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Autore: crissi    01/09/2010    19 recensioni
Il ritorno di Fersen dall’America e la sua permanenza a palazzo Jarjaies, visto principalmente con gli occhi di Andrè. Gelosia su tutti i fronti ed un finale diverso (con Andrè!) dopo il discorso tra Fersen e Oscar riguardo la “lenta agonia”. Penso li troverete OOC e troppo allegri. Con missing moments, what if, poca poca introspezione … Un po’ una minestrina molto leggera … ma almeno non è triste!
Adatto, secondo me, anche al nutrito gruppo del NO- Fersen-Fanclub perché Fersen(che però non maltratto!) è presente, ma parla solo nel primo capitolo. Ispirata dalla canzone “Viens me chercher” (dalla quale ho anche “rubacchiato” il titolo) : ovvero “Vieni a cercarmi… Non restartene lì … Tutto può cambiare.”
PS ci riprovo con le fan art, anche se chiamare “art” i miei pastrocchi, fa ridere. CON "FAN ART"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: * Victor Clemente Girodelle, Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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TUTTO PUO' CAMBIARE 1 TUTTO PUO’ CAMBIARE

PREMESSA SUL PERSONAGGIO DI FERSEN

Pur non detestando alcuno dei protagonisti maschili dell’anime, ho sempre visto Fersen un po’ cinicamente e lo collocavo (e lo colloco tuttora) in fondo alle preferenze. Lo immaginavo per lo più donnaiolo, falso e sfruttatore della relazione con la Regina, per i suoi scopi politici; finché, un paio di mesi fa, lessi queste due frasi (*) del Fersen realmente esistito: lettere indirizzate alla sorella. Scoprendo che mi ero sbagliata, mi si criccò il cuore, ricordandomi che ne avevo uno. 

Quest’uomo vissuto tanto tempo fa, fu grande amico del vero Jarjaies e  rischiò tutto per salvare M. Antonietta. Un uomo che probabilmente non mi sarebbe piaciuto per certi lati del suo carattere, ma che sicuramente non posso disprezzare.
Per non pensare poi al modo ingiusto, orribile e vigliacco in cui venne assassinato: sebbene innocente dell’omicidio addebitatogli, gli saltarono sul petto fino a sfondargli la cassa toracica ed il cuore. 

Se il Fersen dell’anime non contraccambiò quella che considerava sua vera amica, fu solo a causa di  un amore altrettanto forte, folle e triste di quello di Andrè. Quindi, non vogliatemene, ma sarò gentile con lui (almeno, ci  proverò...), perchè voglio pensare che forse Fersen, fu davvero come lo definì Oscar: magnifico!

(*)“Non posso appartenere alla sola persona alla quale voglio appartenere, quella che mi ama davvero, perciò non voglio appartenere a nessuna.”

 Colei per la quale vivevo, poiché non ho mai smesso di amarla, colei che amavo così tanto, per la quale avrei dato mille vite, non c'è più.  ... Sono in un'agonia di dolore e non so come faccia a sopportare la mia sofferenza. È tanto profonda e nulla la cancellerà mai. Lei sarà sempre presente nella mia memoria e non smetterò mai di rimpiangerla.”  http://it.wikipedia.org/wiki/Hans_Axel_von_Fersen

 
indirizzo di un fan-video dal quale ho “rubacchiato” il titolo e qualche pensiero:

Viens me chercher (vienimi a cercare) – Garou  http://www.youtube.com/watch?v=5XpwjZC5tLg

 

1 - L’ALTRO, LEI, LUI.

 

        Axel Von Fersen aprì gli occhi lentamente.

Per la prima volta dopo tanti anni si sentiva veramente riposato.

La guerra, prima, con tutti i suoi orrori, che lo aveva svuotato; quella lunga malattia, poi, che lo aveva costretto per molto, troppo tempo all’inattività, ed egli si era adagiato apaticamente nell’ozio forzato.

Il pensiero di trovarsi in quella casa amica, molto più familiare e rassicurante della sua, gli illuminò il volto con un sorriso.

Inspirò a pieni polmoni, stiracchiandosi nelle lenzuola di lino e godendo del loro profumo di pulito.

