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Autore: CUCCIOLA_83    03/04/2010    3 recensioni
[...]«Se non la smetti finirai per staccarti il dito». La rimproverò dopo aver appoggiato il vassoio che teneva in mano sul tavolino e facendola sedere sul divano. «Lo so, ma devo pur far qualcosa mentre aspettiamo, e questa cosa mi calma parecchio». Ripose, continuando a giocherellare con l’anello. «A proposito, quando manca?» Chiese ansiosa. «Ancora un minuto, ma non mi sembra che ti stia calmando molto. Questa agitazione non ti fa bene…» Ma Tonks non sembrò prestarle molta attenzione, troppo presa a fissare, secondo dopo secondo, l’orologio appeso alla parete. [...]
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Confessioni Notturne VI

Confessioni Notturne VI

Sorprese

Tonks non riusciva a stare ferma, mentre si trovava nel salotto di casa Black in attesa del ritorno di Silphie, la quale si era offerta di preparare del tea. Tornata anche lei nella stanza, trovò che l’amica non si era ancora calmata, anzi le sembrò che la situazione stesse degenerando perchè mentre passeggiava si rigirava in continuazione la fede che aveva all’anulare borbottando tra sé parole incomprensibili.

«Se non la smetti finirai per staccarti il dito». La rimproverò dopo aver appoggiato il vassoio che teneva in mano sul tavolino e facendola sedere sul divano.

«Lo so, ma devo pur far qualcosa mentre aspettiamo, e questa cosa mi calma parecchio». Ripose, continuando a giocherellare con l’anello. «A proposito, quando manca?» Chiese ansiosa.

«Ancora un minuto, ma non mi sembra che ti stia calmando molto. Questa agitazione non ti fa bene…» Ma Tonks non sembrò prestarle molta attenzione, troppo presa a fissare, secondo dopo secondo, l’orologio appeso alla parete. Scoccato il fatidico minuto scattò in piedi e corse di nuovo in bagno, seguita a ruota dall’amica, salvo poi immobilizzarsi davanti al lavandino intenta a stringere tra le mani un’asticella di plastica blu e bianca.

«Una o due?» Chiese bisbigliando.

«Due per il sì, una per il no». Bisbigliò a sua volta Silphie leggendo un foglietto, senza sapere il perché stessero bisbigliando.

«Oh Morgana…» Esclamò con voce strozzata Tonks, prima di lasciarsi scivolare sul pavimento e lasciando cadere nel lavandino l’asticella.

 

●●●●●

 

Tonks si aggirava per il reparto di maternità del San Mungo in cerca della camera in cui era stata ricoverata Fleur dopo la nascita della primogenita sua e di Bill. Quando l’ebbe finalmente trovata bussò prima di entrare, al suo interno trovò Fleur seduta sul letto intenta a tenere tra le braccia un fagottino avvolto in una copertina rosa e vedendola entrare, le sorrise. «Ciao Tonks, che piacere vederti», sussurrò probabilmente per non svegliare la bimba che teneva in braccio..

«Ciao Fleur, scusa se non sono venuta ieri, ma mi hanno incastrata al lavoro con un turno extra».

«Non ti preoccupare, almeno riuscirai a conoscere Victoire in pace. Ieri c’era il delirio».

«Posso immaginarlo. E così l’avete chiamata Victoire alla fine», mormorò sporgendosi per vedere meglio la bambina.

«Sì, ci è sembrato il nome più adatto». Sorrise con evidente orgoglio.

Sporgendosi per osservare meglio la banbina, Tonks, si chiese come facesse la gente a dire che i neonati fossero bellissimi. Tutto quello che vedeva lei era un visetto rosso e rugoso, qualche raro capello sulla nuca, per non parlare delle manine grinzose e, Come se non bastasse, molti non facevano altro che strillare dalla mattina alla sera e persino di notte.

«Allora, cosa te ne pare del mio piccolo capolavoro?» Chiese Fleur, raggiante.

«E’… E’ davvero bellissima…» Rispose Tonks. Non le sembrava il caso di dar voce ai suoi pensieri in particolare conoscendo il carattere della neo mamma.

«Già, lo credo anche io. Guarda che nasino, è uguale al mio, mentre gli occhi sono come quelli di Bill. E’ così perfetta». Commentò Fleur, completamente rapita dalla sua bambina.

«Proprio come la sua mamma», intervenne Bill, entrando anche lui nella stanza tenendo in mano un vassoio con due bicchieri e due panini imbottiti, «Ciao Tonks, è bello vederti». La salutò, poi andò a baciare la moglie dopo aver appoggiato il vassoio sul tavolino vicino alla moglie.

