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Autore: Dark_Blame    10/09/2010    3 recensioni
In un contesto fantasy (In cui però sono presenti anche le armi da fuoco, N.d.A.), ma senza tanta magia, mostri eccetera (almeno per ora) si narra la storia di un uomo talmente forte da essere capace, da solo, di sterminare interi eserciti. Famoso in tutto il mondo come One Man Army, appunto "L'esercito da un solo uomo", questo spadaccino giovane ma già leggendario gira per il mondo, aumentando la sua fama con le sue imprese ma allo stesso tempo sfuggendo dalle mani dei signori della guerra che vorrebbero arruolarlo e dei cacciatori di taglie che vorrebbero l'immensa somma sulla sua testa.
In questa introduzione, per caso "apparirà" in una locanda di un villaggio periferico ... sconfiggendo una banda di predoni in quella che sembra quasi una rissa da bar. Un episodio in realtà insignficante ... se non fosse che è l'inizio della nostra storia.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Più che deserto si trattava di una grande distesa di niente. Niente sabbia, niente dune, solo una pianura di terra battuta ovunque si posasse lo sguardo. La piana era attraversata da miliardi di crepe e venature nel terreno, causate dalla più totale mancanza d'acqua. Era come se il suolo, portato allo stremo dalla sete, stesse cercando di aprire delle bocche sdentate dappertutto nel tentativo folle di catturare anche solo un po' di umidità.

In un posto così - ovviamente - non c'era spazio per la vita. Molti anni prima un ipotetico viaggiatore magari avrebbe potuto vedere dei cambiamenti nel paesaggio, no so, magari un albero secco o un fascio di erba bruciata dal sole. Ma adesso, nel presente, gli alberi e l'erba secca, ogni forma di vegetazione possibile rimasta da tempi migliori, non erano che polvere. E appunto, l'unica variazione nel panorama si verificava quando il vento sollevava un po' di quella sabbia e creava sbuffi e figure in aria.


E quello era tutto ciò che ci fosse da vedere.


L'One Man Army stava camminando con passo spedito in mezzo a quella desolazione. Aveva fatto i suoi conti. Sprecare molto, molto tempo per aggirare il deserto e fermarsi ogni tanto in degli stupidi paesini di periferia, oppure attraversarlo tutto da un capo all'altro, direttamente verso la Quarta Città Imperiale?

Ovvio. Andare in mezzo al deserto era la soluzione migliore, anche se chiunque l'avrebbe considerata una pazzia.


Il sole era a picco. Si sedette un attimo su una sporgenza del terreno, e bevette un po' d'acqua. Con la coda dell'occhio controllò la strada dalla quale era venuto … e sospirò.

Era ancora là.

Lo stava seguendo da tre giorni, senza mai avvicinarsi troppo per qualche ragione. All'inizio voleva preparare una trappola, pensando che si trattasse dell'ennesimo cacciatore di taglie - uno particolarmente imbranato, dato che si era accorto subito della sua presenza - ma poi l'aveva riconosciuta. Era la cameriera della taverna in cui aveva … “sostato”. Era convinto che una volta entrati nel deserto l'avrebbe lasciato perdere, e invece ...

«Chissà che cosa diavolo vuole.» Disse. Parlare a se stessi è un'abitudine di ogni viaggiatore consumato, se per caso ve lo stavate chiedendo.



Era sul punto di crollare. La sete la stava consumando velocemente, e ogni singolo frammento di pelle esposto al sole si stava bruciando. Non aveva né qualcosa con cui coprirsi la testa, né delle scarpe adatte alle lunghe camminate. Le suole delle sue, già abbastanza vecchie e consumate, si erano assottigliate parecchio e non valevano nulla contro il calore che saliva dal terreno. Era quasi come camminare su due piastre ardenti. Ma dopo un po' aveva incominciato a non farci caso, dato che aveva altri problemi; camminare senza perdere l'equilibrio, per esempio, e cercare di capire perché stava vedendo doppio.


Si fermò di colpo, notando che qualcosa stava cambiando nel panorama. Un'ombra scura veniva nella sua direzione … aprì le labbra screpolate per dire qualcosa, ma non uscirono suoni dalla sua gola secca.

Cadde a terra a faccia avanti, perdendo finalmente i sensi.


Quando si risvegliò, si accorse che qualcuno le stava tenendo la testa alzata e una sensazione di fresco quasi dolorosa le partiva dalla bocca. Acqua.

«Ferma. Un po' per volta. Non berla tutta.»

Per un po' non riuscì a fare altro che seguire le istruzioni della voce. Lentamente, riemerse dal sonno. Tentò di aprire gli occhi, anche se la luce dal cielo gli dava fastidio.

Lui era piegato sopra di lei, con una borraccia in mano, e la squadrava con un'espressione a metà tra il preoccupato e il dubbioso, anche se era solo accennata.

Lui. Quello che aveva ammazzato quattordici persone senza il minimo sforzo.

Non appena si fu ripresa abbastanza da capire quel fatto, una nuova ondata di paura la invase … ma cercò di trattenersi. L'altro non disse nulla, e continuò ad aiutarla finché non fu in grado di alzarsi.

Prese un lembo del suo mantello, lo strappò e glielo diede.

«Mettitelo intorno alla testa come ho fatto io» disse «Altrimenti prenderai un altro colpo di sole.»

