Capitolo
XI
Ore 9.30 –
Mosca
Irina rimase a
fissare l’orologio appoggiato sul comodino, sdraiata sul fianco, la coperta a
scaldarla e la pochissima luce che filtrava dalle tapparelle a disegnare lamine
bianche sul pavimento.
Non aveva voglia di
alzarsi, anche se voleva sapere da Dimitri come erano
andate le cose la sera prima. Verso mezzanotte aveva lasciato Vilena ed era andata a dormire, chiedendosi cosa stessero
facendo i russi di sotto… E non aveva nemmeno sentito Dimitri rientrare in
casa, anche se non si era stupita perché lui sapeva aleggiare come un fantasma
con perfetta maestria…
Sapeva a cosa era dovuta quella sua apatia: era la crisi del terzo giorno,
come la definiva lei. Dopo tre giorni di lontananza da Xander,
cominciava a sentire la sua mancanza, ma questa volta
si aggiungeva anche la nostalgia per tutto il resto della sua famiglia… Per
fortuna, di lì a qualche ora almeno Xander sarebbe
atterrato in Russia, e poteva sperare di riuscire a vederlo, in qualche modo.
Aveva una strana
sensazione addosso, però, che non dipendeva dalla mancanza della sua solita
vita… Era qualcosa che riguardava la missione, una sorta di “imperfezione” nei
suoi comportamenti…
Fece mente locale, per
cercare di capire se avesse dimenticato di fare qualcosa. McDonall
lo aveva avvisato, mettendolo al corrente
dell’incontro con i cugini di Dimitri che avrebbe avuto la sera precedente; Xander lo aveva sentito, e sapeva nella minuscola
variazione del suo piano… Sembrava tutto a posto.
“Sarà solo una sensazione…” si disse, girandosi
nel letto e sprimacciando il cuscino, sentendo il bozzo nel materasso dovuto
alla pistola che aveva nascosto qualche giorno prima.
“Un attimo…”.
Rimase inchiodata,
fissando il cuscino, i capelli davanti agli occhi e l’espressione confusa.
<< La
pistola! >> gridò all’improvviso, ricordando tutto.
Dimitri non le
aveva ridato la pistola!
Scattò in piedi, i
pantaloni bianchi della tuta che svolazzarono mentre saltava le ciabatte e
scalza usciva dalla stanza come fosse impazzita. Il cuore accelerò i battiti,
mentre si dava della stupida.
“Idiota! Mi sono dimentica di farmi
ridare la pistola, l’altra sera dopo che abbiamo lasciato Boris!”.
Entrò in cucina
come una furia, cercando Dimitri con gli occhi ma senza vederlo da nessuna
parte. Non sapeva nemmeno che ore erano, ma doveva per forza essere lì…
“E se fosse scappato?!”.
Magari i suoi
cugini lo avevano aiutato a levarsi il braccialetto, e l’avevano mandata via per poter fuggire in pace… Perché non ci aveva pensato?
Tornò nel
corridoio, innervosita e preoccupata. La luce del bagno era spenta, il
soggiorno vuoto… Per un attimo le venne l’idea di salire di sopra, luogo
off-limits per lei, poi si ricordò che forse Dimitri aveva una camera, e che
magari stesse ancora dormendo.
Spalancò la porta
della stanza del russo, senza pensare di poterlo svegliare, infastidire o
semplicemente farlo arrabbiare. Puntò dritta al letto, accorgendosi con un
balzo al cuore che era vuoto.
<< Cosa vuoi? >>.
La camera era
rischiarata dalla luce del giorno, e Dimitri stava in piedi a torso nudo e in
pantaloni della tuta da ginnastica, lo sguardo fisso su di lei, infastidito per
la sua rumorosa e poco gradita entrata. Teneva in mano una maglia, nell’atto di
piegarla.
<< La pistola
>> disse Irina, guardandolo in faccia, arrabbiata ma anche sollevata per
averlo trovato ancora lì.
Dimitri inarcò un
sopracciglio, poi continuò a piegare la sua maglia con noncuranza.
<< E’ nel
cassetto del mobile del soggiorno, sotto lo stereo >> rispose, secco,
senza nemmeno guardarla, << Avevi paura che ti sparassi alle spalle?
>>.
Irina rimase
inchiodata dov’era, interdetta.
<< No… Cioè,
sì… Vado a riprendermela >> borbottò, lasciando la stanza.
Raggiunse il
soggiorno e trovò la pistola esattamente dove le aveva
detto Dimitri, ancora carica e con la sicura inserita, segno che non era stata
utilizzata. La afferrò e se la mise in tasca, dandosi della stupida.
Prima di tutto si
era dimenticata di farsela ridare, e quello avrebbe potuto
costarle la vita… Secondo, aveva fatto la mezza isterica quasi aggredendo
Dimitri, quando lui alla fine non l’aveva usata…
Tornò davanti alla
porta della camera del russo, incerta se entrare o meno.
Le sarebbe costato molto, ma forse doveva chiedergli scusa…
Bussò sulla porta
accostata, per dimostrargli un minimo di educazione, e sperando che non si
fosse arrabbiato troppo.
<< Entra…
>>.
Dimitri era di
spalle, ancora con le cicatrici in bella vista, e stava riponendo qualcosa nel
mobile sopra la scrivania di legno nero, come se non l’avesse sentita entrare.
Irina ebbe modo di gettare uno sguardo intorno, per la prima volta nella “tana”
del lupo da quando era arrivata. Si era sempre tenuta lontana, dalla sua
stanza, visto che lui aveva detto di gradire così.
La camera del russo
era ordinatissima, pulita, e limitata all’essenziale. Il letto a due piazze era
incassato nell’armadio a ponte laccato di nero, una poltrona di pelle rosso
scuro in un angolo, una lampada da terra in quel momento accesa e qualche
mensola alle pareti. Un pc portatile era aperto e
spento sulla scrivania, vicino un portafoto con un’immagine di due persone…
Dimitri e una ragazza.
<< Cosa vuoi ancora? >> chiese bruscamente il russo,
voltandosi di scatto.
Irina si morse il
labbro, distogliendo immediatamente gli occhi dalla foto che non poteva che
catturare la sua attenzione. << Ehm… Scusa per prima >> disse a
bassa voce, << Forse ho un po’ esagerato… Non volevo piombare nella tua
stanza così… >>.
Dimitri fece una
smorfia. << Lascia perdere… Siete tutti fissati
con la storia che voglia fuggire… >> commentò.
Irina gli gettò
un’occhiata, turbata da tutte quelle cicatrici e dalla sua affermazione.
<< No, e solo
che… >> disse, ma poi rimase in silenzio.
