PREMESSA SUL
PERSONAGGIO DI FERSEN
Pur non detestando alcuno dei protagonisti maschili dell’anime, ho sempre visto Fersen un po’ cinicamente e lo collocavo (e lo colloco tuttora) in fondo alle preferenze. Lo immaginavo per lo più donnaiolo, falso e sfruttatore della relazione con la Regina, per i suoi scopi politici; finché, un paio di mesi fa, lessi queste due frasi (*) del Fersen realmente esistito: lettere indirizzate alla sorella. Scoprendo che mi ero sbagliata, mi si criccò il cuore, ricordandomi che ne avevo uno.
Per non pensare poi al modo ingiusto, orribile e vigliacco in cui venne assassinato: sebbene innocente dell’omicidio addebitatogli, gli saltarono sul petto fino a sfondargli la cassa toracica ed il cuore.
Se il Fersen
dell’anime non contraccambiò quella che considerava sua vera amica, fu solo a
causa di un
amore altrettanto forte,
folle e triste di quello di Andrè. Quindi, non vogliatemene, ma
sarò gentile
con lui (almeno, ci proverò...), perchè voglio
pensare che forse Fersen, fu davvero come lo definì Oscar: magnifico!
(*)“Non posso
appartenere alla sola persona alla quale voglio appartenere, quella che mi ama
davvero, perciò non voglio appartenere a nessuna.”
“ Colei per la
quale vivevo, poiché non ho mai smesso di amarla, colei che amavo così tanto,
per la quale avrei dato mille vite, non c'è più. ... Sono
in un'agonia di dolore e non so come faccia a sopportare la mia sofferenza. È
tanto profonda e nulla la cancellerà mai. Lei sarà sempre presente nella mia
memoria e non smetterò mai di rimpiangerla.”
http://it.wikipedia.org/wiki/Hans_Axel_von_Fersen
indirizzo di un fan-video
dal quale ho “rubacchiato” il titolo e qualche pensiero:
Viens me chercher
(vienimi a cercare) – Garou http://www.youtube.com/watch?v=5XpwjZC5tLg
1 - L’ALTRO, LEI, LUI.
Axel Von Fersen aprì gli occhi
lentamente.
Per la prima volta
dopo tanti anni si sentiva veramente riposato.
La guerra, prima,
con tutti i suoi orrori, che lo aveva svuotato; quella lunga malattia, poi, che
lo aveva costretto per molto, troppo tempo all’inattività, ed egli si era
adagiato apaticamente nell’ozio forzato.
Il pensiero di
trovarsi in quella casa amica, molto più familiare e rassicurante della sua,
gli illuminò il volto con un sorriso.
Inspirò a pieni
polmoni, stiracchiandosi nelle lenzuola di lino e godendo del loro profumo di
pulito.
L’America non era
stata così tenera con lui.
Era stata
un’avventura interessante, indimenticabile, ma era contento che fosse finita.
Dalla finestra
cominciavano appena ad apparire i primi bagliori dell’alba.
Neppure la servitù
era ancora alzata.
Chissà per quanto
tempo gli sarebbe rimasta quell’abitudine militare!
Ma, in quel momento,
non gli dispiaceva: sonno non ne aveva e quel silenzio gli conciliava solo
pensieri sereni.
Ed il più sereno fra
questi era Oscar.
Gli tornarono alla
mente le ore liete della sera precedente.
Ma, forse, l’aveva
delusa, forse aveva parlato troppo di sé perché, se ne rendeva conto solo ora,
Oscar non aveva detto che poche parole. Veramente poche.
Era una cosa che gli
piaceva di lei, il fatto che sapesse ascoltare.
Era sempre stata molto generosa con lui e non era mai stata ricambiata.
Oscar non assomigliava ad alcuna delle sue tante "amiche". Con lei poteva parlare di tutto ed anche in più di una lingua. (1) Poteva trascorrere ore correndo a cavallo, sfrenatamente; allenarsi con ogni tipo di arma, come con un abile soldato. Non gli venivano richieste attenzioni sdolcinate e nemmeno doveva rispettare il galateo, verchè lei non si aspettava vezzosità di alcun genere da lui. Lei si comportava il più possibile da uomo e si aspettava un pari trattamento.
