Dedicato a tutti voi
che avete seguito questa storia, e a chi ha seguito anche le due precedenti e
mi ha spronato con le proprie opinioni, i propri pensieri e ha reso si che
potessi arrivare a scrivere fino a questo punto.
Grazie di cuore.
Epilogo
Tutto Iniziò e Finisce
Qui
“Non vale, o
giochiamo ad armi pari oppure…”.
“Oppure che cosa
fai? Piangi?”.
“Idiota! Daniele,
vieni, stai in squadra con me visto che lui si fa aiutare da Giuseppe!”.
“Non puoi chiamare
Daniele! E poi tu sei più vecchio di me non hai bisogno di aiuto…”.
“Col cavolo, ti
ricordo che il tuo aiutante ha un anno in più a me!”.
“Sarà, ma qui il più
maturo sembro io…”.
“Insomma, devo
aiutarvi oppure no? Altrimenti di là c’è una bella fetta di panettone che mi
aspetta insieme ad una figlia da sorvegliare…”.
“Vuoi dire che non
ti fidi di mio figlio, Dan?”.
“Appunto perché è
tuo figlio, Andrea…”.
“Brutto…! Niko,
continuiamo dopo, ora ho un idiota più idiota di te a cui farla pagare!”.
Possibile che
fossero passati trent’anni da quando io ero una sedicenne che gironzolava per
quel loft tra una prova e l’altra? Possibile che il tempo fosse trascorso così
rapidamente, in un modo lento ed indolore, tanto che io mi sentivo ancora piena
di energie e di voglia di ridere dietro a quelli che, all’epoca, avrei definito
“i miei uomini”?
Certo che era
possibile, e la cosa si rese evidente quando udii delle voci miste ad alcuni
tramestii, che non erano altro che opera dei nostri figli più rispettivi
fidanzati e fidanzate.
Al mio fianco,
Rossella rise di cuore davanti alla scena che si stava svolgendo di fronte a
noi: Andrea, mio marito Andrea che ormai era arrivato alla veneranda età di
cinquantadue anni, se ne stava addosso al mio migliore amico storico Daniele,
intento nel fargli il solletico come se fossero due bambini dispettosi e pieni
di energie dopo aver fatto una bella merenda ristoratrice. Alle loro spalle,
Niko e Giuseppe sghignazzavano come dei matti e contribuivano al tutto
lanciandogli addosso i cuscini di quello che io, durante il mio soggiorno in
quel loft tanti anni prima, solevo chiamare il megadivano.
Era il trentuno
dicembre. L’idea di trascorrere il Natale in un modo diverso dai soliti viaggi
nel nord Italia per la neve o in qualche paese europeo non allettava più i miei
figli e così, erano stati loro a proporre a me e Andrea di andare a trovare i
loro parenti materni a Maddaloni per poi fermarci a festeggiare nel grande loft
di Napoli in cui io e loro padre c’eravamo conosciuti trent’anni prima.
Certo, il loft era
di nostra proprietà dopo che Andrea l’aveva comprato, ma non ci andavamo da
circa sei anni a causa dei vari impegni così ritornarci con tutti i nostri
amici conosciuti in quell’occasione, insieme alle dolci metà dei miei figli, ci
era parsa un’ottima idea e così,già dal ventitré dicembre ci eravamo stabiliti
lì, anche se, per quanto la casa fosse grande, si stava un po’ stretti visto il
fatto che ognuno aveva con sé mariti, mogli, figlie e rispettivi fidanzati. Il
fatto che ci aiutava un po’ era che in qualche caso, figli di amici e fidanzati
dei nostri figli corrispondevano e così…
“Non cambieranno
mai, eh?” chiesi ad alta voce, continuando ad osservare quella scena idilliaca.
“Io ci ho perso le
speranze, ma devo dire che sono contenta. Cioè, per voi è stato un periodo
difficile e mi è dispiaciuto non esservi vicini, così… Mi sento più serena nel
vedere che nonostante tutto è sempre tutto come prima” rispose Rossella. In
quel momento mi parve di vedere la diciannovenne che spesso avevo invidiato ed
odiato: i capelli corvini come sempre, anche se corti fino alle spalle, gli
occhi verde smeraldo e il viso pallido erano gli stessi di sempre e le
conferivano la solita bellezza nonostante i suoi quarantanove anni e qualche
ruga e chiletto in più.