Sì, in effetti tutti pensavano che Dimitri fosse pronto a
fuggire alla prima occasione, a fare del male a qualcuno per di riguadagnare la
libertà… Xander era stato piuttosto paranoico, su
quel punto; McDonall non si fidava di lui, e White
aveva preso tutte le precauzioni possibili per non farlo scappare… Possibile
che avessero esagerato, che magari Dimitri non fosse poi tanto in malafede?
Magari aveva voluto collaborare solo per ottenere davvero il suo sconto sulla
pena, e nient’altro…
<< Ok, scusa,
forse hai ragione >> mormorò Irina, abbassando lo sguardo, << Però
me la potevi ridare di tua spontanea volontà, invece di lasciarla lì… >>.
<< Poteva
sempre tornarmi utile, se passava qualcuno a trovarci >> ribatté lui,
<< E prima che ci convincessi a darmela, ci avrebbero fatti
fuori tutti e due >>.
“Ah, ma allora lo fa apposta… Gli ho appena chiesto
scusa e lui infierisce?”.
Irina si morse la
lingua per non rispondergli male, visto che questa
volta era lei quella dalla parte del torto, e lasciò correre. Sostenne il suo
sguardo per non dargli vinta almeno quella e disse: << Ieri sera come è andata a finire? >>.
<< Per il
momento non se ne parla del loro aiuto >> rispose Dimitri, senza
accennare a muoversi, << Per la faccenda di Challagher,
si intende. Per quanto riguarda me, gli va bene che io
sia qui; di te non si fidano, invece >>.
Irina sbuffò.
<< Ti pareva…
>> disse, << Devo guardarmi le spalle, allora? >>.
Dimitri incrociò le
braccia, la cicatrice sul petto che sembrò squarciarsi di nuovo. << Non
da loro, almeno >> rispose.
L’occhio di Irina
cadde di nuovo sul petto di Dimitri, quei segni
bianchi ben visibili a deturparlo, in grado di colpire chiunque.
“Ma non si può vestire?” pensò.
Poi si accorse che
Dimitri lo stava facendo apposta a rimanere a torso nudo. Molto probabilmente
voleva turbarla e costringerla a chiedergli dove si fosse fatto tutte quelle
ferite, e ribadire così la sua natura impicciona. L’ennesimo
modo per provocarla.
“Non ci cado. Mi cucio la lingua, su
questo punto”.
<< Vorresti
uscire, per favore? >> la svegliò Dimitri, falsamente educato, << O
hai altro da chiedermi? >>.
<< Ok…
>>.
Irina si voltò e
lasciò la camera, mezza stordita. Per un attimo, un piccolissimo attimo, aveva
creduto di aver trovato un punto di incontro con
Dimitri, e lui non faceva che trattarla male… Se c’era una cosa di cui era
sicura, era che ci voleva molta, molta pazienza con lui.
Davanti a una tazza
di caffè caldo si strinse nelle spalle, ripensando a ciò che era successo.
Forse era il caso che rinunciasse a stringere un buon rapporto con Dimitri, visto che il russo non sembrava proprio averne voglia;
oltretutto, era chiaro che lo faceva apposta a farla arrabbiare, magari nella
speranza di farlo tornare a Los Angeles… Che poi, avrebbe dovuto essere
contento di stare un po’ fuori dalla cella, no?
Dimitri ricomparve
all’improvviso, questa volta con un maglione addosso, e le chiavi del garage in
mano. Vide brillare il braccialetto di controllo che portava al polso, segno
che lo aveva ancora e non aveva cercato di toglierlo.
<< Vado a
preparare la macchina per stasera >> disse, prendendo una bottiglia di
birra dal frigo per portarsela dietro.
Irina annuì e non
commentò, anche se trovava eccessivo mettersi a trafficare con l’auto già di
prima mattina: non c’era niente da preparare, visto che l’Audi, la Camaro, la Lancer e soprattutto
la Ferrari erano perfettamente in grado di correre. Forse era solo una scusa
per starsene da solo in pace, senza che ci fosse lei a rompergli le scatole.
Ore 10.00 –
Aeroporto di San Pietroburgo
Nel momento esatto
in cui Xander mise piede nella hall dell’aeroporto, sentì
un po’ dell’ansia che lo aveva attanagliato nei giorni precedenti sciogliersi.
Fu come una boccata di ossigeno dopo una lunga apnea. Perfetto, era in Russia,
sempre molto distante da Mosca, ma si trovava comunque nella stessa nazione,
nello stesso continente e nello stesso ambiente di Irina. Ovunque fosse, era
sempre meno lontana di prima.
Si guardò intorno,
innervosito dalla poca gente che camminava lì in giro, e individuò l’agente Sokolòva fermo vicino a una colonna di marmo, che guardava
l’orologio con aria seccata. Aveva detto che non aveva bisogno di essere
accolto all’aeroporto, ma era chiaro che non lo avevano ascoltato molto. Si
diresse verso di lui, la valigia in una mano e l’espressione scocciata.
<< Buongiorno
>> salutò.
<< Agente Went… >> fece Sokolòva, con
un cenno del capo, << Ha fatto buon viaggio? >>.
<< Abbastanza
>> rispose Xander, scrocchiando il collo
indolenzito dalle molte ore seduto immobile, << Avevo detto che potevo
sbrigarmela da solo… >>.
Sokolòva fece un cenno
verso il bar. << Andiamoci a prendere un caffè, mentre parliamo >>
disse, avviandosi con aria tranquilla. Xander lo
seguì, insospettito.
<< Sono solo
venuto a portarle le chiavi della sua auto >> continuò il russo, mentre
si accomodavano a uno dei tavolini dell’aeroporto, nel bar poco affollato,
<< Ce ne siamo occupati noi, come era previsto
>>.
Gli passò una busta
di carta e Xander la prese, mentre guardava con
scarso interesse il gruppo di piloti in divisa che facevano colazione seduti al
bancone, forse anche loro appena sbarcati come lui.
<< Altro?
>> domandò, ritornando a guardare il russo.
La cameriera portò loro i due caffè che avevano ordinato, e Sokolòva gli gettò un’occhiata.
<< No. Volevamo
solo accertarci che usi tutte le precauzioni possibili, in questa missione
>> disse, << Non possiamo permetterci nessun errore, soprattutto visto che ci siamo dovuti appoggiare a voi… >>.
“Non gli va che ce ne occupiamo noi americani, in
conclusione”
pensò Xander.
