Starlight ~
«I’ll never let you go if
you promise not to fade away»
2. I only dream of you and you never knew
Era
diventata una sorta di strana tradizione, il fatto che fosse Katie Bell a
tentare di consolare Oliver Baston qualora lui fosse ricaduto nella sua fase
depressiva, dopo un allenamento di Quidditch particolarmente disastroso o una
partita persa.
Non che Oliver collaborasse, ovviamente. Quando si trattava della sua spirale
di depressione, lui pretendeva di godersela fino in fondo, come era giusto che
fosse. Ma Katie era testarda e abbastanza sicura di sé da tentare, in ogni
modo, di far riprendere il suo capitano da quella stupida depressione in cui
lui si ostinava a scivolare quasi ogni giorno, ormai.
Katie, alla fine, aveva capito che Oliver non era quello che, esattamente, si
definiva un normale amico. Almeno per
lei. Sapeva che, ogni volta che lui le era vicino, il
cuore le batteva in maniera quasi imbarazzante e sapeva anche che il suo più
grande desiderio era affondare la testa nel suo petto e stringersi a lui. Non
era completamente stupida, in questo.
E poi, Leanne, la sua migliore amica, era decisamente più esperta in certe cose
e le aveva detto chiaro e tondo cosa erano i suoi sentimenti. Non che Katie
avesse provato a sottrarsi, ormai l’avevano capito tutti – tranne lei,
ovviamente.
Così, ogni volta che Oliver Baston si lasciava cadere nel suo tunnel
depressivo, Katie era lì, preoccupata per lui – non poteva, neanche volendo,
non esserlo. Ci aveva provato, ma non ci riusciva. Si preoccupava per lui – e pronta a tirarlo fuori, con le buone o con
le cattive. Non l’avrebbe abbandonato a se stesso, ovvio che no. Oliver vi
aveva fatto l’abitudine, ormai, e la presenza di Katie nel suo tunnel
depressivo era diventata una costante di quasi ogni giorno.
«Dimmi che non sei Katie Bell e ti amerò per il resto della mia vita» sbottò
Oliver, senza neanche alzare gli occhi dai suoi piedi. Katie diventò
stranamente rossa mentre entrava nello spogliatoio dei Grifondoro, il più
silenziosamente possibile.
«Mi dispiace deluderti» sussurrò, piazzandosi davanti a lui con aria risoluta.
Oliver alzò la testa e la fissò, con un sopracciglio inarcato, il volto già
disperato. Katie sospirò, cosciente del fatto che sarebbe durata per molto,
questa volta. «Fred ha detto che stavi tentando di affogarti sotto la doccia» tentò
lei, guardandolo con un sorriso esitante.
«Non funziona. Ci ho provato, ma ho scoperto di non
riuscirci» sbottò lui, tornando ad affondare la testa
nelle ginocchia, con aria afflitta. Katie sapeva che quella era una situazione
davvero, davvero critica e che ci sarebbe voluto un bel po’ prima che Oliver
iniziasse anche lontanamente a ragionare, così si sedette accanto a lui, con la
schiena poggiata all’armadietto e le ginocchia strette al petto.
«E’ solo una partita» provò a dire, ma sapeva benissimo che lui non l’avrebbe
ascoltata neanche per sbaglio, perché, alla fin fine, non ci credeva neanche
lei. Quest’anno era l’ultimo anno, per Oliver, per poter vincere la Coppa di
Quidditch. Grifondoro non vinceva da troppo tempo e lui ne sentiva il disperato
bisogno. Katie lo capiva perfettamente, ma capiva anche che il suo compagno di
squadra, Harry Potter, aveva fatto un discreto volo senza il suo manico di scopa per colpa di quei dannati Dissennatori
e questo per lei era più importante di qualsiasi altra
cosa.
«Non dovresti essere da Harry o qualcosa del genere? » chiese Oliver, senza neanche girarsi verso di lei. Katie
allungò le gambe e sbuffò, scuotendo la testa.
«Potrei farti la stessa domanda, Baston» disse, incrociando le braccia e
guardandolo male. Lui non sollevò neanche lo sguardo su di lei, come sempre.
«Harry ha fatto un volo da una grande altezza e si sta rodendo nel suo letto
dell’Infermeria perché pensa che tu – il suo dannatissimo capitano – ce l’abbia
con lui per questo» aggiunse, riservandogli la peggiore delle sue occhiatacce.
Oliver si voltò verso di lei e la fissò con aria – ovviamente – depressa.