L’America non era stata così tenera con lui.

Era stata un’avventura interessante, indimenticabile, ma era contento che fosse finita.

Dalla finestra cominciavano appena ad apparire i primi bagliori dell’alba.

Neppure la servitù era ancora alzata.

Chissà per quanto tempo gli sarebbe rimasta quell’abitudine militare!

Ma, in quel momento, non gli dispiaceva: sonno non ne aveva e quel silenzio gli conciliava solo pensieri sereni.

Ed il più sereno fra questi era Oscar.

Gli tornarono alla mente le ore liete della sera precedente.

Ma, forse, l’aveva delusa, forse aveva parlato troppo di sé perché, se ne rendeva conto solo ora, Oscar non aveva detto che poche parole. Veramente poche.

Era una cosa che gli piaceva di lei, il fatto che sapesse ascoltare.

Era sempre stata molto generosa con lui e non era mai stata ricambiata.

Oscar non assomigliava ad alcuna delle sue tante "amiche". Con lei poteva parlare di tutto ed anche in più di una lingua. (1) Poteva trascorrere ore correndo a cavallo, sfrenatamente; allenarsi con ogni tipo di arma, come con un abile soldato. Non gli venivano richieste attenzioni sdolcinate e nemmeno doveva rispettare il galateo, verchè lei non si aspettava vezzosità di alcun genere da lui. Lei si comportava il più possibile da uomo e si aspettava un pari trattamento.

Certo, i complimenti la facevano arrossire... Forse anche troppo, comunque più di quanto lei volesse permettersi. Perciò, lui li lesinava, per non imbarazzarla eccessivamente. 

Ma di complimenti ne meritava davvero, oltre quanto immaginabile.

 

 

        Oscar si girò pigramente su di un fianco, con gli occhi socchiusi sulla penombra della sua stanza nel primo mattino.

Si stiracchiò, ritraendo subito i piedi dagli angoli più freddi delle lenzuola; fece un respiro profondo ed aprì gli occhi.

Fersen era tornato! Non le sembrava vero. Eppure era lì, nella sua casa, nella stanza accanto.

Allungò una mano alla testiera del letto, in un accenno di carezza al legno lucido e liscio.

Sì, era proprio lì, pochi centimetri da lei.

Oscar ricordò la gioia immensa che aveva provato nel rivederlo.

Quando oramai non ci sperava più.

Quando aveva quasi dimenticato i sentimenti provati anni prima.

Era stato come il risveglio da un lungo sonno. Uno di quelli in cui sogni giorni sempre uguali. Giorni in cui ti alzi, ti vesti, mangi, lavori, parli e ti muovi ... ma non vivi.

Ricordò anche la pace che era scesa in lei, nelle ore che erano seguite, sentendolo parlare, vedendoselo attorno …

Non era riuscita a distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurri (2) , così diversi dai suoi; un azzurro pallido, con schegge di ghiaccio e riflessi violetti. Occhi apparentemente freddi che le incendiavano il cuore, proprio a lei che certe volte aveva creduto di non averne uno.

Lo aveva osservato tutta la sera, in muta adorazione, mentre raccontava le sue avventure degli ultimi anni.

Il viso di Fersen si era illuminato di gioia narrando le cose belle accadutegli; rabbuiato per quelle tristi; con le mani si era accarezzato la fronte, per scacciare gli orrori e massaggiato con due dita le tempie, nel tentativo di ricacciare indietro quel che mai avrebbe voluto vedere, ma di cui era purtroppo stato testimone.

Si era intenerita per quell’uomo.

Aveva provato il desiderio di stringerlo a sé e fargli trovare pace sul suo petto. 

Si era anche sentita enormemente ridicola per ciò!

Aveva passato quegli anni a struggersi per lui. Ed ora? Ora che era tornato?

Ecco ... Ora si sentiva stranamente insoddisfatta.

La felicità provata l’aveva resa ingorda…

Si sorprese ad accarezzarsi distrattamente sotto la camicia.

