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Autore: Tico_Sarah    05/09/2010    0 recensioni
Il villaggio di Taraah ha sempre vissuto chiuso nella foresta. L’equilibrio e le abitudini degli abitanti non sono mai state interrotte se non da esigui contatti con il mondo esterno. Tuttavia, l’arrivo dei pirati e una nuova malattia che incombe sul villaggio, portata da un animale misterioso, cambieranno le cose una volta per tutte. Una persona da salvare, un viaggio azzardato e un misterioso frutto, muteranno per sempre la vita della protagonista di questa storia. E non solo la sua… Anche Taarah non sarà più la stessa. [Spoiler negli ultimi capitoli; Leggere bene la nota in fondo al capitolo per informazioni.] Mi raccomando, leggete gli avvertimenti; per il resto... buon divertimento!
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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--- Parte Prima: Il Villaggio Di Taraah ---

 

Prologo

 

Un Villaggio Prigioniero Della Foresta

 

 

Il buio polveroso di quello scantinato fu attraversato da un frastuono di vetri infranti, poi da un tonfo sordo e da un susseguirsi di voci.

-Cammy... Che cavolo stai combinando?!- esclamò una ragazza.

Ci fu un fruscio. Una della persone calpestò i vetri facendoli scricchiolare, poi, finalmente, si udì un leggero scatto e una luce gialla, proveniente da una plafoniera coperta di polvere, si diffuse timidamente nella stanza. Pareti costruite con grossi mattoni di pietra vennero illuminati pallidamente.

La luce calda illuminò pian piano tutto lo scantinato, rivelando una libreria in cui erano incastrati una moltitudine di volumi pesanti, rilegati in pelle con titoli indecifrabili, alcuni ritratti di paesaggi campagnoli appesi alle pareti e un tavolino rettangolare al centro della sala. Era piccolo, di legno d’acero, accompagnato da una seggiola scricchiolante dello stesso materiale già divorata dalle termiti. Era proprio accanto a questa sedia solitaria che stava in piedi una ragazzina smilza, dai corti capelli biondi, legati in due codini ai lati della nuca. Sembrava terrorizzata, e guardava a terra l’inchiostro versatosi quando aveva dato una gomitata alla boccetta che lo conteneva.

-Arissa... Mi dispiace...- lo disse quasi piangendo. I suoi occhi blu erano già lucidi.

La ragazza che aveva acceso la luce si fiondò verso di lei e le prese il volto tra le mani affusolate.-Non piangere, non è nulla di grave... Guardami Cammy. Non è nulla di grave.- Ripetè, più a sé stessa che alla compagna.

Arissa Saguraku era una ragazza molto bella, a suo modo. Che fossero i tratti gentili e la grazia che aveva nei movimenti a donargli quella bellezza o la sua infinta disponibilità, lei era bella. Aveva lunghi capelli corvini, che teneva sempre sciolti sulle spalle. La frangia spostata verso destra faceva da sipario ad un viso ovale, su cui erano disposti due occhi neri, grandi e allungati sopra cui si trovavano due sopracciglia nere e allungate, un naso elegante e labbra sottili. Teneva ancora in mano il viso dell’amica e la guardava incoraggiante.

-Mi spiace Arissa... Giuro che non volevo.-

-Lo so, lo so. Adesso vediamo di andarcene da qui, va bene? Se mia madre mi becca, mi fa pulire la casa da cima a fondo...- disse frettolosamente la giovane mora, mentre afferrava un libro nero sul tavolino e lo infilava nella sacca che teneva a tracolla.-Andiamo Cammy... O ci cacceremo nei guai.-

Cammy tirò su con il naso e annuì, poi si diressero verso la porticina di legno da cui erano entrate, Arissa spense la luce e dopo essere uscita insieme a Cammy si chiuse la porta alle spalle. Tirò un sospiro.-Quando mio padre tornerà si accorgerà di quel macello...-

Quell’affermazione fece sussultare Cammy.-Avevi detto che non era importante! Lo sapevo! Ti ho messa nei guai!-

Arissa le sorrise.-Ma no, che stai dicendo...?- percorsero uno stretto corridoio buio, fino ad arrivare ad una rampa ripida di scalette di pietra. Già si intravedeva la luce del sole, sarebbe bastato salire i piccoli gradini grigi e finalmente sarebbero uscite da quell’antro buio e polveroso.

