Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Teanni    27/12/2009    3 recensioni
Piton è sopravvissuto all'attacco di Lord Voldemort, grazie ad uno sfacciato colpo di fortuna e ad un certo Signor Paciock.
Ma il fato è crudele: costretto a letto, deve sopportare la presenza di una giovane donna irritante che lo odia profondamente.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Your joy is your sorrow unmasked.
And the selfsame well from which your laughter rises was oftentimes filled with your tears.
And how else can it be?
The deeper that sorrow carves into your being, the more joy you can contain.
Is not the cup that holds your wine the very cup that was burned in the potter's oven?
And is not the lute that soothes your spirit, the very wood that was hollowed with knives?
When you are joyous, look deep into your heart and you shall find it is only that which has given you sorrow that is giving you joy.
When you are sorrowful look again in your heart, and you shall see that in truth you are weeping for that which has been your delight.

From "The Prophet" Kahlil Gibran


Prendimi così come sono

Traduzione a cura di besemperadreamer e Erika91

 

“Ciao,” lo salutò allegramente Abigail, quando arrivò dentro la stanza. Era di un inusuale buonumore quel giorno.

Piton annuì semplicemente in risposta, come era sua generale abitudine.

“Buona giornata anche a lei,” disse con una certa dose di riservata gentilezza, aspettando pazientemente la sua reazione.

Durante le ultime due settimane aveva capito che, nonostante lei provasse a mantenere la facciata di una persona controllata, era in realtà molto emotiva.

“Puoi parlare...” rimarcò lei con eccitazione. Per quanto Severus ne sapeva, lui non le andava molto a genio, eppure era genuinamente felice della sua ripresa. Ce l’aveva di carattere.

“Già,” disse rimarcando il dato oggettivo. Perché lei stesse facendo tutte quelle storie su qualcosa di così poco conto, andava al di là della sua comprensione.

“Wow! E' un bel traguardo! Non ne sei… non so… felice?” gli chiese, camminando verso il suo letto.

Lui scrollò le spalle. “E' un piacevole miglioramento.”

“Un piacevole miglioramento?!” ripeté le sue parole con fare sdegnoso. “Allora come mai non sembri contento?” 

Severus come previsto ignorò la sua domanda. Lei non si diede per vinta, comunque. “Va bene sentirsi felici di qualcosa, sai” Abigail gli scoccò uno sguardo strano. Era chiaro che lo considerava piuttosto ingrato e oltremodo insopportabile.

“Mi è piaciuto il libro che mi ha dato,” cambiò bruscamente l'argomento lui.

Lei sbatté le palpebre, guardandolo confusa per quell'improvvisa svolta nella conversazione. “Non mi aspettavo che ti sarebbe piaciuto. Non so molto di te, ma non credevo che ti piacessero gli autori contemporanei.”

“Non pensavo che questo lo fosse.” si accigliò lui, guardando il libro sospettosamente.

“Temo proprio di sì.”

“Bene, fortunatamente non l'ha reso evidente.”

Gli rivolse un sorrisetto sbilenco, che doveva essere interpretato come ironico. “E’ vero, è vero! Hai letto quella parte sulla Gioia e la Tristezza?”

“Era un passo del libro, no? Allora direi che può presumere con sicurezza che io l'abbia letto.” le rivolse un'occhiata tagliente.

“Sei acido,” osservò Abigail. “E scortese,” fece una piccola pausa pensando, “e non sei un granché a fare conversazione.”

“E dunque?”

“E' divertente.”

“Bene, sono lieto di essere capace di divertirla.”

“E tu non lo sei adesso?” sorrise e si incamminò verso il letto di sua zia.

Le loro chiacchierate divennero sempre più frequenti. All'inizio sembrava che lei si sentisse obbligata a fare conversazione per comune decenza, dopo aver scoperto del recupero della sua voce, ma presto le loro conversazioni diventarono più lunghe e meno impersonali.

Per qualche ragione per lui inspiegabile, da irritato lei lo trovava estremamente divertente. Ma ciò che lo rendeva maggiormente perplesso era che Abigail non sembrava essere intimidita dalle sue maniere scostanti. Occhiatacce e commenti sarcastici in genere funzionavano bene con gli studenti, che si rimpiccolivano e si contorcevano sotto lo scrutinio dei suoi occhi taglienti, mentre lei si limitava a rivolgergli un sorrisetto compiaciuto e replicare con un’eguale frecciatina derisoria. Questo atteggiamento nei suoi confronti era senza precedenti. Forse era questo che lo intrigava e che l'aveva portato in primo luogo a istaurare un qualche tipo di dialogo con lei. Abigail, invece, aveva un'altra teoria.