Sbuffò stizzita da quei pensieri che rifiutava di riconoscere; da quelle sensazioni che si erano ripresentate violente al solo udire la sua voce. 

Si alzò e andò scalza fino alla finestra, a tirar le tende, decisa ad affrontare quel che il nuovo giorno le avrebbe portato. Ed il suo cuore saltò un battito per la sorpresa di vederlo passeggiare nel roseto, ormai spoglio, che stava lì sotto.

Le dame di Versailles, lo chiamavano “lo svedese bello come un angelo” (1)

-… no, di più … mormorò lei fra sé.

 

        Andrè si sedette appena fuori delle scuderie, su un grosso ciocco di legno, a riscaldarsi sotto i primi raggi di sole di quella mattina autunnale. A terra, tra i piedi, e nelle mani, i finimenti di César da pulire.

Non era da lui alzarsi così presto.

Uno dei vantaggi di essere l’attendente di Oscar, nonché suo migliore amico, era proprio quello di poter poltrire quasi quanto lei. Certo, questo quando il generale non era in casa, altrimenti, poltrire diventava impossibile per chiunque.

In quelle occasioni, la nonna si occupava personalmente di farli alzare; anzi, nel suo caso, di ribaltarlo fisicamente dal letto.

Già, sempre così: due pesi, due misure.

Madamigella Oscar era la sua “bambina”; lui  invece, quel “disgraziato” di suo nipote per il quale provava spesso una gran voglia di “torcergli il collo”.

Anche se Andrè da sempre si domandava che avesse mai fatto di male per meritarsi quell’appellativo.

Beh… un’idea, a dir la verità, ce l’aveva…

Tanto per cominciare, era troppo in confidenza con la “bambina”.

Si domandò cosa avrebbe potuto fargli sua nonna, se solo avesse tentato di mettere in pratica una delle fantasie che popolavano le sue notti.

Sorrise al pensiero di quella vecchietta scatenata contro di lui!

Comunque, ora non ci sarebbero stati più problemi.

Era chiaro a tutti, quanto Oscar fosse attratta da Fersen.

Doveva finire così.

Le cose cambiano.

Non si è bambini in eterno.

Non si è innocenti per sempre.

E le regole sociali erano chiare.

Lei era nobile e, prima o poi, questo era quello che doveva succedere.

Per assurdo, Andrè pensò che se Oscar avesse seguito il suo consiglio di quel giorno al laghetto, tanti anni prima,  la sua supplica di fermarsi e diventare una donna, lui l’avrebbe persa, tra le braccia di un aristocratico, molto tempo prima.

Già, doveva accadere.

Ma “giusto” proprio non riusciva a definirlo.

Anche se, Fersen, lo ammetteva a fatica, non era male.

Tra tanti nobilastri che aveva il dispiacere di conoscere, lo svedese era un tipo in gamba, sotto tutti i punti di vista.: istruito; dinamico; raffinato, ma non pretenzioso; divertente, ma non leggero; genuino; naturalmente galante e romantico, ma senza sembrare melassa! Un carattere adulto, fin da ragazzo; una carriera per nulla da figlio di papà, quale avrebbe potuto limitarsi ad essere.

Sì, riusciva a capire che una donna potesse … perdere il controllo per uno così. (3)

Anche se non poteva concepire Oscar con … quello!

Per lui sarebbe sempre stato l’amante della regina, di una donna sposata. ... Beh... Una? Ne aveva sentite tante riguardo le conquiste femminili del Conte ... Oh, certo! non dalla sua viva voce! Lui era molto riservato su questi argomenti...

Ma, comunque, non poteva che considerarlo uno sregolato, un libertino …

Ma per favore! Raccontatela giusta! Tu lo invidi!

… Sì, forse un po’.

Perché?

Perché Fersen era un uomo di mondo.

Un uomo giovane come lui, ma col coraggio di vivere e divertirsi che Andrè non aveva mai potuto o voluto conoscere.

Fersen aveva tante cose di cui parlare, su cui scherzare.

Tante avventure in tanti paesi diversi. … "Anche tante donne...", ricordò di nuovo a sè stesso.

Il mondo di Andrè invece ruotava solo attorno ad Oscar.