Certo, i complimenti la facevano arrossire... Forse anche troppo, comunque più di quanto lei volesse permettersi. Perciò, lui li lesinava, per non imbarazzarla eccessivamente.
Ma di complimenti ne meritava davvero, oltre quanto immaginabile.
Oscar si girò pigramente su di un
fianco, con gli occhi socchiusi sulla penombra della sua stanza nel primo
mattino.
Si stiracchiò, ritraendo subito i piedi dagli angoli più freddi delle lenzuola; fece
un respiro profondo ed aprì gli occhi.
Fersen era tornato!
Non le sembrava vero. Eppure era lì, nella sua casa, nella stanza accanto.
Allungò una mano
alla testiera del letto, in un accenno di carezza al legno lucido e liscio.
Sì, era proprio lì,
pochi centimetri da lei.
Oscar ricordò la
gioia immensa che aveva provato nel rivederlo.
Quando oramai non ci
sperava più.
Quando aveva quasi
dimenticato i sentimenti provati anni prima.
Era
stato come il
risveglio da un lungo sonno. Uno di quelli in cui sogni giorni sempre
uguali. Giorni in cui ti alzi, ti vesti, mangi, lavori, parli e ti
muovi ... ma non vivi.
Ricordò anche la pace
che era scesa in lei, nelle ore che erano seguite, sentendolo parlare,
vedendoselo attorno …
Non era riuscita a
distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurri (2) , così diversi dai suoi; un
azzurro pallido, con schegge di ghiaccio e riflessi violetti. Occhi apparentemente
freddi che le incendiavano il cuore, proprio a lei che certe volte aveva
creduto di non averne uno.
Lo aveva osservato
tutta la sera, in muta adorazione, mentre raccontava le sue avventure degli ultimi anni.
Il viso di Fersen si
era illuminato di gioia narrando le cose belle accadutegli; rabbuiato per
quelle tristi; con le mani si era accarezzato la fronte, per scacciare gli
orrori e massaggiato con due dita le tempie, nel tentativo di ricacciare
indietro quel che mai avrebbe voluto vedere, ma di cui era purtroppo stato
testimone.
Si era intenerita
per quell’uomo.
Aveva provato il desiderio di stringerlo a sé e fargli trovare pace sul suo petto.
Si era anche
sentita enormemente ridicola per ciò!
Aveva passato quegli
anni a struggersi per lui. Ed ora? Ora che era tornato?
Ecco ... Ora si sentiva
stranamente insoddisfatta.
La felicità provata
l’aveva resa ingorda…
Si sorprese ad
accarezzarsi distrattamente sotto la camicia.
Sbuffò
stizzita da quei pensieri che rifiutava di riconoscere; da quelle
sensazioni che si erano ripresentate violente al solo udire la sua voce.
Si
alzò e andò scalza fino alla
finestra, a tirar le tende, decisa ad affrontare quel che il nuovo
giorno le avrebbe portato. Ed il suo cuore saltò un battito per
la sorpresa di vederlo passeggiare nel roseto, ormai spoglio, che stava
lì sotto.
Le dame di
Versailles, lo chiamavano “lo svedese bello come un angelo” (1)
-… no, di più …
mormorò lei fra sé.
Andrè si sedette appena fuori delle
scuderie, su un grosso ciocco di legno, a riscaldarsi sotto i primi raggi di
sole di quella mattina autunnale. A terra, tra i piedi, e nelle mani, i
finimenti di César da pulire.
Non era da lui
alzarsi così presto.
Uno dei vantaggi di
essere l’attendente di Oscar, nonché suo migliore amico, era proprio quello di
poter poltrire quasi quanto lei. Certo, questo quando il generale non era in
casa, altrimenti, poltrire diventava impossibile per chiunque.
