Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Lhea    26/05/2010    8 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo XI

Capitolo XI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 9.30 – Mosca

 

Irina rimase a fissare l’orologio appoggiato sul comodino, sdraiata sul fianco, la coperta a scaldarla e la pochissima luce che filtrava dalle tapparelle a disegnare lamine bianche sul pavimento.

 

Non aveva voglia di alzarsi, anche se voleva sapere da Dimitri come erano andate le cose la sera prima. Verso mezzanotte aveva lasciato Vilena ed era andata a dormire, chiedendosi cosa stessero facendo i russi di sotto… E non aveva nemmeno sentito Dimitri rientrare in casa, anche se non si era stupita perché lui sapeva aleggiare come un fantasma con perfetta maestria…

 

Sapeva a cosa era dovuta quella sua apatia: era la crisi del terzo giorno, come la definiva lei. Dopo tre giorni di lontananza da Xander, cominciava a sentire la sua mancanza, ma questa volta si aggiungeva anche la nostalgia per tutto il resto della sua famiglia… Per fortuna, di lì a qualche ora almeno Xander sarebbe atterrato in Russia, e poteva sperare di riuscire a vederlo, in qualche modo.

 

Aveva una strana sensazione addosso, però, che non dipendeva dalla mancanza della sua solita vita… Era qualcosa che riguardava la missione, una sorta di “imperfezione” nei suoi comportamenti…

 

Fece mente locale, per cercare di capire se avesse dimenticato di fare qualcosa. McDonall lo aveva avvisato, mettendolo al corrente dell’incontro con i cugini di Dimitri che avrebbe avuto la sera precedente; Xander lo aveva sentito, e sapeva nella minuscola variazione del suo piano… Sembrava tutto a posto.

 

“Sarà solo una sensazione…” si disse, girandosi nel letto e sprimacciando il cuscino, sentendo il bozzo nel materasso dovuto alla pistola che aveva nascosto qualche giorno prima.

 

“Un attimo…”.

 

Rimase inchiodata, fissando il cuscino, i capelli davanti agli occhi e l’espressione confusa.

 

<< La pistola! >> gridò all’improvviso, ricordando tutto.

 

Dimitri non le aveva ridato la pistola!

 

Scattò in piedi, i pantaloni bianchi della tuta che svolazzarono mentre saltava le ciabatte e scalza usciva dalla stanza come fosse impazzita. Il cuore accelerò i battiti, mentre si dava della stupida.

 

“Idiota! Mi sono dimentica di farmi ridare la pistola, l’altra sera dopo che abbiamo lasciato Boris!”.

 

Entrò in cucina come una furia, cercando Dimitri con gli occhi ma senza vederlo da nessuna parte. Non sapeva nemmeno che ore erano, ma doveva per forza essere lì…

 

“E se fosse scappato?!”.

 

Magari i suoi cugini lo avevano aiutato a levarsi il braccialetto, e l’avevano mandata via per poter fuggire in pace… Perché non ci aveva pensato?

 

Tornò nel corridoio, innervosita e preoccupata. La luce del bagno era spenta, il soggiorno vuoto… Per un attimo le venne l’idea di salire di sopra, luogo off-limits per lei, poi si ricordò che forse Dimitri aveva una camera, e che magari stesse ancora dormendo.

 

Spalancò la porta della stanza del russo, senza pensare di poterlo svegliare, infastidire o semplicemente farlo arrabbiare. Puntò dritta al letto, accorgendosi con un balzo al cuore che era vuoto.

 

<< Cosa vuoi? >>.

 

La camera era rischiarata dalla luce del giorno, e Dimitri stava in piedi a torso nudo e in pantaloni della tuta da ginnastica, lo sguardo fisso su di lei, infastidito per la sua rumorosa e poco gradita entrata. Teneva in mano una maglia, nell’atto di piegarla.

 

<< La pistola >> disse Irina, guardandolo in faccia, arrabbiata ma anche sollevata per averlo trovato ancora lì.

 

Dimitri inarcò un sopracciglio, poi continuò a piegare la sua maglia con noncuranza.

 

<< E’ nel cassetto del mobile del soggiorno, sotto lo stereo >> rispose, secco, senza nemmeno guardarla, << Avevi paura che ti sparassi alle spalle? >>.

 

Irina rimase inchiodata dov’era, interdetta.

 

<< No… Cioè, sì… Vado a riprendermela >> borbottò, lasciando la stanza.

 

Raggiunse il soggiorno e trovò la pistola esattamente dove le aveva detto Dimitri, ancora carica e con la sicura inserita, segno che non era stata utilizzata. La afferrò e se la mise in tasca, dandosi della stupida.

 

Prima di tutto si era dimenticata di farsela ridare, e quello avrebbe potuto costarle la vita… Secondo, aveva fatto la mezza isterica quasi aggredendo Dimitri, quando lui alla fine non l’aveva usata…

 

Tornò davanti alla porta della camera del russo, incerta se entrare o meno. Le sarebbe costato molto, ma forse doveva chiedergli scusa…

 

Bussò sulla porta accostata, per dimostrargli un minimo di educazione, e sperando che non si fosse arrabbiato troppo.

 

<< Entra… >>.

 

Dimitri era di spalle, ancora con le cicatrici in bella vista, e stava riponendo qualcosa nel mobile sopra la scrivania di legno nero, come se non l’avesse sentita entrare. Irina ebbe modo di gettare uno sguardo intorno, per la prima volta nella “tana” del lupo da quando era arrivata. Si era sempre tenuta lontana, dalla sua stanza, visto che lui aveva detto di gradire così.

 

La camera del russo era ordinatissima, pulita, e limitata all’essenziale. Il letto a due piazze era incassato nell’armadio a ponte laccato di nero, una poltrona di pelle rosso scuro in un angolo, una lampada da terra in quel momento accesa e qualche mensola alle pareti. Un pc portatile era aperto e spento sulla scrivania, vicino un portafoto con un’immagine di due persone… Dimitri e una ragazza.

 

<< Cosa vuoi ancora? >> chiese bruscamente il russo, voltandosi di scatto.

 

Irina si morse il labbro, distogliendo immediatamente gli occhi dalla foto che non poteva che catturare la sua attenzione. << Ehm… Scusa per prima >> disse a bassa voce, << Forse ho un po’ esagerato… Non volevo piombare nella tua stanza così… >>.

 

Dimitri fece una smorfia. << Lascia perdere… Siete tutti fissati con la storia che voglia fuggire… >> commentò.

 

Irina gli gettò un’occhiata, turbata da tutte quelle cicatrici e dalla sua affermazione.

