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Autore: fri rapace    16/11/2009    12 recensioni
Remus, deciso a non compromettere con la sua presenza il futuro del figlio, decide di non tornare da Tonks. Neanche lo scontro con Harry a Grimmauld Place riesce a fargli cambiare idea. Il figlio di un lupo mannaro è destinato a una vita di emarginazione, una condanna che lui non intende infliggere a un bimbo la cui unica colpa è di ritrovarsi con un padre sbagliato, un padre che non ha potuto scegliersi.
Cosa sarebbe successo se Remus avesse deciso di abbandonare Tonks definitivamente? O, per lo meno, se questa fosse stata la sua intenzione… messa in pratica caparbiamente fino a che Teddy, una mattina, poco prima di compiere cinque anni, scopre che basta indirizzare una pergamena al suo papà e affidarla a un gufo, anche se il bimbo non sa dove vive il suo papà, il gufo lo troverà, e allora, forse…
Genere: Romantico, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un orsetto per Teddy-epi Tonks salutò Remus con una carezza, anche se si era allontanato da lei solo per andare in cucina. A suo parere, il fatto che avessero trascorso tutta la mattinata assieme, non era un buon motivo per dissuaderla dal coccolarlo ogni volta che gli capitava a tiro, e con lo stesso calore che ci avrebbe messo se fosse stato di ritorno da un lungo viaggio.
Dopo anni di separazione, ogni nuovo istante passato vicini la faceva sentire un po’ più rinfrancata; si erano persi milioni di momenti irripetibili che avrebbero potuto condividere, era vero, ma questo faceva loro comprendere quanto fosse preziosa ogni piccola cosa.
Grazie a Kingsley, tutto si era risolto per il meglio. Il suo piano, che prevedeva un patto stretto con i Malfoy e la Skeeter, aveva funzionato alla perfezione.
I Malfoy avevano ottenuto quello che volevano: un articolo in cui venivano ritratti come dei poveri martiri innocenti, e con in più la sventura di avere una parente squilibrata che macchiava doppiamente il loro purissimo albero genealogico. Parente da cui prendevano le distanze, aiutandola però finanziariamente. Un’ottima pubblicità, che avrebbe dato una vigorosa spinta al ripristino del loro status sociale.
La Skeeter aveva accettato di comporre l’articolo su di loro, solo perché Kingsley le aveva concesso in cambio di fotografare il piccolo Teddy, ben sapendo, grazie alle lamentele di Tonks, che l’abbigliamento raffazzonato di Victorie avrebbe portato del tutto fuori strada la giornalista. La povertà dei lupi mannari e di conseguenza il loro modo di vestire era il modo più facile per individuarli, e la morbosità offerta dall’articolo era stata troppo golosa perché la Skeeter vi rinunciasse.
Un piano perfetto, pensò Tonks felice, che prevedeva anche il ritiro della denuncia di Lucius Malfoy a carico di Remus.
Roland Wagga, era stato processato poco dopo la pubblicazione dell’articolo sulla festa per l’anniversario della “Gazzetta del Profeta”, redatto da uno di quei giornalisti una volta messi in ombra dalla Skeeter, e le seguenti divulgazioni di Kingsley sulla storia del ragazzo e su quella di Remus. E il Winzegamot, sotto la pressione dell’opinione pubblica, era stato costretto a essere giusto.
Roland aveva passato in carcere poco più di due settimane e, anche se probabilmente la tregua nei confronti dei lupi mannari non sarebbe stata definitiva, questo rappresentava un considerevole precedente nelle cause intentate contro di loro. Traguardo importantissimo, dato che prima, di norma, si equiparavano legalmente i lupi mannari alle altre Creature Oscure, concedendo loro la stessa dignità di bestie senza coscienza.