Sorrisi debolmente e
le accarezzai il braccio. “Tranquilla, Ross, è tutto ok… Anche se da quando
Sabrina e Cristian stanno insieme Andrea non è più chissà quanto sereno e cerca
in tutti i modi di osservarli, spiarlo e vedere se tradisce la sua bambina”
sghignazzai, dicendomi che Andrea non sarebbe cambiato mai nei confronti di
nostra figlia Sabrina.
“Posso ribadire che
non ho intenzione di tradire nessuna bambina?”.
Ci voltammo e
ridemmo. Alle nostre spalle c’erano Cristian e Sabrina che ci guardavano con
un’aria un po’ di disappunto. Com’erano belli! Ogni volta che li vedevo insieme
il cuore mi si riempiva di gioia e non potevo non dichiararmi soddisfatta della
piega che avevano preso le cose. Chi avrebbe mai immaginato che sarei riuscita
ad allevare una figlia così meravigliosa e diligente nonostante i miei numerosi
impegni di lavoro?
“E poi la certezza
sta nel fatto che se così fosse, Cristian non sarebbe arrivato a festeggiare
con noi la vigilia di Natale” aggiunse lei, con la stessa dose di sarcasmo che
solevo usare io.
“Amore, come sei
drastica, a Natale siamo tutti più buoni…”.
“Lo sai che io sono
l’eccezione che conferma la regola!”.
Inutile dire che io
e Rossella guardavamo quella scenetta come se fosse l’ultimo film romantico
rimasto al mondo, con tanto di sguardo sognanti.
“Vabbè, noi ci
accomodiamo su uno dei divani per goderci meglio quella pseudo lotta di
wrestling” dichiarò Sabrina, con un tono che cercava di celare sia la sua
incredulità che il sarcasmo che nutriva ai momenti nei confronti del suo babbo.
“Giuro che prima o poi anche Cristian dovrà avere una sorta di scontro simile
con lui come pegno del mio amore” ridacchiò in mia direzione, facendomi
l’occhiolino, che ricambiai, visto che Cristian sembrava allarmato alla sola
idea.
In quel momento
suonarono al campanello, così mi alzai per andare ad aprire, anche con lo scopo
di non sorbirmi più i litigi tra Andrea e Daniele che ora si battibeccavano per
aggiudicarsi la vittoria.
Vittoria mi
precedette quando ero ancora nell’ingresso, dato che lei se ne stava in cucina
con Roberto, Ilaria, Antoine, Gabriele e Belle a giocare a carte.
Con un piccolo senso di gioia vidi entrare Stella insieme ad un ragazzo,
la cui prima visione mi stupì molto. Era molto alto, con i tratti del viso
molto marcati e degli occhi di un verde particolare. Indossava dei vestiti
abbastanza eleganti e subito sorrise in nostra direzione. Doveva essere Mario,
quel famoso ragazzo che Stella aveva conosciuto a lavoro un mese e mezzo prima
e con cui usciva da tre settimane.
“Vittoria, Debora,
se chiamate anche gli altri vi presento Mario, sono appena andato a prenderlo
in aeroporto…” disse Stella raggiante.
Fu una richiesta
inutile visto che, aspettandosi questa visita, sia i ragazzi dalla cucina che
il resto dei presenti si era riversato verso l’ingresso.
“Mario, ciao!”
esclamarono all’unisono Cristian e Sabrina, che lo conoscevano dato che spesso
erano usciti a quattro insieme a lui e
Stella.
Mi voltai e vidi
Niko ed Eliana sorridere in loro direzione. Poco distante, la loro
secondogenita Ilaria squadrava bene quello che sarebbe potuto essere suo
cognato.
“Oh, bene, ci siete
tutti…”.
“No, non ci siamo
tutti, mancano mia figlia e Gabriele…” obiettò Daniele, a cui evidentemente
quella sorta di lotta non aveva fatto dimenticare il motivo per cui se l’era
meritata.