La giovane moretta mise un piede sul primo gradino e si fermò.-Dopotutto sono io che devo scusarmi con te!- allungò una mano verso la guancia bagnata di Cammy. -Se non ti avessi trascinata fin qui a prendere questo libro, non avremmo corso nessun rischio, no?- fece con affetto.

Cammy la guardò spaesata.-Ma non è colpa tua-

-Neanche tua. Quindi se vogliamo stare qui a giocarcela a morra cinese, facciamo pure... altrimenti usciamo e nascondiamo il libro- rise Arissa.

-Hai ragione.- Finalmente Cammy sorrise.

Quella ragazzina dagli occhi blu era la migliore amica di Arissa. Non solo perché erano vicine di casa, ma anche perché Arissa sapeva che Cammy in casa subiva vari maltrattamenti e deisderava davvero aiutarla. Suo padre era una persona abbastanza violenta, ed era conosciuto e allontanato da molta gente.

Il villaggio di Taraah era una piccola chiazza di terra su un’isola ricorperta maggiormente da alberi. Il settanta percento di quell’isolotto sperduto nel mare era ricoperto dalla foresta, e il villaggio sorgeva nell’unico punto libero dagli alberi, al centro di tutto. Erano poche case, un paio di vie e molti campi. La popolazione non aveva contatti con l’esterno da un paio di generazioni ormai, e viveva grazie ai frutti della terra, escogitando sempre nuovi meccanismi di coltivazione.

Il paesello si sviluppava maggiormente ai lati della via principale, dove si trovavano i negozi e l’emporio del medico Eichiro Saguraku, il padre di Arissa. Per quanto paradossale, quell’uomo era l’unico medico del villaggio, aveva un solo aiutante (anche piuttosto imbranato), e aveva una passione smoderata per la botanica. La sua casa, un villino bianco a due piani, era stata costruita in periferia, e attorno possedevano un giardino dove Eichiro amava creare nuovi tipi di piante incrociandone altre.

Alla destra di casa Saguraku si trovava la casa della famiglia di Cammy. Mentre la prima era una villa lucida e splendente, anche grazie al severo rigore della signora Kaguya in fatto di pulizie, la seconda era una sporca e malmessa. La madre di Cammy era morta tempo prima, in circostanze misteriose. Nel villaggio non esistevano investigatori, figuriamoci polizia o roba del genere, così nessuno aveva potuto far luce sul mistero.

Cammy era stata sola per molto tempo, poi Arissa aveva deciso di vincere la timidezza e presentarsi per fare amicizia. Per quanto triste, Cammy amava stare in compagnia.

Quella mattina, Arissa aveva terminato di leggere l’ultimo volume sulle erbe velenose che aveva preso dallo scantinato di suo padre, così l’aveva convinta a prenderne un altro. Ed ecco com’erano finte lì sotto.

Le due ragazze misero la testa fuori da una botola. Il sole era alto, doveva essere minimo mezzo giorno.

-Cavolo- sbottò Arissa.-Dobbiamo sbrigarci.-

Lo scantinato si trovava sotto la casa di Arissa, ma era accessibile solo da una botola sul retro. La giovane aveva dovuto sperare che la madre fosse abbastanza impegnata, da non vederla uscire dalla finestra della propria camera al primo piano, altrimenti sarebbero stati guai grossi.

Kaguya Saguraku era una donna che amava fare la madre, ma in modo tutto suo. Era il classico tipo severo, andava sempre vestita con un abito bordeaux in stile antico, pieno di pizzi e fronzoli, e si divertiva a girare per la casa passando il dito su ogni mobile. Quella mattina aveva detto che sarebbe stata impegnata nella pulizia del camino, cosa che avrebbe richiesto più tempo rispetto al solito.

Arissa riuscì a salutare Cammy e a rientrare in camera sua. Nascose il libro sotto il letto, alzando un lembo della trapunta  bianca che lo ricopriva. Poi aprì le ante dell’armadio di legno e ci gettò dentro la sacca. Richiuse tutto e si appoggiò con le spalle all’armadio.  Dovette prendere dei profondi respiri, poi si riassestò l’abito di lino bianco, colpendolo per liberarlo dalla polvere, strinse la creativa cintura di cordoncini rossi che aveva legato alla vita, e si preparò a sorridere.