 

<< No, e solo che… >> disse, ma poi rimase in silenzio.

 

Sì, in effetti tutti pensavano che Dimitri fosse pronto a fuggire alla prima occasione, a fare del male a qualcuno per di riguadagnare la libertà… Xander era stato piuttosto paranoico, su quel punto; McDonall non si fidava di lui, e White aveva preso tutte le precauzioni possibili per non farlo scappare… Possibile che avessero esagerato, che magari Dimitri non fosse poi tanto in malafede? Magari aveva voluto collaborare solo per ottenere davvero il suo sconto sulla pena, e nient’altro…

 

<< Ok, scusa, forse hai ragione >> mormorò Irina, abbassando lo sguardo, << Però me la potevi ridare di tua spontanea volontà, invece di lasciarla lì… >>.

 

<< Poteva sempre tornarmi utile, se passava qualcuno a trovarci >> ribatté lui, << E prima che ci convincessi a darmela, ci avrebbero fatti fuori tutti e due >>.

 

“Ah, ma allora lo fa apposta… Gli ho appena chiesto scusa e lui infierisce?”.

 

Irina si morse la lingua per non rispondergli male, visto che questa volta era lei quella dalla parte del torto, e lasciò correre. Sostenne il suo sguardo per non dargli vinta almeno quella e disse: << Ieri sera come è andata a finire? >>.

 

<< Per il momento non se ne parla del loro aiuto >> rispose Dimitri, senza accennare a muoversi, << Per la faccenda di Challagher, si intende. Per quanto riguarda me, gli va bene che io sia qui; di te non si fidano, invece >>.

 

Irina sbuffò.

 

<< Ti pareva… >> disse, << Devo guardarmi le spalle, allora? >>.

 

Dimitri incrociò le braccia, la cicatrice sul petto che sembrò squarciarsi di nuovo. << Non da loro, almeno >> rispose.

 

L’occhio di Irina cadde di nuovo sul petto di Dimitri, quei segni bianchi ben visibili a deturparlo, in grado di colpire chiunque.

 

Ma non si può vestire?” pensò.

 

Poi si accorse che Dimitri lo stava facendo apposta a rimanere a torso nudo. Molto probabilmente voleva turbarla e costringerla a chiedergli dove si fosse fatto tutte quelle ferite, e ribadire così la sua natura impicciona. L’ennesimo modo per provocarla.

 

“Non ci cado. Mi cucio la lingua, su questo punto”.

 

<< Vorresti uscire, per favore? >> la svegliò Dimitri, falsamente educato, << O hai altro da chiedermi? >>.

 

<< Ok… >>.

 

Irina si voltò e lasciò la camera, mezza stordita. Per un attimo, un piccolissimo attimo, aveva creduto di aver trovato un punto di incontro con Dimitri, e lui non faceva che trattarla male… Se c’era una cosa di cui era sicura, era che ci voleva molta, molta pazienza con lui.

 

Davanti a una tazza di caffè caldo si strinse nelle spalle, ripensando a ciò che era successo. Forse era il caso che rinunciasse a stringere un buon rapporto con Dimitri, visto che il russo non sembrava proprio averne voglia; oltretutto, era chiaro che lo faceva apposta a farla arrabbiare, magari nella speranza di farlo tornare a Los Angeles… Che poi, avrebbe dovuto essere contento di stare un po’ fuori dalla cella, no?

 

Dimitri ricomparve all’improvviso, questa volta con un maglione addosso, e le chiavi del garage in mano. Vide brillare il braccialetto di controllo che portava al polso, segno che lo aveva ancora e non aveva cercato di toglierlo.

 

<< Vado a preparare la macchina per stasera >> disse, prendendo una bottiglia di birra dal frigo per portarsela dietro.

 

Irina annuì e non commentò, anche se trovava eccessivo mettersi a trafficare con l’auto già di prima mattina: non c’era niente da preparare, visto che l’Audi, la Camaro, la Lancer e soprattutto la Ferrari erano perfettamente in grado di correre. Forse era solo una scusa per starsene da solo in pace, senza che ci fosse lei a rompergli le scatole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.00 – Aeroporto di San Pietroburgo

 

Nel momento esatto in cui Xander mise piede nella hall dell’aeroporto, sentì un po’ dell’ansia che lo aveva attanagliato nei giorni precedenti sciogliersi. Fu come una boccata di ossigeno dopo una lunga apnea. Perfetto, era in Russia, sempre molto distante da Mosca, ma si trovava comunque nella stessa nazione, nello stesso continente e nello stesso ambiente di Irina. Ovunque fosse, era sempre meno lontana di prima.

 

Si guardò intorno, innervosito dalla poca gente che camminava lì in giro, e individuò l’agente Sokolòva fermo vicino a una colonna di marmo, che guardava l’orologio con aria seccata. Aveva detto che non aveva bisogno di essere accolto all’aeroporto, ma era chiaro che non lo avevano ascoltato molto. Si diresse verso di lui, la valigia in una mano e l’espressione scocciata.

 

<< Buongiorno >> salutò.

 

<< Agente Went… >> fece Sokolòva, con un cenno del capo, << Ha fatto buon viaggio? >>.

 

<< Abbastanza >> rispose Xander, scrocchiando il collo indolenzito dalle molte ore seduto immobile, << Avevo detto che potevo sbrigarmela da solo… >>.

 

Sokolòva fece un cenno verso il bar. << Andiamoci a prendere un caffè, mentre parliamo >> disse, avviandosi con aria tranquilla. Xander lo seguì, insospettito.

 

<< Sono solo venuto a portarle le chiavi della sua auto >> continuò il russo, mentre si accomodavano a uno dei tavolini dell’aeroporto, nel bar poco affollato, << Ce ne siamo occupati noi, come era previsto >>.

 

Gli passò una busta di carta e Xander la prese, mentre guardava con scarso interesse il gruppo di piloti in divisa che facevano colazione seduti al bancone, forse anche loro appena sbarcati come lui.

 

<< Altro? >> domandò, ritornando a guardare il russo.

 

La cameriera portò loro i due caffè che avevano ordinato, e Sokolòva gli gettò un’occhiata.

 

<< No. Volevamo solo accertarci che usi tutte le precauzioni possibili, in questa missione >> disse, << Non possiamo permetterci nessun errore, soprattutto visto che ci siamo dovuti appoggiare a voi… >>.

 

“Non gli va che ce ne occupiamo noi americani, in conclusione” pensò Xander.