Scambiai uno sguardo
disperato con Andrea che scrollò le spalle, come a dire “posso capirlo,
dopotutto sono il primo che è geloso di sua figlia nonostante abbia venti anni,
quindi figurati lui visto che Belle ne ha sedici…”.
“Siamo qui, calma”
disse la voce di Belle, proveniente dal fondo del corridoio. Alle sue spalle,
mio figlio Gabriele la seguiva in rigoroso silenzio, dato che sapeva che
obiettare e protestare con Daniele era inutile e lo faceva arrabbiare ancora di
più. “Eravamo nella mia stanza a vedere la tv”.
Stella seguiva al
scena con una certa ansia, e quando l’eco delle loro voci si spense, si decise
a dire: “Bene, allora… Volevo presentare a voi tutti Mario, il mio fidanzato.
Mamma, papà, state tranquilli, questa volta non sarà una cosa passeggera… Siamo
innamorati l’uno dell’altra”.
Le sue parole furono
accolte con un moto di incredulità, gli stessi Niko ed Eliana sembravano non
credere che quella fosse la loro Stella, quella che voleva diventare a tutti
costi famosa senza fregarsene di quisquilie come regole e il rispetto nei
confronti del prossimo. Dal giorno del rapimento era maturata, e
improvvisamente aveva acquisito tutta la maturità che ci si aspetta di
riscontrare in una donna di ventisette anni.
“Si, e poi
lasciatemi dire che avete una figlia meravigliosa” aggiunse Mario,
avvicinandosi e stringendo la mano sia a Eliana che a Niko.
Così Mario si
aggiunse alla nostra già numerosa compagnia e si sentì subito parte integrante
di quella sorta di famiglia che eravamo diventi con il tempo. Alla fine del
cenone della vigilia di Capodanno lo vedemmo chiedere timidamente un autografo
a Niko, e per fortuna quel momento idilliaco venne interrotto dall’arrivo di
Max e tutta la sua famiglia.
“Finalmente sei
venuto, nonnetto!” lo accolsi, abbracciandolo. Se a sedici anni lo chiamavo
zio, era ovvio che mano a mano fossi passata alla fase successiva…
“Nonnetto? Per
l’amor del cielo, diciamo che per ora mi basta suocero…” brontolò, mentre
salutava anche Gabriele e Antoine.
“Suocero?” chiesi
senza capire, inarcando un sopracciglio.
Mi voltai di scatto
verso sua figlia Manuela e lei, sorridente, alzò la mano sinistra, al cui
anulare vi era un anello di fidanzamento con una pietra ben visibile e
brillante. “Ale mi ha chiesto di sposarlo, ieri!” esclamò.
“Oh! Auguri,
tesoro!” esclamai, abbracciandola con calore. Lei e Alessandro stavano insieme
da circa cinque anni, e si distinguevano perché non erano una di quelle coppie
appiccicose e legate da un gran senso di gelosia.
Non riuscii a non
pensare che al suo battesimo avevo rincontrato Andrea, e già si stava per
sposare… Quella sera, nel mio cuore la malinconia era d’obbligo a quanto pareva.
Improvvisamente,
presa da chissà quale turbine di emozioni, indossai il giubbino ed uscii fuori
al balcone, lo stesso in cui, anni prima, avevo letto la lettera della mia
amica Cristina che mi invitava a non fare più scandali. Era un venerdì tredici, il giorno in cui Niko mi aveva
baciata per la prima volta. E su quello stesso balcone avevamo litigato poi, una
domenica mattina, in cui lui mi aveva accusato di essere una “sedicenne
psicolabile”… E poi, quel pomeriggio, mi ero sfogata con Andrea su uno dei
divani che si trovavano tutt’ora di fronte al balcone e mi aveva detto che lui
si era affezionato fin troppo a qualcuno, che non sapevo essere io…
Senza che potessi
evitarlo, il mio viso iniziò a bagnarsi di lacrime. Eravamo alla fine di un
altro anno, quello in cui avrei compiuto quarantasette anni e ventidue anni di
matrimonio con Andrea.
Come se lo avessi
chiamato, sentii quest’ultimo cingermi la vita e baciarmi una guancia.
Evidentemente sentì che il mio viso era bagnato, perché mi fece voltare verso
di lui e mi squadrò ansioso.