Non che questo gli dispiacesse: era la sua ragione di vita!

Ma vicino a Fersen si sentiva un po’ strano, un po’ incompleto.

Se non avesse avuto Oscar, cosa sarebbe stato di lui?

Il nulla?

 

E lo vide. Stava passeggiando attorno alla fontana, quella al centro del roseto.

Si era svegliato presto, lo svedese.

Poi, con grande sorpresa, vide Oscar avvicinarglisi.

Così, anche lei era caduta dal letto, quella mattina… Ma bene!

Li vide insieme, seduti sul bordo della fontana.  Ma bene!

E si sentì avvampare di rabbia.

Cominciò a sfregare forte i finimenti con il grasso per lucidare, senza smettere di guardarli sottecchi.

Accidenti! Sapeva che sarebbe successo!

Era così che andava il mondo, come diceva sempre sua nonna.

Ma questo non voleva dire che dovesse anche esserne felice!

Pensò sarebbe stato meglio se fosse stato alla larga per un po’: avrebbe potuto dire cose che non doveva dire, fare cose che non doveva fare...

Insomma, avrebbe potuto trovarsi a dire quello che pensava e a fare quello che realmente gli passava per la testa!

 

Ma, stranamente, la loro fu una conversazione breve.

Sembrava che ad Oscar fosse venuto in mente qualcosa di … improrogabile da fare.

Mah! … Andrè avrebbe anche potuto pensare si fosse trattato di una fuga, se non fosse stato che per Oscar, che mai fuggiva da niente e da nessuno,  quella sarebbe stata la prima fuga nella vita!

Comunque, il lato negativo, era che lo svedese, rimasto di nuovo solo, lo aveva visto e si stava avvicinando a lui.

- Buongiorno, Andrè!

- Buongiorno a voi, signor conte. Non avete dormito bene?

- Oh, ho dormito benissimo, a dir la verità. - assicurò, come aveva già fatto con Oscar prima - E voi? – chiese intuendo un tono poco interessato nella domanda cortese, un tono quasi canzonatorio.

- Poco e male. Avevo … sì, avevo qualcosa sullo stomaco.

Andrè lo fissò sfrontatamente, lasciando chiaramente intuire chi fosse quel qualcosa.

Fersen sorrise.

Già, le cose in quella casa non cambiavano proprio col tempo!

Ricordò quella volta, quando Oscar si era ferita cadendo da cavallo per salvare la principessa.

La volta in cui aveva scoperto che quell’ufficiale biondo non era un giovinetto con gli ormoni ancora tranquilli, ma una ragazza molto bella, pronta a sbocciare.

La volta in cui aveva scoperto che Andrè era innamorato della sua padrona.

Povero Andrè … Dopo tutti quegli anni, era ancora …  il povero Andrè!

Mentre lui? Fersen, lui, era riuscito a lasciarselo alle spalle il suo pasticcio amoroso! Quella strada senza uscita…

C’erano voluti quattro anni di guerra e quasi 4000 miglia di distanza, ma aveva funzionato.

Fuggire, era stata la soluzione.

No?

Inspirò a fondo. … Sì! Proprio così! …

Indicò l’altro ciocco di legno libero e Andrè gli fece cenno d’accomodarsi, con aria svogliata e rassegnata.

- Beh, sembra proprio che avremo una bella giornata, vero? – gettò lì lo svedese, alzando gli occhi al cielo azzurro vivo.

Andrè sorrise ed inarcò un sopracciglio per la banalità della battuta.

- Qualche volta succede, in Francia… - rispose.

 

        Oscar seguì il suono delle voci.

Due voci maschili che ridacchiavano tra loro fuori delle scuderie.

Si avvicinò,  ma neppure si accorsero di lei, tanto erano impegnati nella loro discussione.

- … Ed allora lo stalliere disse: “Signore, io dei cavalli conosco le due regole base! Mai stare davanti ad un cavallo nervoso, mai stare dietro ad uno con problemi intestinali!”

Andrè scoppiò a ridere, ma aveva già le lacrime agli occhi.