 

Lo sapeva che i russi erano sempre stati sulle loro, che non avevano mai amato chiedere aiuto al di fuori del loro paese, ed era preparato alla loro diffidenza. McDonall stesso gli aveva detto che sicuramente avrebbero cercato di intromettersi in qualche modo, per controllare la situazione. Fosse stato per loro, non avrebbero mai contattato gli americani… Evidentemente l’ordine arrivava da qualcuno che per fortuna la pensava diversamente.

 

<< Ok, non c’era bisogno di ricordarmelo >> disse Xander, << Sono qui per lavorare, non per divertirmi. Oltretutto, siete stati voi a chiedere il nostro aiuto, e presuppongo che dobbiate fidarvi… Tra l’altro, le chiavi del mio appartamento? >>.

 

<< Sono insieme a quelle della macchina >> rispose Sokolòva, facendo un cenno verso la busta, << D’accordo, non la trattengo oltre, allora. Faccia solo attenzione quando entrerà in contatto con i primi piloti: saranno molto diffidenti, potrebbero risultare più pericolosi di quanto già non lo siano >>.

 

<< Lo ricorderò >> disse Xander, alzandosi, << Arrivederci >>.

 

Riprese la valigia e si diresse verso il parcheggio esterno, spazzato da un vento gelido e da fiocchi di neve piccoli e vorticanti. Il cambio di clima lo lasciò un attimo stordito: Los Angeles era tutt’altra cosa. Guardò un momento il cielo grigio sopra la sua testa, poi cercò il settore indicato sulla busta, dove doveva essere parcheggiata la sua auto: B 12.

 

Raggiunse uno spiazzo pieno di vetture parcheggiate l’una di fianco all’altra, deserto e silenzioso.

 

Vagò con lo sguardo in cerca della Ferrari che aveva chiesto come auto, ma non vide nessun rosso brillante svettare lì in mezzo, né tantomeno un cavallino rampante magari su fondo giallo. L’unica auto degna di nota, tra quelle assolutamente anonime, era una Volkswagen Scirocco nera con i cerchi ribassati.

 

Riguardò la busta, chiedendosi se avesse sbagliato per caso settore. No, sembrava quello giusto. Tirò fuori le chiavi e rimase incerto a guardare la Scirocco nera, perplesso.

 

“Facciamo una prova… Se la mia auto è qui, si dovrà per forza aprire…”.

 

Schiacciò il tasto dell’antifurto, e le quattro frecce della Scirocco baluginarono un istante, con il tipico bip dell’apertura delle porte. Xander sbuffò.

 

“Non è possibile, non possono avermi dato una Scirocco… McDonall lo sa che volevo una Ferrari come al solito, o una Lamborghini… Questa me la segno”.

 

Andò verso l’auto e infilò la valigia nel baule, scoprendo che almeno era più spazioso di quello di una macchina da corsa. Si accomodò sul sedile e accese il navigatore, che indicava la strada per il suo appartamento nel centro di San Pietroburgo.

 

Mentre percorreva le strade di San Pietroburgo, poco affollate di gente per via della temperatura molto bassa, si guardò intorno per capire in che ambiente si trovasse. I suoi abitanti sembravano freddi quanto il clima, e l’assenza del sole splendente a cui era abituato rendeva tutto molto simile ai paesi del nord Europa dove era già stato.

 

Presto scoprì che il suo appartamento si trovava in quella che doveva essere la zona più malfamata di San Pietroburgo, a giudicare dall’aspetto dei palazzi fatiscenti e dai brutti ceffi che si aggiravano per le strade. Molti negozi avevano le vetrine sprangate e i vetri rotti, e in alcuni angoli erano ammucchiati cumuli di spazzatura. La carcassa di un’auto bruciata giaceva abbandonata nel parcheggio di un supermercato, quasi deserto.

 

Ora capiva perché i russi gli avevano dato un’auto poco appariscente: con una Ferrari o una Lamborghini la in mezzo sarebbe subito saltato all’occhio, e non sembrava una buona idea, al momento. Raggiunse un quartiere piuttosto anonimo e parcheggiò a bordo strada.

 

Si guardò intorno, notando che il palazzo dove si trovava il suo appartamento era leggermente meno mal tenuto degli altri, anche se l’intonaco color panna si stava scrostando. Recuperò la valigia e si diresse verso il portone, che si aprì cigolando su un minuscolo corridoio che odorava di muffa.

 

L’ascensore che lo portò al quinto piano arrivò sferragliando, dandogli l’impressione di essere sul procinto di effettuare uno dei suoi ultimi viaggi: si infilò dentro, dove era stato appeso un cartello scritto in modo incomprensibile, e attese di arrivare su.

 

L’appartamento che gli era stato destinato era piccolo, composto da una sala da pranzo che faceva anche da soggiorno, una misera camera da letto e il bagno. L’odore di chiuso aleggiava nell’aria, mischiandosi al consueto sentore di muffa.

 

Sospirò, lasciando cadere le valigie per terra, e andò ad aprire le finestre, incurante del freddo che poteva entrare. Poteva dirsi tutto, tranne che soddisfatto.

 

“Ho l’impressione che questa sarà la più difficile missione della mia vita…”.

 

Il tutto era iniziato già male, con Irina tirata in mezzo; poi era stata la volta dell’entrata in scena di Dimitri, che anche se era opera sua, era pur sempre qualcosa di cui avrebbe fatto a meno; poi Irina iniziava a fare di testa sua, ancora prima di cominciare qualcosa, fingendosi la donna inferocita di Challagher, cosa che lo infastidiva anche abbastanza; e ora gli rifilavano un’auto al di sotto dei suoi standard e un appartamento di ultima classe.

 

“Così imparo a pretendere troppo… Irina ha ragione: McDonall mi ha abituato troppo bene. Ma lo sapeva meglio di me qual è il prezzo da pagare, adesso: non farò il bravo, con questi russi…”.

 

Tirò fuori il portatile e lo appoggiò sul tavolo della cucina, attaccandolo alla presa. Sbirciò nel frigo, trovandolo vuoto, e diede uno sguardo fuori dalla finestra: dava sulla strada, e riusciva a vedere la Scirocco di sotto.

 

Si sedette al tavolo, pregustando già una bella dormita in un letto che sperava fosse almeno pulito dopo tutte quelle ore passate sull’aereo. Prima però doveva darsi da fare per trovare già il primo contatto tra i russi, e non c’era modo migliore che scovare una gara.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Mosca, Quartiere di Testovskaya

 

Irina strinse la mano poggiata sul volante, e con l’altra accarezzò il pomello del cambio, la musica della radio a cullarla qualche istante prima della partenza. Teneva lo sguardo fisso fuori, per osservare i russi che erano venuti ufficialmente a vedere la gara di Fenice, la ex numero tre della Black List americana.