La passione segreta per le erbe medicinali, i veleni, gli antidoti e varie, era una cosa che la madre non doveva assolutamente sapere. Kaguya la voleva pronta per diventare una moglie dedita e una madre di famiglia impeccabile, esattamente come riteneva essere lei. Per Arissa, che aveva soltanto diciannove anni, questa imposizione suonava come una condanna a morte. Lei voleva essere libera di studiare quello che le piaceva e diventare un giorno ciò che avrebbe voluto essere. Era presto per pensare al matrimonio. Non si era mai neanche innamorata, perché il pensiero comune del villaggio era lo stesso di sua madre e lei non voleva vivere una vita di recusione.

Da piccola si era sempre chiesta se avesse qualcosa che non andava, poi erano arrivati degli uomini dall’esterno. Erano uomini della marina, avevano detto. Cercavano un bambino che secondo loro sarebbe dovuto essere il figlio di un famoso pirata, Gol D. Roger. Erano venuti per due anni di seguito, poi avevano fatto controlli regolari negli anni seguire, anche se questi erano sempre meno frequenti.

Erano uomini che solcavano i mari, aveva pensato Arissa, quando li aveva visti il giorno del suo sesto compleanno. Aveva seguito di nascosto uno di loro che si era perso per la foresta, quella foresta che lei ormai conosceva a menadito. L’uomo aveva cercato di mangiare delle bacche, ma Arissa glielo aveva impedito perché sapeva che erano velenose.

Fu allora che la sua passione crebbe, perché capì di non essere pazza.

-Fortuna che c’eri tu, piccoletta!- le aveva detto l’uomo, assestandole una pacca sulla testa.

Era cresciuta in segreto, ma era una passione che Arissa non avrebbe mai abbandonato. Un giorno, si era promessa, rivelerò tutto a mia madre.

Si affacciò in corridoio. Sua madre lo stava attraversando proprio in quel momento, con le spalle dritte. Quando le passò davanti le fece cenno di seguirla in tinello, dove la tavola era già apparecchiata per il pranzo. La tovaglia di pizzo pendeva per tutti e quattro i lati della tavola squadrata, e sopra tovaglioli, piatti e posate erano disposti in maniera impeccabile.

Arissa notò che mancavano solo i bicchieri.

-Vai a prenderli- disse la madre, mentre si riassestava i capelli ingrigiti.

La giovane tornò poco dopo con tre bicchieri in mano, che dispose davanti ai piatti sotto lo sguardo inquietante della madre.

-Bene- sentenziò Kaguya, mentre si accertava che intorno fosse tutto perfetto.

-Cosa c’è per pranzo?- chiese Arissa, mentre si soffermava davanti al suo posto a tavola con lo stomaco che protestava.

Kaguya le lanciò uno sguardo per accertarsi che anche fosse in ordine, poi rispose:-Pasta, condita con sugo al ragù.-

Arissa sorrise.-Comincio ad avere fame...-

-Prenditela con tuo padre. È lui che è in ritardo.- Disse Kaguya, in tono severo.

-Vuoi che vada a cercarlo in negozio?- domandò Arissa, continuando a sorridere.

Kaguya scosse la testa.-No. Lo aspettiamo. Forse ha avuto molto lavoro oggi. Ho sentito che il figlio del vecchio Kakuri sta male. Ha la febbre altissima da molti giorni e non può muoversi dal letto.-

-Mi dispiace per lui- disse Arissa, senza troppa sincerità. In realtà, quel ragazzo non le era mai stato simpatico: l’aveva sempre presa in giro per qualsiasi cosa, e così facendo non si era certamente guadagnato la sua amicizia.

Le due rimasero qualche minuto in silenzio, poi Kaguya assottigliò lo sguardo e fissò torvamente la figlia.-Arissa... Sei andata da qualche parte stamattina?-

Arissa ebbe quasi un sussulto, ma riuscì a trattenersi appena in tempo e a rispondere:-Ma certo che no, mamma. Sono stata nella mia stanza.-

-Ti ho già detto che lo scantinato di tuo padre è tabù per te, vero?- domandò ancora Kaguya, sicura di aver colto nel segno.

