AZZURRO:
"Dopo l’istante magico in cui i miei occhi si sono
aperti nel mare,
non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come prima."
non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come prima."
House strinse il bastone con forza nella mano
destra.
Dannazione, non riusciva a controllare il flusso dei suoi pensieri. Non riusciva a fermarli.
Come gli scogli non riescono a fermare le onde del mare.
Si ritrovava sempre intrappolato in quell'azzurro profondo. L'azzurro dei suoi occhi.
Lei era così vicina che ancora non riusciva a capire come fosse riuscito a resisterle. Si era sentito annegare dentro quello sguardo così intenso.
Come un naufrago in mezzo all'oceano.
Appena era entrato, per chiederle il consenso per una biopsia, e si era avvicinato alla sua scrivania aveva sognato di farle scivolare via quel vestito blu, lì, nel suo ufficio. La stoffa leggera lasciava intravedere le gambe e le fasciava dolcemente i fianchi formosi. Era stato davvero troppo. Ora si ritrovava nel suo studio, a stringersi la testa tra le mani e pensare ancora a quell'azzurro. Dovette aprire e chiudere gli occhi più volte, cercando di cancellare quell'immagine. Niente da fare. Continuava a fantasticare su di lei. Gli era già capitato era vero, ma dopo l'eccitazione iniziale la sua mente tornava a concentrarsi su altre cose. Ora come ora non ci riusciva. Doveva assolutamente fare qualcos'altro.
Si alzò, prese il bastone e uscì.
Arrivò davanti l'ufficio di Wilson e spalancò la porta come suo solito. Senza dire niente entrò rapidamente e si sdraiò sul divanetto. L'amico lo fissò confuso. House chiuse ancora gli occhi e portò la testa all'indietro, appoggiandola sulle mani.
Non sapeva neanche lui cosa fosse andato a fare lì, aveva semplicemente bisogno di distrarsi, di uscire dall'acqua per prendere una boccata d'aria, prima di immergersi nuovamente in quell'azzurro. Perchè era sicuro che si sarebbe beato ancora della profondità di quegli occhi, ma era ugualmente sicuro che sarebbe stato fatale per lui e che forse non sarebbe più riuscito a riemergere.
Bloccato in lei per sempre.
Il diagnosta alzò lo sguardo quasi annoiato sul suo amico. Sbuffò rassegnato quando notò cosa indossava: il mare lo inseguiva.
"Davvero?" rispose Wilson, lisciandosi con fare compiaciuto l'oggetto in questione, azzurro con piccole onde marine disegnate.
"Certo! Io amo l'azzurro" sussurrò House a se stesso mentre era già scomparso al di là della porta, cercando di non far sentire la sua ultima affermazione- dichiarazione- all'amico.
Spazio autrice:
[1] Allora, per inagurare questa raccolta ho scelto un qualcosa di soft: la collocazione non è precisata, ognuno può metterla in uno dei tantissimi momenti Huddy. House sa che non ha scampo di fronte al sentimento che prova per Cuddy, ma di certo non glielo dirà.
[2] La prima frase è una citazione di Jacques-Yves Cousteau. Non ho la più pallida idea di chi sia, *me ignorante* ma appena ho letto questa frase ho immaginato la storia. Prendetevela con lui quindi!
[3] Spero che vi sia piaciuta!
Dannazione, non riusciva a controllare il flusso dei suoi pensieri. Non riusciva a fermarli.
Come gli scogli non riescono a fermare le onde del mare.
Si ritrovava sempre intrappolato in quell'azzurro profondo. L'azzurro dei suoi occhi.
Lei era così vicina che ancora non riusciva a capire come fosse riuscito a resisterle. Si era sentito annegare dentro quello sguardo così intenso.
Come un naufrago in mezzo all'oceano.
Appena era entrato, per chiederle il consenso per una biopsia, e si era avvicinato alla sua scrivania aveva sognato di farle scivolare via quel vestito blu, lì, nel suo ufficio. La stoffa leggera lasciava intravedere le gambe e le fasciava dolcemente i fianchi formosi. Era stato davvero troppo. Ora si ritrovava nel suo studio, a stringersi la testa tra le mani e pensare ancora a quell'azzurro. Dovette aprire e chiudere gli occhi più volte, cercando di cancellare quell'immagine. Niente da fare. Continuava a fantasticare su di lei. Gli era già capitato era vero, ma dopo l'eccitazione iniziale la sua mente tornava a concentrarsi su altre cose. Ora come ora non ci riusciva. Doveva assolutamente fare qualcos'altro.
Si alzò, prese il bastone e uscì.
Arrivò davanti l'ufficio di Wilson e spalancò la porta come suo solito. Senza dire niente entrò rapidamente e si sdraiò sul divanetto. L'amico lo fissò confuso. House chiuse ancora gli occhi e portò la testa all'indietro, appoggiandola sulle mani.
Non sapeva neanche lui cosa fosse andato a fare lì, aveva semplicemente bisogno di distrarsi, di uscire dall'acqua per prendere una boccata d'aria, prima di immergersi nuovamente in quell'azzurro. Perchè era sicuro che si sarebbe beato ancora della profondità di quegli occhi, ma era ugualmente sicuro che sarebbe stato fatale per lui e che forse non sarebbe più riuscito a riemergere.
Bloccato in lei per sempre.
"House, il gioco del silenzio non è
divertente...Avanti sputa il rospo: cosa vuoi?" Evidentemente Wilson non poteva
perdere tempo: doveva lavorare.
Il diagnosta alzò lo sguardo quasi annoiato sul suo amico. Sbuffò rassegnato quando notò cosa indossava: il mare lo inseguiva.
"Oh niente" disse facendo una smorfia "...mi piace
la tua cravatta..."
"Davvero?" rispose Wilson, lisciandosi con fare compiaciuto l'oggetto in questione, azzurro con piccole onde marine disegnate.
"Certo! Io amo l'azzurro" sussurrò House a se stesso mentre era già scomparso al di là della porta, cercando di non far sentire la sua ultima affermazione- dichiarazione- all'amico.
Spazio autrice:
[1] Allora, per inagurare questa raccolta ho scelto un qualcosa di soft: la collocazione non è precisata, ognuno può metterla in uno dei tantissimi momenti Huddy. House sa che non ha scampo di fronte al sentimento che prova per Cuddy, ma di certo non glielo dirà.
[2] La prima frase è una citazione di Jacques-Yves Cousteau. Non ho la più pallida idea di chi sia, *me ignorante* ma appena ho letto questa frase ho immaginato la storia. Prendetevela con lui quindi!
[3] Spero che vi sia piaciuta!