 

Era strano vedere quanto interesse destasse la ragazza dello Scorpione, quando sembrava che Challagher non godesse di buona nomea da quelle parti. C’erano un ventina di persone a occupare il lungo marciapiede alla sua sinistra, sotto la luce fioca dei lampioni e il cielo stellato di Mosca; ma dall’altra parte, dove c’era il parcheggio dell’area industriale dove si trovavano, dovevano esserci assiepate almeno una cinquantina di persone, imbacuccate in giubbotti pesanti e avvolte da una nuvola di fumo che si sollevava dai sigari accesi.

 

Boris, venuto a bordo di una Bentley Arnage nera e avvolto in una pelliccia scura, stava parlando con un altro uomo della sua età, anche lui venuto con una mezza-limousine e dall’aria altrettanto importante e cattiva: portava due rigidi baffi a spazzola e cortissimi capelli grigi. Fumava un grosso sigaro che continuava a sventolare mentre parlava animatamente con Goryalef.

 

Irina spostò lo sguardo sull’auto vicina alla sua, la Mitsubishi Lancer di Dimitri: il russo, seduto tranquillo dentro, stava trafficando con qualcosa nel sedile del passeggero. Alla sua sinistra, i loro quattro avversari: una Volkswagen Golf blu, una Mazda RX-8 grigia, una Dodge Avenger rossa e una Nissan 350Z.

 

Era nervosa, ma sperava non si notasse troppo. Erano passati due anni dall’ultima volta che aveva preso parte a una corsa clandestina, e il tempo si faceva sentire: per quanto si fosse tenuta discretamente in allenamento, la situazione era comunque diversa dal circuito dove aveva corso con Xander

 

“Avanti, lo hai sempre fatto… Il tempo di partire, e ti sentirai come una volta”.

 

Deglutì, sperando che le sue doti di pilota clandestina si facessero vive come al solito, e tornò a guardare verso Dimitri. Il russo le rivolse un cenno, tranquillo.

 

L’esito di quella gara era già deciso: il vincitore sarebbe stato il Mastino, che lo meritasse o meno. Prima di recarsi a Testovskaya loro due si erano messi d’accordo: il russo era sicuro che i piloti contro qui avrebbero gareggiato non sarebbero stati i migliori, perché si trattava di una gara di poca importanza, e c’era pubblico solo perché sapevano dell’arrivo di Fenice…

 

<< Non puoi dimostrarti troppo pericolosa >> aveva detto Dimitri, << Sanno che sei brava, ma sanno anche che sopra di te c’ero io, quando esisteva ancora la Lista. Dobbiamo fargli credere che io abbia un margine di controllo su di te >>.

 

A quella frase Irina era inorridita: controllo su di lei? Ma lei aveva cercato di far capire il contrario a Boris!

 

<< Sai che non è questo che volevo… >> aveva ribattuto, per non farlo arrabbiare di nuovo.

 

<< Ma è quello che voglio io in questo momento >> aveva detto Dimitri, << Gli dimostrerai comunque cosa sai fare, ma non possiamo dargli l’idea che tu sia una che vuole dare fastidio. Sei qui per Challagher, non per infilarti tra loro >>.

 

Innervosita, Irina aveva accettato la cosa, ma prima di salire in auto, aveva domandato, strafottente: << Non pensavo arrivassi a chiedermi di lasciarti vincere… Hai paura di non riuscire a superarmi? >>.

 

<< Infatti non ho bisogno di chiedertelo >> aveva ribattuto Dimitri, irritato, << Ma sono convinto che tu non sappia come vanno le cose da queste parti… >>.

 

Irina tornò al momento presente e gettò uno sguardo ai suoi avversari: tutti ragazzi abbastanza giovani, dall’aria baldanzosa che aveva sempre visto anche a quelli di Los Angeles, forse con più soldi in banca che cervello. Non sembravano eccessivamente pericolosi, ma decise di essere prudente: l’esperienza le diceva di non badare solo alle apparenze.

 

Finalmente vide un uomo avviarsi al centro della strada, un neon blu in mano e una sigaretta in bocca. Fece cenno a tutti di prepararsi, e Irina accese il motore, facendolo salire di giri un paio di volte.

 

“Avanti, bella mia, diamoci da fare”.

 

Un ultimo controllo alle varie spie, poi fissò lo sguardo sull’uomo davanti a lei e attese.

 

Tre…

 

Due…

 

Uno…

 

Il neon venne calato verso il basso, e come proiettili le sei auto partirono, lasciandosi dietro l’odore delle gomme e il suono degli pneumatici sull’asfalto. Un attimo, e la Punto era davanti, disegnando alla perfezione la traiettoria della curva, subito dietro di lei Dimitri, a sfruttare la sua scia.

 

Irina accelerò, sentendo il motore dell’auto farsi invadente, gli occhi incollati sulla strada semibuia, la tensione alle stelle ma la strana sensazione di trovarsi nel suo elemento… I suoi piedi giocarono sui pedali, le marce inserite una dopo l’altra, in rapida successione.

 

Guardò nello specchietto retrovisore, per scoprire che Dimitri si stava affiancando e che dietro di lei c’era la Golf blu, i fari accesi ad abbagliarla, i capannoni industriali che sfrecciavano ai loro lati.

 

Si spostò a destra, studiando come affrontare la curva successiva, e vide Dimitri rallentare impercettibilmente, forse deciso a sfruttare ancora la sua scia.

 

Improvvisamente, sentì lo sterzo farsi leggerissimo, il posteriore dell’auto sbandare verso sinistra… Afferrò il volante, cercando di capire cosa non andasse, la curva che si faceva sempre più vicina…

 

Schiacciò a fondo il freno, la Punto che scodò con violenza, le ruote che si bloccarono, stridendo sull’asfalto…

 

Sotto la luce del lampione, Irina capì cosa le aveva fatto perdere il controllo dell’auto.

 

Ghiaccio.

 

La strada era coperta da un sottilissimo velo di acqua gelida, lucido e ben visibile, ma di cui lei non aveva nemmeno immaginato l’esistenza.

 

La Punto rallentò abbastanza da farle riprendere il controllo, ma allargò la curva e le cinque auto la superarono con facilità, il russo sempre in testa. Imprecò per la sua stupidità, e premette a fondo l’acceleratore.

 

Per fortuna non si era fermata completamente, altrimenti partire da ferma sarebbe stato peggio. Riuscì a riprendere il gruppo, la Nissan a chiudere la fila.