“Deb, è successo
qualcosa?” chiese preoccupato.
Sorrisi tra le
lacrime e scossi il capo, asciugandomi il viso con la manica del giubbino. “No,
no, è tutto fin troppo ok… Forse è questo il problema” mormorai.
Lui continuò a
guardarmi sospettoso.
“Ti giuro, non è
nulla, mi sono solo lasciata un po’ andare con i ricordi e… Sono passati tanti
anni, siamo cresciuti tutti insieme, siamo riusciti a sopravvivere a tanti
casini, abbiamo avuto dei figli che ora stanno percorrendo le nostre stesse
tappe…” elencai, cercando di fargli comprendere il mio stato d’animo.
“Non dirmi che inizi
a sentirti vecchia!” mi ammonì, ma quando vide che lo guardai come a dire “Sei
un insensibile!” mi strinse a sé e mi accarezzò i capelli.
“Scherzavo… So cosa
intendi, e se è per questo ci penso da più tempo di te” dichiarò.
“E’ ovvio, hai sei
anni in più a me…”.
“Ci penso da quando
Sabri andava in terza media, in realtà” precisò.
Alzai lo sguardo,
scostandomi da lui, e lo guardai negli occhi. “E non me…?”.
“Non volevo farti
preoccupare” mi interruppe. “Ma è bello sapere che mia moglie ha la mia stessa
anima malinconica. Deb, abbiamo passato più di metà della nostra vita insieme,
e devi continuare a sorridere senza lasciarti prendere dalla malinconia. E’ la
vita… E poi oggi, con Daniele e gli altri, mi sembra di averti dato la
dimostrazione che non si è mai troppo avanti con gli anni per fare certe cose”
aggiunse, strappandomi un sorriso. "E ricorda che ti amo sempre come se fosse il primo
giorno".
“Anch'io, e lo sai, ma diciamo che preferirei che me lo dimostrassi
in altri modi…” sussurrai, attirandolo verso di me mediante il colletto della
camicia e baciandolo, senza non riuscire a non provare un minimo di vergogna.
“E’ quello che
volevo sentirti dire, donna, ti aspetto stanotte nella suite imperiale del
nostro regno per festeggiare l’anno nuovo…” rispose, con un velo di ironia e
tono da macho, prima di ribaciarmi. Ecco, in quel momento ebbi che la certezza
che la Deb e l’Andrea ventenni erano ancora vivi e non si sarebbero mai
assopiti con il passare degli anni.
Quando mi separai
vidi Sabrina e Gabriele guardarci
sghignazzanti dall’altra parte dl vetro del salotto, e scrollai le spalle,
riabbracciando Andrea. “Non avete solo voi il diritto di sbaciucchiarvi!” disse
lui, ed io annuii. Qualche volta avremmo anche potuto fare un’uscita a sei con
loro, chi ce lo vietava?
I vari mobili che ci
circondavano erano cosparsi da cornici con dentro foto che rappresentavano la mia
famiglia, ed io avevo avuto l’accortezza di abbassarle tutte, , dato che non mi
andava assolutamente di avere la sensazione di essere osservata da loro in un
simile momento.
Era ormai giorno, e
i raggi del sole filtravano dalla finestra della stanza che, anni prima,
apparteneva a mia madre. Lì lei aveva passato notti insonni a pensare a mio
padre, si era rallegrata quando aveva scoperto di aver perso qualche chilo nel
bagno adiacente, si era chiarita con papà dopo aver passato una bellissima
serata con lui mentre io…
“Amore, sei
sveglia?”.
… Io ci avevo fatto
l’amore per la prima volta con il mio ragazzo.
La voce calda e
seducente di Cristian suonò come musica nelle mie orecchie, mentre cercavo di
allontanare questo pensiero dalla mia testa. Quello era l’unico suono che al
momento sarei stata in grado di ascoltare senza sentirmi disturbata a causa
dell’eccesso di sonno che mi aveva invasa.
“Mmm, si” mugolai in
risposta. Me ne stavo girata dall’altra parte, gli stavo dando le spalle, per
il semplice fatto che ero cosciente del fatto che, appena avrei incontrato i
suoi occhi, non sarei riuscita a non
arrossire per i ricordi vissuti la sera prima con lui.