In quelle occasioni,
la nonna si occupava personalmente di farli alzare; anzi, nel suo caso, di
ribaltarlo fisicamente dal letto.
Già, sempre così:
due pesi, due misure.
Madamigella Oscar
era la sua “bambina”; lui invece, quel
“disgraziato” di suo nipote per il quale provava spesso una gran voglia di
“torcergli il collo”.
Anche se Andrè da
sempre si domandava che avesse mai fatto di male per meritarsi
quell’appellativo.
Beh… un’idea, a dir
la verità, ce l’aveva…
Tanto per
cominciare, era troppo in confidenza con la “bambina”.
Si domandò cosa
avrebbe potuto fargli sua nonna, se solo avesse tentato di mettere in pratica
una delle fantasie che popolavano le sue notti.
Sorrise al pensiero
di quella vecchietta scatenata contro di lui!
Comunque, ora non ci
sarebbero stati più problemi.
Era chiaro a tutti,
quanto Oscar fosse attratta da Fersen.
Doveva finire così.
Le cose cambiano.
Non si è bambini in
eterno.
Non si è innocenti
per sempre.
E le regole sociali
erano chiare.
Lei era nobile
e, prima o poi, questo era quello che doveva succedere.
Per assurdo, Andrè
pensò che se Oscar avesse seguito il suo consiglio di quel giorno al laghetto,
tanti anni prima, la sua supplica di
fermarsi e diventare una donna, lui l’avrebbe persa, tra le braccia di un
aristocratico, molto tempo prima.
Già, doveva
accadere.
Ma “giusto” proprio
non riusciva a definirlo.
Anche se, Fersen, lo
ammetteva a fatica, non era male.
Tra tanti nobilastri che aveva il dispiacere di conoscere, lo svedese era un tipo in gamba, sotto tutti i punti di vista.: istruito; dinamico; raffinato, ma non pretenzioso; divertente, ma non leggero; genuino; naturalmente galante e romantico, ma senza sembrare melassa! Un carattere adulto, fin da ragazzo; una carriera per nulla da figlio di papà, quale avrebbe potuto limitarsi ad essere.
Sì, riusciva a
capire che una donna potesse … perdere il controllo per uno così. (3)
Anche se non poteva
concepire Oscar con … quello!
Per
lui sarebbe
sempre stato l’amante della regina, di una donna sposata. ...
Beh... Una? Ne aveva sentite tante riguardo le conquiste femminili del
Conte ... Oh, certo! non dalla sua viva voce! Lui era molto riservato
su questi argomenti...
Ma, comunque, non poteva che considerarlo uno sregolato, un
libertino …
Ma per favore!
Raccontatela giusta! Tu lo invidi!
… Sì, forse un po’.
Perché?
Perché Fersen era un
uomo di mondo.
Un uomo giovane come
lui, ma col coraggio di vivere e divertirsi che Andrè non aveva mai potuto o
voluto conoscere.
Fersen aveva tante
cose di cui parlare, su cui scherzare.
Tante avventure in
tanti paesi diversi. … "Anche tante donne...", ricordò di nuovo a sè stesso.
Il mondo di Andrè
invece ruotava solo attorno ad Oscar.
Non che questo gli
dispiacesse: era la sua ragione di vita!
Ma vicino a Fersen
si sentiva un po’ strano, un po’ incompleto.
Se non avesse avuto
Oscar, cosa sarebbe stato di lui?
Il nulla?
E lo vide. Stava
passeggiando attorno alla fontana, quella al centro del roseto.
Si era svegliato
presto, lo svedese.
Poi, con grande
sorpresa, vide Oscar avvicinarglisi.
Così, anche lei era
caduta dal letto, quella mattina… Ma bene!
Li vide insieme, seduti
sul bordo della fontana. … Ma bene!
E si sentì avvampare
di rabbia.
Cominciò a sfregare
forte i finimenti con il grasso per lucidare, senza smettere di guardarli sottecchi.
Accidenti! Sapeva
che sarebbe successo!
Era così che andava
il mondo, come diceva sempre sua nonna.