«Non ce l’ho con lui.
Diglielo» e tornò ad ignorarla, stringendosi le
ginocchia al petto e affondandovi la testa. Katie pensava che, tempo qualche minuto,
avrebbe anche pianto, ma per il momento nessuna traccia di singhiozzi o di
lacrime. Lei ringraziò Merlino, non sapeva se sarebbe riuscita a gestire anche
quello. Il fatto che si preoccupasse troppo per Oliver Baston era qualcosa che
andava ogni normale regola e non sapeva neanche come gestire la cosa. Era
ovvio, naturale, per lei essere preoccupata per lui, ma, dopotutto, lui era un
ragazzo di diciassette anni – ovvero: tre anni più grande
di lei – che sapeva badare a se stesso, giusto?
Eppure aveva voglia di abbracciarlo e di fargli posare la testa sulla sua
spalla, per consolarlo. Era patetica, sì, ma non sapeva che farci.
«Perché non vai a dirglielo tu? »
domandò lei, tentando di tirarlo fuori dal suo vortice disperato. Lui neanche
la guardò, come al solito, ma rimase fossilizzato sul posto.
«Katie, perché ti ostini a … fare questo? » domandò, invece, ignorando del tutto la sua domanda. Katie
smise di guardarlo ed iniziò a fissare con molto più interesse il pavimento
sotto i suoi piedi. «Voglio dire, quando c’è qualcosa
che non va – che mi fa deprimere – sei sempre l’unica a tentare di …fare
qualcosa. Non è che non lo apprezzi, ma lo sappiamo entrambi che non c’è
speranza. Perché continui comunque? »
La ragazza rimase a guardare per un po’ i suoi piedi, incerta sulla risposta
che avrebbe potuto dargli. Quella più ovvia era, senza alcun dubbio, la verità:
Oliver le piaceva e lei voleva solo che fosse … felice? Voleva aiutarlo, ecco.
Ma non poteva di certo dirgli questo, lo avrebbe sconvolto per il resto della
sua vita. Quando Katie aveva capito che tutti sapevano della sua cotta per
Oliver Baston, era arrivata anche a comprendere che lui non ci sarebbe mai
arrivato. L’unica cosa che Oliver Baston aveva in mente era il Quidditch e solo
Quidditch, quindi lui non aveva compreso neanche lontanamente la portata dei
sentimenti della sua Cacciatrice più giovane.
Lui era ancora più tardo di lei, per quanto riguardava certe questioni.
«Mi preoccupo per te» disse lei, infine, scegliendo una mezza verità e stringendosi
nelle spalle. Lui la fissò, con un sopracciglio inarcato e il suo cuore iniziò
a battere ad una velocità doppia rispetto al solito, ma quando si parlava di
Oliver Baston le cose erano più che normali.
«Ti ho detto mille volte che non dovresti preoccuparti
per me. Ho diciassette anni, sono in grado di badare a me stesso. O qualcosa
del genere» le fece un sorrisetto esitante. Katie non
riusciva a distogliere lo sguardo da lui e iniziò a torturare le sue mani, con
aria incerta.
«Sei il mio capitano. Sei mio amico. E’ ovvio che io
mi preoccupi» sussurrò, semplicemente, distogliendo
finalmente lo sguardo e portandolo sui suoi piedi. «E comunque» riprese,
tentando di cambiare argomento. Non voleva che parlassero di quello, era certa
che, se Oliver l’avesse guardata di nuovo in quel modo, lei gli sarebbe volata
tra le braccia e gli avrebbe detto tutto. «Non
cambiare discorso. Stavamo dicendo che saresti andato a trovare Harry! »
Oliver tornò alla sua disperazione, guardando, a sua volta, il pavimento sotto
di lui.
«Se per te ‘stavamo dicendo’ include
te e il tuo cervello, allora sì, voi stavate dicendo … ma io non vi ho
ascoltato più di tanto».
La ragazza sbuffò, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa. Sapeva che
non c’era nulla da fare con lui, che quando si metteva in testa una cosa era
ancora più testardo di lei, ma Katie Bell non si sarebbe arresa così facilmente
e persino Oliver lo sapeva.
«Oliver, per piacere. Harry non è morto per pura
fortuna, dopo quel volo. Vuoi che sia il senso di colpa ad ucciderlo? » domandò, guardandolo in attesa, ma lui sembrava non aver
minimamente recepito il messaggio e, nel pieno del suo sconforto, si era preso
il viso tra le mani, disperato.