-Certo...- mormorò Arissa, abbassando la testa.-Lo so.-

Kaguya sorrise.-Fortunatamente ho una figlia responsabile e giudiziosa.-

Arissa avrebbe sbuffato se avesse potuto. Avrebbe anche gridato alla madre che niente di tutto quello che le faceva fare le piaceva, e che non era né responsabile, né giudiziosa. Anzi, era una vera e propria calamita per i guai, sia che li andasse a capare, sia che fossero loro a stanarla. E se non si fosse vergognata così tanto a pensare una cosa del genere, le avrebbe detto che sarebbe anche potuta salpare con la prossima nave della marina.

Erano tutti pensieri che le frullavano per la testa, ma che si spegnevano non appena le tornava il buon umore e si accorgeva quanto bene volesse ai suoi genitori. Dopotutto, erano pur sempre sua madre e suo padre.

 

(...)

 

Le abitudini di Eichiro avevano portato Kaguya a fissare l’ora del pranzo per le una precise. Nessuno dei due coniugi aveva mai infranto la regola per più di vent’anni di matrimonio, mentre quel giorno sembrava proprio che il buon padre di famiglia avesse avuto voglia di prendersi un’oretta di ritardo.

Arissa aveva cominciato a preoccuparsi.-Non sarà meglio che lo vada a cercare?- insitè.

-No. Stai lì e zitta. Un uomo va atteso con un pasto caldo in mano, non si va a cercare. E poi tuo padre è un tipo molto responsabile.-

Arissa sbuffò. Ancora quella parola!

-Mamma, è un’ora di ritardo! Un’ora! Insomma... Altro che pasto caldo!- protestò.-Non vorrei che gli fosse successo qualcosa!-

-Eichiro ha un valido aiutante, se gli fosse successo qualcosa lo sapremmo di sicuro!- ribattè Kaguya, cocciuta.

-Non ne sarei così sicura- replicò Arissa, puntando i piedi.

-Ti ho detto di no!- tagliò corto la madre.-Quando sarai sposata capirai che gli uomini hanno i loro tempi, e che i loro tempi vanno rispettati. Non si vanno a cercare.-

-Mamma...- sbuffò Arissa.-Possibile che tu non sia minimamente preoccupata da andare a fare un salto da lui?-

Nessuna risposta.

Passarono ben tre ore, ed Eichiro non si era fatto ancora vivo. Il pranzo ormai era andato a farsi benedire, e piuttosto che mangiare senza il marito, Kaguya aveva preferito rovinarlo.

Arissa non sapeva più cosa pensare. Suo padre era un abitudinario. Tornava a casa dal lavoro, mangiava, si metteva in giardino a fare un paio di esperimenti, poi se ne andava a lavorare di nuovo, tornava a cena, mangiava e andava a dormire. Sempre così, ogni giorno per tutti i cinquant’anni della sua vita.

La giovane era passata da in piedi al divano, dal divano alla poltrona, dalla poltrona ad ammirare un quadro che non aveva mai notato essere così bello; infine si era seduta a tavola, con i gomiti appoggiati sulla tovaglia e l’aria annoiata.

Kaguya era rimasta in piedi come una statua per tutto il tempo. Ogni tanto, aveva notato Arissa, il suo labbro inferiore aveva avuto dei leggeri tic, forse dovuti all’ansia dell’attesa. Eppure non aveva mai smesso di essere impeccabile. Anche lei, in cinquant’anni non aveva fatto altro che riverire il marito. Un po’ come tutte le donne del villaggio, comunque. Forse un tempo non era così, pensò Arissa ad un certo punto, forse alla sua età diventerò così anche io.

Eichiro tornò verso le sette, aprì la porta con un giro di chiave e apparve alla soglia con il camice da medico tutto stropicciato. Il volto paffuto era sudato e tutto rosso, in particolare le guance, inoltre sembrava avere un’aria molto stanca che aveva aumentato le rughe sotto gli occhi e in mezzo alle folte sopracciglia nere.

Kaguya gli saltò praticamente addosso, gli prese il camice, lo ripose con cura sull’appendiabiti, poi lo scortò fino in tinello e lo fece sede a capotavola, curandosi di spostare la sedia per farlo sedere.