Quella non doveva essere la prima scemenza rifilatagli da Fersen!

Oscar decise che fosse il caso di tossicchiare elegantemente, prima che passassero dalle battute sui cavalli a quelle sconce da taverna.

I due uomini la fissarono senza parlare, quasi imbarazzati, se non addirittura infastiditi.

Lei, d’altronde li studiava incerta su come valutare la scena.

Ad Andrè, Fersen non era mai andato giù, lo sapeva.

Sorprenderli lì, a scambiar battute come due vecchi amici, la lasciava un tantino perplessa.

- Nanny  ha preparato la colazione … - buttò lì, visto che nessuno dei due sembrava intenzionato anche solo a parlarle.

Scattarono in piedi come due molle, simultaneamente.

Uomini! Pensò lei. Tutti uguali! Pensano solo ai cavalli e a riempirsi lo stomaco!

Beh, … sapeva bene che gli uomini pensavano anche a qualcos’altro, ma non voleva visualizzare coi loro occhi il terzo … hobby! Il suo desiderio di viver come un uomo, non arrivava certo a quel punto!

 

    La colazione proseguì in maniera vivace, con Fersen che raccontava le sue avventure americane e le bellezze naturali che aveva potuto ammirare in Carolina e in Virginia.  Parlò delle due volte che era stato ferito, di quanto fossero freddi gli inverni nelle tende, di quanto fossero calde e soffocanti le estati in quelle zone.

Naturalmente, Oscar non riuscì ad infilare una sola domanda perché Andrè, seduto proprio accanto a Fersen, la precedeva sempre, anche con la bocca piena.

Vide Nanny guardarla con aria interrogativa, non vista dai due giovani. Lei potè solo rispondere con una alzata di spalle.

“Uomini!”, la sentì borbottare, mentre sventolava, non vista ed assai tentata, un mestolo sulle loro teste.

 

***

 

    Cominciarono a trascorrere i giorni.

Lo Svedese si trovava sempre più a suo agio a palazzo Jarjaies ed anche Andrè sembrava apprezzare sinceramente la sua compagnia.

Oscar si rendeva conto che il proprio atteggiamento nei confronti del Conte era decisamente differente da quello tenuto con il suo amico di sempre e che la presenza di questo ospite in casa, le impediva la normalità.

Non riusciva ad immischiarsi nei giochi dei suoi due amici, sebbene non ci fosse alcun reale motivo per starsene in disparte.

Era muta, pensierosa, in un certo senso malinconica.

Ma Fersen sembrava non accorgersene.

Oscar lo guardava da lontano: duellare con Andrè, cavalcare con Andrè, scherzare con Andrè…

Poteva cambiare, per quell’uomo?





Poteva diventare il genere di donna che Fersen avrebbe desiderato?

Più lo studiava, più sentiva la voce dentro di lei, alzarsi di volume: sì, diceva la voce, tu puoi cambiare! Tutto può cambiare!

Oscar cominciò a convincersi che Fersen fosse il solo uomo che lei avrebbe potuto amare.

Andrè, dal canto suo, a parte l’iniziale gelosia e diffidenza, trovava rilassante quella situazione.

Tutti a palazzo erano insolitamente tranquilli, nonna compresa; le cameriere ronzavano come api attorno all’alveare, cinguettavano come passerotte in primavera e, sebbene lui non potesse considerare Fersen un amico, era contento della presenza di un altro uomo giovane in quella casa.

 

    Quella mattina, stavano rientrando a piedi, poco prima di pranzo, coi loro cavalli a fianco, passeggiando rilassati lungo il viale alberato che li riportava a palazzo.

I due uomini la precedevano, affiancati, non ancora stanchi di scherzare e tirarsi frecciate, dopo ore trascorse a sfidarsi su qualunque cosa: dalle corse ad ostacoli, al fioretto; da un po’ di pugilato, a chi fa rimbalzare meglio la pietra sull’acqua dello stagno; da “recentemente ho letto che…” fino a “la sai l’ultima?”.

E lei, era stata lì, a far la statuina sul muricciolo, grattando il muso a Cesar; sorridendo di tanto in tanto in tanto, le poche volte in cui si ricordavano della sua esistenza e la interpellavano, per magari poi neppure aspettare la risposta.