La mia prima volta.
Fino a pochi mesi prima, questa parola mi terrorizzava un po’, ma solo perché
non avevo ancora nessuno con cui condividere quell’esperienza.
Poi era arrivato
Cristian e… E tutto era diventato naturale.
Mi sentii cingermi
la vita dalle sue braccia possenti ed invitanti, così mi decisi a girarmi dopo
aver contato fino a dieci. Ma quello che trovai dipinto sul suo volto mi
spiazzò: mi aspettavo un normale sorriso, un qualcosa di semplice, come tutte
le volte che avevo dormito con lui nella dependance, e invece… Invece era
serio, ma mi stava osservando con una tale intensità che probabilmente sarebbe
riuscito a leggermi l’anima senza alcuno sforzo.
Mi accarezzò il
volto, i capelli, e mi attirò a sé senza alcuno sforzo.
“Sabri, ti ho mai
detto che ti amo?” domandò, con una
naturalezza mista ad un senso di gioia che non fece altro che aumentare la mia
incredulità.
In quel momento mi
sentii mancare il fiato e sentii qualcosa sciogliersi nei pressi del mio
stomaco. “N-no…” biascicai, cercando di respirare normalmente, ma invano.
“Beh, ora l’ho
fatto” disse, e qui sorrise in un modo dieci volte più smagliante di quello che
ero abituata a vedere.
Probabilmente non
avevo mai vissuto quel miscuglio di emozioni che stavo provando tutte in una
volta. Mi sentivo stordita, un po’ assonnata, senza fiato, con un mix di
emozioni che mi attraversavano freneticamente il cervello proprio come se
fossero una serie di taxi che si affollavano per la strada di New York. Ma solo
una cosa era sicura: ero immensamente felice.
“Allora, se
permetti, tocca a me farlo…” riuscii a dire dopo qualche secondo, con la voce
un po’ flebile.
“Non voglio che tu
lo dica solo perché…”.
“Ti amo” lo
interruppi, con una sicurezza e un tono di voce deciso e chiaro che sembrava
aver sostituito quello incerto di poco prima.
Cristian restò un
secondo spiazzato, prima di attirarmi a sé e baciarmi in un modo tale che
riaccese i me i ricordi della sera prima non proprio casti e puri. Non riuscii
a non trattenere un risolino, e lui si separò, guardandomi senza capire.
“Scusami, sono una
frana, lo so…” biascicai.
“Perché dovresti
esserlo?”.
“E me lo chiedi
pure? Insomma, lo so che tu sei diecimila volte più pratico di me in queste
cose, mentre io il massimo che riesco a fare è ridere per il nervosismo mentre
mi baci la mattina dopo che io e te… Abbiamo… Vedi, non riesco a non dirlo
senza imbarazzarmi!” urlai con una vocina un po’ stridula degna della miglior
bambina fastidiosa e petulante del mondo. Che figuraccia! E so dopo queste mie
parole Cristian avrebbe capito che ero troppo giovane per lui, troppo
inesperta, troppo ancora bambina?
“E allora
imbarazzati che mi piaci ancora dieci volte di più” rispose tranquillamente
lui, prendendo il mio volto tra le mani e iniziando ad accarezzarmelo
dolcemente. Lo guardai stupita, ma non
mi diede il tempo di replicare perché avvicinò il suo volto al mio e iniziò a
sfiorarmi delicatamente il volto con la sua guancia. “Mi credi se ti dico che
questa notte è stata la più meravigliosa che abbia passato con una ragazza? Può
sembrare una frase scontata, ma non lo è, è la pura verità. E sai perché?
Perché so che tu sei la ragazza,
l’ultima che avrò e la prima che abbia mai amato. Ogni carezza, ogni bacio,
ogni tuo movimento stanotte mi hanno fatto ricordare perché ti amo così alla
follia… Ed è il minimo che posso provare dopo tutto quello che abbiamo
rischiato” sussurrò quando si scostò, guardandomi negli occhi.
Io non avevo parole.
Di nuovo mi sentivo lo stomaco in subbuglio, e l’unica cosa che riuscii a fare
fu stringerlo a me e poi ribaciarlo. Comprese, perché rispose e cercò di
rassicurarmi ancora.