«Ciao Bill! Sai  tutti parlano talmente tanto della nuova arrivata in famiglia, che dovevo vederla a tutti i costi anche io». Ripose, ridendo « ora però devo proprio andare. Questa sera torna Remus e vorrei farmi trovare a casa», continuò.

«Allora è meglio che vai. Avete una settimana intera da recuperare», la prese in giro Bill.

«Puoi dirlo forte, non vedo l’ora che questa faccenda del matrimonio finisca, così potrò partire anche io con lui. Invece, ora mi tocca seguire da vicino tutti i preparativi, altrimenti chissà cosa sarebbero in grado di combinare mia madre in combutta con la tua», rabbrividirono entrambi al solo pensiero delle due donne alle prese con tulle e chiffon.

«Ti capisco…» Commentò Bill ma, in quel momento la bambina si mise a piangere, cogliendo tutti e tre alla sprovvista.

«Credo abbia fame», mormorò Fleur cominciando a cullarla per calmarla.

«Ok, allora vi lascio tranquilli. Ci vediamo appena ti faranno tornare a casa, così anche Remus potrà conoscere la piccola Victoire». Così dicendo si congedò dagli amici.

 

●●●●●

 

Tonks alzò lo sguardo verso l’amica, «Sil, non posso…» Mormorò scuotendo la testa e rannicchiandosi ancora di più su se stessa.

«“Non puoi” cosa?» Chiese preoccupata lei sedendole accanto, e per tutta risposta, Tonks si posò le mani sul ventre fissandola con occhi impauriti. «Tonks non dire sciocchezze!» Esclamò Silphie, con voce quasi arrabbiata. «Non dirlo nemmeno per scherzo», la riproverò fissandola con sguardo severo.

«Silphie dico davvero. Io… Io non ci so fare con i bambini. Ma mi ci vedi con un esserino rosso e rugoso in braccio? Lo farei cadere ogni cinque miniti. Per non parlare di quando urlano e si agitano! E poi siamo sposati da così poco tempo, volevo stare un po’ da sola con lui… No, non lo posso fare! » Cominciò a blaterare in preda al panico, alzandosi in piedi e correndo in salotto.

«Tonks calmati!». Urlò Silphie tenendola ferma per le spalle. «Inspira, espira. Brava, così. Ancora una volta», l’aiutò a respirare fino a quando non fu abbastanza calma per sedersi di nuovo sul divano, «va meglio?» Le chiese. Tonks annuì, lasciandosi cadere contro lo schienale. «Dimmi cosa ti preoccupa». La incoraggiò.

«Cosa mi spaventa vorrai dire», sospirò affondando la testa in un cuscino e nascondendosi alla vista dell’amica.

«Ok, cosa ti spaventa?» Le chiese di nuovo alzando gli occhi al cielo.

«I bambini. In generale». Mugugnò senza togliersi il cuscino dalla faccia.

Silphie era sconcertata. «E cosa mai ti avranno mai fatto di male i bambini? Sono così piccoli e indifesi…» Cercò di sdrammatizzare.

«Certo. Piccoli, indifesi, fragili, per non dire urlanti, produttori costante di roba viscida… E altro ancora».

«Ora cominci ad esagerare…»

«No che non esagero. Ho visto Victoire, non fa altro dalla mattina alla sera».

«Sai, i bambini appena nati non sanno fare molto a parte quello. Ma poi crescono», la rassicurò divertita.

«Spiritosa, lo so anche io che crescono. Ma poi, sono certa che le cose diventeranno ancora più complicate. Cresceranno, cominceranno a camminare, a correre, a parlare…»

«Va bene, ho capito. Proviamo a prenderla da un altro verso». Sbottò esasperata. Tonks alzò lo sguardo verso di lei incuriosita, «Remus», Tonks spalancò gli occhi e Silphie sorrise compiaciuta per aver colpito nel segno. «Sai quanto ci terrebbe lui. Lo hai visto quando gioca con Victoire, gli si illuminano gli occhi ogni volta che la vede sorridere con quella bocca sdentata», continuò osservando la reazione dell’amica.

«Sì…» Mugugnò in risposta lei.

«E pensa come sarebbe con un figlio vostro», e Tonks non riusci ad impedirsi d’immaginare la scena: Remus, sorridente, intento a stringere tra le braccia il loro bambino. Un mezzo sorriso le affiorò sulle labbra, «Vedi com’è facile?» Chiese Silphie.