Lo sapeva che i
russi erano sempre stati sulle loro, che non avevano mai amato chiedere aiuto
al di fuori del loro paese, ed era preparato alla loro diffidenza. McDonall stesso gli aveva detto che sicuramente avrebbero
cercato di intromettersi in qualche modo, per controllare la situazione. Fosse
stato per loro, non avrebbero mai contattato gli
americani… Evidentemente l’ordine arrivava da qualcuno che per fortuna la
pensava diversamente.
<< Ok, non
c’era bisogno di ricordarmelo >> disse Xander,
<< Sono qui per lavorare, non per divertirmi. Oltretutto, siete stati voi
a chiedere il nostro aiuto, e presuppongo che dobbiate fidarvi… Tra l’altro, le
chiavi del mio appartamento? >>.
<< Sono
insieme a quelle della macchina >> rispose Sokolòva, facendo un cenno verso la busta, <<
D’accordo, non la trattengo oltre, allora. Faccia solo attenzione quando
entrerà in contatto con i primi piloti: saranno molto diffidenti, potrebbero risultare più pericolosi di quanto già non lo siano
>>.
<< Lo ricorderò
>> disse Xander, alzandosi, <<
Arrivederci >>.
Riprese la valigia
e si diresse verso il parcheggio esterno, spazzato da un vento gelido e da
fiocchi di neve piccoli e vorticanti. Il cambio di clima lo lasciò un attimo
stordito: Los Angeles era tutt’altra cosa. Guardò un momento il cielo grigio
sopra la sua testa, poi cercò il settore indicato sulla busta, dove doveva
essere parcheggiata la sua auto: B 12.
Raggiunse uno
spiazzo pieno di vetture parcheggiate l’una di fianco all’altra, deserto e
silenzioso.
Vagò con lo sguardo
in cerca della Ferrari che aveva chiesto come auto, ma non vide nessun rosso
brillante svettare lì in mezzo, né tantomeno un cavallino rampante magari su
fondo giallo. L’unica auto degna di nota, tra quelle assolutamente anonime, era
una Volkswagen Scirocco nera con i cerchi ribassati.
Riguardò la busta,
chiedendosi se avesse sbagliato per caso settore. No, sembrava quello giusto.
Tirò fuori le chiavi e rimase incerto a guardare la Scirocco nera, perplesso.
“Facciamo una prova… Se la mia auto è qui, si dovrà per
forza aprire…”.
Schiacciò il tasto
dell’antifurto, e le quattro frecce della Scirocco baluginarono un istante, con
il tipico bip dell’apertura delle porte. Xander sbuffò.
“Non è possibile, non possono avermi dato una Scirocco…
McDonall lo sa che volevo una Ferrari come al solito, o una Lamborghini… Questa me la segno”.
Andò verso l’auto e
infilò la valigia nel baule, scoprendo che almeno era più spazioso di quello di
una macchina da corsa. Si accomodò sul sedile e accese il navigatore, che
indicava la strada per il suo appartamento nel centro di San Pietroburgo.
Mentre percorreva
le strade di San Pietroburgo, poco affollate di gente per via della temperatura
molto bassa, si guardò intorno per capire in che ambiente si trovasse. I suoi
abitanti sembravano freddi quanto il clima, e l’assenza del sole splendente a cui era abituato rendeva tutto molto simile ai paesi del
nord Europa dove era già stato.
Presto scoprì che
il suo appartamento si trovava in quella che doveva essere la zona più
malfamata di San Pietroburgo, a giudicare dall’aspetto dei palazzi fatiscenti e
dai brutti ceffi che si aggiravano per le strade. Molti negozi avevano le
vetrine sprangate e i vetri rotti, e in alcuni angoli erano ammucchiati cumuli
di spazzatura. La carcassa di un’auto bruciata giaceva abbandonata nel
parcheggio di un supermercato, quasi deserto.
Ora capiva perché i
russi gli avevano dato un’auto poco appariscente: con una Ferrari o una Lamborghini
la in mezzo sarebbe subito saltato all’occhio, e non
sembrava una buona idea, al momento. Raggiunse un quartiere piuttosto anonimo e
parcheggiò a bordo strada.
Si guardò intorno,
notando che il palazzo dove si trovava il suo appartamento era leggermente meno
mal tenuto degli altri, anche se l’intonaco color panna si stava scrostando.
Recuperò la valigia e si diresse verso il portone, che si aprì cigolando su un
minuscolo corridoio che odorava di muffa.
L’ascensore che lo
portò al quinto piano arrivò sferragliando, dandogli l’impressione di essere
sul procinto di effettuare uno dei suoi ultimi viaggi:
si infilò dentro, dove era stato appeso un cartello scritto in modo
incomprensibile, e attese di arrivare su.
L’appartamento che gli era stato destinato era piccolo, composto da una sala da
pranzo che faceva anche da soggiorno, una misera camera da letto e il bagno.
L’odore di chiuso aleggiava nell’aria, mischiandosi al consueto sentore di
muffa.
Sospirò, lasciando
cadere le valigie per terra, e andò ad aprire le finestre, incurante
del freddo che poteva entrare. Poteva dirsi tutto, tranne che soddisfatto.
“Ho l’impressione che questa sarà la più difficile
missione della mia vita…”.
Il tutto era
iniziato già male, con Irina tirata in mezzo; poi era stata la volta
dell’entrata in scena di Dimitri, che anche se era
opera sua, era pur sempre qualcosa di cui avrebbe fatto a meno; poi Irina
iniziava a fare di testa sua, ancora prima di cominciare qualcosa, fingendosi
la donna inferocita di Challagher, cosa che lo
infastidiva anche abbastanza; e ora gli rifilavano un’auto al di sotto dei suoi
standard e un appartamento di ultima classe.
“Così imparo a pretendere troppo… Irina ha ragione: McDonall mi ha abituato troppo bene. Ma
lo sapeva meglio di me qual è il prezzo da pagare, adesso: non farò il bravo,
con questi russi…”.
Tirò fuori il
portatile e lo appoggiò sul tavolo della cucina, attaccandolo alla presa.
Sbirciò nel frigo, trovandolo vuoto, e diede uno sguardo fuori dalla finestra: dava sulla strada, e riusciva a vedere la Scirocco di sotto.
Si sedette al
tavolo, pregustando già una bella dormita in un letto che sperava fosse almeno
pulito dopo tutte quelle ore passate sull’aereo. Prima però doveva darsi da
fare per trovare già il primo contatto tra i russi, e non c’era modo migliore
che scovare una gara.
Ore 23.00 –
Mosca, Quartiere di Testovskaya
Irina strinse la
mano poggiata sul volante, e con l’altra accarezzò il pomello del cambio, la musica
della radio a cullarla qualche istante prima della partenza. Teneva lo sguardo
fisso fuori, per osservare i russi che erano venuti ufficialmente a vedere la
gara di Fenice, la ex numero tre della Black List americana.