 

“Ok, se devo dimostrare cosa so fare, adesso è il momento giusto”.

 

Si piazzò dietro la Nissan, così vicina da trovare fastidiose le luci posteriori rosse, e scalò di una marcia, poi scartò di lato e la superò in un attimo, lasciandola a mangiare la sua polvere…

 

“Ah ah, non ho perso la mano!”.

 

Ora toccava alla Avenger… Sfruttò la sua scia per guadagnare velocità, e questa volta attese la curva seguente per sfilargli vicino e dileguarsi a velocità sorprendente, senza nemmeno darle in tempo di capire cosa stava accadendo.

 

Si ritrovò davanti il posteriore della RX-8, che zigzagava forse per cercare di confondere il pilota della Golf, davanti a loro. Dimitri nemmeno si vedeva, in testa alla gara come una sorta di capo-fila.

 

Rimase incollata alla Mazda, intuendo cosa volesse fare. I muri che delimitavano i capannoni scorrevano loro vicinissimi, una macchia indistinta nella notte di Mosca…

 

“Chissà se hanno mai visto un doppio sorpasso, da queste parti…”.

 

Appena la RX-8 accelerò di colpo, scartando di lato per superare la Volkswagen, Irina la seguì a ruota, sfilando di fianco alla Golf e sfruttando la scia dell’altra auto, guadagnando velocità…

 

Un colpo rapido ai freni, una sterzata a destra e la Punto passò tra le due macchine, infilandosi nello spazio di un secondo di fianco alla Mazda e schizzando avanti, guadagnando la seconda posizione.

 

Irina sorrise: mossa azzardata la sua, ma degna di Fenice. Svoltò a sinistra e ritrovò davanti a lei la Lancer di Dimitri, e fu costretta a frenare per non andargli addosso.

 

Dimitri doveva aver rallentato per vedere cosa succedeva dietro, e Irina ne approfittò per superarlo. Forse doveva vincere lui, ma non le aveva chiesto di rendergli le cose facili, né che non se la dovesse guadagnare veramente, quella vittoria…

 

Sentì il motore della Mitsubishi salire di giri, recuperando terreno, e premette l’acceleratore…

 

Irina non sapeva quanto mancava alla fine, ma ciò che vide distintamente fu un’altra lastra di ghiaccio lucida e nera sull’asfalto, proprio più avanti, una trentina di metri prima di una curva…

 

Capì in quel momento perché Dimitri non avesse preso la R8 o la Ferrari, ma avesse scelto un’auto meno potente ma più leggera: il ghiaccio era una costante nelle loro gare, e la Lancer poteva godere del maggior grip sul terreno dovuto alla trazione integrale… Ecco a cosa si riferiva, quando le aveva detto che non conosceva come andavano le cose, da quelle parti.

 

Rallentò, sperando che la Punto non scivolasse di nuovo, e vide la Mitsubishi superarla a sinistra, come un proiettile. Irina accelerò, ma sentì le ruote perdere aderenza e l’auto iniziare a girarsi di lato, abbastanza da costringerla a controsterzare.

 

La Punto strattonò a sinistra, poi tornò a mordere l’asfalto riguadagnando il controllo. Irina infilò la traiettoria perfetta della curva, poi ritrovò Dimitri che zigzagava di qua e dì la.

 

“Mi sta sfidando…” pensò irritata. La prendeva anche in giro.

 

Iniziò a muoversi da una parte all’altra anche lei, pronta a qualsiasi manovra. Appena Dimitri si spostò di lato per preparare la svolta seguente, si infilò a sinistra e lo superò, tirando il freno a mano per non schiantarsi nella curva…

 

Di nuovo, il ghiaccio le giocò un brutto scherzo, facendo girare la macchina di lato. Frenò, sentendo le ruote inchiodare ma continuare a scivolare come se non lo avesse fatto, e Dimitri la superò ancora con facilità, tirando dritto verso il traguardo.

 

Irina sterzò bruscamente, accorgendosi della Golf che si era nuovamente avvicinata, e accelerò anche se sapeva di rischiare. Per fortuna la Punto tornò dritta e tagliò il traguardo, seconda.

 

Un rumoroso applauso esplose dalla gente assiepata sui marciapiedi, il fumo dei sigari ancora a impestare l’aria, mentre le auto si fermavano oltre la linea del traguardo, in fari accesi ad abbagliare il pubblico. Boris sorrideva divertito, sventolando la mano con l’anello d’oro.

 

Irina spense il motore, poco soddisfatta da quella gara: non aveva immaginato che il ghiaccio rappresentasse così tanto un problema, da quelle parti. A dir la verità non ci aveva nemmeno pensato, e ringraziava davvero il fatto che Xander avesse provveduto a farle montare le gomme invernali.

 

Aspettò che fosse Dimitri il primo a scendere dalla sua auto, poi fece altrettanto, osservando le facce delle persone intorno a lei.

 

Com’era abituata, i suoi avversari la fissavano in cagnesco, profondamente offesi che una ragazza potesse dargli filo da torcere, ora più che mai visto che si trattava anche di una straniera. Quelli che avevano assistito alla corsa invece sembravano molto diffidenti, e nessuno commentò la sua prestazione, come se non ne valesse nemmeno la pena. Un tipo con un basco in testa borbottò qualcosa nella sua direzione, ma finì tutto lì.

 

“Mi sa che non ho fatto una buona impressione…” pensò, stringendosi nel giubbotto.

 

<< Fenice! >> gridò qualcuno.

 

Boris la stava chiamando dall’altra parte del marciapiede, di fianco a lui Dimitri e l’altro uomo con la pelliccia dall’aria minacciosa che Irina aveva visto prima della gara. Li raggiunse, sperando di non riceve solo commenti poco carini sulla sua gara.

 

Dimitri le rivolse un’occhiata imperscrutabile mentre Boris le rifilava una pacca sulla spalla e ridacchiava con aria divertita.

 

<< Bella gara, Fenice >> disse, << Pensavamo non arrivassi nemmeno al traguardo, visto che gli stranieri che terminano la prima gara da queste parti sono davvero pochi >>.

 

<< Per un momento l’ho pensato anche io… >> mormorò Irina, gettando uno sguardo verso l’uomo di fronte a lei, imbacuccato nella sua pelliccia.

 

<< Irina Dwight >> la presentò Boris, << Arriva da Los Angeles… Lui è Nikodim Todorov, un mio caro amico >>.

 

L’uomo le porse con distacco la mano, e lei gliela strinse, intuendo che non doveva essergli simpatica vista la freddezza del suo saluto.