Ma questo non voleva
dire che dovesse anche esserne felice!
Pensò sarebbe stato
meglio se fosse stato alla larga per un po’: avrebbe potuto dire cose che non
doveva dire, fare cose che non doveva fare...
Insomma, avrebbe
potuto trovarsi a dire quello che pensava e a fare quello che realmente gli
passava per la testa!
Ma, stranamente, la
loro fu una conversazione breve.
Sembrava che ad
Oscar fosse venuto in mente qualcosa di … improrogabile da fare.
Mah! … Andrè avrebbe
anche potuto pensare si fosse trattato di una fuga, se non fosse stato che per
Oscar, che mai fuggiva da niente e da nessuno,
quella sarebbe stata la prima fuga nella vita!
Comunque, il lato
negativo, era che lo svedese, rimasto di nuovo solo, lo aveva visto e si stava
avvicinando a lui.
- Buongiorno, Andrè!
- Buongiorno a voi,
signor conte. Non avete dormito bene?
-
Oh, ho dormito
benissimo, a dir la verità. - assicurò, come aveva
già fatto con Oscar prima - E voi? – chiese intuendo un
tono poco interessato
nella domanda cortese, un tono quasi canzonatorio.
- Poco e male. Avevo …
sì, avevo qualcosa sullo stomaco.
Andrè lo fissò
sfrontatamente, lasciando chiaramente intuire chi fosse quel qualcosa.
Fersen sorrise.
Già, le cose in
quella casa non cambiavano proprio col tempo!
Ricordò quella
volta, quando Oscar si era ferita cadendo da cavallo per salvare la principessa.
La volta in cui
aveva scoperto che quell’ufficiale biondo non era un giovinetto con gli ormoni
ancora tranquilli, ma una ragazza molto bella, pronta a sbocciare.
La volta in cui
aveva scoperto che Andrè era innamorato della sua padrona.
Povero Andrè … Dopo
tutti quegli anni, era ancora … il
povero Andrè!
Mentre lui? Fersen,
lui, era riuscito a lasciarselo alle spalle il suo pasticcio amoroso! Quella
strada senza uscita…
C’erano voluti
quattro anni di guerra e quasi 4000 miglia di distanza, ma aveva funzionato.
Fuggire, era stata
la soluzione.
No?
Inspirò a fondo. …
Sì! Proprio così! …
Indicò l’altro
ciocco di legno libero e Andrè gli fece cenno d’accomodarsi, con aria svogliata
e rassegnata.
- Beh, sembra proprio
che avremo una bella giornata, vero? – gettò lì lo svedese, alzando gli occhi
al cielo azzurro vivo.
Andrè sorrise ed
inarcò un sopracciglio per la banalità della battuta.
- Qualche volta
succede, in Francia… - rispose.
Oscar seguì il suono delle voci.
Due voci maschili
che ridacchiavano tra loro fuori delle scuderie.
Si avvicinò, ma neppure si accorsero di lei, tanto erano
impegnati nella loro discussione.
- … Ed allora lo
stalliere disse: “Signore, io dei cavalli conosco le due regole base! Mai stare
davanti ad un cavallo nervoso, mai stare dietro ad uno con problemi
intestinali!”
Andrè scoppiò a
ridere, ma aveva già le lacrime agli occhi.
Quella non doveva
essere la prima scemenza rifilatagli da Fersen!
Oscar decise che
fosse il caso di tossicchiare elegantemente, prima che passassero dalle battute
sui cavalli a quelle sconce da taverna.
I due uomini la
fissarono senza parlare, quasi imbarazzati, se non addirittura infastiditi.
Lei, d’altronde li
studiava incerta su come valutare la scena.
Ad Andrè, Fersen non
era mai andato giù, lo sapeva.
Sorprenderli lì, a
scambiar battute come due vecchi amici, la lasciava un tantino perplessa.
- Nanny ha preparato la colazione … - buttò lì,
visto che nessuno dei due sembrava intenzionato anche solo a parlarle.
Scattarono in piedi
come due molle, simultaneamente.
