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Autore: Sheep    31/07/2010    5 recensioni
Un ragazzo coi capelli rossi e una sorellina troppo intelligente in una famiglia troppo grande e troppo strana. Una coppia di gemelle, avvolte in un’ombra di riservatezza e mistero. Un prestigioso attore americano che si reca a Londra per recitare a Broadway. Cosa succederebbe se i loro destini s’intrecciassero? E se il famigerato attore, in più, avesse seri problemi con suo fratello?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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No, ok, lo ammetto: Non è facile per me pubblicare questa storia, per niente.

Non so perché proprio adesso. Lo so che molti sono in vacanza e non potranno leggerla (sempre se esiste ancora qualcuno che lo voglia, certo) ma mi andava l’idea d’inserire anche la mia long. Non posterò a intervalli regolarissimi ma spero che ne varrà la pena e che troviate ogni capitolo soddisfacente.

Vorrei riuscire a coinvolgervi e farvi affezionare ai miei personaggi, magari commuovervi anche un po’. Non so. Spero di portarla fino alla fine (Beh, per me sicuramente lo farò, ma spero che qualcuno mi inciterà a farlo anche qui!) e … che altro dire? Niente.

Grazie a Minako_86 che di questi personaggi ne conosce un bel po’ e mi è stata vicina nella creazione, e ad AmAJonas che mi ha dato tante idee senza volerlo. Grazie a chi mi ha sostenuto e chi mi sosterrà.

 

Un paio di cosine sulla storia: So che Nick non è stato a Londra a Novembre, ma spero che me lo passerete. Sapete, io amo l’autunno. Non conosco nemmeno il produttore, Mackintosh, quindi l’ho citato così ma in realtà è tutto frutto della mia mente. Ah, e state attenti all’apparenza, potrebbe confondevi ;)

 

Detto ciò ... Buona lettura!

Vi adoro,

Sheep.

 

I Jonas Brothers non mi appartengono e questa fan fiction non ha alcuno scopo di lucro.

 

A me stessa ,

per dimostrarmi che non sono

un’inconcludente.

 

Prefazione.

 

Nick lanciò l’ennesima occhiata ansiosa al suo orologio da polso e considerò che, dopotutto, il tempo stava passando troppo velocemente; La lancetta più lunga aveva superato almeno tre numeri dall’ultima volta che l’aveva guardata e lui non aveva ancora percorso neanche metà strada.

Era una giornata di novembre - una tipica, piovosa giornata di novembre londinese- ed era in mostruoso ritardo. Una fastidiosa vocina, incastrata tra la parte destra e sinistra del cervello, non faceva altro che ricordargli quanto fossero importanti quelle prove e quanto ‘da egoista’ si fosse comportato: aveva dormito ben quattro ore durante tutta la notte, quando gliene erano state concesse solo tre! Aveva perso un’ora intera di lavoro, sessanta preziosissimi minuti, assolutamente fondamentali per la buona riuscita dello spettacolo. Lui, lui, lui! Come aveva potuto? Proprio lui che ne aveva più bisogno di tutti! Lui, l’unico non professionista nell’intero cast … avrebbe finito per rovinare tutto davanti al pubblico, se lo sentiva.

Il cuore gli si strinse in petto mentre evitava una pozzanghera. Cercò di ricordare qualche battuta - ripassare l’avrebbe aiutato a non pensare- ma tutto ciò che gli venne in mente fu la faccia del suo produttore quando l’avrebbe visto arrivare a teatro, fradicio marcio e con due ore di ritardo; La visione non gli piacque affatto. Si accorse di star mordendosi freneticamente le labbra soltanto quando sentii uno strano sapore metallico pervadergli la bocca: sapore di sangue. Smise, e si fermò un secondo a riprendere fiato.

Non riusciva a respirare correttamente, il cuore andava a duemila … le gambe erano come improvvisamente diventate di gelatina. Tentò di ricomporsi; Raddrizzò la schiena e tenne più in alto l’ombrello nero sopra al quale la pioggia batteva furiosamente. Si passò una mano tra i riccioli spettinati –mai, mai in tutta la sua vita era uscito di casa così- e fece per ripartire ma una vocina flebile, pochi passi dietro di lui, lo interruppe.