“No, davvero sei una persona con cui è facile parlare...”

“Forse voleva dire che sono una persona con cui è facile discutere?” lui arcuò un sopracciglio in sua direzione. “Bisogna fare attenzione a queste sfumature linguistiche, alcune volte fanno tutta la differenza.”

“E' così, Professore? Per qualche ragione mi deve essere sempre sfuggito, grazie per avermi illuminato adesso. Sono la proprietaria di un negozio di libri, sa. Ma, ecco, è venuto in mio possesso solo per una fortuita coincidenza. Le ho già menzionato di essere illetterata? E' veramente una situazione tragica,” lei alzò gli occhi al cielo.

“Ne dubito. Legge piuttosto fluentemente.” replicò lui.

“Mi compiaccio nel sapere che le mie abilità di lettrice soddisfino i suoi standard, ma potrei informarla, con molta gentilezza e rispetto, che lei è forse la persona più scortese che abbia mai avuto il piacere di conoscere?” gli disse, sorridendogli divertita.

“Non sono stato scortese,” replicò piuttosto indignato.

“Fino ad adesso ho potuto osservare solo due umori del suo indubbiamente ampio repertorio: terribilmente irritato e oltremodo infastidito dal troppo stare a letto.”

“Be, c'è ne un terzo.”

“E quale sarebbe?”

“Divertente,” disse con una serietà mortale ed il volto perfettamente inespressivo.

Lei rise. “Attento, Severus! Scherzare così potrebbe compromettere la tua reputazione.”

“Non che ne sia rimasta molta comunque,” disse cupo. Aveva il talento di raffreddare immediatamente l'atmosfera come nessun altro. Il sorriso le si freddò sulle sue labbra e la sua risata morì lentamente.

“Mi dispiace. Sembra che sia riuscita a esagerare ancora,” lei disse con rimorso.

“Non importa,” scacciò via la sua scusa con un gesto spiccio della mano, come se fosse una mosca fastidiosa che gli ronzava intorno alla testa. “Quindi, cosa stava dicendo?” chiese Piton, cambiando deliberatamente l'argomento.

“Ah, già. Allora,” disse dopo un attimo di riflessione. “Dicevo…che quando conosci una persona all’inizio ti aspetti chissà cosa, o magari già ci parti diffidente, ma comunque cerchi sempre di dare una buona impressione. Tra noi, invece, non c’è stato niente di tutto questo…Possiamo dire che ci siamo dati reciprocamente la peggior prima impressione di tutti i tempi, no? Non credi che sia stato meglio così?

***

Abigail si tirò dietro la porta e iniziò a camminare lungo il corridoio, seguita dal rumore dei suoi tacchi sul pavimento. Gli angoli della sua bocca si stavano lentamente arricciando in un sorriso soddisfatto. Lei si accigliò, provando a scacciare via il pensiero, ma non vi riuscì, e si fermò di colpo. Come era successo? Perché si sentiva tutto ad un tratto così felice?

Un'infermiera la sorpassò nel corridoio, ignara del suo dilemma. Si scambiarono un saluto veloce, poi l'infermiera se ne andò, lasciando Abigail da sola con i suoi pensieri. Non era previsto che andasse così.

Era stato facile odiarlo. L’aveva voluto fare sin dal momento in cui aveva visto il Marchio Nero sul suo braccio, eppure eccola lì a sorridere perché le era piaciuto parlare con lui. 

Le piaceva? Un uomo che riusciva allo stesso tempo ad essere ovviamente antipatico e subdolamente piacevole. La parte subdola si poteva scorgere nei sorrisi rivolti quando credeva che lei non lo vedesse, nel mostrarsi intelligente e dall'ingegno vivace. Era il partner di scambi verbali che non aveva mai avuto e che non credeva di volere.  

Eppure il suo passato, quell'oscuro piccolo dettaglio, stava in agguato dietro l’angolo.

Aveva la sensazione che prima o poi avrebbero dovuto farci i conti, ma per il momento poteva solo fidarsi, e non era facile dopo tutto quello che aveva passato: in fuga per più di un anno e trovata alla fine dai Mangiamorte. Anche se, doveva ammettere, non avevano esagerato nel torturarla. 