Uomini! Pensò lei.
Tutti uguali! Pensano solo ai cavalli e a riempirsi lo stomaco!
Beh, … sapeva bene
che gli uomini pensavano anche a qualcos’altro, ma non voleva visualizzare coi
loro occhi il terzo … hobby! Il suo desiderio di viver come un uomo, non arrivava certo a quel punto!
La colazione
proseguì in maniera vivace, con Fersen che raccontava le sue
avventure
americane e le bellezze naturali che aveva potuto ammirare in Carolina
e in Virginia. Parlò delle due volte che era stato ferito,
di quanto fossero freddi gli inverni nelle tende, di quanto fossero
calde e soffocanti le estati in quelle zone.
Naturalmente, Oscar
non riuscì ad infilare una sola domanda perché Andrè, seduto proprio accanto a
Fersen, la precedeva sempre, anche con la bocca piena.
Vide Nanny guardarla
con aria interrogativa, non vista dai due giovani. Lei potè solo rispondere con
una alzata di spalle.
“Uomini!”, la sentì
borbottare, mentre sventolava, non vista ed assai tentata, un mestolo sulle
loro teste.
***
Cominciarono a
trascorrere i giorni.
Lo Svedese si
trovava sempre più a suo agio a palazzo Jarjaies ed anche Andrè sembrava
apprezzare sinceramente la sua compagnia.
Oscar si rendeva
conto che il proprio atteggiamento nei confronti del Conte era decisamente
differente da quello tenuto con il suo amico di sempre e che la presenza di questo ospite in casa, le
impediva la normalità.
Non riusciva ad
immischiarsi nei giochi dei suoi due amici, sebbene non ci fosse alcun reale
motivo per starsene in disparte.
Era muta,
pensierosa, in un certo senso malinconica.
Ma Fersen sembrava
non accorgersene.
Oscar lo guardava da
lontano: duellare con Andrè, cavalcare con Andrè, scherzare con Andrè…
Poteva cambiare, per quell’uomo?
Poteva diventare il
genere di donna che Fersen avrebbe desiderato?
Più lo studiava, più
sentiva la voce dentro di lei, alzarsi di volume: sì, diceva la voce, tu puoi
cambiare! Tutto può cambiare!
Oscar cominciò a
convincersi che Fersen fosse il solo uomo che lei avrebbe potuto amare.
Andrè, dal canto
suo, a parte l’iniziale gelosia e diffidenza, trovava rilassante quella
situazione.
Tutti a palazzo
erano insolitamente tranquilli, nonna compresa; le cameriere ronzavano come api
attorno all’alveare, cinguettavano come passerotte in primavera e, sebbene lui
non potesse considerare Fersen un amico, era contento della presenza di un
altro uomo giovane in quella casa.
Quella mattina,
stavano rientrando a piedi, poco prima di pranzo, coi loro cavalli a fianco,
passeggiando rilassati lungo il viale alberato che li riportava a palazzo.
I due uomini la
precedevano, affiancati, non ancora stanchi di scherzare e tirarsi frecciate,
dopo ore trascorse a sfidarsi su qualunque cosa: dalle corse ad ostacoli, al
fioretto; da un po’ di pugilato, a chi fa rimbalzare meglio la pietra sull’acqua
dello stagno; da “recentemente ho letto che…” fino a “la sai l’ultima?”.
E lei, era stata lì,
a far la statuina sul muricciolo, grattando il muso a Cesar; sorridendo di
tanto in tanto in tanto, le poche volte in cui si ricordavano della sua
esistenza e la interpellavano, per magari poi neppure aspettare la risposta.
Pensò, acidamente,
che avrebbero anche potuto fidanzarsi, da quanto andavano d’accordo!
- Signor Conte, la
conoscete quella sullo stalliere ubriaco e la dama in difficoltà?
Disse Andrè, ormai
lanciato sul filone osè.
- Quella dove lui …?
Fece un gesto che
Oscar non vide per colpa di una musata di Cesar.
- … che poi lei … -
ribattè Andrè e, … altra musata di Cesar.