Tonks prese il piccolo mantello dalle mani del figlio, aiutandolo a vestirsi anche se lui si stava mostrando piuttosto recalcitrante.
“Mamma, ma ci dobbiamo proprio andare?”
“Certo. Tu non sei terribilmente curioso di vedere il bebè di Harry e Ginny?”
Teddy sbuffò, senza nascondere minimamente il suo scarso entusiasmo. “Ma io stavo giocando con papà! Che è molto meglio che guardare un bambino piccolo. Lo so già come sono fatti, mi ricordo Vic. Sono noiosi, non parlano, non giocano, e sono tutti umidi e sbavosi!” il bimbo si dondolò sui talloni. “Magari, invece, potrei cercare con papà lumache carnivore in giardino. Sbavano uguale, non parlano, non giocano… è praticamente la stessa cosa!” disse allargando le braccia, chiaramente convinto che lei non potesse che approvare una proposta tanto ragionevole.
Tonks non poté fare a meno di ridacchiare. “Meno disprezzo, eh… eri così anche tu, una volta! Una piccola lumaca pastrugnona e sbavosa.”
“Ero come una lumaca?” chiese lui scettico e senza chiaramente dare alcun credito alle parole materne.
Gli allacciò il mantello, senza ribattere. Il bambino la fissò per un lungo istante, fino a che, rendendosi conto che la sua decisone di far visita ai Potter era definitiva, si allontanò rassegnato.
“Andiamo, Remus, mettiti il berretto e i guanti, che usciamo!” ordinò Tonks, osservando il marito a braccia conserte.
“Forse intendevi dire Teddy”, la corresse lui, prendendo il figlio per le spalle prima che sgusciasse fuori dalla porta.
“No, intendevo Remus. Teddy è sano come un pesce.”
“Anche io sto bene.”
“E ti credo! Stai bene perché ci sono io che bado a te, quindi sei obbligato a fare quello che ti dico.”
Appellò quel che voleva indossasse, costringendolo a piegarsi per calcargli il berretto di lana in testa, per poi passare ai guanti.
“Dora?” la chiamò cauto, dopo un quarto d’ora. “Ehm, se sei in difficoltà, ecco… io… posso fare da solo, sai…”
“Zitto! Sono già abbastanza incasinata con questi affari!” grugnì. “Ma ti sei per caso giocato un dito e non me ne sono accorta? Ne hai uno in meno, ne sono quasi sicura…” Ricontrollò meticolosamente, doveva essere per forza così, oppure erano i guanti a essere sbagliati.
Remus si osservò serio la mano. “Mmm… mi hai infilato l’indice nello spazio per il pollice, e temo di avere due dita cacciate nello stesso buco, ma… va bene lo stesso, guarda! Sto caldo comunque.”
“Sì, è uguale”, valutò lei, abbastanza convinta.
Teddy fece loro segno di muoversi, all’improvviso impaziente. “Mamma, Remus, se facciamo in fretta, prima di tornare a casa ci fermiamo in Malfoy Street?”
Remus gli sorrise, conoscevano bene quell’indirizzo. “Vuoi passare a salutare R.J.?”
“Certo! Me lo merito, no? Vengo con voi a vedere la lumaca! E poi R.J. gioca e non sbava. È meglio che il bambino di Harry sicuro!”
Il ghetto dei lupi mannari era stato reso in parte più vivibile, grazie al generoso lascito che i Malfoy le avevano fatto avere, per permetterle di curarsi dalla sua malattia mentale, cosa che naturalmente avevano sbandierato per bene ai quattro venti.
Le era sembrato corretto dare alla via principale del quartiere il nome dei tanto generosi benefattori, che di sicuro ne erano stati estasiati, anche se, inspiegabilmente, non si erano fatti vivi all’inaugurazione.
Rise tra sé e sé, mentre si rifugiava sotto il braccio di Remus. Lui sorrideva, come faceva sempre da quando l’aveva conosciuto, anche quando ci si sarebbe aspettato da lui lacrime e non sorrisi.
“Sei felice, amore?” gli chiese, affondando il viso nel suo mantello.
Remus le rispose con un bacio leggero sulle labbra. Un bacio piccolino, ma caldo e pieno d’affetto. 
E sì, era felice. Lo erano tutti.