Ma quel momento
idilliaco fu però interrotto dallo squillare insistente del mio cellulare.
“Pensa se è mamma…” borbottai, mentre mi guardavo intorno per trovarlo. “Ci ha
permesso di restare qui da soli il giorno dopo l’Epifania solo perché gli
abbiamo detto che volevi andare a Pompei visto che non ceri mai stato… E
invece…”.
“E invece tu sei
stata il vulcano che mi ha fatto comprendere come si sono sentiti i suoi
abitanti quel disastroso giorno del 79 a.C., ma fa niente” sghignazzò lui,
alzandosi e cingendomi la vita mentre mi
avvicinavo alla borsa visto che la suoneria proveniva da lì.
Mi girai e gli
scoccai un’occhiata che speravo sarebbe risultata un po’ seducente e un po’
sarcastica, anche se fui costretta a sostituirla con una degna della migliore
sbadata del mondo quando vidi da chi proveniva la chiamata.
“Ehi, Titti!”
esclamai, colta all’improvviso.
“Sabri! Ma dove
siete? Noi siamo appena arrivati alla stazione ma non vi troviamo…” mi fece
notare, e in quel momento mi sentii un’emerita scellerata. Come avevo potuto
dimenticare che Titti e Marco sarebbero venuti a trovarci gli ultimi due giorni
che restavamo a Napoli e che dovevamo andarli a prendere alla stazione?
“Oh, si, sai,
abbiamo avuto problemi con il taxi, non abbiamo nessun mezzo di trasporto visto
che siamo venuti in aereo e quindi… Non… Non potete venire voi se vi do
l’indirizzo?”.
Detto fatto. Subito,
appena terminata la telefonata, io e Cristian ci fiondammo in bagno per una
doccia rapidissima, indossammo qualcosa di decente e sistemammo la casa.
Era come se fossimo
scesi dalle nuvole, come se per dodici ore io e lui fossimo vissuti in un mondo
a parte da quello consueto, e ora ci toccava ritornare alla brusca realtà in
cui avevamo preso degli impegni e ci toccava rispettarli, anche se non
comportavano alcuna fatica o dispiacere.
“Eccovi! Pensavamo
di non trovarvi più!” esclamò Titti appena aprimmo alla porta. Alle sua spalle
Marco, sempre iper biondo, sempre con quell’aria da bad boy che spesso la mia
amica elogiava e diceva di adorare, ci sorrise e ci abbracciò dopo la sua
ragazza.
“Non sapete che
trauma il viaggio in treno! Siamo capitati vicino a due ragazze estremamente
cafone e chiassose…” si lamentò appena li invitai ad accomodarsi in cucina per
ebre qualcosa.
Io, Cristian e Titti
ci guardammo con un sopracciglio levato e subito ribattei: “La prossima volta
ti affitto una limousine, ok?”.
“Ehi, smettila di
sfottere!” si difese.
“Si, Sabri,
smettila, lo sai che il mio cucciolo è un po’ permalosetto” disse Titti con un
tono di accondiscendenza degna della migliore mamma assoggettata al proprio
bambino.
Scoppiai a ridere e
lei fece lo stesso, mentre Marco sbuffava scocciato.
“Comunque, devo
darti una mega notizia!” esclamò la mia migliore amica, decidendo di rompere
quel momento in cui il suo ragazzo no si stava divertendo affatto. Restava
comunque un signorotto di alta società che stavamo migliorando mano a mano
circa i modi un po’ troppo formali e altezzosi.
“Spara”.
“Ho scoperto di aver
vinto una borsa di studio con i voti del liceo e per questo lo Stato mi ha
assicurato una sorta di assegno mensile visto che sono orfana e che mia zia che
ora sta in Francia ha legalizzato per bene la situazione, e così all’inizio del
prossimo semestre inizierò le lezioni all’Università per studiare cinese!”
esclamò.
Marco la guardò
adorante e sorrise, stringendola a sé. Molte volte aveva cercato di persuaderla
ad accettare un aiuto economico da parte sua, ma lei ovviamente aveva rifiutato
categoricamente.
