quale essendo cresciuta con tre fratelli tutti
più grandi di lei
aveva dovuto per forza imparare a difendersi per non farsi mettere
sotto – E
chi ce l’avrebbe la sensibilità, tu per caso che
te ne sei sempre fottuto di
tutte?
-
Ragazzi smettetela e poi… cosa sono
tutte queste
parolacce!
L’anziana
signora cercava di riportare
la calma ma i figli non la stavano neanche a sentire.
-
Perché secondo te io sarei una
persona incapace di sentimenti? – stava dicendo infatti
Massimo.
La
ragazza guardò la madre
e le chiese:
-
A te risulta che ne abbia mai avuti
verso qualcuna? A me no!
Caterina
non rispose e si limitò a fare
un sospiro rassegnato.
Il
giovane invece fulminò entrambe con
uno sguardo e, per cercare di controllarsi, se ne andò
sbattendo violentemente
la porta alle sue spalle.
Dopo
circa una mezz’ora riapparve in
cucina pronto per
uscire. Purtroppo però
non sapeva dove andare. Il giorno precedente era stato da Aldo, il
vecchio
amico proprietario della palestra dove si era sempre allenato. Aveva
passato
tutto il pomeriggio con lui, facendo anche un po’ di
attrezzi, ma adesso si
sentiva dolere tutti i muscoli per la mancanza di allenamento e non
aveva
voglia di tornare lì.
La
rabbia di poco prima gli era
sbollita anche se un po’ ce l’aveva ancora con le
due donne perché lo
giudicavano troppo male.
Non
era vero quello che dicevano. Quante
volte aveva voluto bene ed anche se le cose non erano mai andate per il
verso
giusto, non era stata solo colpa sua. Ma forse Sandra era in collera.
La sua
amica Daniela doveva averle raccontato quanto era successo tra di loro
e per
questo si stava comportando così.
-
Dove deve andare quella lì così di
fretta? – chiese alla madre mentre prendeva dei biscotti
dalla credenza.
-
A prendere il treno per andare in
ospedale – gli rispose calma Caterina come se la scenata di
prima non fosse mai
accaduta.
-
E non va con l’auto?
-
No, stasera deve partire per un
congresso a Parigi e non vuole lasciarla al parcheggio
dell’ospedale. Per questo
ha deciso di prendere il treno. Anzi… Sandraaa! –
la chiamò – Sbrigati che lo
perdi quel treno!
La
ragazza arrivò tutta trafelata con
in mano un giaccone pesante.
-
Vorrei portarmi anche questo, può
darsi che lì faccia freddo. Però la valigia
è diventata un quintale, come
faccio a salirla sul treno? – osservò.
-
Ti accompagno io in ospedale con la
tua macchina e poi la riporto qui
- si
offrì Massimo il quale era fatto così, un minuto
prima pareva volesse ucciderti,
un minuto dopo ti riempiva di gentilezze.
La
ragazza gli buttò le braccia al
collo, contenta.
-
Davvero fratellone? Faresti questo per
me?
-
Soltanto perché non ho niente da
fare, scimmietta – le rispose sorridendo e ricambiando il
bacio che lei gli
aveva dato su di una guancia.
**
Poco
dopo, guidando la Toyota di
Sandra, Massimo la paragonò alla BMW usata di solito per il
suo lavoro.
-
Una macchina così mi ci sarebbe
voluta a Napoli. Lì il traffico è un vero
inferno, nessuno che rispetti il
codice e guidare quella portaerei è un vero disastro -
commentò.
-
Cos’è – osservò maliziosa la
sorella –
credevo ti piacesse stare lì.
Lui
le rispose a tono, ma scherzoso,
augurandosi in cuor suo di non riprendere l’argomento
scabroso.
-
Infatti mi piace e mi piacciono anche
le persone che ci abitano, se lo vuoi sapere.
La
ragazza, sollevata dal fatto che la
sua collera fosse passata come un temporale d’estate, si
guardò bene
dall’insistere, anzi, trovandosi lì in
intimità, gli confidò del suo nuovo ragazzo con
il quale doveva recarsi a
Parigi quel pomeriggio.
-
Quindi è un collega dell’ospedale. È
medico anche lui?
-
Sì, fa l’anestesista.
Massimo
sogghignò e provò a raccontarle
la famosa barzelletta della moglie che non sentiva mai nulla
perché il marito
era un bravo anestesista, ma la ragazza finse di
arrabbiarsi,
dandogli un
sacco di botte.
-
Basta, basta, sto guidando, perdono,
perdono! – rise lui per poi chiederle serio – Ne
sei innamorata, scimmietta?
-
Sì, credo di sì, solo che non so come
andrà, forse tra qualche mese sarà già
tutto finito.
-
E perché dovrebbe esserlo, non state
bene insieme?
-
Tantissimo. Ma sai com’è, non
c’è mai
niente di sicuro. Comunque è meglio provarci non ti pare?
-
Certo – convenne lui e pensò a Chiara
la quale invece preferiva battere in ritirata piuttosto che rischiare.
-
E poi ho badato sin troppo alla
carriera, è tempo di pensare anche un po’ ai
sentimenti se no finirò per diventare
una zitella inacidita come te. Perché tu stai diventando
davvero acido, ragazzo
mio, credimi!
Arrivati
a Modena, Massimo l’accompagnò
in ospedale ed ebbe anche modo di conoscere il suo ragazzo che gli
parve
simpatico. Andando via augurò con tutto il cuore alla
piccola Sandra che fosse
la persona giusta per lei perché in fondo la solitudine
è davvero una cosa
terribile da sopportare per tutti, persino per le donne in carriera.