 

<< Sappiamo che sei la donna di Challagher >> disse l’uomo, con una voce roca ma senza strane pronunce o intonazioni. << Hai fegato a presentarti qui da sola >>.

 

Il tono seccato di Nikodim le diede da pensare: non ricordava che William avesse fatto qualcosa per farsi odiare così tanto. In fin dei conti, però, lei non era mai stata in Russia con lui… Forse aveva qualche conto in sospeso che non aveva ancora saldato.

 

<< Non credo di meritarmi l’odio di nessuno, visto che non vi ho fatto niente >> ribatté lei, infastidita, << Anche se per voi è un problema che io rimanga qui, non me ne andrò comunque >>.

 

Dimitri le lanciò un’occhiataccia, ma lei non ci fece caso. Non poteva fare la figura della ragazzina che si lasciava comandare: in qualità di “donna dello Scorpione”, aveva una certa reputazione da difendere. Il suo tono sicuro attirò l’attenzione di qualche persona nelle vicinanze.

 

<< Non è il caso di parlarne qui >> li interruppe Boris, un po’ meno scherzoso di prima, << Troviamoci al solito posto qui vicino, così avremo modo di parlare con calma… Dimitri, fai tu strada a Irina >>.

 

La ragazza guardò i tre russi poi annuì, innervosita. Forse davanti a un bicchiere di vodka sarebbero stati meno scontrosi…

 

Raggiunse l’auto mentre la gente iniziava ad andarsene, forse con la stessa idea di trovarsi un posto caldo dove parlare, e seguì Dimitri per una decina di minuti, fino ad arrivare nella periferia dell’area industriale, dove iniziavano le case. Parcheggiarono le auto vicino a un palazzo piuttosto lussuoso e dall’aria aristocratica, dove tutte le finestre, chiuse da pesanti tende color porpora, erano illuminate nonostante l’ora.

 

Irina scese dall’auto, accorgendosi che c’erano solo lei, la Lancer, la Bentley e l’altra limousine di Nikodim… Tutti gli altri dovevano essere andati in un altro posto.

 

All’improvviso, sentì un po’ di apprensione montarle addosso: tutto stava filando troppo liscio, nessuno sembrava sospettare troppo… La gara, l’incontro con Todorov… Potevano essere una trappola? Magari la stavano attirando lì per toglierla dai piedi e liberare Dimitri…

 

Controllò di avere la pistola ancora ben nascosta addosso e tirò un respiro profondo per calmarsi. Bastava essere prudenti, e non sarebbe successo niente…

 

<< Cosa stai aspettando? >>.

 

Irina sussultò quando si accorse che Dimitri le era comparso davanti e stava fermo sul marciapiede, fissandola freddamente. Boris e Nikodim erano davanti al portone del palazzo, in attesa.

 

<< Ehm… Sì, arrivo >>.

 

Chiuse l’auto e insieme a Dimitri raggiunse i due, che stavano parlando in russo senza darle modo di capire. Suonarono al campanello, e il portone venne aperto, introducendoli in un bel corridoio tirato a lucido, con l’ascensore e le scale che portavano ai piani di sopra. A uno sportello incassato nella parete foderata di legno c’era un uomo a fare da portinaio, lo sguardo da avvoltoio che li fissava di sbieco. Fece un cenno di saluto, e Boris ricambiò aggiungendo qualcosa in russo.

 

Una volta di sopra, al primo piano, trovarono la porta spalancata dell’appartamento sulla destra, un bel tappeto rosso ad accoglierli che si dipanava sul pavimento. Entrarono, e subito una bella donna dai capelli color del rame, un trucco pensate a renderle lo sguardo sensuale, venne loro incontro sorridente, fluttuando con maestria sui tacchi vertiginosi.

 

La ragazza disse qualcosa, mostrando i denti bianchissimi, poi dopo un paio di frasi scambiate con Boris li invitò ad avanzare. Irina si guardò intorno incuriosita, sentendosi stranamente fuoriposto… Quell’appartamento assomigliava di più a una sorta di hall, che a una casa, a giudicare dall’aspetto dell’arredamento e dall’atmosfera che aleggiava.

 

Quando misero piede nel soggiorno, trasformato in una sala d’aspetto, Irina capì dove si trovava: era una casa per incontri. Incontri a pagamento per gente facoltosa e annoiata che voleva evidentemente provare qualche nuova “emozione”.

 

La ragazza rossa cercò sotto il piccolo bancone usato come scrivania un paio di chiavi, dove c’era anche quello che sembrava un registro, e le porse a Nikodim con un sorriso. Non li accompagnò: probabilmente il russo sapeva già dove andare.

 

Mentre uscivano dall’appartamento, diretti ai piani superiori, Irina si affiancò a Dimitri, preoccupata. Una ragazza inguainata in un vestito blu cobalto tagliò loro la strada, diretta di sotto.

 

<< Non dirmi che hanno intenzione di parlare di affari in un posto come questo… >> sussurrò, per non farsi sentire dagli altri. << Qui puoi fare di tutto, tranne che parlare di cose importanti… >>.

 

<< Non sono stato io a decidere >> rispose Dimitri, a voce bassa, << Prevedono di rimanere qui a lungo, forse… E poi è un posto più sicuro di molti altri, a dispetto delle apparenze >>.

 

“Sì, e io ci credo anche… Sono tutti e tre qui per divertirsi, altro che affari”.

 

L’appartamento in cui entrarono era lussuosamente arredato, a partire dai mobili per finire con le quattro ragazze in abiti succinti pronte a servire i loro “ospiti”, una più bella dell’altra. Sorrisero tutte contente sfilando le pellicce a Boris e Nikodim, e salutandoli con aria festosa come se si conoscessero già. Probabilmente dovevano essere clienti abituali, e avevano le loro preferenze anche lì dentro. A lei riservarono un’occhiata sprezzante, e Dimitri ricevette solo un cenno del capo quasi fosse conosciuto ma non abbastanza da permettersi di più.

 

Irina seguì le quattro ragazze fin nel soggiorno, dove li fecero accomodare su poltrone di pelle morbide e accoglienti, il fuoco nel camino che scoppiettava e la vetrina piena di bottiglie di alcolici e liquori. Una porta dava sul corridoio che doveva portare alle camere da letto.

 

<< Bene, qui possiamo parlare con più calma >> disse Boris, sedendosi su una poltrona e fissando spudoratamente il fondoschiena di una delle ragazze, quella bionda, mentre si chinava sul tavolino per riempire i bicchieri di vodka.