Finalmente fu servito il pranzo, anche se in qualità di cena.

Arissa cercò di mantere un contegno mentre mangiava, anche se avrebbe desiderato trangugiare tutto in pochi secondi. Colpa di mamma se mi sento un percello, le venne da pensare.

Nessuno parlò durante la cena. Kaguya non si azzardò a fare domande, quando tutti ebbero terminato di mangiare sparecchiò e si rinchiuse in cucina per lavare i piatti.

Arissa rimase a guardare suo padre che si lasciava andare sulla sedia, con una mano sul pancione.-Che mangiata- commentò.

-Papà... Perché sei tornato così tardi?- domandò Arissa.

Il volto del padre sembrò illuminarsi di gioia quando glielo chiese.

-Io e la mamma eravamo preoccupate.-

Eichiro lanciò un’occhiata dubitosa in direzione della cucina.-Perché non è venuta a cercarmi?-

Arissa lasciò perdere tutto quello strano discorso sui tempi degli uomini che le aveva fatto la madre e si limitò a scrollare le spalle.

-Certo, cosa ne puoi sapere tu di cosa succede nella testolina di tua madre?- domandò Eichiro, con una nota di disappunto.-Comunque, sono tornato tardi perché ho dovuto curare un uomo. Era ferito gravemente.-

-Quanto gravemente?-

-Molto- sussurrò Eichiro.-Io... Ho fatto tutto il possibile per salvarlo.-

-Era il figlio del signor Kakuri?- domandò Arissa, con un groppo in gola.

Eichiro iniziò a tamburellare le dita sulla sua pancia, assorto nei suoi pensieri.-No, tesoro mio. Non era il figlio del signor Kakuri.-

Arissa lo fissò con sguardo interrogativo.

-Era un mozzo di una nave- spiegò Eichiro, a tratti.

-Una nave della marina?-

-No. Una nave pirata.-

Arissa sgranò gli occhi.-Una... Nave pirata? Ha attraccato qui?-

Il padre annuì gravemente.-Il capitano della nave ha assicurato che non ha intenzione di depredare il villaggio, né di farci del male. Ha chiesto un posto dove seppellire il mozzo e un posto dove riposare mentre riparano la nave. Nient’altro.-

Arissa lo guardò con interesse e paura insieme.-Dei pirati al villaggio? Pirati veri?-

-Sono tornato così tardi perché mi hanno portato alla loro nave, ma per quel ragazzo non c’era nulla da fare. Io... Mi sono sentito impotente.-

-Non dire così...- mormorò Arissa, dispiaciuta.

-Sai tesoro... Speravo davvero che stavolta tua madre sarebbe venuta a cercarmi.- Ammise Eichiro, deviando lo sguardo da Arissa a un punto indefinito del tinello.-Ma mi sbagliavo.- Concluse, mentre si alzava con uno sforzo enorme. Sembrava invecchiato di cent’anni.

-Mi spiace papà... Sarei venuta a cercarti io- fece Arissa per consolarlo.

-No. Con quei pirati in giro non c’è da fidarsi. Meglio se non vai troppo a spasso nei prossimi giorni. Almeno finchè non se ne saranno andati.-

-Non preoccuparti...- si sbrigò a dire Arissa, mentre arrossiva violentemente.

Eichiro la guardò con orgoglio.-Una bella bambina come te non deve avvicinarsi a quella gentaglia!-

-Oh, papà...- ridacchiò Arissa.

Eichiro le andò vicino e le schioccò un bacio sulla guancia.-Fortuna che ci sei tu, angelo mio.-

Arissa sorrise. Voleva bene a sua madre, ma sentiva che se suo padre se ne fosse andato, si sarebbe portato via una parte della sua vita.-Papà... tu rimarrai con me... Vero?-

-Io vivo per te, angelo.-

Mamma non mi rivolge la parola, pensò Arissa con angoscia, se tu vai via, io con chi rimarrò?

-E mi raccomando. Rimetti a posto il libro che hai preso- ridacchiò Eichiro.

Arissa arrossì.-L’hai già scoperto?!-

-Ovvio- rispose il padre.

-Ma come fai?!-

-Segreto!-

-Papà!!!- esclamò Arissa, rossa come un pomodoro.