- Ehi! – sgridò
l’animale, spazientita.
Entrambi si
voltarono per vedere che succedeva, disturbati dall'interruzione.
Poi, senza dirle
alcunché, ritornarono al loro discorso principale.
- Sì, veramente
spassosa ! – continuò Fersen e risero, lasciandola a rimuginare nel buio
totale.
“Uomini…” , borbottò
lei.
Dopo essersi rinfrescati e riposati,
stavano tutti e tre prendendo un thè nel luminoso salone d’inverno.
Un tranquillo
pomeriggio tra amici… Amici impegnati a celare reciprocamente i propri segreti,
dietro a frasi e gesti cortesi.
- La vostra governante
mi stava raccontando dell’encomio solenne che avete ricevuto per il caso della
collana… -
Accennò Fersen.
Oscar non rispose,
ma incrociando il suo sguardo, dovette abbassare il proprio.
Andrè, in piedi
accanto alla vetrata, non perdeva d’occhio le reazioni di lei, neanche per un
istante.
Nonostante la
gelosia, non riusciva a non trovare divertente il suo arrossire.
Così insolito per la
Oscar prepotente che conosceva, così … tenero, delicato…
Sì, ecco! Proprio
divertente su di lei!
- Fosse stato per me,
vi avrei nominata generale! – rincarò lo svedese, con tono ammiccante.
Lo sguardo, si
abbassò di nuovo.
C’era poco da fare…
Fersen era così:
affascinava tutti!
Gli veniva naturale.
Non poteva farne a meno!
Raffinato e nobile,
eppure così … maschio! Non poteva essere definito diversamente.
Era lontano miglia e
miglia dai damerini effeminati, lagnosi e deboli, che affollavano Versailles.
Uomo vero, in ogni
gesto, ogni parola.
Seducente con ogni
donna ed amichevole con gli uomini.
-
Voi non ci
crederete, Oscar, ma ci sono volte in cui mi domando perché Dio
vi abbia fatta
nascere donna! – aggiunse, sornione, lasciando cadere
l'accento proprio su quella parola: DONNA! Così strana su
di lei, così bella detta da lui. (2)
Andrè trattenne a
stendo una risata, vedendola arrossire.
Portò la tazzina
alle labbra per nascondere il sorriso.
La situazione stava
davvero diventando ridicola.
Lo svedese neanche
si rendeva conto delle vampate di lei, almeno così pareva, e lei …
Beh, … lei stava
diventando sempre più la Oscar dei suoi sogni.
Peccato solamente
che non fosse lui a farla arrossire così.
Il colpo secco ed
assordante di uno sparo, lo colse impreparato.
Proprio come la
grandinata di vetri che lo colpì alle spalle, spingendolo a terra.
- Andrè!
Oscar si gettò al
suo fianco, spaventata per lui.
Fersen corse alla
finestra, in tempo per vedere un’ anonima carrozza allontanarsi veloce dal
cortile ed uscire dai cancelli aperti.
- Cosa ti hanno fatto!
Sei ferito? – gli stava domandando lei con voce incerta, tenendolo per le
spalle, mentre lui si sollevava dal marmo, ancora frastornato.
Lo guardava in viso,
ansiosa, preoccupata, per una possibile risposta affermativa.
- Sono solo vetri … -
mormorò l’amico, scuotendone qualcuno dalla camicia bianca.
Evitava di
guardarla: non voleva mostrarsi agitato, davanti a lei; spaventato per il
rischio e … nervoso per quelle mani che lo stringevano forte e che Oscar non
sembrava intenzionata a levare da lui.
- Ma che significa! –
esclamò Fersen. – Colpi d’arma da fuoco! Perché lo fanno? E, chi sono?
- I nobili non sono
più ben visti, in Francia…
Mormorò Andrè,
apparentemente ripresosi, alzandosi piano da terra e scostando le mani di Oscar
nel movimento.
- E sparano
all’interno delle case!?
Fersen era
incredulo.