 

“Ma guarda te dove sono finita…”.

 

Irina accettò il bicchierino sentendosi fuori posto, lì in mezzo. Sicuramente non c’entrava assolutamente nulla in una casa di incontri, per di più con tre russi uno più scontroso dell’altro. Almeno però di una cosa era sicura: non erano lì per ucciderla. C’erano troppi testimoni. O almeno era quello che sperava.

 

Ingurgitò la vodka tutta d’un fiato e guardò le quattro ragazze iniziare il loro lavoro: due si occuparono di Boris, le altre due di Nikodim. Dimitri, invece, rimase da solo seduto nella sua poltrona, lo sguardo infastidito, come se si trovasse nell’ultimo posto in cui voleva stare.

 

“Certo che è strano… Inizio a pensare che sia veramente dell’altra sponda, come mormorava qualcuno…”.

 

Dimitri notò che lo stava studiando, seduta sulla poltrona, e lei spostò immediatamente lo sguardo: non voleva provocarlo, visto che era così suscettibile.

 

<< Aaaaahhh… >> mormorò Boris, mentre la ragazza bionda gli massaggiava le spalle, << Adoro le tue mani, Galina… >>.

 

<< Sei venuta per chiedere aiuto per liberare Challagher? >> domandò improvvisamente Nikodim, mentre una delle ragazze gli sfilava il bicchiere dalle mani per riempirglielo nuovamente.

 

“Se lo sa già, perché me lo chiede?”.

 

<< Sì, sono qui per quello >> rispose Irina. Il suo tono non gli piaceva particolarmente: doveva essere un tipo viscido.

 

<< E Dimitri cosa c’entra? >> chiese il russo.

 

Irina lanciò un’occhiata verso Dimitri, ma lui rispose prima di lei. << Non c’entro niente, infatti >>.

 

La ragazza lo fulminò con lo sguardo. Cosa voleva fare?

 

Nikodim inarcò un sopracciglio. << Non capisco >> disse.

 

<< Io non sono qui per liberare Challagher >> spiegò calmo Dimitri, << Sono qui semplicemente perché ho avuto modo di fuggire dal carcere, ed è stata lei a farmi scappare… Per me che Challagher sia dentro o fuori non fa differenza >>.

 

“Lo uccido, lo uccido, lo uccido! Cosa fa?!”.

 

Irina strinse il bracciolo della poltrona, sentendo la tensione salire. Non potevano dare l’impressione che non avevano le idee ben chiare in testa…

 

<< Sei sempre il benvenuto tra noi, Dimitri, lo sai >> disse Nikodim, con un ghigno davanti a quella notizia, << Tuttavia mi stai dicendo che la aiuterai perché hai un debito nei suoi confronti, giusto? >>.

 

<< E’ evidente >> disse Dimitri, giocando con il bicchiere che teneva in mano.

 

<< Non è quello il problema >> si inserì Boris, << Dimitri è libero di fare quello che vuole… Irina vuole l’aiuto della Lince, per questo l’ho portata da te >>.

 

Irina gettò un’occhiata a Nikodim, intuendo che dovesse essere qualcuno di grosso, lì in mezzo… Poteva essere lui la Lince?

 

<< Sai meglio di me come funziona >> disse Nikodim, rivolto a Boris, << Nessuno ha contatti con la Lince, se non noi referenti… E lo facciamo indirettamente, perché ci sono le Sentinelle di mezzo. E poi perché vuole proprio il suo aiuto? >>.

 

Irina drizzò le orecchie alla definizione “Sentinelle”: dovevano essere i tre che trasmettevano gli ordini dalla Lince fino ai Referenti… Gli unici che l’avevano vista veramente.

 

<< Lo Scorpione è rinchiuso nel Carcere di Massima Sicurezza di San Francisco, e non sarà facile farlo uscire >> rispose lei, << Ho bisogno di soldi, di conoscenze e di aiuto… Era anche amico suo, oltretutto, no? >>.

 

Nikodim arricciò il labbro. << Amico… Americani… >> borbottò, come parlando con se stesso, << La Lince non si fa vedere da nessuno, figuriamoci da una ragazzina come te >>.

 

<< Far uscire Challagher potrebbe essere vantaggioso anche per voi >> si intromise Dimitri, all’improvviso, << Avete fatto un sacco di affari, con lui. Potrebbe volervi ricompensare, per l’aiuto >>.

 

Nikodim e Boris si guardarono in faccia per un attimo, le ragazze che si muovevano intorno a loro come sagome indistinte, completamente estranee alla discussione.

 

<< Ci divertivamo, a Las Vegas >> commentò Boris, << In effetti, un po’ mi mancano quelle trasferte… >>.

 

<< Non ci dobbiamo intromettere >> ringhiò Nikodim, << Non possiamo metterci in mezzo per degli americani. Ci porteranno solo guai >>.

 

<< Di preciso, cosa volete? >> domandò Boris, rivolta a lei.

 

<< Abbiamo bisogno di aiuto, e basta. I soldi posso racimolarli gareggiando; mi serve qualcuno che possa organizzare la fuga perfetta, e tenga nascosto William per un po’ di tempo… La Lince saprà sicuramente come fare >>.

 

<< Non mi sembra una richiesta esagerata >> disse Boris, rivolto a Nikodim, << Potremmo trarne dei vantaggi, dopo >>.

 

Nikodim fece un sorrisetto. << Puoi trattare per Challagher? >> chiese, rivolta a lei.

 

<< In che senso? >> domandò Irina.

 

<< Nel senso che noi ti aiutiamo ad arrivare alla Lince >> rispose Nikodim, << E voi ci garantite contatti con i contrabbandieri messicani… Mi sembra che lo Scorpione fosse in affari con loro, mi sbaglio? >>.

 

“Cavolo, e io che ne so, ora?”pensò Irina, disperata, “Sono passati due anni, potrebbero aver deciso di non avere più niente a che fare con William, visto che è stato arrestato…”.

 

Gettò una rapida occhiata verso Boris, senza sapere che dire. La bionda gli stava ancora massaggiando le spalle.

 

<< E’ passato molto tempo da quando era in affari con loro >> disse lentamente, << Non posso garantirvi che… >>.

 

<< Va bene >> la interruppe Dimitri, << Possiamo farlo. Lei non prendeva parte agli affari di Challagher se non in modo marginale, ma io sapevo tutto. Posso mettervi in contatto con loro… >>.

 

<< E liberarti del tuo debito >> concluse per lui Nikodim, << Come sempre non ami avere questioni in sospeso… Se mi garantisci che possiamo fare affari con i messicani, accetto. Boris? >>.

