Fiabe babbane
Capitolo 1 – Il libro
Erano
circa le cinque del mattino. La finestra di una camera al primo piano era
aperta, un leggero venticello estivo muoveva le tendine purpuree, mentre una figura
snella e con il viso costellato di efelidi, dormiva
beatamente sotto bianche lenzuola di flanella, sorridendo. La stanza era
illuminata da lucenti raggi di dell’alba, e uno di questi batteva su un vecchio
libro dalla copertina marrone di pelle e le pagine ingiallite. Quest’ultimo era aperto verso la metà, Era
tutto scritto con una calligrafia elegante. Alcune frasi recitavano così:
“Essendo venuto il
momento della vecchia fata, essa disse tentennando il capo più per la bizza che
per ragion degli anni, che la Principessa si sarebbe bucata la mano con un fuso
e che ne sarebbe morta! Questo orribile regalo fece venire i brividi a tutte le
persone della corte, e non ci fu uno solo che non piangesse.
A questo punto, la giovane fata uscì di dietro la
portiera e disse forte queste parole:
"Rassicuratevi, o Re e Regina; la vostra figlia non morirà: è vero che io
non ho abbastanza potere per disfare tutto l'incantesimo che ha fatto la mia
sorella maggiore: la Principessa si bucherà la mano con un fuso, ma invece di
morire, s'addormenterà soltanto in un profondo sonno, che durerà cento anni, in
capo ai quali il figlio di un Re la verrà a svegliare".
Il Re, per la passione di scansare la sciagura annunziatagli dalla vecchia,
fece subito bandire un editto, col quale era proibito a tutti di filare col
fuso e di tenere fusi per casa, pena la vita.”
***
Un ragazzo
alto e dinoccolato, con capelli dello stesso rosso fuoco delle pareti della casa e gli occhi assonnati, scese gli ultimi gradini
sbadigliando. Si diresse in cucina e con espressione deliziata osservò le varie
leccornie sul tavolo, dai biscotti di zucca ai pancake
al cioccolato. Vide i suoi migliori amici, Harry Potter ed Hermione Granger,
fare colazione discutendo animatamente delle ultime novità in prima pagina
quella mattina sulla Gazzetta del Profeta. Si sedette accanto ai due, buttando li un “ ‘giorno” e azzannando famelico un pancake
particolarmente grande, con cioccolata strabordante
da tutte le parti.
Hermione,
che ora aveva ventidue anni e studiava per diventare guaritore, si portò una
ciocca ribelle di capelli castani dietro l’orecchio e sorrise al rosso,
sorridendo e arrossendo. Harry guardò l’amica trattenendo un sorrisetto,
sapendo che ormai erano secoli che Hermione aveva
capito di essere innamorata del loro amico Ron, poi spostò lo sguardo
sull’ultimo arrivato.
“Ron, se
mangi così velocemente ti andrà qualcosa di traverso.”
Detto
fatto, dopo l’avvertimento di Harry, Ron rischiò di soffocare con un abbondante
sorso di latte, che riuscì ad ingoiare grazie all’aiuto provvidenziale di sua
sorella Ginny, che aveva smesso di impastare qualcosa sul ripiano della cucina
e aveva appena sussurrato un incantesimo, la bacchetta ancora puntata verso il
fratello. “Sei una frana” bofonchiò la ragazza,
tornando alle sue mansioni.
“Ciao…
Ginny… coff… non ti avevo vista…
grazie…” rispose Ron ancora scosso, avendo appena rischiato di morire
con un sorso di latte di traverso. La sua attenzione fu poi attirata dalla copia
del giornale che Hermione stava sfogliando. “Qualcuno che conosciamo?” chiese
normalmente, riprendendo a mangiare. Ormai quella domanda era normale, da quando la seconda guerra contro i mangiamorte era
ufficialmente iniziata, ormai cinque anni prima, con la morte di Albus Silente.
Hermione
scosse il capo affermativamente. “Stavolta è toccato a Mundungus Fletcher.”
Ginny
soffocò un gemito, smettendo si stendere l’impasto di pasta frolla. Ron si incupì, Harry invece dal canto suo rimase indifferente.