Era strano vedere
quanto interesse destasse la ragazza dello Scorpione, quando sembrava che Challagher non godesse di buona
nomea da quelle parti. C’erano un ventina di persone a
occupare il lungo marciapiede alla sua sinistra, sotto la luce fioca dei
lampioni e il cielo stellato di Mosca; ma dall’altra parte, dove c’era il
parcheggio dell’area industriale dove si trovavano, dovevano esserci assiepate
almeno una cinquantina di persone, imbacuccate in giubbotti pesanti e avvolte
da una nuvola di fumo che si sollevava dai sigari accesi.
Boris, venuto a
bordo di una Bentley Arnage nera e
avvolto in una pelliccia scura, stava parlando con un altro uomo della
sua età, anche lui venuto con una mezza-limousine e dall’aria altrettanto
importante e cattiva: portava due rigidi baffi a spazzola e cortissimi capelli
grigi. Fumava un grosso sigaro che continuava a sventolare mentre parlava
animatamente con Goryalef.
Irina spostò lo
sguardo sull’auto vicina alla sua, la Mitsubishi Lancer
di Dimitri: il russo, seduto tranquillo dentro, stava trafficando con qualcosa
nel sedile del passeggero. Alla sua sinistra, i loro quattro
avversari: una Volkswagen Golf blu, una Mazda RX-8 grigia, una Dodge Avenger rossa e una Nissan
350Z.
Era nervosa, ma
sperava non si notasse troppo. Erano passati due anni dall’ultima volta che
aveva preso parte a una corsa clandestina, e il tempo si faceva sentire: per
quanto si fosse tenuta discretamente in allenamento, la situazione era comunque
diversa dal circuito dove aveva corso con Xander…
“Avanti, lo hai sempre fatto… Il tempo di partire, e ti
sentirai come una volta”.
Deglutì, sperando
che le sue doti di pilota clandestina si facessero vive come al
solito, e tornò a guardare verso Dimitri. Il russo le rivolse un cenno,
tranquillo.
L’esito di quella
gara era già deciso: il vincitore sarebbe stato il Mastino, che lo meritasse o meno. Prima di recarsi a Testovskaya
loro due si erano messi d’accordo: il russo era sicuro che i piloti contro qui avrebbero gareggiato non sarebbero stati i migliori,
perché si trattava di una gara di poca importanza, e c’era pubblico solo perché
sapevano dell’arrivo di Fenice…
<< Non puoi
dimostrarti troppo pericolosa >> aveva detto Dimitri, << Sanno che
sei brava, ma sanno anche che sopra di te c’ero io, quando esisteva ancora la
Lista. Dobbiamo fargli credere che io abbia un margine di controllo su di te
>>.
A quella frase
Irina era inorridita: controllo su di lei? Ma lei
aveva cercato di far capire il contrario a Boris!
<< Sai che
non è questo che volevo… >> aveva ribattuto, per non farlo arrabbiare di
nuovo.
<< Ma è quello che voglio io in questo momento >> aveva
detto Dimitri, << Gli dimostrerai comunque cosa sai fare, ma non possiamo
dargli l’idea che tu sia una che vuole dare fastidio. Sei qui per Challagher, non per infilarti tra loro >>.
Innervosita, Irina
aveva accettato la cosa, ma prima di salire in auto, aveva domandato,
strafottente: << Non pensavo arrivassi a
chiedermi di lasciarti vincere… Hai paura di non riuscire a superarmi?
>>.
<< Infatti non ho bisogno di chiedertelo >> aveva
ribattuto Dimitri, irritato, << Ma sono convinto che tu non sappia come
vanno le cose da queste parti… >>.
Irina tornò al
momento presente e gettò uno sguardo ai suoi avversari: tutti ragazzi
abbastanza giovani, dall’aria baldanzosa che aveva sempre visto anche a quelli
di Los Angeles, forse con più soldi in banca che cervello. Non sembravano
eccessivamente pericolosi, ma decise di essere prudente: l’esperienza le diceva
di non badare solo alle apparenze.
Finalmente vide un
uomo avviarsi al centro della strada, un neon blu in mano e una sigaretta in
bocca. Fece cenno a tutti di prepararsi, e Irina accese il motore, facendolo
salire di giri un paio di volte.
“Avanti, bella mia, diamoci da
fare”.
Un ultimo controllo
alle varie spie, poi fissò lo sguardo sull’uomo
davanti a lei e attese.
Tre…
Due…
Uno…
Il neon venne calato verso il basso, e come proiettili le sei auto
partirono, lasciandosi dietro l’odore delle gomme e il suono degli pneumatici sull’asfalto.
Un attimo, e la Punto era davanti, disegnando alla perfezione la traiettoria
della curva, subito dietro di lei Dimitri, a sfruttare la sua scia.
Irina accelerò,
sentendo il motore dell’auto farsi invadente, gli occhi incollati sulla strada
semibuia, la tensione alle stelle ma la strana sensazione di trovarsi nel suo
elemento… I suoi piedi giocarono sui pedali, le marce inserite una dopo
l’altra, in rapida successione.
Guardò nello
specchietto retrovisore, per scoprire che Dimitri si stava affiancando e che
dietro di lei c’era la Golf blu, i fari accesi ad abbagliarla, i capannoni
industriali che sfrecciavano ai loro lati.
Si spostò a destra,
studiando come affrontare la curva successiva, e vide Dimitri rallentare
impercettibilmente, forse deciso a sfruttare ancora la sua scia.
Improvvisamente,
sentì lo sterzo farsi leggerissimo, il posteriore dell’auto sbandare verso
sinistra… Afferrò il volante, cercando di capire cosa non andasse, la curva che
si faceva sempre più vicina…
Schiacciò a fondo
il freno, la Punto che scodò con violenza, le ruote che si bloccarono,
stridendo sull’asfalto…
Sotto la luce del
lampione, Irina capì cosa le aveva fatto perdere il controllo dell’auto.
Ghiaccio.
La strada era
coperta da un sottilissimo velo di acqua gelida, lucido e ben visibile, ma di
cui lei non aveva nemmeno immaginato l’esistenza.
La Punto rallentò
abbastanza da farle riprendere il controllo, ma allargò la curva e le cinque
auto la superarono con facilità, il russo sempre in testa. Imprecò per la sua
stupidità, e premette a fondo l’acceleratore.
Per fortuna non si
era fermata completamente, altrimenti partire da ferma sarebbe stato peggio. Riuscì a riprendere il gruppo, la Nissan a chiudere
la fila.
