Diana era arrivata dietro la casa: era infatti da lì che
sentiva i rumori che l’avevano insospettita.
Vide un uomo che armeggiava con la porta sul retro della
casa.
Essendo Avonlea un paese, tutti conoscevano tutti e ci si
aiutava. Siccome aveva conosciuto, seppure non direttamente, il proprietario
della casa, il signor Wright, decise di intervenire. Era impensabile che ci
fosse un ladro tra i suoi compaesani!
“Ehi tu! Cosa stai facendo” gridò Diana all’indirizzo del
uomo, facendo nel contempo qualche passo avanti per meglio vedere il ladro.
Il ladro, capendo di non essere più solo, si voltò
di scatto “Ragazzina, mi hai fatto prendere un colpo…” disse passandosi una
mano tra i capelli.
Era un ragazzo… Diana lo osservò meglio. Era alto, e ben
proporzionato. Aveva i capelli scuri e corti.
“Guarda che questa è una proprietà privata se non lo
sapessi…?” disse la ragazza alquanto arrabbiata.
“Ah, sì? Sembrava una casa disabitata…” disse il ladro
con voce roca.
Che bella voce, pensò Diana stupendosi per prima dei
pensieri che le passavano per la mente.
“Non mi dire che è casa tua…” iniziò il ragazzo “perché se
lo fosse dovresti preoccuparti di chi ti sposa…” terminò il ladro con aria
saggia.
Diana, non violenta per sua natura, iniziò a comprendere
Anna quando, qualche anno prima, aveva rotto in testa la lavagnetta a Gilbert.
“Non è casa mia, ma non penso sia casa tua dato che,
qualunque padrone di casa degno di tale nome, ha una chiave di casa sua…” disse
acida Diana.
“Colpito.” disse il ragazzo sorridendo.
Diana, sapendo ormai di essere in vantaggio, continuò “Ti
do cinque minuti. Vattene e fingerò che tu non sia mai stato qui… Altrimenti
dovrai pagarne le conseguenze.” disse quasi a voler concedere un grosso favore.
“Hai ragione, però… Non ho una casa e pensavo di fermarmi
per la notte…” disse il ragazzo supplichevole.
Diana lo osservò meglio: indossava una salopette blu scura
ed una camicia a scacchi rossa e bianca, il viso era abbronzato ed aveva un
filo di barba, segno che quella mattina non se l’era fatta. Non le sembrava un
vagabondo.
“Ti ho detto che non puoi restare. Il padrone di casa è un
mio amico e non sarebbe felice di trovarti qui al suo rientro” inventò Diana su
due piedi.
“Ah, non lo sapevo” disse il giovane inarcando un sopracciglio
“Già” continuò Diana “E proprio oggi mi ha chiesto di
passare a controllare la sua proprietà” aggiunse con aria di superiorità.
Fred osservò quella ragazzina, già secondo lui Diana non
poteva avere più di quattordici anni, una bambina, eppure si era fatta avanti
con molto coraggio. Strano, quando quella mattina era partito da Charlottetown
con suo padre, questi gli aveva dato una mano a portare dentro alcune scatole e
poi era andato a presentarsi al reverendo di Avonlea, com’era consuetudine
fare.
Un’ora prima era ripassato “Domani dovresti fare delle
riparazioni alla chiesa di Avonlea. Sai dov’è, vero?” chiese e, al cenno
affermativo del figlio, proseguì “Ti fermi qui? Sai per non correre su e giù…
Ti lascio un cavallo così puoi muoverti nella zona” gli aveva detto.
Aggiungendo subito dopo “Domani avrai una bella ragazza che ti mostrerà dove
dovrai lavorare. Quindi cerca di comportarti bene…” aveva detto queste ultime
parole accompagnandole con uno sguardo truce.
“D’accordo… farò il bravo…” disse Fred osservando il padre
“anche Nerone rassicurò tutti così, peccato che poi ha bruciato Roma…” disse il
padre scotendo la testa mestamente.
Tornò al presente ed osservò la ragazzina, era davvero
carina e nel senso classico del termine: capelli neri, occhi scuri o forse era
la rabbia a renderli così?, pelle chiara come porcellana… Davvero bella, nulla
da ridire, da grande suo padre avrebbe avuto il suo bel da fare a proteggerla…
E adesso cos’ha da guardare? Pensò Diana vedendo che il
giovane la osservava. O mio Dio, e se mi avesse scoperta? Io non conosco il
proprietario… Bhe, però neppure lui… E poi io il signor Wright l’ho visto e
conosciuto, lui… No, non credo…
“Sei proprio deciso a rimanere, eh?” insinuò Diana.
“Se fossi una brava cristiana mi lasceresti fermarmi per la
notte…” disse Fred con aria avvilita
“Questa poi! Forse proprio perché sono una brava cristiana
cerco di riportarti sulla retta via!” gli ritorse Diana.
In lontananza si sentirono i rintocchi del campanile: le
otto.