“Oh… andiamo Harry… non puoi essere ancora arrabbiato con il
vecchio Dung…”
Harry
lanciò un’occhiataccia a Ron. “Si che posso. Per
quanto mi riguarda ha offeso la memoria di Sirius.”
“Ha solo
rubato qualche oggetto da casa sua, non ha offeso la sua
memoria…” puntualizzò Hermione. Harry non si risparmiò di guardare storto anche
lei. “I signori Weasley, Lupin e gli altri sono tutti d’accordo con me.”
Hermione
si alzò in piedi sbattendo una mano sul tavolo. “HA AVUTO IL BACIO DEL
DISSENNATORE, HARRY! UN DISSENNATORE SFUGGITO AL MINISTERO! Nemmeno lui meritava una
cosa del genere… meglio morire, piuttosto che questo. O
sei troppo ottuso per capirlo?”
Harry non
la guardò neanche. Tornò a mangiare la sua colazione, senza accorgersi dello
sguardo affranto di Ginny. La ragazza tolse il grembiule, buttò l’impasto nella
spazzatura e uscì in giardino, senza dire nulla. Hermione scosse la testa
guardando Harry ed uscì fuori anche lei, raggiungendo l’amica.
“Ha
ragione sai…”
“RON, NON
TI CI METTERE ANCHE TU!” sbottò infuriato il moro, posando con poca delicatezza
la sua tazza di caffé sul tavolo, in un tonfo sonoro. “Mi dispiace per Dung, okay? Ma non posso farci niente, e
sinceramente non ho la minima voglia di rovinarmi la giornata per lui, è il mio
compleanno”. Ron fece spallucce. “L’impasto che Ginny ha buttato sarebbe dovuto
diventare la tua torta di compleanno… credo sia dispiaciuta per il tuo
comportamento… arrabbiata, anzi.”
Lo sguardo
di Harry si mosse velocemente verso il cesto dei rifiuti. Si passò una mano tra
i capelli, sbuffando. Perché Ginny era così ostinata?
San Valentino, Natale, Pasqua, il suo compleanno, l’epifania… non mancava una
sola festa dove non preparasse un dolce o un regalo
per lui. Ma perché era così cocciuta? Lui non sarebbe
mai tornato con lei. Non voleva rischiare. Non poteva metterla in pericolo. L’amava troppo, e proprio per questo non poteva stare con lei.
Improvvisamente
una voce lo risvegliò dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo verso la porta, e vide
una bambina salutarli e saltare in braccio ad Harry.
“Ciao zio
Ron e zio Harry” disse la bimba allegramente. Aveva
lunghi capelli rossi e profondi occhi azzurri come il cielo. Un viso
bellissimo, lontano dai canoni di bellezza dei Weasley. Nessuna l’avrebbe
scambiata per una di loro, se non fosse stato per l’inconfondibile
rosso fiamma dei capelli e il viso spruzzato di graziose lentiggini.
Quella bambina era Virginia Weasley, detta Ginny come la zia,
figlia di Bill e della bellissima mezza veela Fleur Delacour, aveva
quattro anni, ed un’adorazione infinita per Harry. I due genitori entrarono
proprio in quel momento in casa.
“Ginny, quaànte volte devo dirti di non infòstidire
gli zii?” disse Fleur in una corretta lingua inglese,
ma mantenendo il suo forte accento francese. “Oh ‘Arry! Vieni qui, fatti dare un bascio… buon compleanno” disse poi abbracciando
calorosamente Harry, che avvampò. Per quanto potesse
vederla ogni santo giorno, era pur sempre una veela, e lui, come Ron, sapeva
che non si sarebbe mai abituato ad averla così vicino senza sentirsi in
imbarazzo.
Quando
Fleur finì di salutare Harry e prese Virginia per cambiarla in modo che non si
sporcasse in giardino, fu il turno di Bill, che lo salutò con un’amichevole
stretta di mano. Ogni volta che lo vedeva, Harry non poteva fare a meno di ricordare
quella sera di cinque anni prima, quando Piton uccise Silente, e Bill fu morso
da un lupo mannaro, che gli lasciò una cicatrice indelebile su spalla e volto,
sfigurando quello che era, a detta di molti, il più bello dei fratelli Weasley.