“Ok, se devo dimostrare cosa so fare, adesso è il
momento giusto”.
Si piazzò dietro la
Nissan, così vicina da trovare fastidiose le luci posteriori rosse, e scalò di
una marcia, poi scartò di lato e la superò in un attimo, lasciandola a mangiare
la sua polvere…
“Ah ah, non ho perso la
mano!”.
Ora toccava alla Avenger… Sfruttò la sua scia
per guadagnare velocità, e questa volta attese la curva seguente per sfilargli
vicino e dileguarsi a velocità sorprendente, senza nemmeno darle in tempo di
capire cosa stava accadendo.
Si ritrovò davanti il posteriore della RX-8, che zigzagava forse per cercare di
confondere il pilota della Golf, davanti a loro. Dimitri nemmeno si vedeva, in
testa alla gara come una sorta di capo-fila.
Rimase incollata
alla Mazda, intuendo cosa volesse fare. I muri che delimitavano i capannoni
scorrevano loro vicinissimi, una macchia indistinta nella notte di Mosca…
“Chissà se hanno mai visto un doppio sorpasso, da
queste parti…”.
Appena la RX-8
accelerò di colpo, scartando di lato per superare la Volkswagen, Irina la seguì
a ruota, sfilando di fianco alla Golf e sfruttando la scia dell’altra auto,
guadagnando velocità…
Un colpo rapido ai
freni, una sterzata a destra e la Punto passò tra le
due macchine, infilandosi nello spazio di un secondo di fianco alla Mazda e
schizzando avanti, guadagnando la seconda posizione.
Irina sorrise:
mossa azzardata la sua, ma degna di Fenice. Svoltò a
sinistra e ritrovò davanti a lei la Lancer di
Dimitri, e fu costretta a frenare per non andargli addosso.
Dimitri doveva aver
rallentato per vedere cosa succedeva dietro, e Irina ne approfittò per
superarlo. Forse doveva vincere lui, ma non le aveva chiesto di rendergli le
cose facili, né che non se la dovesse guadagnare veramente, quella vittoria…
Sentì il motore
della Mitsubishi salire di giri, recuperando terreno, e premette
l’acceleratore…
Irina non sapeva
quanto mancava alla fine, ma ciò che vide distintamente fu un’altra lastra di
ghiaccio lucida e nera sull’asfalto, proprio più avanti, una trentina di metri
prima di una curva…
Capì in quel
momento perché Dimitri non avesse preso la R8 o la Ferrari, ma avesse scelto
un’auto meno potente ma più leggera: il ghiaccio era una costante nelle loro
gare, e la Lancer poteva godere del
maggior grip sul terreno dovuto alla trazione
integrale… Ecco a cosa si riferiva, quando le aveva detto che non conosceva
come andavano le cose, da quelle parti.
Rallentò, sperando
che la Punto non scivolasse di nuovo, e vide la Mitsubishi superarla a
sinistra, come un proiettile. Irina accelerò, ma sentì le ruote perdere
aderenza e l’auto iniziare a girarsi di lato, abbastanza da costringerla a
controsterzare.
La Punto strattonò
a sinistra, poi tornò a mordere l’asfalto riguadagnando il controllo. Irina infilò
la traiettoria perfetta della curva, poi ritrovò Dimitri che zigzagava di qua e
dì la.
“Mi sta sfidando…” pensò irritata. La prendeva anche in
giro.
Iniziò a muoversi
da una parte all’altra anche lei, pronta a qualsiasi manovra. Appena Dimitri si
spostò di lato per preparare la svolta seguente, si infilò
a sinistra e lo superò, tirando il freno a mano per non schiantarsi nella
curva…
Di nuovo, il
ghiaccio le giocò un brutto scherzo, facendo girare la macchina di lato. Frenò,
sentendo le ruote inchiodare ma continuare a scivolare come se non lo avesse
fatto, e Dimitri la superò ancora con facilità, tirando dritto verso il
traguardo.
Irina sterzò
bruscamente, accorgendosi della Golf che si era nuovamente avvicinata, e accelerò anche se sapeva di rischiare. Per fortuna la Punto
tornò dritta e tagliò il traguardo, seconda.
Un rumoroso
applauso esplose dalla gente assiepata sui marciapiedi, il fumo dei sigari
ancora a impestare l’aria, mentre le auto si fermavano oltre la linea del
traguardo, in fari accesi ad abbagliare il pubblico. Boris sorrideva divertito,
sventolando la mano con l’anello d’oro.
Irina spense il
motore, poco soddisfatta da quella gara: non aveva immaginato che il ghiaccio
rappresentasse così tanto un problema, da quelle
parti. A dir la verità non ci aveva nemmeno pensato, e
ringraziava davvero il fatto che Xander avesse
provveduto a farle montare le gomme invernali.
Aspettò che fosse
Dimitri il primo a scendere dalla sua auto, poi fece altrettanto, osservando le
facce delle persone intorno a lei.
Com’era abituata, i
suoi avversari la fissavano in cagnesco, profondamente offesi che una ragazza
potesse dargli filo da torcere, ora più che mai visto che
si trattava anche di una straniera. Quelli che avevano assistito alla corsa
invece sembravano molto diffidenti, e nessuno commentò la sua prestazione, come
se non ne valesse nemmeno la pena. Un tipo con un basco in testa borbottò
qualcosa nella sua direzione, ma finì tutto lì.
“Mi sa che non ho fatto una buona impressione…” pensò, stringendosi
nel giubbotto.
<< Fenice!
>> gridò qualcuno.
Boris la stava
chiamando dall’altra parte del marciapiede, di fianco a lui Dimitri e l’altro
uomo con la pelliccia dall’aria minacciosa che Irina aveva visto prima della
gara. Li raggiunse, sperando di non riceve solo commenti poco carini sulla sua
gara.
Dimitri le rivolse
un’occhiata imperscrutabile mentre Boris le rifilava una pacca sulla spalla e
ridacchiava con aria divertita.
<< Bella
gara, Fenice >> disse, << Pensavamo non arrivassi nemmeno al traguardo,
visto che gli stranieri che terminano la prima gara da
queste parti sono davvero pochi >>.
<< Per un
momento l’ho pensato anche io… >> mormorò Irina,
gettando uno sguardo verso l’uomo di fronte a lei, imbacuccato nella sua
pelliccia.
<< Irina Dwight
>> la presentò Boris, << Arriva da Los Angeles… Lui è Nikodim Todorov, un mio caro
amico >>.
L’uomo le porse con
distacco la mano, e lei gliela strinse, intuendo che non doveva essergli
simpatica vista la freddezza del suo saluto.