Si erano limitati a picchiarla e deriderla, ma non avevano nemmeno estratto la loro bacchetta. Avrebbero fatto di peggio, se non fossero stati convocati dal Signore Oscuro. Con molta probabilità era ancora viva grazie a pura fortuna e perfetto tempismo. Se l'avessero catturata qualsiasi altra notte non sarebbe stata lì.

Quindi sì, non era particolarmente felice all'idea che lui fosse stato un Mangiamorte, ma c'era sempre quel ragazzino, Potter, che parlava in suo favore. Beh, ragazzino era un po' inappropriato invero. Era già un giovane uomo. Pensarlo la fece sentire vecchia, sebbene fosse solo sulla trentina.

“D'accordo, che amicizia sia”. Annuì e riprese a camminare.

 ***

Il giorno in cui fu dimesso gli portò un paio di sorprese. La prima fu che ricopriva ancora la posizione di insegnante di Pozioni a Hogwarts. Infatti nelle prime ore della mattinata aveva ricevuto una lettera da Minerva McGranitt, ora preside, nella quale esprimeva la sua gioia nell’apprendere della sua rapida guarigione, sperando che avrebbe potuto tornare presto a scuola ed iniziare ad insegnare di nuovo. Ovviamente, aveva accettato. Nonostante sentisse un profondo disgusto per ognuno di quei mocciosetti di Hogwarts che si sentivano geni incompresi, traeva ancora conforto dai dintorni familiari del suo laboratorio di pozioni, dove, dopo una lunga giornata di scuola, poteva concedersi uno dei suoi esperimenti oppure perdersi semplicemente nei suoi pensieri. Non conosceva altra vita e sospettava che non ne avrebbe voluta un’altra.

La seconda sorpresa fu un pacco avvolto da semplice carta marrone. Una delle infermiere, la più fastidiose di tutte, per coincidenza - non si era preoccupato di imparare i nomi ma solo di attribuire a ciascuna diversi livelli di odiosità - glielo porse con il commento “Dalla sua amica” e un dolce sorrise nauseante. Lui l’aveva solo guardata e gliel’aveva tolto dalle mani.

Lo aprì solo quando fu fuori dai confini dell’ospedale, togliendo meticolosamente l’involto. Era un volume rilegato in pelle, sulla quale il titolo del libro, “De Profundis”, era impresso in lettere d’oro. Fece scorrere le dita su di esso, assaporando la sensazione, prima di aprire la prima pagina. Su di essa c’era scritto qualcosa con una scrittura tondeggiante piuttosto femminile. Senza dubbio un messaggio da parte sua. Lui non aveva mai visto la sua scrittura, ma se l’era immaginata proprio così.

Diceva: “Caro Severus.” Non le aveva mia permesso di chiamarlo per nome, ma stranamente sembrava che lei avesse presunto che andasse bene farlo. Apparentemente le veniva naturale. “Ho la sensazione che questo sarà di tuo gradimento più della prosa che hai dovuto sorbirti quando leggevo a mia zia, nel corso delle ultime settimane. Nel caso esaurissi il materiale di lettura, sai dove trovarmi…”

Si era assicurata di far si che lo potesse fare mettendo strategicamente il suo biglietto da visita nel libro. Lo prese in mano e lo guardò sospettosamente come se fosse stato in procinto di morderlo. Si presentava abbastanza bene. Il davanti era nero patinato, con il nome della sua libreria e l’indirizzo scritto in lettere bianche, mentre il retro era semplicemente bianco. Ci aveva scritto sopra qualcosa. All’iniziò aggrottò le sopracciglia quando lo lesse, ed un sorriso di sbieco apparve brevemente sul suo viso, prima di riporlo al sicuro in tasca.

“Veniamo incontro anche alle esigenze di pentiti tirapiedi del male.” Nessuno avrebbe potuto chiamarlo così e sopravvivere, eccetto Abigail. A conti fatti, era il tipo di insolenza su cui passava sopra quando proveniva da lei, perché trovava che fosse … cercò velocemente il termine adatto… piuttosto accattivante.