Sono in ritardo per la cena, pensò Diana. “Fa come vuoi!”
concesse alla fine, anche se le pesava molto ammetterlo “Per domani non ti
voglio qui!” e iniziò ad andarsene.
“Come siete gentile signorina …? Non conosco il vostro
nome?” chiese Fred piuttosto incuriosito.
“Se è per questo, neppure io so il vostro…” ribatté
prontamente Diana.
Erano tornati a darsi addirittura del voi. Se non fosse
stata così arrabbiata, avrebbe riso della scena alla quale stava partecipando.
“Comunque per me s’è fatto tardi… Per stasera può restare,
ma domani verrò a controllare… Veda di non farsi trovare!” ingiunse al ragazzo
prima d’andarsene.
Che tipo orribile! pensò Diana, e per colpa sua arriverò
tardi a cena.
Che tipo, con lei di sicuro non rischi di annoiarti… Peccato però, non so il suo nome…
pensava Fred osservando Diana andarsene.
Il giorno dopo Diana si alzò con apparente calma: la sera
prima aveva impiegato un’ora a giustificare il ritardo con i suoi genitori. Già
sapeva che come minimo avrebbe dovuto attendere un mese per rientrare nelle grazie
dei suoi genitori “E tutto per un ladro!” sussurro ancora arrabbiata. Il
solo ricordo le faceva riemergere la rabbia provata il giorno prima.
Si preparò con calma. Scese e fece colazione con i suoi
genitori.
Uscì e passò dall’ufficio postale: ieri sera aveva
terminato la lettera per Anna e voleva spedirla.
Arrivò in anticipo all’asilo. Erano trascorsi quasi due
mesi e Diana aveva letteralmente trasformato le stanze adibite a scuola
domenicale.
Se prima erano due stanzoni bianchi e spogli, lei, con il prezioso
aiuto della signora Allan, aveva tinteggiato le pareti con un dolce color
giallo. Aveva appeso molti disegni dei bambini. Mentre sulle grandi vetrate
erano state appese, alcune cartine colorate che davano un tocco di allegria. Si
ricordava di quella volta che, con Anna nel viale delle delizie avevano giocato
a guardare il mondo attraverso le cartine dei cioccolatini. Aveva pensato che,
se si erano divertite loro, figurarsi dei bambini.
Infatti i bambini avevano apprezzato i tocchi di colore
sparsi qua e là.
Sentì dei passi, ed alla porta si affacciò la piccola Mary
Anne Davis. Aveva quattro anni e capelli biondi come il grano maturo che le
scendevano liberi lungo la schiena. Occhi azzurri, nasino all’insù e visino
furbo. Aveva un sacco di fantasia e Diana pensava spesso che fosse la degna
erede di Anna. Come d’abitudine, la piccola si avvicinò a Diana che la prese in
braccio: era il loro rituale.
Mary Anne arrivava cinque minuti prima e si faceva prendere
in braccio. Quando poi sentivano arrivare gli altri scendeva e, sorridendole,
andava al suo posto.
Il secondo ad arrivare era Paul Irving: cinque anni,
capelli castani ed occhi vispi, immaginava sempre posti e cose nuove.
Lui e Mary Anne erano grandi amici, si erano conosciuti
all’asilo, infatti Paul abitava lungo la costa e Mary Anne vicino al fiume:
erano ai due opposti.
C’era poi Robbie Pie: il più indisciplinato tra tutti i
bambini, ma d’altronde era un Pie…
Persino la signora Allan non era riuscita a placare l’animo
selvaggio ed ostinato del bambino. Diana lo trattava come meglio poteva ma… A
volte era molto difficile.
Erano arrivati tutti i bambini. La ragazza poté così
iniziare la lezione.
Aveva da poco iniziato la lezione che, un rumore attrasse
la sua attenzione…
Vide che i bambini erano impegnati a disegnare e, dopo
averli avvisati che usciva un attimo e di rimanere al loro posto, andò alla
ricerca del rumore sospetto.
Sembra d’esser ieri, penso Diana mentre procedeva sicura
lungo il corridoio in legno della chiesa.
Vide un ragazzo chinato: dev’essere il giovane Wright
venuto ad effettuare le riparazioni pensò la ragazza.
Non notò la salopette blu scuro e la camicia a scacchi
rossi e bianchi: troppo desiderosa di conoscere il suo futuro vicino…
“Salve, sono Diana Barry. Lei dev’essere il signor Wright.”
disse presentandosi garbatamente e tendendo la mano.
“Salve! Esatto sono Fred Wright…” iniziò il ragazzo
arrestandosi di botto nel vedere e riconoscere la ragazza
“Tu?!” dissero all’unisono
Allora, cosa pensate di questo quarto capitolo? Finalmente i nostri
protagonisti si sono conosciuti.. Ok, vado ad iniziare il prossimo capitolo.
Penso che non riuscirò a metterlo online alla stessa velocità. Però se magari
lasciate qualche recensione.. Potrei fare il miracolo. Grazie ancora a chi
legge.