Pensò, acidamente, che avrebbero anche potuto fidanzarsi, da quanto andavano d’accordo!

- Signor Conte, la conoscete quella sullo stalliere ubriaco e la dama in difficoltà?

Disse Andrè, ormai lanciato sul filone osè.

- Quella dove lui …?

Fece un gesto che Oscar non vide per colpa di una musata di Cesar.

- … che poi lei … - ribattè Andrè e, … altra musata di Cesar.

- Ehi! – sgridò l’animale, spazientita.

Entrambi si voltarono per vedere che succedeva, disturbati dall'interruzione.

Poi, senza dirle alcunché, ritornarono al loro discorso principale.

- Sì, veramente spassosa ! – continuò Fersen e risero, lasciandola a rimuginare nel buio totale.

“Uomini…” , borbottò lei.

 

 

        Dopo essersi rinfrescati e riposati, stavano tutti e tre prendendo un thè nel luminoso salone d’inverno.

Un tranquillo pomeriggio tra amici… Amici impegnati a celare reciprocamente i propri segreti, dietro a frasi e gesti cortesi.

- La vostra governante mi stava raccontando dell’encomio solenne che avete ricevuto per il caso della collana… -

Accennò Fersen.

Oscar non rispose, ma incrociando il suo sguardo, dovette abbassare il proprio.

Andrè, in piedi accanto alla vetrata, non perdeva d’occhio le reazioni di lei, neanche per un istante.

Nonostante la gelosia, non riusciva a non trovare divertente il suo arrossire.

Così insolito per la Oscar prepotente che conosceva, così … tenero, delicato…

Sì, ecco! Proprio divertente su di lei!

- Fosse stato per me, vi avrei nominata generale! – rincarò lo svedese, con tono ammiccante.

Lo sguardo, si abbassò di nuovo.

C’era poco da fare…

Fersen era così: affascinava tutti!

Gli veniva naturale. Non poteva farne a meno!

Raffinato e nobile, eppure così … maschio! Non poteva essere definito diversamente.

Era lontano miglia e miglia dai damerini effeminati, lagnosi e deboli, che affollavano Versailles.

Uomo vero, in ogni gesto, ogni parola.

Seducente con ogni donna ed amichevole con gli uomini.

- Voi non ci crederete, Oscar, ma ci sono volte in cui mi domando perché Dio vi abbia fatta nascere donna! – aggiunse, sornione,  lasciando cadere l'accento proprio su quella parola: DONNA!  Così strana su di lei, così  bella detta da lui. (2)

Andrè trattenne a stendo una risata, vedendola arrossire.

Portò la tazzina alle labbra per nascondere il sorriso.

La situazione stava davvero diventando ridicola.

Lo svedese neanche si rendeva conto delle vampate di lei, almeno così pareva, e lei …

Beh, … lei stava diventando sempre più la Oscar dei suoi sogni.

Peccato solamente che non fosse lui a farla arrossire così.

 

Il colpo secco ed assordante di uno sparo, lo colse impreparato.

Proprio come la grandinata di vetri che lo colpì alle spalle, spingendolo a terra.

- Andrè!

Oscar si gettò al suo fianco, spaventata per lui.

Fersen corse alla finestra, in tempo per vedere un’ anonima carrozza allontanarsi veloce dal cortile ed uscire dai cancelli aperti.

- Cosa ti hanno fatto! Sei ferito? – gli stava domandando lei con voce incerta, tenendolo per le spalle, mentre lui si sollevava dal marmo, ancora frastornato.

Lo guardava in viso, ansiosa, preoccupata, per una possibile risposta affermativa.

- Sono solo vetri … - mormorò l’amico, scuotendone qualcuno dalla camicia bianca.

Evitava di guardarla: non voleva mostrarsi agitato, davanti a lei; spaventato per il rischio e … nervoso per quelle mani che lo stringevano forte e che Oscar non sembrava intenzionata a levare da lui.

- Ma che significa! – esclamò Fersen. – Colpi d’arma da fuoco! Perché lo fanno? E, chi sono?