«Cosa?» Chiese a sua volta.

«Vedere le cose da un altro punto di vista», rispose semplicemente.

«Si certo, ma…»

«Non c’è nessun ma. Hai ragione, spesso i bambini piangono e a volte sbavano, e fanno molte altre cose disgustose. Ma sono sicura che quando avrai il tuo bambino tra le braccia anche queste cose ti sembreranno belle».

«Sarà…» Mormorò poco convinta.

«Fidati. E se quello che ti ho detto non è stato convincente a sufficienza, aspetta di vedere la reazione di Remus quando glielo dirai», le strizzò l’occhio,Tonks però si paralizzò di nuovo. Silphie aveva ragione, doveva dirlo a Remus. Ma come?

 

Casa Lupin probabilmente non era mai stata più in ordine di così. Tonks era talmente agiata che si era messa a riordinare il salotto e la cucina senza nemmeno rendersene conto, il tutto senza magia. Per quale motivo? Semplice, quella sera Remus sarebbe tornato a casa dopo una settimana passata a Hogwarts. Aggirandosi senza meta per la casa, Tonks sistemava e risistemava gli stessi cuscini o riallineava i quadri già perfettamente allineati, fino a quando uno schioppo la fece sobbalzare.

«Ciao amore. Non sai quanto mi sei mancata in questi giorni». Esclamò Remus andandole in contro e abbracciandola, ma Tonks s’irrigidì per qualche istante, poi capendo che anche lui se ne era accorto, ricambiò l’abbraccio e in più lo baciò.

«Scusa per la fredda accoglienza, ero soprapensiero e mi hai colto alla sprovvista», mormorò allontanandosi leggermente da lui tenendolo però per mano. «Allora, com’è andata al lavoro? Racconta, voglio tutti i dettagli!» Sorrise sedendosi sul divano ed invitandolo a fare altrettanto.

«Ma come, ti ho sempre raccontato di tutto in questi giorni, tra conversazioni via metropolvere e anche via gufo».

«Lo so. Ma raccontati da te qui in carne e ossa scommetto che saranno ancora meglio», e così dicendo gli si accoccolò tra le braccia dopo che entrambi si furono seduti sul divano, aveva bisogno di sentirlo vicino, di sentire il calore del suo corpo. Così Remus, avvolgendola con le braccia, cominciò a raccontarle la sua settimana, mentre Tonks cercava di escogitare un modo per parlargli.

«… Così alla fine sono stato costretto a dargli una punizione, non mi è piaciuto, lo ammetto, però è stato necessario», concluse guardandola, «una pulizia generale di tutte le finestre della scuola, appeso a testa in giù mentre Gazza ballava il tip tap in giardino agitando un forcone», aggiunse continuando a guardala.

«Mmm». Mormorò Tonks.

«Amore, ti sto annoiando?» Chiese preoccupato, non avendola vista reagire alla battuta sulla punizione.

«Cosa? Oh scusa, mi sono distratta un attimo. Stavi dicendo?»

«Niente d’importante. Cosa ne dici di andare a letto? Si è fatto tardi e sono stanco di parlare. Sai, la settimana è stata lunga senza di te…» Mormorò alzandole il viso con un dito per poi baciarla.

«Hem, scusa ma oggi non mi sento molto bene…»

«Cos’hai? Sei andata dal medico? Cosa ti ha detto?» Chiese preoccupato visto che raramente l’aveva sentita dire di non sentirsi bene.

«Niente di grave. Solo… Ecco io…» Balbettò, ma alla fine decise di non confessare la verità. «Credo di aver preso freddo. Ieri sono stata a trovare Fleur», mentì.

«Capisco. E come stanno lei e la bambina?» Chiese, mentre insieme salivano le scale verso la loro camera da letto.

«Bene, Victoire cresce a vista d’occhio. Non la vedevo da due settimane e quasi non la riconoscevo», rispose, cominciando a cambiarsi.

«Domani potremmo andare insieme, sono davvero curioso di rivederla. Ha un visino così dolce», commentò Remus infilandosi sotto alle coperte ed invitandola a raggiungerlo

«Quindi, tu non credi che abbiano fatto tutto di fretta? Voglio dire, mettere su famiglia dopo nemmeno un anno di matrimonio?»