«Che strana giacca, signore.» Si voltò e vide una bambina. Doveva arrivargli sì e no alla vita, era zuppa e teneva in mano un coniglietto di pezza rosa. «E’ così rossa, come il fiocco di Mr. Carrot.»

Agitò il peluche verso Nick che sbatté più volte le palpebre. « Beh … » Balbettò, ma la bambina fu più veloce a interromperlo.

«Come ti chiami, signore?» Domandò, avvicinandosi.

«Io … Nick. Chiamami Nick.» Non capiva cosa ci facesse lui a parlare con una bambina bionda nel bel mezzo della strada quando era in ritardo di due ore intere alle prove di Les Miserables, lo spettacolo di Broadway che avrebbe probabilmente rivoluzionato la sua carriera, ma quel sorriso dolce e sdentato – le mancavano i due denti davanti- gli sembrava impossibile da deludere. Nonostante lo facesse raramente, sentì proprio il bisogno di ricambiare il sorriso. «E tu? Come ti chiami?»

« Sophie » Disse la bambina sgranando appena i grandi occhi azzurri. «E lui è Mr. Carrot.»

Avvicinò di nuovo il coniglio al naso di Nick, che questa volta gli afferrò una zampetta di stoffa e la strinse tra il pollice e l’indice. «Piacere di conoscerla, Mr. Carrot!» Osservò la bambina ridacchiare e stringere al petto il pupazzo, chiedendosi che diamine ci facesse lì da sola. «E quanti anni hai, Sophie?»

«Sei.» Rispose lei distrattamente. Ora scrutava assorta la strada deserta intorno a loro. «Sai, signor Nick, somigli proprio tanto a mio fratello. »

«Hai un fratello?» Non seppe spiegarsi perché, ma la notizia lo fece rimanere di stucco.

«Certo. Lui è … » Scoccò un’occhiata al fondo della strada, dove era appena apparsa- Nick non se n’era accorto- una figura, che avanzava velocemente nella nebbia. «Sai, credo che tra poco lo vedrai da te.»

Detto fatto; In pochi secondi Nick si ritrovò travolto dall’ira di un ragazzo che pareva poco più grande di lui. Era più alto e aveva capelli rosso fiamma, abbastanza lunghi, sotto i quali spuntavano gli stessi occhi azzurri di Sophie. Era a dir poco furente. Abbracciò la sorellina con fare possessivo e le sussurrò qualcosa all’orecchio, poi rivolse uno sguardo adirato a Nick.

«Tu» Sibilò, alzandosi di scatto e avanzando pericolosamente verso di lui. «Sporco schifoso lurido verme, ha solo sei anni! »

«Eh?» Nick vacillò. «Ok, aspetta un secondo, credo che tu … »

Ma il ragazzo non gli permise di finire. Facendogli cadere l’ombrello di mano per l’impeto con cui lo travolse, gli mollò un pugno dritto sul naso, che prese a sanguinare. Nick se lo asciugò con la manica della felpa e intravide Sophie, nascosta dietro la gamba di fratello, sciogliersi in lacrime.

«P-prova ad avvicinarti di nuovo a mia sorella e giuro che non vedrai la luce di un altro giorno!» Disse.

Prese Sophie per mano e insieme scomparvero nella nebbia. A Nick girava letteralmente la testa; Che cosa, di grazia, gli era appena accaduto?

D’istinto guardò di nuovo il suo cronografo. Due ore e mezza! Il naso gli bruciava a più non posso e il diluvio stava diventando praticamente alluvione. Fissò il cielo, poi una cabina telefonica e infine ci si infilò dentro. Compose il numero del produttore e attese. Marion, la segretaria, sembrava davvero agitata quando le annunciò che quel giorno sarebbe mancato alle prove. Riagganciò sperando che Mackintosh non andasse troppo fuori di testa e si lanciò in strada. Si chiese che cosa fare; Avrebbe potuto andare in ospedale a farsi controllare il naso e poi tornare al suo appartamento e farsi una tazza di cioccolata, riposando come si deve, oppure tuffarsi nel temporale alla ricerca di vie sconosciute –no, non ne sapeva niente di geografia, specie di quella europea- e scoprire la città.