Rientrando
in auto si accese una
sigaretta poi, per avere un po’ di compagnia,
pescò tra i cd per vedere se
c’era qualcosa che gli piacesse. Ne trovò uno di
Battiato e decise di metterlo
su. La musica dolce invase l’abitacolo e solo in quel momento
si rese conto che
era la stessa che aveva fatto da colonna sonora al suo primo rapporto
con
Chiara.
Suo
malgrado, un’ondata di nostalgia lo
invase al ricordo della dolcezza provata allora. Gli pareva quasi di
sentire
ancora il profumo della pelle di lei, l’arrendevolezza della
sua bocca, la
stretta delle sue braccia. In quel momento
era sembrato tutto perfetto. Perché
era
già finito? In effetti doveva ammettere di aver avuto
parecchie colpe, forse
era stato troppo rigido, avrebbe dovuto insistere di più
perché aveva avuto la
sensazione che tutto sommato lei gli
volesse bene. Ma era proprio questa la cosa che lo mandava di
più in bestia: come
aveva potuto Chiara, se
lo amava davvero,
rinunciare a lui con tanta freddezza?
Ascoltava
intanto il susseguirsi dei
brani: erano tutte canzoni d’amore, ma amori tristi, senza
speranza, che
lasciavano dentro un enorme dolore. Forse era questo il tipo di
rapporto che
lei voleva, quello tormentato, che ti fa sentire importante.
Personalmente
invece aveva sempre pensato al vero amore come a qualcosa che ti deve
far
schizzare il cuore dalla felicità, che non ha un come o un
perché e deve essere
totale ed irrefrenabile. E poi c’era un’idea a
farlo soffrire e che non
riusciva a scacciare:
-
“Con quell’altro invece si era
lasciata andare. È stata con lui senza chiedergli nulla,
solo da me vuole gli
impegni. Dovrei dimenticarla, accidenti, togliermela dalla testa. In
fondo è
stata solo una tra le tante…”
Mentre
formulava questo pensiero,
incominciò la canzone di Fabrizio De Andrè:
“Amore che viene, amore che
va” .
L’aveva
sempre trovata bellissima ma
stavolta avvertì uno strano fastidio. Irritato, chiuse di
scatto il lettore cd.
Nonostante tutti i suoi propositi, non ce la faceva a veder andare via tutto
ciò che provava per Chiara.
**
Per
tutto il pomeriggio rimase molto
nervoso anche se cercò di controllarsi per non far pesare il
proprio umore sui
genitori. Oltretutto si annoiava a morte. Fu tentato di telefonare a
Daniela. Sapeva
come prenderla ed era certo che avrebbe potuto perdonargli
un’ulteriore
avventura, ma sapeva
anche che questa volta
non era una scappatella senza importanza come erano state le altre.
Inoltre, se
si fossero riappacificati, c’era il pericolo di creare un
pericoloso precedente.
Non voleva indurla a pensare che una volta finito il suo girovagare
avrebbero potuto
tornare a vivere
insieme perché la loro convivenza era stata
un’esperienza troppo penosa. A poco
a poco il loro amore, soffocato dalla quotidianità, era
finito e lui si era
convinto di non essere fatto per la vita a due. Chissà se la
colpa era stata
sua o di Daniela, ma a un certo punto si era sentito davvero in gabbia.
Solo il
rapporto superficiale che avevano avuto negli ultimi tempi aveva
funzionato ma
ora era meglio troncare anche quello, se non altro
per onestà.
Decise
di andare un po’ al centro
fisioterapico gestito dal fratello Luciano dove aveva lavorato da
ragazzo.
C’era ancora qualcuno dei vecchi colleghi e con loro
riuscì a passare qualche
ora sereno.
Ad
un tratto uno di essi gli
chiese:
-
Perché non torni
a lavorare qui?
-
Che sciocchezza! – rispose per
lui Luciano,
orgoglioso del fratello –
Questo qui si è laureato con il massimo dei voti ed
è diventato un pezzo grosso
nella azienda in cui lavora. E poi le vecchiette con
l’artrosi non gli
interessano, magari se fossero belle ragazze qualche massaggino lo
farebbe più
volentieri!
Tutti
si misero a ridere. Anche lui lo
fece, ma provò un senso di fastidio.
Più
tardi, quando fu da solo, si
interrogò sui motivi che gli avevano provocato quel disagio.
-
“Probabilmente – si disse – se non ci
fosse stato quel maledetto massaggio alla schiena di Chiara il giorno
di
Ferragosto adesso non starei così, forse sarei riuscito a
mantenere il nostro
rapporto ad un livello di amicizia. Sarebbe stato molto
meglio”.
Eppure
non voleva rimproverarsi per
quanto era accaduto perché era stato tutto molto naturale e
travolgente. Se
avesse voluto, Chiara avrebbe potuto fermarlo, ma anche se adesso
preferiva
fare la vittima, aveva
goduto pure lei
di quell’amore così improvviso.
Cosa
significava dirgli ora “trovati
qualcuna più adatta al tuo scopo”? Quale
“scopo”? Quello di portarsela a letto?Possibile
che non avesse capito proprio nulla della spontaneità con la
quale l’aveva
amata? A questo punto era indotto a pensare che fosse stata proprio lei
ad aver
avuto qualche scopo per fare sesso con lui, così, quasi
senza conoscerlo.
Da
quella storia ne era uscito
ammaccato ed anche
se non voleva
ammetterlo, proprio non gli andava giù.