«Credo che ognuno sia libero di scegliere quello che è meglio per sé e per la propria famiglia. Certo, credo anche che sia piuttosto piacevole passare un po’ di tempo da soli prima di mettere al mondo dei bambini, ma…». Tonks non lo fece finire di parlare. Si alzò di scatto e corse in bagno, piangendo. Remus, stupito dalla reazione della moglie le andò dietro ma quando tentò di entrare la trovò chiusa a chiave. «Amore, ma cosa ti è preso?» Chiese, bussando ripetutamente, ma non ottenne nessuna risposta. «Aprimi. Se ho detto qualcosa di male ne possiamo parlare…» Continuò ma senza ricevere risposta. Stava per andare a prendere la bacchetta quando uno schioppo proveniente dal bagno lo mise in allarme, aprì la porta con un colpo di bacchetta ed entrò, trovandolo però vuoto.

 

Silphie e Sirius, quest’ultimo tornato anche lui da Hogwarts poche ore prima, si ritrovarono all’improvviso Tonks in pigiama e in lacrime, nel loro salotto. «Ciao cugina, che… Piacere vederti a quest’ora tarda, molto tarda, della notte». Biascicò soffocando uno sbadiglio entrando nella stanza, seguito dalla moglie, intenta ad allacciarsi la vestaglia. Appena però vide l’amica in quelle condizioni, corse da lei.

«Tonks, cos’è successo?» Le chiese abbracciandola, ma Tonks non riuscì a rispondere a causa dei troppi singhiozzi. «Riguarda quello che sappiamo noi due?». Ritentò e questa volta Tonks annuì.

Sirius le guardò sconcertato. «Cosa sapete voi due che io non so?» Chiese, ma venne prontamente ignorato da entrambe.

«Glielo hai detto?» Chiese di nuovo ma Tonks scosse la testa. «Allora perché sei sconvolta…» Continuò sconcertata.

«Perché… Perché lui ha detto che… Che è bello starsene un po’ da soli… Prima di…». Mormorò asciugandosi gli occhi.

«Beh non gli do torto. In particolare di notte…». Commentò Sirius.

«Sirius zitto!» Lo ammonì Silphie, e l’uomo alzò gli occhi al cielo. «Ok, vieni in cucina così parleremo con più calma», la rassicurò, scoccando un’occhiataccia la marito che si era spostato dalla porta per farle passare. Finalmente sole, le due donne poterono parlare in santa pace. «Bene, ora raccontami per filo e per segno tutto quello che è successo». Così Tonks le raccontò della sua domanda riguardo alla situazione di Bill e Fleur, e della risposta di Remus. «Capisco. Ma forse non intendeva dire che lui non ne vuole ora, magari era un discorso astratto».

«Ne dubito fortemente…» Sospirò soffiandosi il naso in un fazzoletto che l’amica le aveva appena passato.

Nel frattempo Sirius si era accomodato sul divano, in attesa del ritorno delle due donne, e sperando che la cugina non si trattenesse ancora a lungo, in fondo una settimana da solo a Hogwarts era stata più che sufficiente. Si stava quasi per appisolare contro lo schienale quando venne svegliato di soprassalto dall’arrivo di Remus, anche lui in tenuta notturna. «Non si usa più far visita alla gente quando splende il sole? Non siamo tutti animali notturni…» Bofonchiò irritato per quell’ennesima visita nel cuore della notte.

«Scusami Sirius, sto cercando Tonks. L’hai vista?» Chiese guardandosi in torno.

«Sì, la tua adorabile mogliettina si è materializzata qui circa un quarto d’ora fa. Ora è in cucina con Silphie. Ma si può sapere cosa le hai fatto?» Chiese a sua volta Sirius.

«Perché?»

«Perché era in lacrime, e non sono riuscito a capirne il motivo».

«Sinceramente nemmeno io. Eravamo a letto e stavamo parlando, ad un tratto si è alzata ed è corsa in bagno piangendo».

«Bah, le donne…» Commentò sbadigliando.

«Meglio che vada a vedere cosa sta succedendo di là». E s’incamminò verso la cucina, salvo poi bloccarsi per l’arrivo di Silphie.

«Mi sembrava di aver sentito la tua voce», esclamò la donna.

«Come sta Tonks? Non sono riuscito a capire cosa le sia preso poco fa a casa».

«Ecco… Non sono la persona più adatta per parlarne. Voi due dovreste tornare a casa e parlarne con calma tra di voi». Ripose bonaria.

«Sì, ecco bravi andate a casa vostra…» S’intromise Sirius mezzo addormentato.

«Vieni amore, torniamo in camera. Remus va da Tonks, lasciala parlare, e non fiatare fino a quando non avrà finito». Gli suggerì prima di cominciare a salire le scale tenendo Sirius per mano.