<< Sappiamo
che sei la donna di Challagher >> disse l’uomo,
con una voce roca ma senza strane pronunce o intonazioni. << Hai fegato a
presentarti qui da sola >>.
Il tono seccato di Nikodim le diede da pensare: non ricordava che William
avesse fatto qualcosa per farsi odiare così tanto. In
fin dei conti, però, lei non era mai stata in Russia con lui… Forse aveva
qualche conto in sospeso che non aveva ancora saldato.
<< Non credo
di meritarmi l’odio di nessuno, visto che non vi ho
fatto niente >> ribatté lei, infastidita, << Anche se per voi è un
problema che io rimanga qui, non me ne andrò comunque >>.
Dimitri le lanciò
un’occhiataccia, ma lei non ci fece caso. Non poteva fare la figura della
ragazzina che si lasciava comandare: in qualità di
“donna dello Scorpione”, aveva una certa reputazione da difendere. Il suo tono
sicuro attirò l’attenzione di qualche persona nelle vicinanze.
<< Non è il
caso di parlarne qui >> li interruppe Boris, un po’ meno scherzoso di prima, << Troviamoci al solito posto qui vicino,
così avremo modo di parlare con calma… Dimitri, fai tu strada a Irina >>.
La ragazza guardò i
tre russi poi annuì, innervosita. Forse davanti a un
bicchiere di vodka sarebbero stati meno scontrosi…
Raggiunse l’auto
mentre la gente iniziava ad andarsene, forse con la stessa idea di trovarsi un
posto caldo dove parlare, e seguì Dimitri per una decina di minuti, fino ad
arrivare nella periferia dell’area industriale, dove iniziavano le case.
Parcheggiarono le auto vicino a un palazzo piuttosto lussuoso e dall’aria aristocratica,
dove tutte le finestre, chiuse da pesanti tende color porpora, erano illuminate
nonostante l’ora.
Irina scese
dall’auto, accorgendosi che c’erano solo lei, la Lancer, la Bentley e l’altra limousine di Nikodim… Tutti gli altri dovevano essere andati in un altro
posto.
All’improvviso,
sentì un po’ di apprensione montarle addosso: tutto stava filando troppo
liscio, nessuno sembrava sospettare troppo… La gara, l’incontro
con Todorov… Potevano essere una trappola?
Magari la stavano attirando lì per toglierla dai piedi e liberare Dimitri…
Controllò di avere
la pistola ancora ben nascosta addosso e tirò un respiro profondo per calmarsi.
Bastava essere prudenti, e non sarebbe successo niente…
<< Cosa stai aspettando? >>.
Irina sussultò quando
si accorse che Dimitri le era comparso davanti e stava fermo sul marciapiede,
fissandola freddamente. Boris e Nikodim erano davanti
al portone del palazzo, in attesa.
<< Ehm… Sì,
arrivo >>.
Chiuse l’auto e insieme a Dimitri raggiunse i due, che stavano parlando in
russo senza darle modo di capire. Suonarono al campanello, e il portone venne aperto, introducendoli in un bel corridoio tirato a
lucido, con l’ascensore e le scale che portavano ai piani di sopra. A uno
sportello incassato nella parete foderata di legno
c’era un uomo a fare da portinaio, lo sguardo da avvoltoio che li fissava di
sbieco. Fece un cenno di saluto, e Boris ricambiò aggiungendo qualcosa in
russo.
Una volta di sopra,
al primo piano, trovarono la porta spalancata dell’appartamento sulla destra,
un bel tappeto rosso ad accoglierli che si dipanava sul pavimento. Entrarono, e
subito una bella donna dai capelli color del rame, un trucco pensate a renderle
lo sguardo sensuale, venne loro incontro sorridente, fluttuando con maestria
sui tacchi vertiginosi.
La ragazza disse
qualcosa, mostrando i denti bianchissimi, poi dopo un paio di frasi scambiate
con Boris li invitò ad avanzare. Irina si guardò
intorno incuriosita, sentendosi stranamente fuoriposto… Quell’appartamento
assomigliava di più a una sorta di hall, che a una casa, a giudicare dall’aspetto
dell’arredamento e dall’atmosfera che aleggiava.
Quando misero piede
nel soggiorno, trasformato in una sala d’aspetto, Irina capì dove si trovava:
era una casa per incontri. Incontri a pagamento per gente facoltosa e annoiata
che voleva evidentemente provare qualche nuova “emozione”.
La ragazza rossa cercò
sotto il piccolo bancone usato come scrivania un paio di chiavi, dove c’era
anche quello che sembrava un registro, e le porse a Nikodim
con un sorriso. Non li accompagnò: probabilmente il russo sapeva già dove andare.
Mentre uscivano
dall’appartamento, diretti ai piani superiori, Irina si affiancò a Dimitri,
preoccupata. Una ragazza inguainata in un vestito blu cobalto tagliò loro la strada, diretta di sotto.
<< Non dirmi
che hanno intenzione di parlare di affari in un posto come questo… >>
sussurrò, per non farsi sentire dagli altri. << Qui puoi fare di tutto,
tranne che parlare di cose importanti… >>.
<< Non sono
stato io a decidere >> rispose Dimitri, a voce bassa, << Prevedono
di rimanere qui a lungo, forse… E poi è un posto più sicuro di molti altri, a
dispetto delle apparenze >>.
“Sì, e io ci credo anche… Sono
tutti e tre qui per divertirsi, altro che affari”.
L’appartamento in
cui entrarono era lussuosamente arredato, a partire dai
mobili per finire con le quattro ragazze in abiti succinti pronte a servire i
loro “ospiti”, una più bella dell’altra. Sorrisero tutte contente sfilando le
pellicce a Boris e Nikodim, e salutandoli con aria
festosa come se si conoscessero già. Probabilmente dovevano essere clienti
abituali, e avevano le loro preferenze anche lì dentro. A lei riservarono un’occhiata
sprezzante, e Dimitri ricevette solo un cenno del capo quasi fosse conosciuto
ma non abbastanza da permettersi di più.
Irina seguì le
quattro ragazze fin nel soggiorno, dove li fecero accomodare su poltrone di pelle morbide e accoglienti, il fuoco nel camino che
scoppiettava e la vetrina piena di bottiglie di alcolici e liquori. Una porta
dava sul corridoio che doveva portare alle camere da letto.
<< Bene, qui
possiamo parlare con più calma >> disse Boris, sedendosi su una poltrona
e fissando spudoratamente il fondoschiena di una delle ragazze, quella bionda,
mentre si chinava sul tavolino per riempire i bicchieri di vodka.