Dopotutto, la vita a Taraah non era male. A parte una madre despota, Arissa aveva tutto ciò che una ragazza poteva desiderare: una casa, una famiglia e un padre da amare. Aveva una migliore amica e un guardaroba pieno di vestiti color pastello. La vita le sorrideva, e Arissa ricambiava ammiccandole.

Non si stava male.

Era un villaggio circondato dalla foresta, Taraah. Ma ora erano arrivati i pirati! Chissà che tipo di gente era. Che fossero davvero cattivi come sosteneva Eichiro? Kaguya diceva addirittura che portavano malattie da oltreoceano. Ma qual era la verità?

 

(...)

 

La camera era illuminata da un candelotto tremolante, che bastava a far luce soltanto su un letto su cui era poggiato un ventenne dall’aria stravolta dalla fatica e dalla malattia. I capelli ricci erano sudati e bagnati dalla pezza impregna d’acqua che gli avevano poggiato sulla fronte.

Erano le una di notte, e il cielo stellato e sereno che si intravedeva fuori dalla finestra faceva a botte con l’atmosfera pesante che regnava nella stanza.

Eichiro era stato svegliato di soprassalto dal bussare frenetico alla porta di casa, era sceso dal letto ed era andato ad aprire al signor Kakuri, che gli aveva detto c he le condizioni del figlio erano peggiorate.

Il dottore non aveva esitato, era uscito con le ciabatte e il pigiama ancora addosso, dopo aver afferrato la sua valigetta contenenti gli attrezzi medici.

Ora  Eichiro era lì, con la mano che si muoveva sul petto gracile del ragazzo, nel tentativo di capire cosa stesse succedendo al suo interno. Sebbene le tecniche arrestrate, la mancanza di strumentazione e le poche conoscenze delle nuove malattie che invece circolavano liberamente per il mondo in evoluzione, non si erano mai avuti grossi problemi, forse proprio grazie alla reclusione in cui viveva il villaggio. Invece il caso di Kakuri sembrava andare al di là dell’ignoto, per Eichiro, tanto che arrivò a dubitare se vivere senza contatti esterni fosse davvero la cosa migliore per il villaggio.

-La febbre è salita- sentenziò Eichiro, che si sentiva impotente per la seconda volta in meno di due giorni.-Sembra che i polmoni funzionino correttamente... Sembra tutto a posto... A parte quest’anomala febbre...- esaminò meglio il ragazzo.

Il signor Kakuri tremava alle sue spalle.-Eppure era stabile fino a qualche ora fa...-

-Sembra una malattia misteriosa...- disse Eichiro, preoccupato.-A questo punto mi chiedo se io l’abbia sottovalutata...-

-Cosa intende dire signor Saguraku?- domandò il signor Kakuri, sempre più spaventato.

-Potrebbe anche essere una malattia infettiva.- Sentenziò Eichiro.

-I- Infettiva?- balbettò Kakuri, terrorizzato.-Intende dire che ci ammaleremo anche noi?-

Eichiro non rispose, tirò via la coperta dal ragazzo e continuò ad esaminarne il corpo.-Tuttavia, cosa avrebbe potuto portarla? La marina è quasi un anno che non si fa sentire, e non ci sono state incursioni estranee da parte di esterni, a parte questa mattina.-

-Mio figlio è ammalato da un mese.-

-Appunto. Possibile che ancora non sia passato?-domandò il dottore, più a sé stesso che al padre del ragazzo. I suoi occhi grandi e attenti si spostavano sulle gambe del giovane, poi improvvisamente  Eichiro tirò fuori una lente d’ingrandimento dalla sua borsa e la portò vicino al malleolo del piede. Osservò lo stesso punto svariati istanti.-Un morso- sentenziò.

Kakuri si fece avanti.-Un morso... Di che cosa?-

-Non ne ho idea...- rispose il dottore, confuso.-Non ho mai visto niente del genere... nessun veleno che io conosca entra in circolo e uccide una persona in un mese. Devo concludere quindi...- guardò ancora i quattro, bizzarri, buchi che il giovane aveva sul piede,- che l’animale che lo ha morso abbia potuto trasmettergli la malattia.-

-Ma questo vuol dire che potrebbe davvero essere contagiosa!- esclamò Kakuri.