Harry si fece avanti con un neonato tutto rosso e irrequieto tra le braccia. Lo reggeva prudente, quasi con spavento, come se temesse di potergli fare del male.
Remus non era meno scosso di lui, vedere il figlio di James, quel bambino che aveva cullato tante volte, ora adulto e padre a sua volta, aveva dell’incredibile e gli dava le vertigini.
Mise Teddy a terra, per prendere in braccio il piccolino che il ragazzo gli stava porgendo.
Teddy incrociò le braccia al petto, decisamente imbronciato. “Harry?” chiamò.
“Ehm… sì, Teddy?”
“Sei saltato proprio bene sopra a Ginny, eh?” lo rimproverò, contrariato.
Remus si accorse appena che il povero Harry annaspava per l’imbarazzo, sarebbe accorso subito in suo aiuto, se non si fosse del tutto estraniato da quello che gli accadeva attorno, preso da quel fagottino scalciante che gorgogliava contro il suo petto.
Anche Harry era stato così, un tempo. Anche Teddy, ma lontano dalle sue braccia e dai suoi occhi.
Sentì il respiro caldo di Tonks sul collo, si era chinata sul neonato per osservarlo meglio.
“Remus, guardalo!” rise. “Anche Teddy quando era così minuscolo non faceva altro che fare le bolle e dimenarsi tutto. Oh! Senti come è morbido? Senti le sue guanciotte tonde!”
Gli prese una mano e lo guidò ad accarezzare il viso del piccolo.
“Sì. È stupendo, Harry. Davvero”, mormorò lui senza fiato, mentre il giovane annuiva orgoglioso.
“Non hai mai potuto cambiare il pannolino a Teddy, ma se ti va puoi sempre rifarti con mio figlio”, propose, con un po’ di titubanza, per mostrarsi subito pentito di quello che aveva appena detto, come se si fosse reso conto che poteva essere frainteso, che quelle parole non rappresentavano affatto quello che voleva esprimere davvero.
“Ma che proposta allettante, eh!” rise Tonks.
Lui arrossì, schernendosi goffamente: “No, io… Remus… non volevo approfittarmi di te, cioè… cambiare i pannolini fa proprio schifo… intendevo dire che visto che Teddy ormai è grande e tu mi hai detto che ti dispiace, ecco… ti sei perso delle cose…”
Remus sollevò appena lo sguardo dal bebè, e sfiorò una spalla del giovane con la mano, una carezza contenuta, eseguita con una sorta di pudore.
“Ho capito, Harry, tranquillo. E ti ringrazio, ti ringrazio tanto.”
“Ehi!” strillò Teddy, sventolando le braccia. “Io sono qui! Qui!” si pizzicò una guancia, tirando il padre per la giacca con l’altra mano. “Tocca la mia, guancia rotonda!”
Remus non intendeva ignorarlo, ma in quel momento il piccolo spettacolo che teneva tra le braccia stava assorbendo tutta la sua attenzione. Erano passati più di vent’anni dall’ultima volta che aveva tenuto in braccio un neonato.
“Si chiama James,” disse il neo-papà, decisamente rinfrancato dalle parole dell’ex professore, pur sapendo che loro conoscevano già il nome di suo figlio.
“Sì. James,” ripeté Remus. “Come… come il nonno.”
Era così ingiusto che lui potesse vedere quella meraviglia, mentre Ramoso e Lily…
“Anche io ho il nome del mio nonno,” tentò Teddy speranzoso, ma le sue parole caddero nel vuoto.
“Oh, Remus, immagino che il fatto che il papà di Harry, tuo coetaneo, sia nonno, ti faccia sentire vecchissimo!” gli disse Tonks, dispiaciuta.
“Grazie, Dora, non l’avevo vista in quest’ottica, prima che tu me lo facessi notare,” osservò, con un mezzo sorriso.
“Prego, figurati. Ma per me tu sei sempre tremendamente sexy e fantastico, lo sai, vero?” lo confortò, con lo stesso sguardo sincero e innamorato che gli regalava  da sempre.
La sfiorò appena con le dita, mentre il piccolo James si accoccolava soddisfatto nell’incavo del suo braccio.
“Ehi!” chiamò nuovamente Teddy.
“Sì?” gli rispose Remus, soprappensiero.
“Non mi stai ascoltando davvero!” lo accusò il bambino, stringendo i pugni sui fianchi, il viso acceso per la frustrazione.
“Mmmh…”
“Oh! Mollalo! Mollalo, Remus!” prese il piedino di James, sfilandogli il calzino e gettandolo a terra.
“Teddy!” lo redarguì severamente. Non capiva perché si stava comportando a quel modo.
“Mollalo!” piagnucolò nuovamente, i capelli che si afflosciavano in un triste color grigio cenere. “Prendi me! Papà, prendi me!”
Remus ristette. Neanche si accorse che Tonks gli prendeva dalle braccia James, fulminando Teddy con un’occhiata minacciosa e intimandogli a denti stretti: “Piantala subito di fare il mulo, o le buschi!”
“Come… come mi hai chiamato?” chiese, pensando di aver sentito male.
“Papà, prendi me!” supplicò di nuovo il bimbo, alzando le braccia verso di lui.
Ma Remus non lo accontentò.
Non voleva punirlo per i capricci, ma un peso enorme gli stava comprimendo il petto, facendogli mancare il respiro.
“Papà, perché non mi vuoi?”
Remus accusò un forte colpo al cuore, che gli procurò un dolore tanto intenso da fargli riempire gli occhi di lacrime. Non cercò di sfuggirgli, ma si rifugiò in esso, perché era… piacevole, dolce, confortante.
Non sollevò il figlio da terra, ma si inginocchiò davanti a lui, chiedendogli simbolicamente perdono per tutto, mentre cullava dentro di sé quel dolore dolce, dolce come il suo piccolino.
Teddy lo osservò con il capo reclinato su una spalla, senza dire nulla, in attesa di un suo gesto.
Non lo fece attendere oltre: aprì piano le braccia e sul viso del bimbo si allargò con altrettanta lentezza un sorriso, mentre saltava nel suo abbraccio.
Lo accolse scoppiando di una gioia che non aveva mai conosciuto prima, baciando il faccino che scottava per i tanti capricci.
Teddy rise contento, accoccolandosi contro di lui, le manine intrecciate dietro al suo collo.
“Sono io, il tuo bambino!” strillò forte. “No, quello! Io!” ribadì, mentre entrambi affondavano il viso nella spalla dell’altro.
“Sì. Sì, è questo, il mio bambino…” mormorò, stringendolo forte. “E io sono…”
“Papà!”