“Ma guarda te dove sono
finita…”.
Irina accettò il
bicchierino sentendosi fuori posto, lì in mezzo. Sicuramente non c’entrava
assolutamente nulla in una casa di incontri, per di
più con tre russi uno più scontroso dell’altro. Almeno però di una cosa era
sicura: non erano lì per ucciderla. C’erano troppi testimoni. O almeno era
quello che sperava.
Ingurgitò la vodka
tutta d’un fiato e guardò le quattro ragazze iniziare
il loro lavoro: due si occuparono di Boris, le altre due di Nikodim.
Dimitri, invece, rimase da solo seduto nella sua poltrona, lo sguardo
infastidito, come se si trovasse nell’ultimo posto in cui voleva stare.
“Certo che è strano… Inizio a pensare che sia veramente
dell’altra sponda, come mormorava qualcuno…”.
Dimitri notò che lo
stava studiando, seduta sulla poltrona, e lei spostò immediatamente lo sguardo:
non voleva provocarlo, visto che era così suscettibile.
<< Aaaaahhh… >> mormorò Boris, mentre la ragazza bionda
gli massaggiava le spalle, << Adoro le tue mani, Galina…
>>.
<< Sei venuta per chiedere aiuto per liberare Challagher? >> domandò improvvisamente Nikodim, mentre una delle ragazze gli sfilava il bicchiere
dalle mani per riempirglielo nuovamente.
“Se lo sa già, perché me lo chiede?”.
<< Sì, sono
qui per quello >> rispose Irina. Il suo tono non gli piaceva
particolarmente: doveva essere un tipo viscido.
<< E Dimitri
cosa c’entra? >> chiese il russo.
Irina lanciò
un’occhiata verso Dimitri, ma lui rispose prima di lei. << Non c’entro
niente, infatti >>.
La ragazza lo
fulminò con lo sguardo. Cosa voleva fare?
Nikodim inarcò un
sopracciglio. << Non capisco >> disse.
<< Io non
sono qui per liberare Challagher >> spiegò
calmo Dimitri, << Sono qui semplicemente perché ho avuto modo di fuggire
dal carcere, ed è stata lei a farmi scappare… Per me che Challagher
sia dentro o fuori non fa differenza >>.
“Lo uccido, lo uccido, lo
uccido! Cosa fa?!”.
Irina strinse il
bracciolo della poltrona, sentendo la tensione salire. Non potevano dare l’impressione
che non avevano le idee ben chiare in testa…
<< Sei sempre
il benvenuto tra noi, Dimitri, lo sai >> disse Nikodim,
con un ghigno davanti a quella notizia, << Tuttavia mi stai
dicendo che la aiuterai perché hai un debito nei suoi confronti, giusto?
>>.
<< E’
evidente >> disse Dimitri, giocando con il bicchiere che teneva in mano.
<< Non è
quello il problema >> si inserì Boris, <<
Dimitri è libero di fare quello che vuole… Irina vuole l’aiuto della Lince, per
questo l’ho portata da te >>.
Irina gettò
un’occhiata a Nikodim, intuendo che dovesse essere
qualcuno di grosso, lì in mezzo… Poteva essere lui la Lince?
<< Sai meglio
di me come funziona >> disse Nikodim, rivolto a
Boris, << Nessuno ha contatti con la Lince, se non noi referenti… E lo
facciamo indirettamente, perché ci sono le Sentinelle di mezzo. E poi perché
vuole proprio il suo aiuto? >>.
Irina drizzò le
orecchie alla definizione “Sentinelle”: dovevano essere i tre che trasmettevano
gli ordini dalla Lince fino ai Referenti… Gli unici che l’avevano vista
veramente.
<< Lo
Scorpione è rinchiuso nel Carcere di Massima Sicurezza di San Francisco, e non
sarà facile farlo uscire >> rispose lei, << Ho bisogno di soldi, di
conoscenze e di aiuto… Era anche amico suo, oltretutto, no? >>.
Nikodim arricciò il
labbro. << Amico… Americani… >> borbottò, come parlando con se
stesso, << La Lince non si fa vedere da nessuno, figuriamoci da una
ragazzina come te >>.
<< Far uscire
Challagher potrebbe essere vantaggioso anche per voi
>> si intromise Dimitri, all’improvviso,
<< Avete fatto un sacco di affari, con lui. Potrebbe volervi
ricompensare, per l’aiuto >>.
Nikodim e Boris si guardarono
in faccia per un attimo, le ragazze che si muovevano intorno a loro come sagome
indistinte, completamente estranee alla discussione.
<< Ci
divertivamo, a Las Vegas >> commentò Boris, << In effetti, un po’
mi mancano quelle trasferte… >>.
<< Non ci
dobbiamo intromettere >> ringhiò Nikodim,
<< Non possiamo metterci in mezzo per degli americani. Ci porteranno solo
guai >>.
<< Di
preciso, cosa volete? >> domandò Boris, rivolta a lei.
<< Abbiamo
bisogno di aiuto, e basta. I soldi posso racimolarli
gareggiando; mi serve qualcuno che possa organizzare la fuga perfetta, e tenga
nascosto William per un po’ di tempo… La Lince saprà sicuramente come fare
>>.
<< Non mi
sembra una richiesta esagerata >> disse Boris, rivolto a Nikodim, << Potremmo trarne dei vantaggi, dopo
>>.
Nikodim fece un
sorrisetto. << Puoi trattare per Challagher?
>> chiese, rivolta a lei.
<< In che
senso? >> domandò Irina.
<< Nel senso
che noi ti aiutiamo ad arrivare alla Lince >> rispose Nikodim,
<< E voi ci garantite contatti con i contrabbandieri messicani… Mi sembra
che lo Scorpione fosse in affari con loro, mi sbaglio? >>.
“Cavolo, e io che ne so, ora?”pensò Irina,
disperata, “Sono passati due anni,
potrebbero aver deciso di non avere più niente a che fare con William, visto
che è stato arrestato…”.
Gettò una rapida
occhiata verso Boris, senza sapere che dire. La bionda gli stava ancora
massaggiando le spalle.
<< E’ passato
molto tempo da quando era in affari con loro >> disse lentamente,
<< Non posso garantirvi che… >>.
<< Va bene
>> la interruppe Dimitri, << Possiamo farlo. Lei non prendeva parte
agli affari di Challagher se non in modo marginale,
ma io sapevo tutto. Posso mettervi in contatto con loro… >>.
<< E
liberarti del tuo debito >> concluse per lui Nikodim, << Come sempre non ami avere questioni in
sospeso… Se mi garantisci che possiamo fare affari con i messicani, accetto.