Eppure, pensò sorridendo, Fleur l’aveva sposato lo
stesso, dimostrando di amarlo davvero, e non essere attratta solo dalla sua
bellezza. Quel giorno molti si erano ricreduti su Fleur Delacour, e anche Ginny
aveva smesso di prenderla in giro. Pian piano lei ed Hermione erano diventate sue amiche.
“Avete
sentito di Dung?” chiese Bill sedendosi a tavola e addentando un pancake alla marmellata. Ron ed Harry si scambiarono
un’occhiata, fu quest’ultimo a prendere parola.
“Purtroppo si…”
“Mi dispiace
molto per lui” continuò Bill.
“Si,
davvero un peccato…” disse con poca convinzione Harry. Bill inarcò un
sopracciglio, perplesso. “Sei ancora arrabbiato con Dung?”. “Non credo siano
affari che ti riguardano, Bill, con tutto il rispetto davvero, ma potremmo cambiare discorso?”
L’imbarazzante
discussione fu interrotta dai gemelli Fred e George, che piombarono in cucina
con delle “Trombette festive ultrasoniche”. La parola
ultrasoniche non stava per ultrasuoni, bensì per urla del tipo “Auguri”
“Buon compleanno” e “Cento di questi anni” gridate a tutto volume, con toni
acuti e assordanti. Tutti si tapparono le orecchie.
“Freddd…
Georgeee… finitela con quelle cose!!!” gridò il signor
Weasley dalla camera da letto, che si era ritirato appena quattro ore prima,
all’alba, ed essere svegliato dopo così poco da quei cosi spaccatimpani non era
propriamente da definirsi un bel risveglio. I gemelli smisero di far funzionare
le trombette ultrasoniche e le posarono su tavolo, sedendosi poi ai due lati di
Harry, George a destra, Fred a sinistra.
“Buon
compleanno, Harry!”
“Buonissimo,
davvero!” fece eco George al fratello.
“Stasera
te la spassi con qualche bella pollastra?”
“Qualche
bella pollastra stasera?” fu ancora George a ripetere le parole del fratello
Fred.
Harry si
girava di qua e di là, in preda ad un forte mal di testa. Ma
quei due sarebbero mai cresciuti? E pensare che
avevano già ventiquattro anni.
“Veramente
questa sera ho una cena con alcuni compagni dell’accademia” rispose vagamente,
sperando di poter finalmente finire di sorseggiare il suo caffé in santa pace.
“Ohhh… ci sarà anche Cathrine, la tipa con cui sei uscito
fino a qualche mese fa?” chiesero all’unisono i gemelli, accertandosi che
proprio in quel momento Ginny stesse rientrando in cucina, e alzando la voce il
più possibile in modo che sentisse. La rossa però ignorò il commento dei due.
Imboccò le scale e le salì fino a scomparire dalla vista di tutti.
“Bene…
cosa diavolo vi è saltato in mente di dire certe cose davanti a Ginny?” chiese
Bill irritato. Era sempre stato il più protettivo nei confronti di sua sorella Ginevra, ed era anche il suo confidente, così
sapeva che lei soffriva ancora per Harry nonostante fossero passati cinque
anni. Era cresciuta, era diventata una splendida ventunenne, ormai donna,
fisicamente e caratterialmente, e se da piccola era una ragazzina graziosa, ora
era una donna bellissima, una di quelle che facevano voltare gli uomini quando passava loro accanto. Aveva decine di
pretendenti, e lui proprio non capiva perché si ostinasse così
tanto con Harry. Perché non voleva capire che
tra loro era finita? Harry era uscito con altre ragazze nel frattempo, seppur
non fosse andata benissimo con nessuna di loro. Lei invece si
era chiusa in se stessa, rifiutando qualsiasi contatto con qualcuno che non
fosse Harry. Ma cosa aveva Harry di così
speciale per Ginny? Non era certo una ragazzina stupida come tutte le altre che
bramavano di sposare il moro solo perché era famoso, e perché era “Il prescelto”
o “Il ragazzo sopravvissuto”. Per Ginny queste cose non contavano. Lei non
amava Harry perché era famoso e ricco. Lei amava Harry perché era lui. Se al
posto di Harry ci fosse stato qualcun altro, lei si sarebbe comunque
innamorata di Harry, prescelto o no.