Ovviamente decise di gettarsi a capofitto nel traffico cittadino, perdersi nel chiasso, che quel giorno era azzittito dal rumore della pioggia, col naso che ogni tanto prendeva a colare sangue –oramai la manica destra era irrimediabilmente chiazzata di rosso.

Camminò finché non sentì le ginocchia tremare dalla stanchezza e lo stomaco accartocciato dalla fame. Dovevano essere passate più di cinque ore da quando aveva incontrato quella bambina e suo fratello, che l’aveva sicuramente scambiato per un maniaco, ma continuava ancora a pensarci.

Beh, pensò specchiandosi nella vetrina di un negozio d’abbigliamento, con queste occhiaie e i capelli così combinati è pure comprensibile che mi abbia preso per chissà chi.

Sospirò, e si passò una mano sotto gli occhi, dove erano comparsi due grossi solchi violacei. Infine, strastanco e affamato, s’infilò in un piccolo locale all’angolo della strada.

Era un posticino niente male; Intimo, caldo e familiare, tutto ciò di cui aveva bisogno. Nick scelse un tavolo ben nascosto in fondo alla saletta e aspettò che un cameriere si avvicinasse per ordinare un panino. La sua attesa durò poco; Ben presto gli si avvicinò una ragazza dall’aria stressata almeno quanto lui, che si appoggiò al tavolo e gli lanciò uno sguardo supplice.

«Trattienimi, ti prego.» Disse. «Ti supplico, parla per un po’, ho bisogno di fermarmi due secondi. » Si sedette di fronte a lui e aprì il blocchetto per le ordinazioni.

«Ehm … d’accordo.» Rispose Nick, con le sopracciglia aggrottate per lo stupore. «Comincerò con l’ordinare un hamburger e della Diet Coke.» La ragazza annuì e mentre scriveva furiosamente lui la osservò meglio; Aveva capelli legati e occhi nocciola appena socchiusi in un’espressione combattiva. Non doveva essere molto piccola, nonostante avesse un fisico minuto, e portava un paio di grossi occhiali anni ’70. « Allora … ehm» Si guardò intorno nella speranza di trovare un argomento, un appiglio a qualcosa. Qualunque cosa. «Come ti chiami? »

«Viva la fantasia, mm? » La vide alzare un sopracciglio. «Per te sarò Charlie, va bene?»

«Bene.» Nick sospirò. Perché diamine stava tentando di fare conversazione con una perfetta sconosciuta? «E lavori qui da … ?»

Parlottarono per circa dieci minuti, poi Charlie tornò al lavoro. Nick la osservò schizzare tra i tavoli e la cucina, trangugiando il suo sandwich che, forse per la fame assurda che aveva, si classificò come il migliore della sua vita.

«Roba da pazzi.» Sussurrò a se stesso quando fu tornato in strada. Ancora pioveva, e la sua giornata aveva preso una svolta assurda; Niente era filato liscio. Aveva saltato le prove, era stato scambiato per un maniaco, si era beccato un pugno sul naso da un rosso imbestialito e infine aveva conosciuto una cameriera stressata. Ah e aveva anche perso l’ombrello. Se quella era Londra, lui era già pronto a fare i bagagli e tornare a casa.

Fece in tempo ad arrivare al suo appartamento che il cellulare squillò; Il display lampeggiava col nome di suo fratello.

«Pronto?»

«Nicky Nicky! » Trillò la voce di Joe, più allegra e rimbombante che mai. «Come ti va la vita?»

«Una meraviglia.» Disse Nick sprezzante. Afferrò le chiavi e le infilò nella toppa.

«Beeene! Sei pronto alla notizia che rivoluzionerà la giornata?»

Nick si bloccò sullo stipite della porta. « … Cosa?»

«Indovina un po’? Sono in città

 

 

  
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