Dal canto mio, emisi
un urletto di gioia e la strappai dalle grinfie di Marco per avvolgerla in un
abbraccio stritola costole. “E’ magnifico! Così la mattina andremo
all’Università insieme! E realizzerai il tuo sogno di diventare interprete! Oh,
come sono felice!” urlai.
Lei ricambiò
l’abbraccio e sorrise, consapevole.
Eccoci, finalmente
soddisfatte di ciò che la vita ci aveva offerto dopo vari patimenti. Non
eravamo più le due ragazzine che se ne stavano sui gradini di Piazza di Spagna
a piagnucolare per la mancanza di qualcosa nelle nostre vite, no, eravamo
semplicemente felici per il nostro presente, che eravamo sicure si sarebbe
protratto nello stesso modo fino a diventare un meraviglioso futuro.
… E così eccoci
arrivati alla fine vera e propria di questa terza ed ultima parte. So che vi
sembrerà strano il fatto che la prima parte sia narrata dal punto di vista di
Deb, ma non ce l’avrei fatta a concludere questa storia senza aver narrato
qualcosa dal suo punto di vista che mi è mancato tantissimo in questi quattro
mesi. Spero vi sia piaciuto quel piccolo viaggio nei suoi pensieri ^^
La seconda parte,
poi, probabilmente è un po’ scontata ma sapete che io adoro i lieto fine e
Cristian e Sabrina se lo meritavano dopo tutto quello che hanno passato.
Ci tenevo a far
svolgere il tutto nel fatidico loft in cui Deb e Andrea si sono conosciuti, e
spero che vi abbia fatto piacere ritornare un po’ con il pensiero in quel posto
=)
Cosa dire, non mi
resta che ringraziare le 28 persone che hanno messo la storia tra le seguite,
le 24 che l’hanno messa tra i preferiti, coloro che l’hanno solo letta e coloro
che hanno recensito lo scorso cap:
Alina 95: Si, Andrea
non lo supera nessuno ;-) spero ti sia piaciuta la scena tra lui e Deb in
questo cap ^^ Ma Cristian come dici tu mano a mano può arrivare alla sua
altezza, dai ihih! Spero che l’epilogo ti sia altrettanto piaciuto… Un bacione
e grazie per avermi seguita anche qui! ^^
CriCri88: Deb
incinta? Ma sai che la mia mente diabolica proprio a questo non aveva pensato?
xD Poi ovviamente dopo la tua supposizione ci ho riflettuto un po’, solo che
alla fine ho optato di no visto che comunque ha quasi quarantasette anni e poi
già mi immaginavo la faccia sconvolta del piccolo Gab quando avrebbe scoperto
che non sarebbe stato più il piccolo della famiglia… xD Grazie mille per avermi
seguito anche qui, e ti ringrazio sempre per avermi spronata a scrivere questa
terza e ultima parte! Un bacione cara!
vero15star: Tesoro,
scherzi? Non devo assolutamente perdonarti perché non sono mai stata
“arrabbiata”, so quanto sia difficile gestire scuola, ispirazione e stress ^^ E
poi già sapere che questi cap hanno continuato a piacerti mi ha dato un gran
sollievo perché sai che per me la tua opinione è fondamentale. Cosa dirti,
grazie di cuore tesoro, ti voglio benissimo!
_piccola_stella_senza_cielo_:
Si, alla fine l’amour trionfa sempre, eheh! Grazie per essere passata
anche a vedere l’altra storia, spero ti
piacerà con il procedere dei cap ^^ Un bacione!
Angel Texas Ranger:
In effetti, Irene non può ascoltarti perché è morta come hai detto tu xD E
tutto è bene quel che finisce bene, eh si… Spero che anche l’epilogo ti sia
piaciuto con il ritorno per un po’ nei pensieri di Deb… Un bacione e grazie di
cuore per avermi seguito anche qui!
Cosa dire… Se vi va
di sopportarmi ancora vi invito di nuovo a leggere la mia fic Dillo Alla Luna che per ora ha solo il prologo e il primo cap,
l’aggiornerò tra due giorni circa.
Grazie a
tutti coloro che mi hanno seguita in questo percorso… Non dimenticherò le
vostre recensioni e i vostri commenti.
La vostra milly92.