Film > Sherlock Holmes
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Autore: ladyElric23    10/04/2010    6 recensioni
' “Ed inoltre Watson…” aggiunse passandogli un articolo ritagliato da un giornale, “Legga! Legga qua!” Lo lesse a bassa voce, quasi tra se e se. “Donna uccide il marito per ereditare ogni suo bene materiale… Dio, Holmes!!!” lo guardò, a metà tra l’esasperato e l’indignato. Ogni volta che voleva fargli conoscere una donna con cui usciva era sempre la solita storia. “Questi sono i fatti Watson! E per questo ci dovrebbe pensare due volte prima di sposare quella Lucy!” terminò, guardandolo con sguardo eloquente, mentre dava con dei gesti, con ancora un biscotto in mano, maggiore enfasi al suo discorso. Non faceva una piega come ragionamento! “MARY!” rispose, chiudendo gli occhi per non abbandonarsi all’isteria. “Si chiama Mary!! E che le piaccia o no, è la mia fidanzata!" '. Mia prima storia su Sherlock Holmes, nonchè ovviamente Holmes/Watson. Spero che vi piaccia. ^^
Genere: Commedia, Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.

Il loro pranzo fu ovviamente un vero disastro, e durò solo il tempo  sufficiente al cameriere per prendere le loro ordinazioni, terminando con Holmes che, dopo aver  dato un profilo di Mary che dire pungente sarebbe stato un eufemismo, si era beccato da questa un bicchiere di vino in pieno viso.

Decisamente, doveva imparare a mordersi la lingua  invece di parlare  in certe situazioni.

Anche perché ovviamente Mary se ne era andata, indignata, e il suo caro John l’aveva accompagnata a casa.

Come pensava, si stava già allontanando da lui.

 

*******

 

Watson era tornato a casa nel tardo pomeriggio, dopo aver preso un tè con Mary ed i suoi genitori, con l’intento di fare al suo coinquilino un bel discorso autoritario su come avesse rovinato il loro pranzo. Difatti, si stupì di non trovarlo nella sua camera, a suonare il suo adorato Stradivari, o a fare folli esperimenti chimici.

Di lui non c’era traccia.

Dopo cena, quando stava seriamente cominciando a preoccuparsi, un agente di Scotland Yard bussò alla loro porta, e  lo informò che il Signor Sherlock Holmes era in prigione, per aver causato una rissa.

Prese la prima carrozza, ed in fretta e furia arrivò alla prigione.

La guardia, dopo  che ebbe pagato la cauzione, lo accompagnò fino alla sua cella. E lo trovò li, che se la rideva, visibilmente ubriaco, o forse drogato, insieme agli altri detenuti; sdraiato, con la testa poggiata sulle ginocchia di uno di quegli uomini.

“Holmes, puoi uscire!” esclamò la guardia in tono piatto,quasi infastidito,  aprendo la porta della cella.

Quindi il detective si voltò verso l’amico, esclamando un “Watson!”, sorridendogli, per poi alzarsi, stringendo la mano ad ognuno dei suoi compagni di cella, rivolgendo loro un “signori, è stato un piacere conoscervi, sebbene in questo luogo. Quando uscite andiamo a berci una birra!”.  

Per poi camminare barcollante verso l’uscita della cella, mettendosi la giacca, mentre questi gli rivolgevano un “Arrivederci Holmes!”.

 

Una volta fuori da Scotland Yard, mentre attendevano una carrozza che li portasse a Baker Street, Watson parlò, preoccupato ed irritato allo stesso tempo, prendendolo sotto braccio.

“Holmes! Lei non riesce nemmeno a reggersi in piedi! Si può sapere di cosa si è fatto??”

“Uhm… quesito interessante Watson…” disse, guardandolo, crollandogli poi addosso prima di rispondere.

 

Riuscirono ad arrivare a casa, e al povero Watson si presentò la sfida più ardua di tutte.

Le scale.

Per arrivare al loro appartamento dovevano salire una rampa di scale, 16 gradini per la precisione, cosa non molto semplice visto che l’altro si reggeva a malapena in piedi, e farneticava discorsi senza senso.

Maledì entrambi per non aver trovato una casa al piano terreno, dopodiché gli rivolse un

“Holmes, dobbiamo fare le scale adesso”.

Ma non appena lo lasciò un attimo, giusto il tempo di fare un po’ di luce nel corridoio, il detective scivolò a sedere sul primo scalino, le spalle ancora incollate al muro, ridacchiando mentre, guardandolo negli occhi con lo sguardo reso spento ed acquoso dall’alcool, gli rivolgeva un “Ma io la amo Watson! Sono innamorato di lei! Non sposi quella Grace!”

Watson sbuffò sonoramente, alzando un sopracciglio.

Dopodiché, invocando tutta la pazienza di cui disponeva, si fece forza e se la caricò in spalla  , cominciando a salire i primi gradini.

“Watsooon! Lo vuole capireee?”,  continuava a dire Holmes, e questo fece uscire nel corridoio Mrs Hudson, che li guardava con sguardo truce, ancora in vestaglia.

Il medico se ne accorse, e si fermò, voltandosi lievemente.

“Mi scusi! Non era mia intenzione svegliarla! Holmes è ubriaco, ma non si preoccupi, ci penso io. Torni pure a letto…” le disse, aggiungendo poi un “Buonanotte!” quando questa torno nelle sue stanze, sbattendo la porta.

Quindi riuscì finalmente ad  arrivare fino alla camera dell’amico, che intanto continuava a ripetere “Watson io sono…sono in-inamorato di… di…”, non riuscendo nemmeno a terminare la frase, abbandonandosi tra le invitanti braccia di Morfeo, mentre il dottore  lo faceva ricadere delicatamente sul suo letto, coprendolo poi con una coperta.

Mentre nella sua mente si materializzava una domanda, nel vederlo in quello stato.

Ma perché, nonostante conoscesse le sue ordinarie abitudine, nonostante conoscesse il suo sregolato stile di vita, le sue pazzie autolesionistiche dovute al suo genio, continuava a preoccuparsi per lui?

Perché non riusciva a stare bene, a sentirsi tranquillo, se non lo vedeva veramente in se, come ogni volta che affrontavano, insieme, un nuovo caso?

E soprattutto perché non lo aveva ancora mandato al diavolo, andandosene, come avrebbe fato un qualsiasi altro individuo mentalmente sano al suo posto,  ma anzi, stava bene in sua compagnia, scoprendosi veramente felice, tanto da saltare alcuni appuntamenti con Mary per seguirlo?

 

Non seppe, o forse più semplicemente non volle, rispondere a queste domande, quindi  dopo avergli rivolto un ultimo sguardo preoccupato, con un mezzo sorriso dolce e comprensivo che gli increspava le labbra, si ritirò nella sua stanza, mentre l’altro mugugnava nel sonno un lieve “non la sposi, non mi lasci solo…”.

 

Quella  giornata  per lui era stata veramente movimentata, e arrivato a quel punto  della notte voleva soltanto lasciarsela alle spalle.

 

To Be Continued…

   
 
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