- I nobili non sono più ben visti, in Francia…

Mormorò Andrè, apparentemente ripresosi, alzandosi piano da terra e scostando le mani di Oscar nel movimento.

- E sparano all’interno delle case!?

Fersen era incredulo.

- Sono fatti sempre più frequenti. – continuò Andrè. – Sono in molti ad odiare la Famiglia Reale, dopo lo scandalo della collana.

- No, non è possibile … - mormorò lo svedese, basito; lanciò uno sguardo ad Oscar, sperando in una smentita che non arrivò.

- Credetemi, Fersen … E la cosa più grave è che anche molti nobili si stanno allontanando dai Reali. La Francia che avete lasciato sette anni fa, è molto cambiata… Forse alcuni nodi, stanno venendo al pettine drammaticamente.

- Come è possibile? – mormorò Fersen, più che altro a sé stesso.

- Avete combattuto per la libertà in America, conte … Più di tutti dovreste sapere perché la gente arriva a questi estremi. Le ingiustizie diventano ancor più intollerabili quando i problemi per la  sopravvivenza aumentano e viene a mancare anche l’indispensabile. Il terreno diventa fertile per gli estremisti. Sua Maestà, il Re, sembra incapace di comprendere la gravità della situazione. Sì, ha chiamato economisti, ha fatto dei passi, ma senza prendere le decisioni drastiche che sono oramai necessarie. A Parigi, la miseria è dilagante. Guerre, carestie, raccolti andati a male e le tasse aumentano comunque… Il sovrano non ha la più pallida idea di come sia la vita dei suoi sudditi. La Contessa di Polignac ha catturato la completa fiducia di Sua Maestà, la Regina, ed imperversa ovunque usandone la protezione, vera o minacciata.

- Non può essere vero, mi rifiuto di crederlo! Voglio vedere coi miei occhi. – replicò l’uomo d’azione.

- Posso accompagnarvi a Parigi stasera stessa, signor conte, ma è bene andarci con abiti dimessi. Credetemi, neppure in livrea mi fiderei a circolare per quelle strade: l’odio non fa distinzioni tra i signori ed i loro servi!

Lo svedese annuì.

 

        Con addosso vecchi abiti da lavoro di Andrè, avvolti in mantelli scuri e con cappelli fuori moda, erano giunti a Parigi.

La miseria era più che palpabile.

Arrivarono ad una locanda che in tempi migliori non era sicuramente stata così cenciosa.

Si sedettero ad un tavolo ed Andrè ordinò birra per tutti.

In un angolo c’era una sceneggiata in corso.

Non era difficile capire chi fossero i personaggi interpretati.

Sebbene vestiti di abiti stracci, un tempo lussuosi, con addosso parrucche pulciose e coperti di trucco esagerato, rendevano chiaramente l’idea di una coppia regale.

L’opera era estremamente volgare. Inguardabile.

Oscar portò il boccale alle labbra, ma accennò solo a bere: così, una boccata di tanto in tanto, solo per rendere credibile la loro presenza, perché il beveraggio era stomachevole, diluito all’inverosimile.

Andrè allungò la mano su un libricino posato su di un tavolo vicino. Lo passò a Fersen che allibì già alla prima pagina. Una immagine della regina e della Polignac strette in un abbraccio saffico! Niente di più lontano dalla realtà, come lui avrebbe potuto testimoniare con accuratezza di particolari se non fosse stato un gentiluomo.(3)

Sfogliò velocemente il volumetto, trovandolo, se possibile, ancor più rivoltante nelle pagine che seguivano.

Si alzò di scatto. Doveva uscire. Prendere aria.

La falsa regina, ripugnante, sguaiata, lo urtò e scoppiò in una risata orribile, aumentando il suo disgusto.

Oscar ed Andrè, preoccupati, lo seguirono.

 

        Corse fuori, nel vicolo, sperando in un po’ d’aria, sopraffatto da nausea, sensi di colpa e rabbia.

E la vide.

Lentamente si avvicinò all’immagine che qualcuno aveva usato come tiro a segno.