Il dottore ricoprì il ragazzo, preoccupato.-Non è il caso di essere così affrettati. Potrebbe anche essere soltanto un caso isolato. Io e lei siamo stati in contatto con suo figlio per quaranta giorni e non ci è successo niente. Aspettiamo a tirare le conclusioni. Intanto... meglio che prenda un po’ del suo sangue, così potrò esaminarlo.- Il problema era come. Erano trent’anni che Eichiro faceva finta di esaminare il sangue. Tutti credevano che fosse in grado di farlo, ma non era la verità. Non aveva né un laboratorio attrezzato per lo scopo, né le condizioni sanitarie per poterlo fare.

-Mio figlio starà bene?- si azzardò a chiedere Kakuri.

Eichiro si costrinse a sorridere.-In meno di un battito di ciglia.-

Kakuri sorrise, sollevato, andò a sedersi accanto al figlio malato e gli prese una mano con cura.

-La febbre starà reagendo alla malattia- disse Eichiro.-Probabilmente domani mattina sarà già in grado di alzarsi.-

A Eichiro quella notte non rimase altro che pregare.

 

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Salve!!! Innanzitutto, vorrei fare un saluto a tutti quelli di questa sezione. Io non vi conosco e voi non conoscete me XD, ma è normale. È la prima volta in assoluto che metto piede qui dentro, e lo faccio pubblicando (mossa azzardata, direte voi) XD. Dovete sapere che ho un laboratorio segreto dove mi rinchiudo per evitare le orde di lettori infuriati (e hanno ragione XD) e dove tengo legato e imbavagliato Sephiroth (Final Fantasy VII, non so se avete presente  XD) U.u

Comunque, intanto mi presento io, e lo faccio proponendovi questa fan fiction. Non so quanti capitoli saranno, per ora ho scritto solo la trama. Per quanto riguarda gli spoiler, dovete sapere che ci saranno solo nell’ultima fase della storia, perché coincide con alcuni volumi di One Piece. Non preoccupatevi, metterò gli avvertimenti nei capitoli precendenti. La storia è inventata di sana pianta, perciò dovrò fare il solito edit: rendiamo onore al grande Oda! Tutti i personaggi appartenenti al Manga sono suoi, mentre quelli originali sono di mia invenzione. Eh già... a questo punto vi chiederete “ma non ha nient’altro di meglio da fare?” e la mia risposta è “NO!” Xd. Insomma, credo di aver finito gli avvisi... e le presentazioni.

Spero di conoscere sia gli scrittori che i lettori di questa sezione, pubblicando e recensendo io stessa.

Inoltre, vorrei invitarvi ad esprimere un parere: se la storia non vi piace ditemi “fa schifoooo” (includendo anche il motivo ovviamente, altrimenti non è costruttivo), mentre se vi interessa scrivete “mi interessaaaaa”. XD Vorrei che lo faceste per rispetto di chi scrive, non per altro. Scrivere costa fatica. E non vale solo per me ovviamente O.o, parlo a nome di tanti altri autori.

Che altro...? Ah, beh... scrivo questa fict per due motivi. Uno è per prendermi una pausa dalla mia ultima fict prima della prossima pubblicazione, mentre l’altro non posso ancora dirlo XD

 

 

Special Thanks: Vorrei dedicare la fan fiction a delle persone che mi sono molto care U.u

 

La mia migliore amica Ayumi_L, con cui passo delle splendide giornate e che mi consola ogni volta che sono disperata, come negli ultimi giorni*occhiolino*.

La carissima YunixChan, di cui non ricordo mai come si scrive il nickname XD. La ringrazio per tutto l’aiuto che mi dà e per le mega chiacchierate su msn!!! XD

La mia Faxy, per il video che mi ha dedicato e per tutte le storie fantastiche che scrive. Sono veramente felice di averti conosciuta ^^

 

Beh, io vado! E non scordate il mio nome XD (dieci minuti dopo: Chi era? Ah, non ricordo.)

A domenica prossima con il primo chappy.

So che questo prologo è un po’ noioso, ma del resto serve a conoscere le abitudini, le caratteristiche del villaggio e i nuovi personaggi.

 

Ma quanto chiacchiero °_°

Tico_Sarah

 

 

 

 

 

 

 

  
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