Boris? >>.
<< Accordo
accettato >>.
<< Ti contatteremo quando sapremo come agire >> disse Nikodim, rivolto di nuovo a lei, << Fino ad allora,
non farti più vedere da nessuna parte >>.
Irina annuì,
guardando una delle ragazze, dai capelli neri, massaggiare le tempie del russo
e rivolgerle un’occhiata eloquente: era di troppo, da
quelle parti.
<< Quanto
dovrò aspettare? >> chiese.
<< Il tempo
necessario >> rispose Nikodim, << Parlerò
con qualcuna delle mie conoscenze e vediamo cosa possiamo fare >>.
Irina si alzò,
intuendo che la loro discussione dovesse essere finita, e con una disperata
voglia di andarsene. La faccenda si preannunciava
lunga, e doveva aggiornare McDonall.
<< Credo di
potervi lasciare >> disse, avviandosi verso la porta, << Buona
serata… >>.
Sentì qualcuno
alzarsi e seguirla: Dimitri la raggiunse in soggiorno e la superò con aria
irritata. Lo guardò uscire dall’appartamento e prendere le scale.
<< Non… Non
rimani? >> domandò, perplessa.
<< No
>>.
Irina lo seguì fino
al piano di sotto, cercando di capire qualcosa dalla sua solita espressione
indecifrabile, ma non colse niente. Sembrava solo scocciato.
Dovette correre per
stargli dietro, uscendo dal palazzo senza salutare nessuno. Lo vide dirigersi
verso la Lancer, le chiavi che gli tintinnavano in
mano.
<< Dimitri,
aspetta un attimo! >> disse, avvicinandosi.
<< Cosa vuoi? >>. Il russo aprì la porta dell’auto,
guardandola in faccia.
<< Veramente
puoi metterti in contatto con i messicani? >> domandò lei, <<
Oppure stavi bluffando? >>.
Dimitri arricciò il
labbro. << Potrei farlo, ma sono due anni che Challagher
non sta più nei loro giochi >> rispose, << Non vorranno
fare affari con noi. Ma questo non vuole dire che non
possiamo far finta di essere ancora in contatto con loro… >>.
Irina lo guardò
prima perplessa, poi comprese. Sì, aveva bluffato, ma l’F.B.I.
avrebbe potuto usare qualche agente per fingerlo un esportatore di droga
messicano, accontentando i russi e aiutando ulteriormente loro.
<< Perché gli
hai detto che non ti interessa se Challagher
è fuori o no? >> chiese.
<< Perché è
la verità >> rispose secco Dimitri, entrando in auto, << Sono l’unica
persona che qui in mezzo non ha da temere niente, nemmeno lui >>.
Accese il motore e
partì con una sgommata, lasciandola lì a fissare la strada con aria confusa.
Spazio Autrice
Bene, pure questo è
fatto. Lo so, faccio schifo in quanto ad
aggiornamenti, ma pazientate ancora qualche settimana, poi penso che i miei
ritmi si faranno meno stressanti e avrò tempo per scrivere di più.
Che dire… Gara di
Irina, arrivo di Xander, eccetera. Niente di che,
alla fine. Dimitri, invece, è sempre più strano, non vi pare? Ah, se sapeste
quello che so io (e lo saprete)… Si accettano
scommesse sul suo passato e sulla sua vita!
DarkStar: non ti preoccupare, adoro le recensioni lunghe! La tua
ipotesi su Irina può essere in parte azzeccata: in fondo, sì, troppa
tranquillità dopo una vita passata in mezzo al casino era un po’ strana per
lei. Per quanto volesse essere una “brava ragazza”, rimane comunque Fenice: e
Fenice non è proprio un angioletto. Xander, invece,
sa che Irina può cavarsela da sola in molte situazioni… In molte, non in tutte,
ed è terrorizzato dall’idea di poterla vedere di nuovo nei guai, ma soprattutto
di vederla di nuovo stare male come quando l’ha conosciuta: sa meglio di tutti
quanto sia stata dura farle trovare un equilibrio, farle
perdere quell’oscurità che aveva nello sguardo. Per questo la vuole tenere in
quasi in una campana di vetro, credendo di preservarla da tutto e da tutti: il
problema è che non la preserva da se stessa. Ma questa è un’altra storia, e questo aspetto verrà fuori nella fic.
Quanto a William… Bé, in realtà con Sebastian esisteva un accordo molto prima
che lui venisse catturato, un accordo che lo avrebbe aiutato proprio nel caso
fosse finito dietro le sbarre. In ogni caso, sarà spiegato meglio nella storia,
però sì, c’è una piccola componente di fiducia che lo
Scorpione ha dovuto riporre nel suo meccanico, cosa molto rara per William, che
alla fine conta solo e sempre su se stesso. Dimitri, invece, verrà fuori piano piano, ma io lo adoro già… baci!
CriCri88: ah ah, lo sapevo
che il flashback di William ti sarebbe piaciuto! Pure da giovane si faceva
distinguere, e aveva la stessa testa… Però vedrai anche altri aspetti di lui,
che non potranno che piacerti, credo. Vedrai! E soprattutto, quando uscirà dal
carcere, ne combinerà delle belle. Baci!
Darkraimbow: hola! Bé, grazie, speriamo che il concorso vada bene e non mi classifichi
proprio ultima! William è vero, è un personaggio molto complesso, molto più di
quanto ci si potrebbe aspettare da un cattivo; ed è anche vero che molti dei
miei personaggi hanno due facce, perché io adoro la dualità del carattere nelle
persone: fa parte di tutti, soprattutto di gente come loro. Poi Xander e William sono simili sotto molti aspetti, e qui ci
addentriamo in un vero e proprio trattato… Meglio tagliare, ne parlerò più
avanti. Quando al delirio che la Lince sia una donna… Bé, su quello puoi
fantasticare quanto vuoi, quello che mi ha fatto ridere era la possibile storia
William/Lince: uhm, la donna perfetta lo Scorpione l’ha
già incontrata, e finché non riuscirà ad averla non potrà trovarne una che fa
al caso suo, se capisci cosa intendo… Rimaniamo nel vago, vah…
Baci!
Mantovanina: ciao! Sono contentissima che la storia ti sia piaciuta
e ti stia piacendo, soprattutto per averti acquisito
come nuova lettrice! Mi dici che vedi Xander come un
puma? Uhm, io in realtà non gli ho mai associato nessun animale, quindi ti
lascio libera di vederlo come vuoi… E’ l’unico a cui
non ho affibbiato un soprannome! Quanto al resto, posso solo dirti: attendi e
vedrai… Baci e grazie ancora!