 

<< Accordo accettato >>.

 

<< Ti contatteremo quando sapremo come agire >> disse Nikodim, rivolto di nuovo a lei, << Fino ad allora, non farti più vedere da nessuna parte >>.

 

Irina annuì, guardando una delle ragazze, dai capelli neri, massaggiare le tempie del russo e rivolgerle un’occhiata eloquente: era di troppo, da quelle parti.

 

<< Quanto dovrò aspettare? >> chiese.

 

<< Il tempo necessario >> rispose Nikodim, << Parlerò con qualcuna delle mie conoscenze e vediamo cosa possiamo fare >>.

 

Irina si alzò, intuendo che la loro discussione dovesse essere finita, e con una disperata voglia di andarsene. La faccenda si preannunciava lunga, e doveva aggiornare McDonall.

 

<< Credo di potervi lasciare >> disse, avviandosi verso la porta, << Buona serata… >>.

 

Sentì qualcuno alzarsi e seguirla: Dimitri la raggiunse in soggiorno e la superò con aria irritata. Lo guardò uscire dall’appartamento e prendere le scale.

 

<< Non… Non rimani? >> domandò, perplessa.

 

<< No >>.

 

Irina lo seguì fino al piano di sotto, cercando di capire qualcosa dalla sua solita espressione indecifrabile, ma non colse niente. Sembrava solo scocciato.

 

Dovette correre per stargli dietro, uscendo dal palazzo senza salutare nessuno. Lo vide dirigersi verso la Lancer, le chiavi che gli tintinnavano in mano.

 

<< Dimitri, aspetta un attimo! >> disse, avvicinandosi.

 

<< Cosa vuoi? >>. Il russo aprì la porta dell’auto, guardandola in faccia.

 

<< Veramente puoi metterti in contatto con i messicani? >> domandò lei, << Oppure stavi bluffando? >>.

 

Dimitri arricciò il labbro. << Potrei farlo, ma sono due anni che Challagher non sta più nei loro giochi >> rispose, << Non vorranno fare affari con noi. Ma questo non vuole dire che non possiamo far finta di essere ancora in contatto con loro… >>.

 

Irina lo guardò prima perplessa, poi comprese. Sì, aveva bluffato, ma l’F.B.I. avrebbe potuto usare qualche agente per fingerlo un esportatore di droga messicano, accontentando i russi e aiutando ulteriormente loro.

 

<< Perché gli hai detto che non ti interessa se Challagher è fuori o no? >> chiese.

 

<< Perché è la verità >> rispose secco Dimitri, entrando in auto, << Sono l’unica persona che qui in mezzo non ha da temere niente, nemmeno lui >>.

 

Accese il motore e partì con una sgommata, lasciandola lì a fissare la strada con aria confusa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Bene, pure questo è fatto. Lo so, faccio schifo in quanto ad aggiornamenti, ma pazientate ancora qualche settimana, poi penso che i miei ritmi si faranno meno stressanti e avrò tempo per scrivere di più.

 

Che dire… Gara di Irina, arrivo di Xander, eccetera. Niente di che, alla fine. Dimitri, invece, è sempre più strano, non vi pare? Ah, se sapeste quello che so io (e lo saprete)… Si accettano scommesse sul suo passato e sulla sua vita!

 

DarkStar: non ti preoccupare, adoro le recensioni lunghe! La tua ipotesi su Irina può essere in parte azzeccata: in fondo, sì, troppa tranquillità dopo una vita passata in mezzo al casino era un po’ strana per lei. Per quanto volesse essere una “brava ragazza”, rimane comunque Fenice: e Fenice non è proprio un angioletto. Xander, invece, sa che Irina può cavarsela da sola in molte situazioni… In molte, non in tutte, ed è terrorizzato dall’idea di poterla vedere di nuovo nei guai, ma soprattutto di vederla di nuovo stare male come quando l’ha conosciuta: sa meglio di tutti quanto sia stata dura farle trovare un equilibrio, farle perdere quell’oscurità che aveva nello sguardo. Per questo la vuole tenere in quasi in una campana di vetro, credendo di preservarla da tutto e da tutti: il problema è che non la preserva da se stessa. Ma questa è un’altra storia, e questo aspetto verrà fuori nella fic. Quanto a William… Bé, in realtà con Sebastian esisteva un accordo molto prima che lui venisse catturato, un accordo che lo avrebbe aiutato proprio nel caso fosse finito dietro le sbarre. In ogni caso, sarà spiegato meglio nella storia, però sì, c’è una piccola componente di fiducia che lo Scorpione ha dovuto riporre nel suo meccanico, cosa molto rara per William, che alla fine conta solo e sempre su se stesso. Dimitri, invece, verrà fuori piano piano, ma io lo adoro già… baci!

 

CriCri88: ah ah, lo sapevo che il flashback di William ti sarebbe piaciuto! Pure da giovane si faceva distinguere, e aveva la stessa testa… Però vedrai anche altri aspetti di lui, che non potranno che piacerti, credo. Vedrai! E soprattutto, quando uscirà dal carcere, ne combinerà delle belle. Baci!

 

Darkraimbow: hola! Bé, grazie, speriamo che il concorso vada bene e non mi classifichi proprio ultima! William è vero, è un personaggio molto complesso, molto più di quanto ci si potrebbe aspettare da un cattivo; ed è anche vero che molti dei miei personaggi hanno due facce, perché io adoro la dualità del carattere nelle persone: fa parte di tutti, soprattutto di gente come loro. Poi Xander e William sono simili sotto molti aspetti, e qui ci addentriamo in un vero e proprio trattato… Meglio tagliare, ne parlerò più avanti. Quando al delirio che la Lince sia una donna… Bé, su quello puoi fantasticare quanto vuoi, quello che mi ha fatto ridere era la possibile storia William/Lince: uhm, la donna perfetta lo Scorpione l’ha già incontrata, e finché non riuscirà ad averla non potrà trovarne una che fa al caso suo, se capisci cosa intendo… Rimaniamo nel vago, vah… Baci!

 

Mantovanina: ciao! Sono contentissima che la storia ti sia piaciuta e ti stia piacendo, soprattutto per averti acquisito come nuova lettrice! Mi dici che vedi Xander come un puma? Uhm, io in realtà non gli ho mai associato nessun animale, quindi ti lascio libera di vederlo come vuoi… E’ l’unico a cui non ho affibbiato un soprannome! Quanto al resto, posso solo dirti: attendi e vedrai… Baci e grazie ancora!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Lhea