Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Hayley Lecter    14/03/2010    1 recensioni
Ma la nostalgia di quel luogo, di quella sala, di quello specchio dove vedevo riflessa la mia immagine mentre ballavo a tempo di musica,fu inizialmente devastante, mano a mano che i giorni passavano ed ero cosciente che per qualche mese avrei abbandonato tutto e tutti lì. Tutto fu poi spazzato via da quella giornata passata a ridere ed a scherzare come non mai, a chiedersi cosa si sarebbe fatto per le vacanze e a raccomandarsi di non perdersi di vista. Ma perchè mai poi, c'era da raccomandarsi di farsi sentire? Avrei sentito e continuato a vedere quelle persone. Facevano parte della mia vita, e avrebbero fatto parte della mia lunga e spensierata vacanza. Perchè più delle altre questa, desideravo che fosse una delle estati più belle mai passate. Invece era solo l'inizio della fine.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo aver aspettato un quarto d'ora, il bus arrivò sbuffando fumo grigio dalla minuscola canna fumaria.
Salii e andai a sedermi.
Misi l'ipod su riproduzione casuale e la musica partì a palla.
Non sò quanti battiti avesse effettivamente compiuto il mio cuore per tutta la durata della canzone,
sono comunque sicura che per quanto sangue mi pompasse nelle vene
e per ogni respiro emesso sentivo di esserne parte integrante.
Accadeva ogni volta che l'ascoltavo, esattamente come la prima.
Non sò nemmeno se questo avesse a che fare o no con la melodia, con la sua voce,
ma in ogni parte del mio corpo rimbombava incessantemente, non avrei mai smesso di amare 'Smooth Criminal'.
Soprattutto adesso stava acquistando terreno, perchè in vista del saggio,
non potevo fare altro che ascoltarla sempre, ovunque andassi, con chiunque.
Annie are you okay?
Are you okay, Annie?
Cantai silenziosamente, con il labiale.
Mi accade ancora oggi, che ascoltando la musica io senta la necessità di muovermi,
 in qualsiasi situazione mi trovi.
Che sia un gamba che mi dondola, o delle dita che tamburellano sul tavolo,
non ha importanza, tutto stà nel doverlo fare.
E' un impulso irrefrenabile che non ho mai saputo sopprimere e spesso,
da molte persone ho ricevuto esclamazioni del tipo:
- Stai ferma, mi stai mettendo ansia! -
Io non contenta, continuavo e magari, aumentavo la velocità del tamburellio o del movimento.
Non sono mai stata ferma, mai, e quella canzone mi comunicava proprio questo.
Movimento, inafferrabilità.
Nel frattempo, scrollai la testa e tornai in piedi, perchè tra due fermate, sarei dovuta scendere.
Mi strinsi nel cappottino, e riposi l'ipod in borsa,
poi afferrai il cellulare e trovai sullo schermo una chiamata persa. Eli.
Mi sporsi dal marciapiede e girandomi da una parte all'altra,
riuscii ad individuare un chioma di lunghi capelli lisci.
Era seduta sullo scalino di un negozio con la saracinesca completamente abbassata,
aveva le cuffie alle orecchie e guardava meccanicamente il cellulare.
Mi sentii in colpa per averla fatta attendere, e le andai incontro porgendole tutte le mie scuse.
Ma Elisa non era persona da serbare rancore, e mentre la imploravo di perdonarmi,
mi sorrise e mi gettò le braccia al collo, felice di vedermi.
Non potei fare altro che imitarla, e dopo esserci sciolte da quell'abbraccio, ci perdemmo in una lunga chiacchierata.
Le raccontai proprio ogni minimo particolare di quella settimana, pesante, ma soddisfacente.
Le descrissi con gioia che alla TFD erano contenti di riavermi,
che fra l'altro era arrivata una nuova ragazza nel nostro gruppo,
e che stavamo cominciando a prepararci per il saggio, e noi avremmo ballato 'Smooth Criminal'.
Restò di sasso dopo avermi sentito pronunciare queste parole.
La perdita di Michael era stato un duro colpo per entrambe, forse per lei ancor di più,
e non dimenticherò mai il modo in cui ci siamo crogiolate nelle stesse lacrime,
e nello stesso dolore ci siamo consolate assieme.
Le dissi del distacco di mio padre,
dell'inaspettato appoggio di mia madre nei miei confronti, e degli ultimi voti ottenuti.
Poi venne il suo turno.
Il tutto terminò quando il nostro stomaco cominciò a borbottare,
e così visto che si trovava ad un centinaio di metri da noi,
optammo per andare a mangiare un panino da Mc Donald.
La mia dieta non prevedeva alimenti di questo tipo,
perchè avevo sempre voluto tenermi in ottima forma e prestare attenzione alla linea,
soprattutto per rendere bene nel ballo, ma non potei fare a meno di affondarvi i denti.
Ogni tanto andare fuori dalle righe, non era poi così male.
Quest'uscita, si tramutò in un gioioso ritrovo,
in cui entrambe non ci preoccupammo di stare a pensare cosa bisognava studiare per i prossimi giorni,
arrivai a dimenticarmi anche della TFD, di Ilaria, della gente.
Riuscimmo solo a ridere istericamente, per quel signore che aveva un'aria buffa,
oppure perchè una donna più giù era scivolata per terra e le buste della spesa si erano lacerate,
lasciando rotolare tutte le mele.
Ogni cosa impossibile e inimmaginabile sembrava accadere in quei momenti, appositamente per noi.
Dopo aver girato per il centro della città, lasciai Elisa al capolinea degli autobus,
mentre io presi la metro e dopo qualche fermata mi misi a sedere su un muretto,
 in attesa del bus che mi avrebbe riportata a casa.
Quando varcai la soglia della mia dimora, trovai la mamma stravaccata sul divano,
intenta a fare zapping alla tv, senza trovare niente che catturasse il suo interesse.
- Oh, ben tornata! -
Mi rivolse un sorriso, poi mi stampò un bacio sulla fronte,
 e cominciò a bombardarmi di domande sulla giornata di oggi.
Le feci un piccolo riassunto, poi salii a due a due gli scalini che conducevano in camera mia,
gettai la borsa dove capitava e mi distesi sul letto,
rimuginando su quanto avessi riso fino a poche ore fa,
su quante piccole cose ci si poteva costruire qualcosa di grandioso.
Perciò mi tornò alla mente Mike, il mio Mike.
E rimasi a contemplare la sua immagine sulle mie pareti, ricordandomi di ciò che per lui era stato, raggiungere un obiettivo.
Bisognava lavorare sodo, impegnarsi, lottare, mettercela tutta, proprio immedesimandomi in lui,
ripetei insistentemente che se volevo un risultato avrei dovuto faticare, sudare per ottenerlo.
Proprio come lui si era impegnato nella lavorazione di 'Thriller'.
Voleva che fosse l'album più venduto di tutti i tempi, e così è stato.
Sebbene la stanchezza, le botte di sonno tra una registrazione e l'altra e la fatica,
lo avevano portato a tanti sacrifici, alla fine era stato profumatamente ripagato.
L'idea di dover ricominciare tutto la mattina seguente, di seguirela stessa monotona routine, non mi allettava, ma pensai a lui.
E bastò a farmi tornare lo spirito, per dire a me stessa:
- Ok, sono a pronta a partire. -
  
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