- Sono fatti sempre
più frequenti. – continuò Andrè. – Sono in molti ad odiare la Famiglia Reale,
dopo lo scandalo della collana.
- No, non è possibile
… - mormorò lo svedese, basito; lanciò uno sguardo ad Oscar, sperando in una
smentita che non arrivò.
- Credetemi, Fersen …
E la cosa più grave è che anche molti nobili si stanno allontanando dai Reali.
La Francia che avete lasciato sette anni fa, è molto cambiata… Forse alcuni
nodi, stanno venendo al pettine drammaticamente.
- Come è possibile? –
mormorò Fersen, più che altro a sé stesso.
- Avete combattuto per
la libertà in America, conte … Più di tutti dovreste sapere perché la gente
arriva a questi estremi. Le ingiustizie diventano ancor più intollerabili
quando i problemi per la sopravvivenza
aumentano e viene a mancare anche l’indispensabile. Il terreno diventa fertile
per gli estremisti. Sua Maestà, il Re, sembra incapace di comprendere la
gravità della situazione. Sì, ha chiamato economisti, ha fatto dei passi, ma
senza prendere le decisioni drastiche che sono oramai necessarie. A Parigi, la
miseria è dilagante. Guerre, carestie, raccolti andati a male e le tasse
aumentano comunque… Il sovrano non ha la più pallida idea di come sia la vita
dei suoi sudditi. La Contessa di Polignac ha catturato la completa fiducia di
Sua Maestà, la Regina, ed imperversa ovunque usandone la protezione, vera o
minacciata.
- Non può essere vero,
mi rifiuto di crederlo! Voglio vedere coi miei occhi. – replicò l’uomo
d’azione.
- Posso accompagnarvi
a Parigi stasera stessa, signor conte, ma è bene andarci con abiti dimessi.
Credetemi, neppure in livrea mi fiderei a circolare per quelle strade: l’odio
non fa distinzioni tra i signori ed i loro servi!
Lo svedese annuì.
Con addosso vecchi abiti da lavoro di Andrè,
avvolti in mantelli scuri e con cappelli fuori moda, erano giunti a Parigi.
La miseria era
più che palpabile.
Arrivarono ad una
locanda che in tempi migliori non era sicuramente stata così cenciosa.
Si sedettero ad un
tavolo ed Andrè ordinò birra per tutti.
In un angolo c’era
una sceneggiata in corso.
Non era difficile
capire chi fossero i personaggi interpretati.
Sebbene vestiti di
abiti stracci, un tempo lussuosi, con addosso parrucche pulciose e coperti di
trucco esagerato, rendevano chiaramente l’idea di una coppia regale.
L’opera era
estremamente volgare. Inguardabile.
Oscar portò il
boccale alle labbra, ma accennò solo a bere: così, una boccata di tanto in
tanto, solo per rendere credibile la loro presenza, perché il beveraggio era
stomachevole, diluito all’inverosimile.
Andrè allungò la
mano su un libricino posato su di un tavolo vicino. Lo passò a Fersen che
allibì già alla prima pagina. Una immagine della regina e della Polignac
strette in un abbraccio saffico! Niente di più lontano dalla realtà, come lui
avrebbe potuto testimoniare con accuratezza di particolari se non fosse stato
un gentiluomo.(3)
Sfogliò velocemente
il volumetto, trovandolo, se possibile, ancor più rivoltante nelle pagine che
seguivano.
Si alzò di scatto.
Doveva uscire. Prendere aria.
La falsa regina,
ripugnante, sguaiata, lo urtò e scoppiò in una risata orribile, aumentando il
suo disgusto.
Oscar ed Andrè,
preoccupati, lo seguirono.
Corse fuori, nel vicolo, sperando in un
po’ d’aria, sopraffatto da nausea, sensi di colpa e rabbia.
E la vide.
Lentamente si
avvicinò all’immagine che qualcuno aveva usato come tiro a segno.
Un disegno a matita
che non rendeva neppure lontanamente giustizia alla sua bellezza. Non a quella
esteriore, né ancor meno a quella interiore della donna ritratta.