Finì il libro in una notte. Abigail aveva avuto ragione, sembrava che fosse stato scritto per lui. Il fatto che lei avesse indovinato in modo così intuitivo, tuttavia, le trattenne dall’accogliere la sua offerta di andare a trovarla. Così si lasciò distrarre dalla familiare routine di correggere temi, preparare lezioni e assegnare punizioni. Vivendo in una scuola collegiale, era abbastanza facile isolarsi dal resto del mondo. Hogwarts era un microcosmo pienamente funzionale che provvedeva a qualunque cosa i suoi abitanti avessero bisogno: biblioteca, cibo, partite di Quidditch, gran quantità di pettegolezzi, che non apprezzava particolarmente, ma che erano a quanto pareva un male necessario…

Il giorno del suo ritorno sentì che nulla era cambiato. Aveva indossato una volta ancora le sue familiari lunghe vesti nere e quando aveva messo piede nella classe il familiare odore di gesso e legno, mischiato ad una leggera nota di reagenti acidi che sembrava essere penetrata in ogni angolo della classe di Pozioni grazie agli innumerevoli esperimenti che vi aveva condotto, lo aveva immediatamente circondato. Era a casa. Era come un guanto della misura giusta.

Per un po’ era stato comodo rifugiarsi nella quotidianità, ma chissà come non trascorse una sola sera senza che lui prendesse in mano il suo biglietto da visita, rigirandolo pensieroso. Avrebbe davvero rifiutato l’unica amica che si era fatto in… quanto? Dieci anni? Di più?

Infine la sua decisione di vistare Diagon Alley arrivò all’improvviso, in modo quasi impulsivo. Una sera semplicemente ne ebbe abbastanza di starsene seduto a pensare alle opportunità passate. Senza pensarci troppo si buttò addosso il mantello e scivolò fuori dal castello. Una volta fuori si Smaterializzò e arrivò presto a Diagon Alley.

I negozi stavano per chiudere, era un giorno feriale e pochissime persone stavano facendo compere dell’ultimo minuto. Trovò il suo negozio abbastanza facilmente, ci era passato un paio di volte prima della guerra. Nonostante avesse sempre trovato i libri esposti in vetrina piuttosto interessanti, si era sempre ammonito silenziosamente di non permettere che il suo sguardo indugiasse troppo a lungo. Non sarebbe stato consigliabile per un Mangiamorte fissare la vetrina di un negozio con libri Babbani. Sicuramente il Signore Oscuro avrebbe avuto da ridire.

Dopo un breve momento di esitazione entrò nel negozio, scivolando attraverso la porta principale, col mantello nero che gli svolazzava dietro in modo teatrale. Sarebbe stata senza dubbio un’entrata impeccabile, ma sfortunatamente fu rovinata della musica da alto volume che rimbombava dentro il negozio. Abigail stava in mezzo al corridoio, dandogli le spalle, cantando da sola a pieni polmoni.

Presa dal ritmo della musica, presto iniziò anche a ballare. Il modo in cui si muoveva ricordava vagamente la danza di un serpente. I suoi movimenti rimasero fluenti come onde fino al momento in cui la canzone culminò in un rimbombante assolo di basso. Lui dovette mordersi la guancia per non iniziare a ridere senza controllo. Un minuto prima l’avrebbe definita aggraziata, ma il ballo in cui si stava esibendo ora ricordava vagamente una di quelle danze tribali. Senza dubbio avrebbe piovuto il giorno dopo, se avesse continuato così.

Come se non fosse abbastanza, l’infame canzone che lei stava urlando apparentemente s'intitolava “Puttana” o qualcosa di ugualmente assurdo, perché il ritornello era “Sono una puttana, sono un’amante, sono una bambina, sono una madre.”

Era sufficiente a ridicolizzarla a vita. Improvvisamente fu estremamente felice di aver scelto quel particolare momento per la sua visita. Ora, comunque, era tempo di rendere nota la sua presenza. Realizzando di non poter sovrastare con la voce il rumore dello stereo, estrasse la sua bacchetta e la puntò a quell’offensivo aggeggio elettronico. “Silencio!” sibilò. Immediatamente la musica si affievolì.

Lei smise di muoversi e si guardò intorno confusa, prima di tutto verso lo stereo che si era improvvisamente azzittito. Girandosi, i suoi occhi lo incontrarono. Non aveva mai visto nessuno arrossire così tanto. La bocca di lei si apriva e chiudeva mentre cercava di dire qualcosa.

“Beh, suppongo che tu stia certamente augurandoti di non aver spedito il tuo invito,” commentò seccamente, incapace di trattenere una certa quantità di derisione.

Lei tossì. “Severus?” chiese, dandogli un’occhiata veloce come per accertarsi che lui fosse realmente lì.

“Sì,” rispose lui, assaporando l’occhiata sconcertata sul suo viso.

“Hai un bell’aspetto. Riposato.”

“E lei sembra agitata,” rimarcò tranquillamente.

“Sì?” lei si sfregò il collo imbarazzata. “Da quanto sei qui?”