Fine.



Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita, aggiunto la mia ff alle Preferite/Seguite, la mia Beta
Ely79 e soprattutto chi ha commentato:
(ps: dopo i ringraziamenti, visto che oggi è il mio compleanno, vi faccio un piccolo regalo: un “dietro le quinte” ^^ giù, giù, a fondo pagina)

Nestoria:
Sono contenta che il finale della mia ff sia stato inaspettato (insomma… ci tenevo all’effetto sorpresa) e ti sia piaciuto ^^
Grazie per i complimenti e l’epilogo è esattamente come hai scritto tu: e vissero felici e contenti ^^

Half Blood:
Sì, Kingsley è stato un grande, mi sono divertita molto nel fargli mettere nel sacco la Skeeter. Sono contenta che Teddy impiumato ti abbia divertito ^^

Moony3:
Prima di tutto: grande!! Credevo che ormai più nessuno avrebbe capito da dove ho preso il cognome “Wagga”!
In effetti i figli di Teddy e Victorie hanno grosse probabilità di uscire molto speciali, visto quello che possono ereditare dai genitori e dai nonni. Tonks me la vedo un po’ manesca forse perché è così… ehm… spontanea ^^ E sono felice che la mia Fleur non sia OOC per te, avevo dei seri dubbi in merito, nonché che tutte le parti che speravo fossero divertenti lo sono state davvero. Oh! Kingsley porterà con orgoglio la spilla del C.A.L.D.O. ^^ (appena faccio il bannerino te lo spedisco via e-mail ;-)

Evelyn-cla:
Sono felicissima di averti sorpresa, e che tutti i “miei” personaggi ti siano piaciuti. Ed è davvero bello pensare a Remus, Dora e Teddy come alla famiglia Lupin, spero che l’epilogo non ti deluda ^^

Arylupin:
Sì, aveva decisamente più bisogno di protezione Victorie, rispetto a Teddy ^^ E, beh… Tonks è per metà una Black, quindi… hai azzeccato cosa trovo abbia in comune con loro, ma anche in cosa differisce. Lei, malgrado la mancanza di tatto, non è mai offensiva, mentre i suoi parenti, compresi sua madre e Sirius, in questo senso non si frenano proprio.
Teddy impiumato era da vedere, eh? ^^ Sono felice che Kingsley sia piaciuto anche a te.
Mmmh, dovrai schivare gli Schiantesimi di Tonks per fare da scaldino a Remus ^^
Che dire… ti ringrazio tanto per i complimenti, alla prossima storia ^^

Nin:
Nin! Hai azzeccato in pieno qual era la questione in sospeso tra Remus e Teddy!! Avevi pienamente ragione, Teddy, prima dell’epilogo, non chiama mai Remus, papà. Brava ^^
Oh, mi hai ricordato quel pezzo del settimo libro, grazie! E’ vero, è bello immaginare che quel bimbo sia cresciuto, ed abbia ancora accanto una mamma e un papà. Grazie ancora per i complimenti ^^

Rebecca Lupin
Ciao ^^, no, per fortuna Kingsley non è ammattito, è stato molto furbo e zitto zitto ha ottenuto quello che voleva. Sono felice che la mia storia ti sia piaciuta, spero ti soddisfi anche l’epilogo ^^

Ancora grazie a tutti ^^



Ecco il “dietro le quinte”


“Ehi, Remus, sentiamo che dice quest’orso!” propose Rod, estraendo uno dei peluches dagli scatoloni che stavano impilando nel magazzino del signor Phelps.
Il loro datore di lavoro ancora gongolava per la figuraccia che aveva fatto la Skeeter, anche grazie a Remus. Tanto che, due ore dopo che la "Gazzetta del Profeta" gli era stata recapitata con i primi gufi del mattino, lo aveva contattato e riassunto su due piedi.
Remus riconobbe subito l’orsetto, era quello che Teddy desiderava tanto riceve in regalo da lui.
Rod ordinò al peluche: “Parla!” e lo schiaffò in faccia a Isabel, una delle loro colleghe.
L’orsetto ubbidì. “Ti voglio bene…” fece una pausa, mentre gli occhi di plastica luccicavano emettendo uno strano suono. “…mam-ma.”
La ragazza ricacciò indietro l’orso, fulminando Rod con lo sguardo.
“Commossa?” le chiese ammiccando.
“Neanche un po’!” si indignò lei, girandogli le spalle.
Non contento, Rod puntò l’orso verso Remus. “È geniale, questo coso. Mi sa che riconosce i maschi e le femmine.”
Il peluche fissò Remus, cigolando piano: “Ti aspetto, pa-pà.”
   
 
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