Il flusso
di pensieri di Bill fu interrotto da mamma Weasley, Molly,
che entrò in cucina ciabattando e portando alcune buste piene di cianfrusaglie babbane.
“Mamma,
cos’è quella roba?” chiese Ron allungando il collo per sbirciare dentro i
sacchetti di plastica.
Molly
sorrise ai figli, trionfante. “Vostro padre dorme, ne sto approfittando per
fare ordine in soffitta… tutte queste chincaglierie
prendono solo spazio, e non servono a niente. Oh… non fare quella faccia Bill. Arthur ha tante di quelle cose babbane che non se ne accorgerà nemmeno che manca qualcosa in soffitta. Anche
perché lui non entra in soffitta da qualche secolo...”
spiegò appoggiando le borse sul tavolo e sospirando.
Era da tanto che voleva mettere un po’ di ordine.
Fred e
George, senza nemmeno chiedere il permesso, cominciarono ad estrarre gli
oggetti dalle buste, incuriositi. “Ma cosa se ne fa davvero di questa roba?”
chiese Fred accigliato, esaminando una caffettiera arrugginita e mancante di alcuni pezzi. Molly fece spallucce, poi guardò Harry. “Oh, Harry caro, sei sveglio.
Buon compleanno, tesoro” disse abbracciandolo, stritolandolo per benino. “Gra…
zie… M… Mo…lly…” rispose lui tentando di respirare.
“Mamma,
così lo ammazzi… “ borbottò Ron, sfogliando un vecchio libro dalle pagine
ingiallite e la copertina marrone di pelle.
Hermione,
rientrata poco prima insieme a Ginny, osservò il libro e sorrise. “Ti piacciono
le fiabe babbane, Ronald?” chiese divertita.
Ron la
guardò accigliato. “No, mi fanno schifo…”
Molly
scosse il capo. “Quel libro l’ho trovato in camera di Ginny… è meglio buttarlo.”
Bill non
era d’accordo. “Mamma a Ginny piacciono le fiabe da quando
aveva pochi anni, perché vuoi privarla del libro?”. “Oh, caro… Ginny ha ventuno
anni, no? E’ ora di lasciarsi dietro le fiabe. Se continua di questo passo rimarrà sempre bambina, non crescerà mai, non… non
troverà mai un marito…” disse infine con gli occhi pieni di lacrime. Farfugliò
uno strozzato “scusate” e ciabattò fuori dalla stanza,
in preda ai singulti.
“Ginny
dovrebbe finirla con le fiabe…” cominciò Fred.
“… come
mamma dovrebbe smetterla di piangere ogni tre secondi per cose inutili.” Finì George, addentando un biscotto di zucca.
Fleur e la
piccola Virginia tornarono in cucina. “Oh, cos’è
questo sudiscio libroò? Toglietelo per favore, Virginia deve fare colazione…” disse
la moglie di Bill, stizzita. Hermione tolse il libro dal tavolo, ma non lo
rimise nei sacchi di cianfrusaglie babbane. “Questo è di
Ginny… glielo riporto.”
Harry la
vide avviarsi verso le scale, pensò tre secondi a qualcosa di
intelligente da dire, poi scattò in piedi e le si avvicinò velocemente. “Aspetta… aspetta… glielo porto io…”
Hermione
lo guardò qualche secondo, poi sorridendo gentilmente glielo
porse. “Vai, diavolo. E non farla arrabbiare di
nuovo.”
Harry
osservò il libro, stringendolo tra le mani. Poi annuì verso la brunetta e salì
velocemente le scale, saltando i gradini a tre a tre.
“Beh…
finalmente s’è deciso.” fu tutto ciò che disse Bill,
mentre imboccava sua figlia, seduta in braccio a lui.
… continua…