Le lanciò un’occhiata derisoria e con grande sorpresa lei scoprì che lui stava sorridendo leggermente.

“Merda,” sussurrò sottovoce, mentre la cima delle sue orecchie diventava sempre più rosa. “Bene, cosa posso fare per te oggi, Severus? Eccetto essermi umiliata davanti a te e averti concesso il momento più divertente di tutta la tua vita, ovviamente,” disse Abigail, iniziando lentamente ad arrabbiarsi.

“Cosa per la quale è quasi valsa la pena la visita, devo dire.” 

Abigail si lasciò quasi scappare un borbottio frustrato, ma si morse la lingua. “Quindi? C’è altro?” chiese bruscamente, perdendo lentamente la pazienza.

“Ha altri consigli?” chiese lui piuttosto formalmente.

“Solo quelli che mi sento in obbligo di darti,” disse Abigail fissandolo. “Blake, Byron, Keats, Coleridge, Shelley e un po’ di Rossetti.”

Lui aggrottò le sopracciglia, cosa che la incoraggiò a illuminarlo. “Anche i sarti prendono le misure, no?”

In mezz'ora, vicino all’ora di chiusura, avevano assemblato una pila ordinata di libri. Dopo averli depositati alla cassa, lei affrettò il passo per recarvisi dietro e iniziò a rovistare in modo affaccendato.

“Il compendio di Bellini delle Erbe e delle Pozioni,” mormorò Abigail a se stessa mentre sollevava un grosso catalogo sul tavolo. Si mise gli occhiali, aprì il libro e seguì la colonna con l’indice. “Non in magazzino. È un peccato,” mormorò. “Ma so dove capitarlo… Devo solo prendere la Metropolvere…”

Severus decise di schiarirsi la gola per ricordarle la sua presenza. “Oh, mi dispiace,” sorrise. “Ero di nuovo sovrappensiero, vero? Beh, a proposito del libro. Posso riuscire a recuperarne una copia per te, ma ci vorranno un paio di giorni. Vuoi che ti arrivi per consegna?”

“Sono sorpreso che lei riesca a ottenerne una copia. Il signor Slug, in fondo alla strada, mi ha detto…”

“Oh, quel vecchio pipistrello! Manca di quella finezza diplomatica necessaria a svolgere il lavoro…”

“Mi dica, la prego, che tipo di finezza diplomatica è necessaria a ottenere una delle rare copie del Compendio di Bellini?”

Lei gli lanciò un sorriso cospiratorio. “Prima di tutta, devi saper parlare italiano, poi devi saper parlare dolcemente, e terzo, e più importante, devi essere una donna. Se ricordo correttamente le suddette caratteristiche non si applicano al vecchio Slug, il che rappresenta il motivo della sua incapacità ad ottenerne una… Consegna, quindi?”

“Ehm… sì, grazie.”

“Dammi più o meno una settimana.”

“E riguardo a questi,” indicò la pila di libri sulla cassa di fronte a lui. “Quanto le devo?”

Lei arricciò il naso con disapprovazione, chiaramente scontenta dell’idea di parlare di denaro con lui, anche se non poteva proprio permettersi di essere troppo schizzinosa. Dopotutto era una libreria, non una biblioteca. “50% di sconto,” disse velocemente.

Lui gli rifilò un’occhiata affilata. “Non sono scontati,” disse lentamente.

“Lo sono se lo dico io. Oh, e comunque, si suppone che funzioni così - tu, come cliente, chiedi di abbassare il prezzo, non di alzarlo.” spiegò con calma.

Nota dell'Autrice: Oh, ho dimenticato di dire che la canzone che canta Abby è “Bitch” di Meredith Brooks.


NdTraduttrici


Grazie a chi ha inserito la traduzione fra le storie seguite e preferite.

Grazie a Biancalupin, Ernil e Dogma per i complimenti.


Ernil: i capitoli saranno 19, e tenteremo di postare regolarmente. Ti assicuro che Piton (abbiamo deciso di mantenere il nome italiano perchè EFP è un fandom italiano) rimarrà IC, e Abigail non è affatto una Mary Sue, mentre Harry non avrà un gran ruolo. Ci farebbe piacere sapere dove la traduzione si inceppa, almeno in generale: nei dialoghi, o nelle parti narrative?


Dogma: molte grazie per i complimenti, ti piacerà come si evolverà il rapporto tra i due.


Una curiosità: perchè vi piace tanto il nome Abigail?


A presto


  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Teanni