«Gr … grazie ...» Ancora si sentiva stordita, com'era comprensibile. Stava accadendo tutto molto in fretta … e lo svenimento, a dire la verità, non era mai stato nei suoi piani.

«Puoi avere l'acqua che resta in questa borraccia» disse lui, letteralmente mettendogliela tra le mani «Se tieni un buon ritmo e cammini un po' stanotte, dovresti essere fuori dal deserto in meno di un giorno. Va', ora. Addio.»

E, così veloce da rimanere sorpresi, si girò e cominciò ad andarsene come se nulla fosse successo.

«E-ehi! Aspetta!»

La figura si fermò per un'ultima volta, ma rimase di spalle.

«Portami con te!»

Di nuovo, un sospiro. Ma forse lei se l'era immaginato: il mietitore non poteva essere certo tipo da sospirare … anche se si era dimostrato incredibilmente gentile, a suo modo, per essere un pluriomicida, una macchina da guerra.

«Non se ne parla neanche lontanamente.»

«Perché no? Ti prego ...»

Si girò, e fissò la ragazza con occhi castani straordinariamente intensi.

«Torna a casa, ragazzina.»

«Ti prego .. io … non posso tornare. Fammi diventare … la tua apprendista … non so »

«Già, non sai. Moriresti alla prima occasione, perché anche se ti insegnassi qualcosa, dovresti essere due volte più brava di un talento naturale per vedere gli attacchi con quell'occhio … o dovrei dire senza.»

«Non importa! Io mi allenerò duramente! Io ...»

«Tu cosa? Mi hai preso per una sorta di magnate o cosa? Io UCCIDO, e questo è tutto. Stai forzando la mia pazienza, vattene.»

La distanza fra i due era diminuita, parlando, erano in pratica l'uno di fronte all'altra. Il mietitore fece per girarsi di nuovo, ma la ragazza gli afferrò un braccio, cercando di mostrarsi più risoluta, cercando di ignorare la voce che gli tremava.

«Allenami! Non importa se corro il rischio di morire … Farò tutto ciò che vuoi! Solo … non lasciarmi indietro … non voglio tornare … là»

Lui afferrò con il pugno un lembo del suo vestito sporco, all'altezza del collo, e la sollevò fin sopra le spalle. Era leggera, troppo leggera. Nonostante cercasse di divincolarsi, però, continuava a fissarlo con il suo unico occhio.

«Sei sicura di quello che stai dicendo? Ti metti così nelle mani di uno sconosciuto? Potrei non essere meglio dell'oste di quella taverna o dei banditi, ci hai pensato? Potrei sbatterti tutte le notti e farti andare in giro a quattro zampe di giorno, e sai una cosa? Tu non potresti farci nulla.

In battaglia, non avrei tempo di proteggerti, quindi te la dovresti cavare da sola. Potresti essere presa come ostaggio per arrivare a me, e io non ti salverei. Non avresti un momento di riposo o di svago. Mai.»

«....qua … qualunque cosa. Qualunque cosa, va bene, è uguale.»

Il mietitore la mise giù. Non c'era più collera nel suo sguardo, era tornato ad essere freddo.

«Va bene, allora. Il tuo allenamento inizia adesso - il nostro, anzi.

Visto che non ho nessuna intenzione di tornare indietro a fare scorta, attraverseremo il deserto con le provviste d'acqua che ho ora. Mezza razione ognuno.

Vedi di sistemarti. Sarà una lunga marcia»

Detto ciò, le tirò quello che restava del mantello, iniziando a camminare. La ragazza era ancora stupita, ma per prima cosa strappò due strisce di tessuto e ci fasciò i piedi, visto che con le scarpe che si ritrovava non sarebbe potuta andare molto lontano. Il resto se lo buttò sulle spalle per proteggersi dal sole.

«Come devo chiamarti? Mietitore? Maestro? One man army-»

«Khan andrà benissimo. Il tuo nome?»

«Licorice.»

«Licorice?» rispose lui, quasi sovrappensiero. «Liquirizia … un nome anche troppo dolce, per un'apprendista spadaccina. Ironico.»


Lui

Non era affatto quello che si dice un buon maestro.

Si sarebbe abituata a vederlo quasi sempre di spalle, con quei vestiti rossi accesi che saltavano sempre alla vista, le spalle dell'uomo che aveva scelto di seguire, messa alle strette dalle … necessità. Pur di avere un cambiamento.

A forza di seguire i suoi passi, di arrancare dietro al suo ritmo veloce, si sarebbe riempita con nient'altro se non il desiderio di raggiungerlo, un giorno, e camminare al suo fianco come sua pari, non più come una seccatura o un'allieva. Allora... allora, forse, sarebbe stata libera, per la prima volta in vita sua.


Lei

Era troppo magra e ridotta ad uno straccio.

Aveva lividi dappertutto, e un aspetto trasandato. Quel corpo abituato alla servitù e ai maltrattamenti

sarebbe potuto svenire in qualsiasi momento, in un allenamento severo.

Per non parlare dell'occhio cieco.

Probabilmente non aveva mai fatto un pasto decente in vita sua.

E cosa sarebbe successo se si fosse affezionato a lei?

Cosa avrebbero detto, che si era rammollito?

E i cacciatori di taglie?

Non aveva importanza - un uomo che è abituato a uccidere, quando salva una vita, ha il dovere di prendersene la responsabilità.


«Muoviamoci. La Quarta Città Imperiale ci attende.»

  
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