Bellezza
Ci
fu un tempo, in una splendida città, in cui vi erano un re e
una
regina. Essi avevano tre figlie bellissime, ma mentre la bellezza
dalle prime due si poteva degnamente lodare con parole umane,
così
non era per la minore, che possedeva una bellezza celeste, tanto che
ogni tentativo di descrizione risultava quasi un affronto.
Essa
era pura e innocente, con dei splendidi capelli castani e due
occhioni neri da cerbiatta, aveva un carattere mite ed ingenuo, ed
era curiosa di tutto ciò che la circondava.
Chiunque nel regno, dai poveri contadini ai raffinati nobili, si soffermavano a contemplare tale meraviglia quasi fosse una dea…
I
forestieri diedero alito a queste dicerie e presto in tutti i regni,
si sparse la voce che quella splendida fanciulla superava in bellezza
persino la dea Venere, in poco tempo folle
di pellegrini sempre più numerose si attrezzarono per
compiere
lunghi viaggi, sfidando mari e monti pur di godere della vista di
tale meraviglia, nessuno si recava
più a
Konoha
o ad
Atene o a Citera per visitare i santuari di Venere, e nessuno faceva
più sacrifici in suo onore, i suoi templi erano abbandonati
e
nessuno celebrava più le sue festività. Ma in
compenso, tutti
veneravano quella fanciulla al pari di lei.
Quando
la vergine usciva innocentemente per le strade, veniva circondata di
ghirlande, gioielli e altre delizie, lei ne era contenta, ma, quasi
non rendendosi conto della sua bellezza, si comportava sempre con
gentilezza e con modi dolci e garbati.
Non
passò molto tempo che Venere venne al corrente di tutto, e
disgustata da ciò cominciò a lamentarsi.
<< Com’è
possibile che io, la Magnifica Karura, conosciuta da tutti i mortali
come le Splendida Venere, venga paragonata ad una comune mortale?
Come può una mocciosa insignificante competere con la dea
della
bellezza? >>
Mentre
parlava, pensava già a una degna vendetta, a come rendere
inoffensiva quella sciocca mortale.
Un
ghigno malefico s’impossessò del suo splendido
volto, chiamando a
gran voce il figlio alato, costui era un cattivo elemento, che,
irrispettoso della morale, andava in giro per le case armato di arco
e frecce, profanando i letti nuziali e dando vita a unioni
sacrileghe, insomma non combinava mai nulla di buono.
Karura
gli si avvicinò aizzando il lato più oscuro del
suo carattere.
<< Gaara,
figlio mio… >>
Se lo strinse al seno fingendosi angosciata.
<< Figlio
mio, sangue del mio sangue, ti ho chiamato perché ho un
bisogno
urgente dei tuoi servigi >>
La dea gli raccontò ogni cosa mentre lui l’ascoltava senza lasciar trasparire nessuna emozione del suo viso.
<< …Quindi ti imploro, figlio mio amato, di vendicare la tua adorata madre, troppa vergogna sta sporcando il nostro buon nome, quindi, se proprio vuoi farmelo questo favore, ti prego di far innamorare questa mortale dell’uomo più brutto e disgraziato della terra, affinché lei ne ricavi solo vergogna e prole guasta >>
Lo staccò dal suo grembo materno baciandolo a lungo. Poi gli porse l’arco e le frecce.
<< La ragazza è conosciuta in tutti i regni col nome Matsuri >>
Lui annuì e dopo un’impercettibile inchino volò oltre i cancelli dell’olimpo.
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La dea della bellezza, soddisfatta del lavoro compiuto, si recò sulle rive del mare, dove ad attenderla c’era una maestosa conchiglia con all’interno la più preziosa tra le perle, la dea poggiò il roseo piede sul guscio per poi adagiarsi sulla perla, mentre il mare, con le sue dolci onde, la copriva con un delicato velo di seta per ripararla dal sole, appena la dea diede l’ordine, la conchiglia si mosse e cullata dal mare si diresse verso l’oceano.