La ragazza sbuffò e appoggiò la testa all’armadietto dietro di lei. Non si sarebbe
arresa, questo no, ma Oliver Baston era troppo ostinato, questa volta. La
situazione era davvero tragica e lei non sapeva come uscirsene.
«Avanti, Oliver, non fare così! Il Quidditch non è
tutto».
Stava tentando qualsiasi cosa, ma dire quelle parole al ragazzo più
ossessionato dal Quidditch di tutta la storia di Hogwarts, be’, non era stato
esattamente un colpo di genio. Decisamente no.
«Lo sai che alle prossime partite verranno gli
allenatori del Puddlemere United?
Stanno cercando riserve e solo Merlino sa quanto mi stia facendo in quattro per
farmi accettare» sbottò lui, alzando lo sguardo e fulminandola. Katie si fece piccola piccola, terrorizzata da
quello che Baston poteva dire. «Forse per te non significa niente, forse
neanche ti importa della Coppa, ma a me sì. È quello a cui aspiro da quando
avevo dodici anni, Katie. Per te può non essere importante, per me lo è».
Ma, prima che Oliver Baston potesse dire qualche altra cosa, Katie lo colpì con
uno schiaffo sulla nuca. Lui rimase fossilizzato e la guardò, mentre si alzava
davanti a lui, con aria ben poco minacciosa, ma comunque terrificante.
«Non
dire idiozie, Baston! Anche per me è importante, ma, se permetti, è più
importante che un mio compagno di squadra non si sia
spappolato al suolo come una Ciccorana! » esclamò, mentre Oliver sfiorava il punto in
cui lei gli aveva dato uno schiaffo, troppo stupito per crederci. La piccola,
quasi invisibile Katie Bell lo aveva … colpito?
Non poteva essere vero. «E ora,
alza il tuo sedere da quel pavimento, altrimenti ti trascinerò io fino
all’Infermeria».
Oliver non aveva alcuna intenzione di alzarsi e Katie l’aveva capito fin da
subito. Sapeva che lui era appena all’inizio della sua spirale depressiva e,
solitamente, avrebbe assecondato questo comportamento, standogli vicino e
tentando di consolarlo, aspettando il momento in cui ne sarebbe uscito. Ma quel
giorno non aveva alcuna intenzione di assecondare un comportamento così
stupido, affatto, e l’avrebbe trascinato di peso, se solo fosse stato
necessario, anche se era sicura che non sarebbe stato tanto
facile.
«Dove vuoi trascinarmi, tu? » domandò Oliver, facendo un
sorrisetto sarcastico. Lei lo fissò male e gli diede un altro schiaffo, più
leggero del primo.
«Smettila. E muoviti» gli
intimò, guardandolo male. Oliver sospirò e poi, per la somma felicità di Katie
Bell, si alzò in piedi e le venne accanto, benché la sua espressione fosse una
delle più mogie di tutta la storia dell’umanità.
«Sei tremenda, Katie Bell» mormorò lui, scuotendo la testa e poggiando una mano
sulla spalla della ragazza. Lei sobbalzò e lo guardò stupita, mentre il suo
cuore continuava a battere ad una velocità spaventosa. «Sei persino più
ostinata di me e ce ne vuole».
E poi il volto del ragazzo si aprì in un sorriso esitante. Lei sorrise a sua
volta e scosse la testa, liberandosi della presa di Oliver.
«La prossima partita la vinceremo, Oliver. Te lo
prometto» sussurrò lei e insieme, senza dire altro, si
diressero verso l’Infermeria, con il cuore di Katie che batteva all’impazzata e
Oliver che ancora non riusciva a capacitarsi di quanto era successo.
Angolo Autrice
Oddio,
ma queste recensioni ottimiste? *-*
Cioè,
non che non mi vadano bene, anzi, credo proprio di adorarvi con tutto il cuore,
perché pensavo che nessuno si sarebbe filato la mia raccolta, però ora mi sento
ansiosa e ho paura di deludervi. Molta paura di deludervi xD
Dunque,
questo capitolo è molto simile a quello di prima, solo che ora Katie sa che
Oliver non è mica un semplice amico o solo il suo capitano. Diciamo che è un po’
tarda su questo, ma prima o poi doveva aprire gi occhi, giusto? ù_ù
Ovviamente, si colloca dopo la prima partita a Quidditch con i Tassorosso, nel
Prigioniero di Azkaban.
Spero
che vi piaccia ♥
El