Rimasto solo, Remus andò in cucina trovando Tonks seduta davanti al camino acceso intenta a scaldarsi, nella fretta di scappare aveva dimenticato di coprirsi meglio e ora stava letteralmente battendo i denti per il freddo. Si tolse la vestaglia e gliel’appoggiò sulle spalle, Tonks però non reagì. «Amore vieni, torniamo a casa», mormorò, prendendola per mano. Senza dire una parola Tonks si alzò e si smaterializzò con lui.

Ricomparsi a casa loro, Remus l’aiutò a mettersi a letto per poi sdraiarsi accanto a lei abbracciandola per scaldarla. Visto però che Tonks non si decideva ad aprire bocca per chiarire la situazione, fece lui la prima mossa. «Scusa amore», le sussurrò.

Sentendogli dire quelle parole Tonks si voltò versò di lui, «perché ti scusi?» Chiese sospettosa.

«Sinceramente non lo so. Ma, vista la tua reazione, ho dedotto di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato. Quindi, mi scuso», rispose.

Tonks non sapeva cosa dire, probabilmente con il suo comportamento insensato lo aveva preoccupato e di nuovo gli occhi le si inumidirono, «dannati ormoni…» Mugugnò, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

«Cos’hai detto?» Chiese sconcertato.

Tonks prese un grosso respiro, ormai doveva dirglielo, continuando a tacere non avrebbe risolto niente, «scusami tu per come mi sono comportata prima. Non dovevo scappare in quel modo, nell’ultimo periodo, non sono molto in me», sospirò, «dovevo restare qui e parlarne con calma», disse ancora.

«Parlare di cosa?» Chiese lui sempre più curioso.

«Ecco… Ti ricordi quando ti ho chiesto cosa ne pensavi della situazione di Bill e Fleur?» Chiese a sua volta, Remus annuì, «c’era un motivo se li ho usati come esempio…» Mormorò.

Remus si paralizzò, cominciando a intuire dove voleva andare a parare. «Amore, se vuoi avere subito un bambino, bastava dirlo, non c’era bisogno di fare tutti questi giri di parole. Sai bene che niente mi renderebbe più felice che avere un bambino tutto nostro», esclamò.

«Davvero?» Chiese guardandolo negli occhi.

«Ma certo», la rassicurò attirandola nuovamente a sé, «anzi, se vuoi possiamo metterci subito al lavoro», aggiunse baciandola.

«Hem…Non ce ne sarà bisogno…» Sussurrò lei scostandosi controvoglia da lui.

«Ma come, io pensavo che…» Mormorò confuso non capendo cosa volesse dire.

«Voglio dire che non c’è più bisogno di mettersi al lavoro», rispose appoggiandosi le mani sul ventre.

Remus la fissò incredulo, poi, appoggiò una mano sopra le sue. «Un bambino. Avremo un bambino», sussurrò Remus incredulo.

«Proprio così. Decisamente prima di quello che avevamo previsto ma sì, avremo un bambino», confermò Tonks, stringendosi nelle spalle e abbozzando un sorriso.

«E’ una cosa stupenda, dico davvero. E sai già quando…?»

Tonks scosse la testa, «devo ancora andare dal medico, ma ho un ritardo di circa tre mesi. Prima pensavo fosse a causa dello stress, sai, il matrimonio e tutto il resto. Poi però ho cominciato a preoccuparmi e ho fatto il test, cinque volte, e tutti positivi». Rispose imbarazzata.

«Cinque? Direi che di dubbi, a questo punto, ce ne sono pochi. Ma lunedì andremo dal medico».

«Ma come farai con il lavoro?».

«Aspetterà. Se davvero qui dentro sta crescendo il nostro bambino, voglio esserci». Rispose baciandole la pancia e poi il viso stringendola a sé.

Quasi un’ora dopo Tonks, dormiva tra le sue braccia mentre lui, invece, l’accarezzava osservandola sorridere nel sonno, vederla così serena lo rassicurò, le sfiorò delicatamente il ventre «Buonanotte piccolo mio o piccola mia». Sussurrò sorridendo pensando che di lì a qualche mese avrebbero cominciato una nuova vita in tre.






vorrei ringraziare le persone che hanno letto questa mia storia ed in particolare chi ha commentato. volevo scusarmi se in certe parti ho scritto David al posto di Remus, credo che dipenda dall'abitudine visto che ormai è più di un anno che mi sto dedicando ad un altro genere di scrittura. Però ora ho rimediato, chiedo ancora scusa :p

ps: non so quando pubblicherò la mia prossima storia quindi non mi resta che dirvi: arrivederci!!

   
 
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