Un disegno a matita che non rendeva neppure lontanamente giustizia alla sua bellezza. Non a quella esteriore, né ancor meno a quella interiore della donna ritratta.

Era una effige eseguita con gli occhi dell’odio.

Chi la conosceva, sapeva che non ritraeva minimamente l’anima sua.

Levò i coltelli impiantati nel tavolaccio, uno ad uno lasciandoli cadere sul selciato.

Le dita corsero sul contorno del viso, delicatamente, come carezze, mentre la mente riportava al presente ricordi mai cancellati.

- Andrè ha ragione. – disse piano, – La Francia è davvero cambiata. Quando lasciai questo Paese, la famiglia reale era amata e rispettata. E la Regina…

Posò la fronte sulla carta, stringendo le mani a pugno, come a voler afferrare ciò che gli era scivolato via; ciò a cui aveva rinunciato tanti anni prima, convinto di agire per il meglio.

 

        Andrè pensò “povero Fersen”.

Ancora Innamorato di una donna che non avrebbe mai potuto avere come desiderava, liberamente, totalmente, alla luce del sole.

Perché sposata, perché troppo famosa, perché troppo in alto anche per un nobile.

Ricordò come si era sentito quando Jeanne Valois, al processo della collana, aveva cercato di trascinare anche Oscar nello scandalo, insinuando poco velatamente, che lei, la donna che vestiva come un uomo, fosse l’amante della regina. (4)

Come sempre, si era prodigato nel suo ruolo di rappresentante della ragione, nell’incarico di angelo custode di Oscar, fermandola prima che potesse metter mano alla spada in tribunale.

Le aveva impedito di difendersi, perché ciò, per assurdo, avrebbe alimentato lo scandalo.

Sapeva che in certe occasioni, il silenzio è l’arma migliore.

Ma gli era costato davvero molto.

Avrebbe personalmente strangolato quella bugiarda, anche se era sorella di Rosalie.

Anche se Oscar, tutto sommato, l’ammirava.

Tutto quel sozzume su una persona meravigliosa come Oscar …

Poteva capire come si sentisse Fersen.

Ma era stato lo svedese a chiedere di sapere ed Andrè lo aveva solo accontentato.

 

Una volta rientrati a palazzo, si riunirono nel salotto, davanti al fuoco.

Fersen era ancora sconvolto.

- Ho visto in America cosa può fare un piccolo fuoco. – disse piano ad Oscar - E qui ci sono già tanti piccoli fuochi. E’ necessario spegnerli prima che diventino un incendio. Credo di dover tornare a Versailles per stare accanto alla donna che ho tanto amato e che nonostante tutti i miei sforzi, non riesco a dimenticare. Voglio stare accanto alla Regina, in caso di pericolo.

Andrè porse il vassoio coi bicchieri di vino a Fersen e poi ad Oscar.

Vide la mano di lei tremare alla notizia, mentre prendeva il calice.

Il castello delle favole si stava sgretolando.

Lo svedese tornava a casa, tra le braccia della donna che amava ancora.



*** continua

1) Fersen parlava cinque lingue: francese, italiano, inglese, tedesco ed ovviamente svedese. ( A. Fraser)

2) ma ho letto che erano scuri sul libro di A. Fraser "La solitudine di una regina" e azzurri secondo altre fonti... boh!

3) letto in giro da più parti: Fersen era considerato molto bello e la Regina, in sua presenza, perdeva il controllo... Si impappinava, insomma... 

3) Ricordo qui che Oscar per molti era davvero un uomo. Nella versione originale nessuno la chiamava "madamigella", ma solo colonnello o signore, e che molti la consideravano comunque "disinteressata" al genere maschile. Quindi, Fersen che usò qui la parola "donna", le fece un complimento, dimostrando di aver notato ed apprezzato quel che ai più non era per niente evidente.

4)Fersen non apparve mai nei libelli, che preferivano attribuire alla Regina, relazioni con la Polignac o con il cognato. Anche se Fersen viene ormai riconosciuto come unico amante possibile.

5) La versione italiana dell'anime è stata "addolcita" nei termini.

   
 
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