Era una effige
eseguita con gli occhi dell’odio.
Chi la conosceva,
sapeva che non ritraeva minimamente l’anima sua.
Levò i coltelli
impiantati nel tavolaccio, uno ad uno lasciandoli cadere sul selciato.
Le dita corsero sul
contorno del viso, delicatamente, come carezze, mentre la mente riportava al
presente ricordi mai cancellati.
- Andrè ha ragione. –
disse piano, – La Francia è davvero cambiata. Quando lasciai questo Paese, la
famiglia reale era amata e rispettata. E la Regina…
Posò la fronte sulla
carta, stringendo le mani a pugno, come a voler afferrare ciò che gli era
scivolato via; ciò a cui aveva rinunciato tanti anni prima, convinto di agire
per il meglio.
Andrè pensò “povero Fersen”.
Ancora Innamorato di
una donna che non avrebbe mai potuto avere come desiderava, liberamente,
totalmente, alla luce del sole.
Perché sposata,
perché troppo famosa, perché troppo in alto anche per un nobile.
Ricordò come si era
sentito quando Jeanne Valois, al processo della collana, aveva cercato di
trascinare anche Oscar nello scandalo, insinuando poco velatamente, che lei, la
donna che vestiva come un uomo, fosse l’amante della regina. (4)
Come sempre, si era
prodigato nel suo ruolo di rappresentante della ragione, nell’incarico di
angelo custode di Oscar, fermandola prima che potesse metter mano alla spada in
tribunale.
Le aveva impedito di
difendersi, perché ciò, per assurdo, avrebbe alimentato lo scandalo.
Sapeva che in certe
occasioni, il silenzio è l’arma migliore.
Ma gli era costato
davvero molto.
Avrebbe
personalmente strangolato quella bugiarda, anche se era sorella di Rosalie.
Anche se Oscar,
tutto sommato, l’ammirava.
Tutto quel sozzume
su una persona meravigliosa come Oscar …
Poteva capire come
si sentisse Fersen.
Ma era stato lo
svedese a chiedere di sapere ed Andrè lo aveva solo accontentato.
Una volta rientrati
a palazzo, si riunirono nel salotto, davanti al fuoco.
Fersen era ancora
sconvolto.
- Ho visto in America
cosa può fare un piccolo fuoco. – disse piano ad Oscar - E qui ci sono già
tanti piccoli fuochi. E’ necessario spegnerli prima che diventino un incendio.
Credo di dover tornare a Versailles per stare accanto alla donna che ho tanto
amato e che nonostante tutti i miei sforzi, non riesco a dimenticare. Voglio
stare accanto alla Regina, in caso di pericolo.
Andrè porse il
vassoio coi bicchieri di vino a Fersen e poi ad Oscar.
Vide la mano di lei
tremare alla notizia, mentre prendeva il calice.
Il castello delle
favole si stava sgretolando.
Lo svedese tornava a
casa, tra le braccia della donna che amava ancora.
*** continua
1) Fersen parlava cinque lingue: francese, italiano, inglese, tedesco ed ovviamente svedese. ( A. Fraser)
2) ma ho letto che erano scuri sul libro di A. Fraser "La solitudine di una regina" e azzurri secondo altre fonti... boh!3) letto in giro da più parti: Fersen era considerato molto bello e la Regina, in sua presenza, perdeva il controllo... Si impappinava, insomma...
3) Ricordo qui che Oscar per molti era davvero un uomo. Nella versione originale nessuno la chiamava "madamigella", ma solo colonnello o signore, e che molti la consideravano comunque "disinteressata" al genere maschile. Quindi, Fersen che usò qui la parola "donna", le fece un complimento, dimostrando di aver notato ed apprezzato quel che ai più non era per niente evidente.
4)Fersen non apparve mai nei libelli, che preferivano attribuire alla Regina, relazioni con la Polignac o con il cognato. Anche se Fersen viene ormai riconosciuto come unico amante possibile.
5) La versione italiana dell'anime è stata "addolcita" nei termini.